Circa il 9% della superficie terrestre è ad elevato rischio di focolai zoonotici
Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo imparato a familiarizzare con il concetto di “zoonosi”, malattie che possono essere trasmesse dagli animali agli esseri umani attraverso il famoso “salto di specie”. Un fenomeno che ha molto a che fare con il cambiamento climatico e con le attività antropiche, che in modi diversi favoriscono il contatto fra specie selvatiche e specie domestiche o da allevamento, e quindi con l’essere umano. Nel corso di uno studio pubblicato su Science Advances, un gruppo di ricercatrici e ricercatori ha analizzato l’influenza che fattori climatici, ambientali e relativi alla densità di popolazione hanno avuto in passato sullo sviluppo di focolai zoonotici a livello globale.
In particolare, il team di ricerca ha preso in esame le malattie inserite dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) nella “list of priority diseases”, poiché considerate dagli esperti come un potenziale rischio per la salute pubblica a causa della loro contagiosità o dell’assenza di vaccini e altre misure per contrastarne la diffusione. Dai risultati è emerso che circa il 9,3% della superficie terrestre presenta un rischio alto (6,3%) o molto alto (3%) di focolai zoonotici, che interessa soprattutto l’America Latina e l’Oceania.
Fonte: repubblica.it