Influenza aviaria H5N1/HPAI in un allevamento di visoni in Spagna

I ricercatori del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con i colleghi del Laboratorio di referenza nazionale per l’influenza aviaria spagnolo di Madrid (Spagna) e le autorità sanitarie spagnole, hanno identificato un virus influenzale aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in un allevamento di visoni da pelliccia nel nord ovest della Spagna. I risultati delle indagini epidemiologiche, cliniche e genetiche sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Eurosurveillance.

I ricercatori del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria (presso l’IZSVe), in collaborazione con i colleghi del Laboratorio di referenza nazionale per l’influenza aviaria spagnolo di Madrid (Spagna) e le autorità sanitarie spagnole, hanno identificato un virus influenzale aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in un allevamento di visoni da pelliccia nel nord ovest della Spagna.

I fatti risalgono ad ottobre 2022 quando a seguito di un aumento improvviso della mortalità registrato in un allevamento di visoni, alcuni campioni prelevati da animali sintomatici sono stati inviati ai laboratori spagnoli per gli accertamenti analitici. Le analisi hanno permesso di rilevare la presenza del virus H5N1/HPAI.

Al momento è ignoto il meccanismo di introduzione e diffusione del virus in azienda. Tuttavia, considerate le mortalità riscontrate nei volatili selvatici marini nelle settimane precedenti nella stessa regione, causate dal virus H5N1/HPAI, i ricercatori ipotizzano che il virus sia stato introdotto dagli uccelli selvatici. Restano da approfondire i meccanismi di diffusione del virus in azienda e le modalità di trasmissione tra i visoni. Ulteriori studi sono in corso per caratterizzare la virulenza e la trasmissibilità del virus.

Le analisi genetiche hanno consentito di stabilire che il virus appartiene ad un gruppo virale ben conosciuto, responsabile della grave epidemia di influenza aviaria in atto da oltre due anni nei volatili domestici e selvatici in Europa e nel mondo. Sebbene il virus identificato nei visoni si distingua dai ceppi finora descritti nei volatili europei per alcune mutazioni presenti nel suo genoma, si sottolinea che nessuna delle mutazioni rilevate è fra quelle note per rendere un virus H5N1/HPAI trasmissibile efficacemente da uomo a uomo. Gli autori hanno inoltre evidenziato che nessun caso di infezione è stato riscontrato dalle indagini diagnostiche specifiche effettuate dalle autorità sanitarie spagnole negli operatori dell’azienda potenzialmente esposti.

La suscettibilità dei visoni all’infezione con i virus influenzali tipo A umani ed aviari è già stata documentata in diversi studi precedenti. Tuttavia, il caso descritto ricorda l’importanza di implementare adeguati piani di sorveglianza per i virus influenzali in questo settore produttivo e l’assoluta necessità di rafforzare le misure di biosicurezza per prevenire il contatto con i volatili selvatici ed evitare il verificarsi di eventi di trasmissione di virus influenzali dal visone all’uomo e viceversa.

“Questo evento ci ricorda che il virus influenzale aviario ad alta patogenicità H5N1 non è un problema solo dei volatili – sottolinea Isabella Monne, veterinario del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’IZSVe e coautrice dello studio – È in atto un’emergenza epidemica globale, senza precedenti, che non sconvolge solo la produzione avicola ma che sta colpendo gravemente molte specie di volatili selvatici e sporadicamente anche di mammiferi selvatici, minacciando gravemente la biodiversità del nostro pianeta. La continua circolazione del virus nella popolazione selvatica e le mortalità massive causate dal diffondersi dell’infezione in alcune specie rischia di sbilanciare ulteriormente gli ecosistemi con conseguenze ignote anche sulle dinamiche evolutive del virus. Anche questa emergenza va affrontata con un approccio One Health, globale e multidisciplinare, con la massima attenzione e prontezza, come abbiamo cominciato a capire grazie alla lezione della pandemia da Covid-19. Un virus influenzale capace di causare lo spillover nei mammiferi va fermato prima di diventare un problema per la sanità pubblica”.

