Il cibo del futuro nascerà grazie agli ecosistemi batterici

Il cibo del futuro? Il segreto sta nei batteri. È la promessa di CIRCLES, un nuovo, imponente progetto di ricerca europeo che punta a rivoluzionare la produzione alimentare migliorandone sicurezza, produttività, qualità e sostenibilità. Come? Sfruttando le enormi potenzialità di attori molto, molto piccoli: le comunità di microrganismi – note come microbiomi – che colonizzano ogni nicchia ecologica sul pianeta, inclusi tutti gli esseri viventi.

Premiato dalla Commissione Europa con un ampio finanziamento – circa 10 milioni di euro – nell’ambito del programma Horizon 2020, CIRCLES è coordinato dall’Università di Bologna. L’Ateneo bolognese – che proprio in questi giorni ospita il kick-off meeting di avvio del progetto – sarà alla guida di un vasto consorzio di 30 partner provenienti da 14 paesi europei. Parteciperanno sia istituti di ricerca leader nel campo della microbiologia, della genetica e delle scienze ambientali che aziende di punta nel settore della produzione alimentare come Aia, Orogel, Eurovix, DSM Nutritional Products e Bolton Alimentari, oltre ad esperti di business planning e di comunicazione.

Uno sforzo collettivo che ha come obiettivo la creazione di Smart Microbiome Food Products: nuovi alimenti a base di ortaggi, carne e pesce nati da sistemi alimentari in cui i microbiomi di animali e piante saranno ottimizzati per realizzare in modo sostenibile prodotti di qualità superiore.

IL SEGRETO NEL MICROBIOMA
La produzione alimentare a livello globale sta mettendo a dura prova la conservazione e la disponibilità di risorse naturali. E i problemi sono destinati a crescere. Si stima che nel 2050 la popolazione mondiale arriverà a contare circa 9,7 miliardi di persone: produrre cibo sufficiente per tutti sarà una delle sfide più difficili per il genere umano. Per superarla, i sistemi di produzione alimentare dovranno diventare estremamente efficienti: filiere in grado di produrre cibo sicuro e nutriente, riducendo al tempo stesso in modo deciso l’impatto ambientale.

Una delle strade più promettenti per arrivare a questo risultato sta nel potenziale metabolico dei microbiomi, le vastissime comunità di microorganismi – batteri, virus, funghi – che colonizzano ambienti, piante e animali. “Viviamo in un mondo popolato, in termini numerici, principalmente da batteri”, spiega Marco Candela, docente dell’Università di Bologna che coordina il progetto. “Per questo è importante imparare a conoscerli e a convivere con loro, in modo da poter anche usare le loro abilità per migliorare la salute globale e promuovere un’economia sostenibile”.

Studi approfonditi su questi microorganismi hanno mostrato che la loro presenza è fondamentale per garantire lo sviluppo e la salute di tutti gli esseri viventi. “Oggi si guarda in modo integrato alla relazione tra un ambiente o un organismo e il microbioma che lo abita”, continua Marco Candela. “Per questo, i microbiomi rappresentano un potenziale probiotico per tutti gli attori principali nella filiera di produzione dell’alimento, from farm to fork: suolo, acqua, mangimi, piante e animali, prodotto finale, ambiente, prodotti di scarto, lavoratori e, infine, consumatori”.

CIRCLES (Controlling mIcRobiomes CircuLations for bEtter food Systems) parte proprio da qui: esplorare, traslare e diffondere applicazioni innovative basate sui microbiomi per migliorare la performance e la sostenibilità dei sistemi alimentari.

IL VIAGGIO DI CIRCLES
Nel corso del progetto, che durerà cinque anni, saranno studiate e migliorate filiere alimentari già esistenti, grazie alla collaborazione delle aziende partecipanti. Ci saranno dei veri e propri “laboratori sul campo” che permetteranno di sperimentare soluzioni innovative su sei sistemi alimentari strategici per il mercato europeo: gli ortaggi (pomodori e spinaci), l’allevamento intensivo (polli e suini), l’acquacoltura e la pesca (l’orata nel Mediterraneo e il salmone nell’Atlantico).

