Di Guardo: COVID-19 e One health
L'”Universal Medicina”, tanto cara ai nostri “Antichi Padri” e oggi denominata “One Health“, costituisce l’ennesimo esempio della straripante “anglofonizzazione” della nostra lingua e si traduce letteralmente in “Una Sola Salute”.
Mediante tale concetto, che e’ al tempo stesso un fondamentale principio, si sottolinea l’indissolubile legame fra salute umana, salute animale e salute dell’ambiente, che sono reciprocamente interconnesse in quella che viene altresì definita la “triangolazione uomo-animali-ambiente”
Ed è appunto in questo triangolo che andrebbero correttamente inquadrate le relazioni fra qualsivoglia agente patogeno, virale o di altra natura, ed il suo ospite, tanto piu’ alla luce dell’inoppugnabile dato secondo cui oltre il 70% delle malattie infettive emergenti sarebbero causate da agenti a comprovato o sospetto potenziale zoonosico, vale a dire capaci di trasferirsi dagli animali all’uomo, attuando il cosiddetto “salto di specie”.
Anche SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile della CoViD-19, non costituirebbe un’eccezione alla sopra citata “regola”, avendo trovato per l’appunto la propria culla d’origine nei pipistrelli per passare successivamente ad una specie “intermedia” e di lì all’uomo, avviando quella drammatica catena di contagi interumani che ha oramai causato un milione di casi d’infezione e oltre 50.000 decessi su scala globale, 14.000 dei quali nel nostro Paese!
Un recentissimo lavoro sperimentale riporta che i gatti sarebbero suscettibili nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2, che dagli stessi potrebbe trasmettersi con una certa facilità ad altri felini, dal che si desume che il gatto potrebbe aver svolto il ruolo di “ospite intermedio”, acquisendo il virus dai pipistrelli per poi trasmetterlo all’uomo.
Al momento attuale, e’ bene sottolinearlo, questa e’ soltanto un’ipotesi, per confermare o confutare la quale servono ulteriori studi. Porre la giusta enfasi sul concetto di “una sola salute” si traduce in una parallela enfasi sull’altrettanto fondamentale concetto della collaborazione intersettoriale o, per meglio dire, della collaborazione multidisciplinare.
Mai come in questi tempi di CoViD-19, infatti, Medici e Veterinari (come il sottoscritto) sono chiamati a operare “in simbiosi” al fine di poter fornire risposte “evidence-based” (anche e non solo) ai cruciali interrogativi sull’origine del virus SARS-CoV-2. Historia Magistra Vitae e, sulla scorta di questo imperituro viatico, andrebbe debitamente narrata al grande pubblico – come sono peraltro solito fare anche nei confronti dei miei Studenti nella lezione introduttiva al mio Corso di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria – la lunga quanto affascinante Storia della Medicina Veterinaria.
Le radici di noi Medici Veterinari sono fortemente compenetrate, infatti, con la storia delle malattie infettive, prima fra tutte la peste bovina, una grave ed altamente contagiosa e diffusiva malattia che nel diciottesimo secolo falcidiava le mandrie del Vecchio Continente. La peste bovina, dichiarata ufficialmente eradicata dal Pianeta nel 2011 a seguito dei grandi successi conseguiti attraverso le vaccinazioni di massa della popolazione bovina afro-asiatica, costituisce infatti la “ragion storica” alla base della nascita delle Facolta’ di Medicina Veterinaria, prima fra tutte quella di Lione, in Francia, seguita a ruota da quelle di Torino e Bologna.
Quanto sopra – a fronte degli ulteriori, illuminanti esempi che si potrebbero fare – per sottolineare e ribadire il cruciale ed imprescindibile ruolo nonche’ la grande tradizione culturale che accreditano la Medicina Veterinaria Pubblica e, con essa, la ricerca scientifica in ambito di Sanita’ Pubblica Veterinaria quali primi attori, insieme ai Medici ed ai Ricercatori in campo biomedico (e non solo) nella complessa ed articolata gestione della pandemia da SARS-CoV-2.
Questa rappresenta, in ultima analisi, l’ennesimo e quantomai drammatico esempio di un’emergenza sanitaria che trova origine nelle cosiddette “interfacce ecologiche” che mettono in reciproca connessione gli animali selvatici con quelli domestici e con l’uomo nel nostro “villaggio globale”.
Giovanni Di Guardo
Universita’ di Teramo Facolta’ di Medicina Veterinaria
Il quotidiano Il Manifesto ha intervistato David Quammen, il divulgatore scientifico autore nel 2014 di «Spillover» che risponde a queste domande:
Il numero di marzo 2020 de “I quaderni delle Scienze” dedicato a “Virus – Dalla diffusione di malattie letali all’impatto sull’evoluzione della vita, la doppia faccia di questi microrganismi”, in considerazione attuale, è disponibie gratuitamente fino alla fine del mese.
Il 23 gennaio nell’auditorium “Biagio D’Alba” del Ministero della Salute, si è svolto il convegno dal titolo “
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) mette a disposizione degli utenti la tecnologia blockchain per la verifica immediata dell’autenticità dei certificati per la titolazione degli anticorpi rabbia, emessi in accordo con i regolamenti internazionali per la movimentazione dei carnivori domestici, come cani, gatti e furetti.
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise,
Per acquisire informazioni rilevanti su Sars Cov 2 sarebbero necessari approfondimenti diagnostici post mortem che permetterebbero di comprendere come l’agente virale colonizza l’apparato respiratorio e gli altri distretti dell’organismo umano, le dinamiche della risposta immunitaria e la presenza di eventuali fattori di suscettibilita’/resistenza dell’ospite nei confronti dell’infezione.
E’ ancora possibile fare domanda per diventare borsista o ente ospitante per il prossimo ciclo del Programma europeo di borse di formazione in valutazione del rischio alimentare (EU-FORA) dell’EFSA, iniziativa cruciale per creare nell’UE competenze di valutazione scientifica del rischio con la relativa comunità del sapere.
Nelle persone decedute positive al Covid-19 la terapia antibiotica è stata quella più utilizzata (83% dei casi), meno utilizzata quella antivirale (52%), più raramente la terapia steroidea (27%). Lo afferma il
Almeno 116 specie diverse nel Mediterraneo hanno ingerito plastica (l’ingestione è il principale effetto noto della plastica in mare); il 59% di queste sono pesci ossei, inclusi in questa percentuale anche quelli di interesse commerciale come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi; il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe, uccelli.