Influenza aviaria, FluWarning rileva in anticipo gli spillover. Lo studio italiano

Monitorare i salti di specie dei virus influenzali prima che diventino un’emergenza è l’obiettivo di FluWarning, un sistema digitale di allerta precoce sviluppato dal Politecnico di Milano e dall’Università degli Studi di Milano. Analizzando milioni di sequenze virali depositate su GISAID, il software riconosce variazioni genetiche anomale che possono indicare il passaggio del virus da una specie all’altra, come accaduto nell’ultimo anno con l’H5N1 nei bovini da latte negli Stati Uniti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, mostra come l’intelligenza artificiale applicata alla genomica possa diventare un nuovo strumento di sorveglianza in ottica One Health.

Cos’è FluWarning: come riconosce i salti di specie dei virus influenzali

Lo studio nasce all’interno del PRIN PNRR 2022 – progetto SENSIBLE (Small-data Early warNing System for viral pathogens In puBLic hEalth), coordinato da Anna Bernasconi. Del team di ricerca fanno parte tre componenti del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano, ovvero la responsabile di progetto Anna Bernasconi, il docente Stefano Ceri e il ricercatore Tommaso Alfonsi, e per l’Università degli Studi di Milano Matteo Chiara, docente del Dipartimento di Bioscienze.
FluWarning utilizza un metodo statistico per identificare sequenze virali che si discostano dal profilo genetico atteso. A seconda delle impostazioni, può essere usato per riconoscere singole sequenze anomale oppure gruppi di sequenze anomale. Il sistema, infatti, apprende quali sono le sequenze normali dei virus influenzali ed emette un’allerta ogni volta che il codice delle sequenze considerate appare significativamente diverso. Per ciascuna allerta, i virologi analizzano le sequenze corrispondenti e confermano, o smentiscono, la presenza di un salto di specie.

“Grazie alla sua semplice installazione e alla creazione di analisi che possono essere effettuate su specifiche località e periodi temporali, il software FluWarning ha il potenziale per essere utilizzato da molti laboratori o istituzioni di sorveglianza genomica a livello regionale, permettendo scoperte significative sia su piccola che su grande scala” osserva Anna Bernasconi. “Il sistema, infatti, è perfettamente operativo: può dare riscontro giorno per giorno di questi cambiamenti”.

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Fonte: vet33




Influenza aviaria in Europa: impennata nel rilevamento dei casi. Imperativo rafforzare la sorveglianza.

Tra il 6 settembre e il 14 novembre 2025 sono stati segnalati 1 443 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) A(H5) negli uccelli selvatici in 26 Paesi europei, quattro volte in più rispetto allo stesso periodo nel 2024 e il numero più alto quanto meno dal 2016.

Nel corso di tale periodo gli uccelli acquatici in varie parti d’Europa sono stati fortemente infettati dall’HPAI, con casi rilevati anche in uccelli selvatici apparentemente sani, il che ha provocato una contaminazione ambientale diffusa. Si sono verificati focolai con un alto tasso di mortalità anche tra le gru comuni in Germania, Francia e Spagna.

La stragrande maggioranza dei casi di infezione da virus HPAI (il 99%) è stata segnalata come A(H5N1) e la maggior parte era costituita da una nuova variante di un ceppo già in circolazione, introdotto in Europa dall’est prima di diffondersi rapidamente verso ovest.

Tra le varie misure urge rafforzare la sorveglianza ai fini di una diagnosi precoce e garantire una biosicurezza stringente negli allevamenti, onde prevenire l’introduzione dell’HPAI nei volatili domestici e la sua ulteriore diffusione negli allevamenti di pollame.

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Fonte: EFSA




Influenza aviaria, primo caso umano da H5N5 negli Stati Uniti

Un uomo anziano con condizioni cliniche pregresse, residente nella contea di Grays Harbor, nello Stato di Washington, è risultato positivo all’influenza aviaria in un test preliminare. Lo ha comunicato il Washington State Department of Health, che riferisce l’avvio delle cure e indica un rischio considerato basso per la popolazione.