I ricercatori prepareranno strumenti specifici in grado di modulare e ottimizzare la composizione dei microbiomi (Smart Microbiome Modulators) da utilizzare in modo integrato e circolare. In questo modo sarà possibile ottimizzare tutta la filiera produttiva, migliorando qualità, produttività, sicurezza e sostenibilità dell’intero processo produttivo.

CIRCLES, insomma, arriverà a definire un nuovo paradigma di produzione sostenibile, basato sullo sfruttamento dei microbiomi: un vero e proprio Smart Microbiome Food System che permetterà di produrre alimenti di qualità superiore (Smart Microbiome Food Products) a base di ortaggi, carne e pesce. “Tutti i cibi saranno certificati, grazie anche ad un innovativo metodo di etichettatura che garantirà la trasparenza sulla qualità del processo produttivo”, dice il professor Candela. “Questi Smart Microbiome Food Systems saranno il risultato finale che CIRCLES offrirà all’Europa di domani. Una sfida importante che permetterà di fare un passo in avanti verso un’economia alimentare più sicura e sostenibile”.

Fonte: Università di Bologna




Food Sustainability Index, la Francia Paese più virtuoso

albero, proteggereLa Francia si riconferma il Paese più virtuoso al mondo. A decretarlo è la terza edizione del Food Sustainability Index (FSI) l’indice che analizza le performance di 67 Paesi in base alla sostenibilità del loro sistema alimentare e al reddito. I Paesi presi in esame dall’Index rappresentano oltre il 90% del PIL globale e i 4/5 della popolazione mondiale. Il Food Sustainability Index è stato sviluppato dal Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) in collaborazione con The Economist Intelligence Unit. L’edizione 2018 si concentra principalmente sulle best practices nel campo della sostenibilità alimentare che contribuiscono a raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ed è stato presentato in occasione del nono Forum della Fondazione BCFN su Alimentazione e Nutrizione che si sta tenendo a Milano.

Maggiori informazioni




Giornata mondiale della biodiversità

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla perdita di biodiversità, il 22 maggio di ogni anno le Nazioni Unite celebrano la Giornata Mondiale della Biodiversità, per ricordare l’entrata in vigore della Convenzione per la Diversità Biologica (CDB), avvenuta il 22 maggio 1993. Il venticinquesimo anniversario è un’occasione per celebrare i risultati della Convenzione, comunicare al mondo l’importanza della biodiversità e stimolare e promuovere ulteriori sforzi finalizzati al raggiungimento del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020 e gli impegni connessi, compresi gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nell’ambito di Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Cambiamento climatico, specie aliene invasive e distruzione di habitat rappresentano le principali minacce alla perdita di natura e biodiversità.

L’attuale ritmo di estinzione delle specie animali e vegetali è considerato da 100 a 1.000 volte superiore a quello registrato in epoca pre-umana. Gli scienziati ritengono che siamo di fronte alla sesta estinzione di massa, questa volta per cause antropiche, persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri, 65 milioni di anni fa. Dal 1500 a oggi, le specie estinte documentate sono 765, di cui 79 mammiferi, 145 uccelli, 36 anfibi. Attualmente le estinzioni procedono al ritmo di un numero compreso tra 10 e 690 specie per settimana.

Di tutte le estinzioni, il 75% è stato causato da un eccessivo sfruttamento delle specie (caccia, pesca, commercio illegale di piante e animali), dalla distruzione degli habitat per infrastrutture o per avere nuovi campi per l’agricoltura, dall’agricoltura intensiva. Altre cause sono l’inquinamento e l’introduzione di specie aliene invasive. Gli scienziati dicono che il cambiamento climatico aumenterà i suoi effetti negativi sulla biodiversità ma già adesso si contano estinzioni legate al caos climatico, soprattutto tra gli anfibi.

Non è solo l’estinzione (ossia la scomparsa dell’ultimo individuo di un gruppo che per definizione è raro) delle specie che preoccupa la comunità scientifica, ma la diminuzione del numero totale di animali. Negli ultimi 25 anni le popolazioni degli animali selvatici si sono dimezzate. Secondo la “lista rossa” dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), sono minacciati di estinzione 1.199 Mammiferi (il 26% delle specie descritte), 1957 Anfibi (41%), 1.373 Uccelli (13%) e 993 Insetti (0,5%).

