Le origini del COVID-19: una narrazione tra scienza e politica
La narrativa sull’origine del COVID-19 dal laboratorio è stata profondamente politicizzata sin dalle prime fasi della pandemia, con le affiliazioni politiche che hanno influenzato la sua promozione e percezione.
Già a fine gennaio 2020, la teoria della fuga dal laboratorio iniziava a circolare. Negli Stati Uniti, gruppi politici di destra e alleati repubblicani del Presidente Donald Trump hanno rapidamente collegato il virus alla Cina, un tentativo di politicizzazione che si è successivamente intensificato con accuse dirette. La contro-narrativa sostenuta dalla Cina ha sempre negato la teoria della fuga dal laboratorio, promuovendo invece l’ipotesi di un’origine zoonotica naturale (trasmissione dagli animali all’uomo) e, in alcuni casi, suggerendo che il virus potesse essere stato importato negli Stati Uniti. La Cina ha anche ostacolato gli sforzi internazionali per indagare a fondo sulle origini del virus, negando l’accesso ai dati richiesti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in particolare al gruppo SAGO, istituito nel 2021 per indagare sulle origini del COVID-19.
Durante l’amministrazione Trump, la teoria della fuga dal laboratorio è stata promossa con forza dai suoi sostenitori, spesso appesantita da teorie cospirative sulla creazione deliberata del virus come arma biologica.
Diversamente, a marzo 2021, l’OMS l’ha ritenuta “estremamente improbabile”, mentre l’origine zoonotica naturale è stata inizialmente privilegiata da gran parte della comunità scientifica e considerata la più plausibile. Tuttavia, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha ammesso in seguito che la mancanza di dati dalla Cina impediva di escludere un incidente di laboratorio. La teoria e le continue divisioni politiche sono riemerse nel periodo 2022-2025 a seguito di rivalutazioni e nuove informazioni.
Con la mancanza di prove definitive per l’origine zoonotica e l’emergere di nuove informazioni, la teoria della fuga dal laboratorio ha guadagnato maggiore considerazione, anche all’interno di alcune agenzie di intelligence statunitensi, come il Dipartimento dell’Energia e l’FBI, seppur con diversi livelli di confidenza. La questione è rimasta fortemente polarizzata negli Stati Uniti, con i repubblicani fermamente a favore della teoria della fuga dal laboratorio e attacchi rivolti a funzionari della sanità pubblica come Anthony Fauci, accusato di averla soppressa. I rapporti di minoranza democratica hanno invece sostenuto che entrambe le ipotesi (naturale e di laboratorio) rimangono plausibili. Questa divisione si intreccia con critiche più ampie da parte repubblicana nei confronti delle autorità sanitarie pubbliche e della gestione della pandemia. La Cina, dal canto suo, ha continuato a respingere queste affermazioni e a esortare gli Stati Uniti a smettere di politicizzare la ricerca delle origini.
In sintesi, la narrativa sull’origine del COVID-19 dal laboratorio si è trasformata in un terreno di scontro politico, utilizzata per promuovere agende nazionali, assegnare responsabilità e criticare avversari interni ed esterni. Ciò ha spesso ostacolato un dibattito scientifico indipendente e apolitico, oltre alla ricerca di prove conclusive.
L’articolo qui proposto e pubblicato su Besanitamagazine analizza in modo sintetico alcuni dettagli di queste narrative e si conclude con le recenti valutazioni di giugno 2025 del gruppo di scienziati SAGO (Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens), istituito dall’OMS nel 2021 per comprendere le origini del SARS-CoV-2 e di altri patogeni emergenti, definire uno schema per tali indagini e valutare le prove scientifiche disponibili.
Maurizio Ferri
Responsabile scientifico SIMeVeP