Fonte: IZS Venezie




Coronavirus e visoni

Con una lettera al Direttore di Quotididiano Sanità il Prof. Giovanni Di Guardo, Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia  Veterinaria presso l’Universita’ di Teramo – Facolta’ di Medicina Veterinaria, affronta la possibilità che i visoni, oltre ad esser naturalmente suscettibili nei riguardi dell’infezione da SARS-CoV-2, siano in grado di ritrasmettere il virus all’uomo e le preoccupazioni conseguenti alla mutazione del virus avvenuta in questi mustelidi anche per la protezione conferita dai futuri vaccini anti-SARS-CoV-2/CoViD-19 nei riguardi di tale variante virale.

“Mentre si rimarca la necessità e la cogenza di ricerche “ad hoc”, da un lato, andrebbe parimenti sottolineato, dall’altro, che SARS-CoV-2 – il settimo coronavirus noto nella nostra specie – avrebbe, da un punto di vista strettamente “evolutivo e conservazionistico” (dove gli aggettivi “evolutivo” e “conservazionistico” vanno intesi come specificamente riferiti all’agente virale, non a noi!), scarso interesse ad infettare “nuovi” animali, allorquando il “salto di specie” dallo stesso compiuto, “illo tempore”, dal pipistrello all’uomo (passando probabilmente attraverso una specie “intermedia”, non ancora identificata a tutt’oggi), lo ha messo in condizione di infettare, potenzialmente, ben 8 miliardi di persone, un vero e proprio “bingo”!”

afferma il Prof. Di Guardo.




Varianti SARS-Cov-2 nel visone, i documenti ECDC, OMS e Oie

A seguito della segnalazione di 214 casi di persone infettate dalle varianti della SARS-CoV-2 in alcuni visoni da parte della Danimarca, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha pubblicato la “valutazione rapida dei rischi per la salute umana derivanti dalle nuove varianti della SARS-CoV-2 nel visone” (in inglese) a cui hanno partecipato anche gli specialisti dell’EFSA. IL documento contiene una serie di raccomandazioni volte a proteggere la salute pubblica.

Nikolaus Kriz, resposabile dell’unità EFSA di “Salute animale e vegetale”, ha dichiarato: “Mentre il rischio di diffusione transfrontaliera di queste varianti della SARS-CoV-2 tramite gli animali e i loro prodotti è molto basso, è importante che le persone evitino il contatto ravvicinato con i visoni allevati. Sono dunque necessarie misure supplementari di sorveglianza per limitare un’ulteriore diffusione“.

Comunicato OMS (in inglese)

Dichiarazione OIE (in inglese)

L’Oie ha inoltre pubblicato una bozza di linee guida per gli operatori che lavorano in allevamenti di specie suscettibili a SARS-CoV-2 (in inglese)

A cura della segreteria SIMeVeP

 




Nuova variante del Covid da visoni a uomo in Danimarca? Grasselli: «Situazione da monitorare»

Aldo Grasselli, Presidente della Federazione Veterinari e Medici e Presidente Onorario SIMeVeP spiega a Sanità Informazione cosa sta succedendo in Danimarca: «I virus mutano per resistere agli anticorpi. È quel che succede ogni anno con l’influenza stagionale. Il vaccino? Non dovrebbe essere un problema»

Presidente Grasselli, cosa sta succedendo in Danimarca?
«Sappiamo ciò che è uscito sugli organi di stampa in questi giorni e di cui hanno preso atto anche dalle istituzioni danesi. In sostanza, in Danimarca esiste un fiorente allevamento di visoni per via di una tradizione molto consolidata. Stiamo parlando di milioni di visoni. Questo tipo di attività comporta una forte concentrazione di animali all’interno degli allevamenti e, conseguentemente, maggiori possibilità per i virus di diffondersi tra gli animali presenti una volta entrati. Il SARS-CoV-2 è dunque entrato ed è riuscito a provocare una infezione alla quale i visoni hanno risposto con una reazione immunitaria. Tra gli animali infetti si è innescata quindi una reazione anticorpale che probabilmente ha esercitato una pressione selettiva sul virus che, per sopravvivere agli anticorpi, ha cominciato a mutare. Questo ha reso possibile la selezione di una popolazione di virus dotata di qualche variante protettiva. Si tratta di un fenomeno che conosciamo già nell’influenza umana: ogni anno ci sono varianti e noi sappiamo già che il virus dell’influenza del prossimo anno probabilmente si presenterà con caratteristiche leggermente diverse».

Leggi l’intervista integrale su Sanità Informazione