Anche la ricchezza della biodiversità italiana è seriamente minacciata e rischia di essere irrimediabilmente perduta, a causa della distruzione degli habitat e della loro frammentazione e degrado, l’invasione di specie aliene invasive, le attività agricole, gli incendi, il bracconaggio, i cambiamenti climatici. Dai dati dell’Annuario dei dati ambientali ISPRA emerge che – per quanto riguarda il grado di minaccia delle 672 specie di Vertebrati valutate nella recente “Lista Rossa IUCN dei Vertebrati Italiani” (576 terrestri e 96 marine) – 6 sono estinte nel territorio nazionale in tempi recenti: due pesci, lo storione comune e quello ladano; tre uccelli: la gru, la quaglia tridattila, il gobbo rugginoso; e un mammifero, il pipistrello rinolofo di Blasius.

Le specie minacciate di estinzione sono 161 (138 terrestri e 23 marine), pari al 28% delle specie valutate. Considerando che per il 12% delle specie i dati disponibili non sono sufficienti a valutare il rischio di estinzione e assumendo che il 28% di queste sia minacciato, si stima che complessivamente circa il 31% dei Vertebrati italiani sia minacciato. Il 50% circa delle specie di Vertebrati italiani non è a rischio di estinzione imminente.

L’analisi dei principali settori produttivi indica che i fattori legati all’agricoltura incidono per il 70 percento negli scenari di perdita di biodiversità terrestre. Affrontare le tendenze e gli scenari nei sistemi alimentari globali è quindi cruciale nel determinare se i piani strategici per la biodiversità 2011-2020 e post 2020 potranno avere successo. Le soluzioni per raggiungere sistemi agro-alimentari sostenibili includono aumenti ‘sostenibili’ di produttività, attraverso il ‘restauro’ dei servizi ecosistemici nelle aree agricole, la riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari e il cambiamento dei nostri modelli di acquisto e consumo di cibo, fibre, cosmetici e altri prodotti non alimentari di origine agricola.

Comunicato stampa ISPRA integrale

Infografica




L’etichettatura sull’origine dei prodotti promuove le economie locali e lo sviluppo sostenibile

Un nuovo studio ha rilevato che i prodotti alimentari collegati al loro luogo di origine sono economicamente e socialmente vantaggiosi per le aree rurali da cui provengono e promuovono lo sviluppo sostenibile.

I prodotti alimentari registrati con un’etichetta d’indicazione geografica vantano a livello mondiale un valore commerciale annuale di oltre 50 miliardi di dollari. Tali prodotti hanno caratteristiche, qualità e reputazioni specifiche derivanti dalla loro origine geografica.

Lo studio Rafforzamento dei sistemi alimentari sostenibili attraverso le indicazioni geografiche condotto dalla FAO e dalla Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, analizza l’impatto economico della registrazione dell’indicazione geografica in nove studi di casi: il caffè colombiano, il tè Darjeeling (India), il cavolo Futog (Serbia), il caffè Kona (Stati Uniti), il formaggio Manchego (Spagna), il pepe Penja (Camerun), lo zafferano Taliouine (Marocco), il formaggio Tête de Moine (Svizzera) e il vino Vale dos Vinhedos (Brasile).

In tutti e nove i casi, la registrazione legata all’origine ha sostanzialmente aumentato il prezzo del prodotto finale, con un valore aggiunto compreso tra il 20% e il 50%. Uno dei motivi è che i consumatori identificano caratteristiche uniche – come gusto, colore, consistenza e qualità – in prodotti con lo status d’indicazione geografica, e come tali sono disposti a pagare prezzi più alti.

Le indicazioni geografiche sono un approccio alla produzione alimentare e ai sistemi di marketing che pongono considerazioni sociali, culturali e ambientali al centro della catena di valore”, ha affermato Emmanuel Hidier, Economista del Centro investimenti della FAO. “Possono essere un percorso per lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali promuovendo prodotti di qualità, rafforzando le catene di valore e migliorando l’accesso a mercati più remunerativi“.

Lo studio di casi: il pepe Penja e il cavolo Futog

Nel caso del pepe Penja, un pepe bianco coltivato nel terreno vulcanico della Valle Penja in Camerun – il primo prodotto africano a ricevere un’etichetta geografica – la registrazione ha contribuito a far aumentare di sei volte il reddito degli agricoltori locali.

Il processo – dall’impostazione degli standard alla registrazione e alla promozione – ha avvantaggiato non solo gli agricoltori locali, ma l’intera area locale in termini di entrate, produttività, crescita di altre industrie connesse e, soprattutto, l’inclusione di tutte le parti interessate“, ha affermato Emmanuel Nzenowo, dell’associazione dei produttori del pepe Penja.

La denominazione d’origine per il cavolo Futog, coltivato nelle fertili pianure lungo il Danubio, nel nord della Serbia, ha fornito a una piccola comunità di coltivatori un aumento sostanziale dei redditi negli ultimi anni, con alcuni agricoltori che hanno ottenuto un aumento del 70% del prezzo di vendita.

A partire dalla registrazione del prodotto, i produttori locali hanno iniziato a lavorare più strettamente insieme e questo ha contribuito a proteggere la qualità unica del cavolo Futog e la sua tradizione agricola. Ha anche contribuito a difenderne il nome e la reputazione, di cui in passato si era spesso abusato“, ha dichiarato Miroljub Jankovic della Futog Cabbage Association.

Non solo per ragioni economiche: si collegano prodotti, luoghi e persone

La registrazione di prodotti legati al loro luogo di origine ha implicazioni che vanno ben oltre i guadagni economici. I produttori e i trasformatori locali al centro del processo di registrazione contribuiscono a rendere i sistemi alimentari più inclusivi e più efficienti. Insieme, i produttori sviluppano le qualità specifiche del prodotto e promuovono e proteggono l’etichetta di origine. La creazione di tali etichette stimola anche il dialogo tra settore pubblico e privato, con le autorità pubbliche spesso strettamente associate al processo di registrazione e certificazione.

Nelle nostre regioni vicine all’unione Europea c’è un forte interesse per la denominazione d’origine controllata da parte dei governi, che possono vedere in che misura hanno innescato uno sviluppo rurale positivo in paesi come la Francia e l’Italia“, ha dichiarato Natalya Zhukova, Direttrice della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, responsabile del settore agroalimentare. “Ora, i nostri clienti agroindustriali nei settori della vendita al dettaglio e della trasformazione sono anche interessati a sostenere i processi e i mercati della denominazione d’origine in quanto possono vedere che i consumatori nei mercati locali e in quelli dell’UE sono interessati all’origine e alla qualità del cibo“.

Trovare il giusto equilibrio

La registrazione dell’indicazione geografica protetta segue le leggi e i regolamenti definiti da ciascun paese. A livello internazionale, le etichette sono regolamentate e protette ai sensi dell’accordo TRIPs, un accordo multilaterale sui diritti di proprietà intellettuale riconosciuto da tutti i membri dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Lo studio riconosce un numero di ostacoli che i produttori devono prendere in considerazione prima di richiedere un’etichetta di origine. Ad esempio, alcuni produttori su piccola scala o tradizionali potrebbero rimanerne esclusi se le specifiche del prodotto sono eccessivamente industrializzate o se sono onerose in settori come l’imballaggio.

Il rapporto sottolinea inoltre che deve essere preso in considerazione l’impatto ambientale e le specifiche devono includere requisiti per proteggersi dal sovra-sfruttamento delle risorse naturali.

Uno strumento per lo sviluppo sostenibile

“I legami unici di questi prodotti con le risorse naturali e culturali delle aree di provenienza li rendono uno strumento utile per il progresso degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, in particolare preservando un patrimonio alimentare e contribuendo a diete sane”, ha affermato Florence Tartanac, Funzionario senior della Divisione FAO Nutrizione e Sistemi Alimentari.

La FAO e la EBRD hanno lavorato insieme per sostenere i produttori e le autorità locali nello sviluppo di prodotti d’indicazione geografica sostenibile in paesi come Montenegro, Serbia e Turchia. La FAO collabora anche con altri partner per promuovere prodotti basati sulla denominazione d’origine in Afghanistan, Benin e Tailandia, tra gli altri.

Fonte: Fao




Fao: l’agroecologia per la sostenibilità alimentare

Il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, ha sollecitato sistemi alimentari più sani e sostenibili e ha dichiarato che l’agro-ecologia può contribuire a una tale trasformazione. L’appello è stato lanciato nell’intervento di apertura al 2° Simposio Internazionale di Agro-ecologia che si tiene questa settimana presso la FAO (Roma 3-5 aprile).

Ha poi affermato che la maggior parte della produzione alimentare si basa su sistemi agricoli ad alta intensità di risorse, con un costo elevato per l’ambiente e di conseguenza il suolo, le foreste, l’acqua, la qualità dell’aria e la biodiversità continuano a degradarsi. L’attenzione sull’aumento della produzione ad ogni costo non è stata sufficiente a sradicare la fame “e stiamo assistendo a un’epidemia globale di obesità“, ha aggiunto.

Occorre promuovere un cambiamento trasformativo nel modo in cui produciamo e consumiamo cibo. Dobbiamo proporre sistemi alimentari sostenibili che offrano cibo sano e nutriente, e servizi eco-sistemici resistenti al cambiamento climatico. L’agro-ecologia può offrire diversi contributi a questo processo di trasformazione dei nostri sistemi alimentari“, ha affermato.

Mettendo insieme conoscenze tradizionali e conoscenze scientifiche, l’agro-ecologia applica approcci ecologici e sociali ai sistemi agricoli, concentrandosi sulle ricche interazioni esistenti tra piante, animali, esseri umani e ambiente.

Il Direttore Generale ha poi sollecitato i responsabili delle politiche nazionali a fornire un maggiore sostegno all’agro-ecologia. “per andare avanti serve l’impegno di un numero maggiore di governi e decisori politici”, ha aggiunto.

Trasformare i sistemi alimentari in modo che siano sostenibili, significa operare cambiamenti a livello economico, sociale e culturale” ha affermato il presidente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), Gilbert F. Houngbo. “Questo è il motivo per cui i progetti promossi dall’IFAD adottano un approccio olistico, integrando investimenti con sostegno alle politiche, alle conoscenze e alle attività formative. Perché una produzione diversificata deve essere accompagnata da diete diversificate, e venire accettata da consumatori consapevoli delle implicazioni nutrizionali e climatiche“.

Stéphane Le Foll, ex Ministro francese dell’Agricoltura, nel suo intervento ha invitato ad un dialogo e ad azioni volte a creare una rivoluzione “doppiamente verde” della produzione agricola, basata sulla natura, sulle conoscenze locali e sulla scienza. “Siamo ad un punto di svolta nella storia dell’umanità, e sta a noi fare le nostre scelte – scelte fondamentali -, che saranno cruciali per il nostro futuro collettivo” ha affermato.

Un dialogo globale

Al Simposio di tre giorni partecipano oltre 700 tra responsabili politici, professionisti di agro-ecologia, accademici e rappresentanti di governo, della società civile, del settore privato e delle agenzie delle Nazioni Unite, riuniti per discutere gli elementi chiave e le azioni a sostegno del potenziamento dell’agro-ecologia. Il simposio si concentrerà sull’individuazione di quello che serve, delle sfide e delle opportunità per promuovere politiche, pratiche e investimenti in agro-ecologia.

L’ultimo giorno verrà lanciata l’iniziativa Scaling-Up, che mira a incoraggiare processi di transizione agro-ecologici più inclusivi e olistici attraverso strumenti, conoscenze e processi politici per la trasformazione dei sistemi alimentari e agricoli.

Un percorso verso uno sviluppo sostenibile

Un esempio pratico di agro-ecologia è offerto dagli agricoltori cinesi che hanno ideato un intelligente ecosistema in cui le foglie di gelso alimentano i bachi da seta i cui rifiuti organici vengono poi usati come cibo per i pesci. Il materiale organico presente negli stagni è quindi utilizzato come fertilizzante per i gelsi, completando così un circolo virtuoso di produzione. Per secoli questo sistema ha anche sostenuto attività complementari come la produzione di seta.

L’agro-ecologia può salvaguardare le risorse naturali e la biodiversità, nonché promuovere l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici. Può anche migliorare la capacità di risposta dei piccoli agricoltori familiari, specialmente nei paesi in via di sviluppo dove più alta è la malnutrizione. Può contribuire alla produzione e al consumo di alimenti sani e nutrienti e promuovere l’economia e i mercati locali. Questi molteplici vantaggi rendono l’agro-ecologia un percorso importante per raggiungere l’Agenda 2030 e affrontare le sfide interconnesse.

Conoscenza e innovazione per guidare il cambiamento

Investire in conoscenza e innovazione è la chiave per realizzare il pieno potenziale dell’agro-ecologia. Il Simposio include una mostra che mette in evidenza le innovazioni nell’agro-ecologia di tutto il mondo. Un team di scienziati spagnoli espone CONECT-e, una piattaforma online progettata per gli agricoltori per registrare e condividere le conoscenze ecologiche tradizionali con gli scienziati.

La mostra ghanese mette in luce un progetto guidato da un agricoltore e sostenuto da ActionAid, che promuove l’accesso delle donne a servizi di divulgazione agricola con particolare attenzione alla promozione dell’agro-ecologia. Il progetto ha avuto come risultato che le donne contadine hanno aumentato la loro produzione agricola attraverso l’agro-ecologia con una minore dipendenza da fattori esterni come gli erbicidi.

Dare maggiore slancio all’azione

Il primo Simposio di Agro-ecologia si è tenuto presso la FAO nel 2014 e da allora si sono tenuti incontri regionali in America Latina, Africa sub-sahariana, Europa, Asia centrale e orientale. Negli ultimi quattro anni, oltre 1.400 partecipanti provenienti da 170 paesi sono stati coinvolti in questo sforzo globale per discutere ed evidenziare l’importanza e il potenziale dell’agro-ecologia.

Il Simposio si concluderà giovedì 5 aprile.

Fonte: Fao




Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali

sintesi_rapporto_ispra_spreco

L’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha presentato il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”.

Lo spreco alimentare è una delle principali questioni ambientali e socio-economiche ed etiche che l’umanità si trova ad affrontare.

L’indagine Ispra passa in rassegna la letteratura internazionale e analizza le connessioni più rilevanti tra lo spreco alimentare e altri temi, quali il consumo di suolo, di acqua, di energia e di altre risorse, il degrado dell’integrità biologica, i cambiamenti climatici, l’alterazione dei cicli dell’azoto e del fosforo, la sicurezza e la sovranità alimentare, la bioeconomia circolare.

Si indagano in dettaglio le cause e i condizionamenti strutturali lungo le filiere, in particolare emergono differenti quantità di spreco associate a diversi modelli di sistema alimentare. Il rapporto poi analizza ed elabora a livello mondiale, europeo e italiano i dati disponibili, evidenziando dimensioni ed effetti critici dello spreco.

Sintesi del rapporto

Comunicato stampa ISPRA




Avvio di 10 tavoli per 100 anni di sviluppo sostenibile nel sito arexpo

Verso l’Officina dell’Impatto Sociale e Ambientale per accompagnare le trasformazioni del sito Arexpo Milano

L’avvio della realizzazione del Parco della Scienza, del Sapere e dell’Innovazione nell’area Expo di Milano significa la nascita di un nuovo polo mondiale della ricerca e dei servizi nelle scienze della vita. Un progetto, per diventare unico e distintivo nel panorama internazionale, intende mettere in relazione mondi e sensibilità diverse, dialogando con i territori e le comunità circostanti e facilitando percorsi partecipativi e la diffusione della conoscenza.

Fondazione Triulza, con la sua rete di Organizzazioni della Società Civile, in partnership con Arexpo e LendLease, dà il via il prossimo 19 marzo a 10 tavoli di lavoro per mettere al centro dello sviluppo dell’area l’impatto sociale e ambientale. Con i primi tavoli di lavoro si avvia un percorso partecipativo che ha l’obiettivo di definire le linee guida sociali e ambientale dello sviluppo del sito.

I primi tavoli di lavoro:

  • Niente e nessuno è rifiuto, tutto e tutti siamo risorse. Coordina Marco Lucchini, Segretario Generale Banco Alimentare.
  • Le nuove frontiere dell’innovazione per la salute e il benessere. Coordina Fabrizio Ernesto Pregliasco, Presidente Anpas Nazionale e Direttore Sanitario all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi
  • Ambiente e sostenibilità urbana. Coordina Barbara Meggetto, Presidente Legambiente Lombardia
  • Città del futuro accessibili a tutti. Coordinano Alberto Fontana e Giovanni Merlo, Presidente e Direttore Ledha
  • L’innovazione nelle filiere agroalimentari nelle città del futuro. Coordina Fabio Perini, Presidente Fedagri – Confcooperative Lombardia
  • All Inclusive. Coordina Felice Romeo, Coordinatore dipartimento Welfare Legacoop Lombardia
  • Innovazione sociale, giovani e tecnologie. Coordina Paolo Petracca, Presidente Acli Milano
  • La finanza d’impatto per uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Coordina Sabina Siniscalchi, consigliere d’amministrazione Banca Etica, con il supporto tecnico del Ph.D. Alberto Boem​
  • Abitare le città con umanità. Coordina Alessandro Maggioni, presidente Federabitazione Lombardia
  • Partnership: quale ruolo per le reti nell’epoca della globalizzazione? Coordina Sergio Silvotti, Portavoce Forum Terzo Settore Lombardia.

I  tavoli di lavoro , ciascuno dedicato a una diversa tematica riguardante l’impatto sociale e ambientale del progetto di sviluppo dell’area che nel 2015 ha ospitato Expo Milano, dovranno produrre, al termine di un percorso proposte di progettazione e/o sperimentazione della sostenibilità ambientale e sociale nell‘area.

Il Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice, parteciperà ai lavori del primo tavolo.

Programma




10° Forum mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura: il futuro della zootecnia

La FAO indica la strada per prodotti animali a basse emissioni di carbonio per sostenere l’alimentazione e i mezzi di sussistenza rurali

Il settore zootecnico è un pilastro per la sicurezza alimentare e il sostentamento rurale e la comunità internazionale deve collaborare per garantire il suo potenziale contributo allo sviluppo sostenibile, ha dichiarato oggi il Direttore Generale della FAO, Jose Graziano da Silva, intervenendo al 10° Forum mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura che si è tenuto a Berlino dal 18 al 20 gennaio.

La FAO stima che oltre la metà dei poveri delle zone rurali del mondo siano piccoli allevatori e pastori. Tra i più poveri tra i poveri, essi dipendono dal bestiame per il proprio sostentamento.

Mentre i prodotti animali danno un grande contributo alla nutrizione e alla lotta contro la povertà, comportano anche impatti eccessivi sul clima e sull’ambiente e la salute degli animali è sempre più critica per la salute umana, ha affermato al 10mo Forum Globale per l’alimentazione e l’agricoltura di Berlino.

Bestiame e mezzi di sussistenza

Poiché la domanda di carne e di altri prodotti animali cresce in modo robusto, specialmente nei paesi in via di sviluppo, la questione dell’equità e di una distribuzione efficiente assume un’importanza crescente.

Più della metà dei poveri rurali del mondo fanno affidamento sul bestiame e devono essere dotati di competenze, conoscenze e tecnologie adeguate per partecipare e beneficiare di quella crescita piuttosto che “messi da parte espandendo grandi operazioni ad alta intensità di capitale“, ha affermato Graziano da Silva.

L’aumento del consumo di prodotti animali migliorerà la nutrizione, specialmente quella dei bambini piccoli nei paesi in via di sviluppo, la cui crescita cognitiva e fisica richiede micronutrienti cruciali come lo zinco e il ferro, senza dire che anche il consumo eccessivo comporta rischi. “Dobbiamo concentrarci su diete sane ed equilibrate“, ha detto.

Ha poi osservato che fonti alternative di proteine ​​- come pesce e legumi – sono disponibili e dovrebbero essere esplorate.

Abbassare l’impronta di carbonio

Poiché il bestiame genera più gas serra rispetto ad altre fonti alimentari – circa il 14,5% di tutte le emissioni antropogeniche – l’espansione del settore pone sfide alla biodiversità, accesso sostenibile all’acqua e, in particolare, agli obiettivi dell’Accordo di Parigi di limitare il modo in cui stanno aumentando le temperature medie globali.

Tuttavia, “è possibile raggiungere un settore zootecnico a basse emissioni di carbonio“, ha detto Graziano da Silva, sottolineando che le stime della FAO potrebbero rapidamente ridursi del 20-30% in tutti i sistemi di produzione adottando pratiche di allevamento note come pascolo rigenerativo, selezione del foraggio e migliore riciclaggio di sostanze nutritive ed energia dai rifiuti animali. Una migliore gestione dei pascoli e la capacità di immagazzinare il carbonio e la salute dei loro terreni è anche essenziale per aumentare la produzione zootecnica e non aver bisogno di ulteriori deforestazioni, ha aggiunto.

“Con pratiche migliori e rispettose del clima, possiamo rapidamente creare catene di approvvigionamento di bestiame più sostenibili e più “verdi “, ha affermato Graziano da Silva. Il quale ha poi esortato a cogliere l’opportunità dopo il vertice sul clima COP23, tenutosi l’anno scorso a Bonn, che ha indicato specificatamente di fare del miglioramento della gestione degli allevamenti una priorità.

La salute animale

Graziano da Silva si è inoltre concentrato sui problemi di salute animale, avvertendo che “l’emergenza di malattie si intensificherà nei prossimi anni, in quanto l’aumento delle temperature favorisce la proliferazione degli insetti“.

Le malattie zoonotiche con potenziale pandemico – come alcuni ceppi di influenza aviaria -“rappresentano una grande minaccia per le persone, gli animali e l’ambiente“.

La FAO ha una lunga esperienza nell’affrontare le malattie animali transfrontaliere, avendo tra l’altro guidato con successo l’eradicazione della peste bovina e una nuova campagna globale per sradicare la peste dei piccoli ruminanti.

La FAO riconosce anche la necessità di affrontare la resistenza antimicrobica (AMR), una grave minaccia per la salute umana esacerbata dall’abuso, dall’uso eccessivo o non necessario di antibiotici nel bestiame, che a livello mondiale consumano il triplo della quantità di antibiotici utilizzata dagli esseri umani.

Il Direttore Generale ha sottolineato che la FAO raccomanda l’immediata cessazione dell’uso di farmaci antimicrobici per promuovere la crescita animale. I farmaci antimicrobici dovrebbero essere utilizzati solo per curare malattie e alleviare sofferenze inutili, ha ricordato Graziano da Silva, mentre si dovrebbe ricorrere al loro uso preventivo solo in gravi circostanze. La FAO sta aiutando molti paesi a sviluppare e attuare piani d’azione nazionali in materia di AMR.

Dati e cifre: Modellare il futuro della zootecnia (in inglese)

Fonte: FAO




Questionario sulla percezione delle meduse come possibile fonte alimentare

L’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa-Cnr), in collaborazione l’Università di Scienze gastronomiche (UNISG) di Pollenzo,  propone un questionario anonimo sulla percezione delle meduse come possibile fonte alimentare.

Il questionario si inserisce nel progetto Europeo GoJelly sull’uso di biomasse di meduse per la produzione di alimenti e/o ingredienti alimentari ma anche mangimi, fertilizzanti, cosmetici e filtri per microplastiche,.

Nell’ambito di GoJelly il CNR-ISPA ha il compito di studiare i nuovi processi di trasformazione alimentare, fino alla produzione di un prototipo, anche in collaborazione con un’azienda alimentare, e della valutazione delle proprietà nutraceutiche di alcune specie di meduse.

È possibile rispondere al questionario in modo anonimo e i dati raccolti saranno elaborati nel rispetto della privacy.

QUESTIONARIO

Il progetto GoJelly nelle parole della ricercatrice Cnr Antonella Leone

A cura della segreteria SIMeVeP