Le autorità sanitarie statali e locali stanno indagando sulle possibili fonti di esposizione. Tra le ipotesi valutate figurano il contatto con uccelli selvatici o domestici. L’influenza aviaria raramente infetta l’uomo, ma dal 2022 sono stati confermati settanta casi, secondo i CDC. A gennaio un caso negli Stati Uniti si è concluso con il decesso del paziente. I CDC riferiscono che non sono documentati episodi di trasmissione interumana; una recente revisione segnala però la potenziale possibilità di contagio asintomatico e la necessità di rafforzare il monitoraggio.

Nel 2025 negli Stati Uniti si sono registrati diversi focolai di influenza aviaria in pollame e bestiame. L’episodio più recente riguarda bovini da latte in Idaho, come riportato dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA). L’infezione continua a comparire in allevamenti commerciali e domestici, con attese variazioni stagionali legate al movimento degli uccelli selvatici. L’USDA chiarisce che il motivo dell’intervallo di nove mesi senza casi umani non è definito.

Le indicazioni di sanità pubblica restano immutate. È raccomandato evitare il contatto con uccelli malati o morti e segnalare tempestivamente eventuali episodi sospetti. I lavoratori esposti a uccelli, bovini o altri animali potenzialmente infetti devono adottare adeguati dispositivi di protezione individuale, come ricordano i CDC.

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Fonte: doctor33




A Bologna gatti malati di influenza aviaria. E l’Università avvia uno studio

Nemmeno i gatti sfuggono all’influenza aviaria. I  nostri animali domestici possono essere contagiati esattamente come gli essere umani e in provincia di Bologna per un micio è stato anche causa di morte. Per questo  il servizio di Anatomia patologica del Dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna si è fatto carico di indagare il fenomeno e  ha avviato un un progetto di monitoraggio dell’influenza aviaria nei gatti finanziato dalla Fondazione Carisbo denominato «Influcat-Inbo».

Lo studio scientifico avviene attraverso autopsie su gatti deceduti nel territorio ma indipendentemente dalla presunta causa di morte. In Italia la malattia è ripetutamente osservata in specie aviarie, ma a gennaio 2025 si sono contati due casi di H5N1 in gatti (di cui uno letale) in provincia e sono, finora, gli  unici in Italia».  Lo fa sapere il professore  Giuliano Bettini, del Dipartimento di Scienze Mediche veterinarie, responsabile del progetto, che puntualizza: «Il potenziale ruolo dei felini domestici come ospiti intermedi e possibili vettori e amplificatori della diffusione del virus genera comprensibili preoccupazioni, in considerazione della stretta convivenza con l’uomo»
Lo studio è stato segnalato ai veterinari dall’Ordine di categoria per raccogliere le disponibilità ad eseguire le autopsie necessarie. Il percorso dell’indagine viene spiegato con un documento diffuso dall’Ordine in cui Bettini dettaglia: «Nell’epidemiologia dell’influenza aviaria desta preoccupazione la diffusione di sottotipi ad elevata patogenicità (H5N1) che hanno mostrato capacità di mutare rapidamente acquisendo geni da virus influenzali che infettano altre specie e contagiare così anche suini, bovini, gatti, cani, topi e uomo, rappresentando quindi un potenziale problema di sanità pubblica. Al momento la malattia ha diffusione mondiale, e in base al numero di focolai registrati i mammiferi domestici più sensibili all’infezione sono bovini e gatti».

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Fonte: corrieredibologna.it




L’evoluzione genetica del virus dell’influenza aviaria HPAI H5N1 e il timore per una futura trasmissione interumana

Identificati per la prima volta in Cina nel 1996, i virus dell’influenza aviaria ad alta patogenecità HPAI A (H5Nx) appartenenti al lineage A/Goose/Guangdong/1/1996 (Gs/Gd) si sono rapidamente evoluti in una delle principali minacce sanitarie globali. I virus H5Nx, a partire dai primi anni 2000, hanno causato gravi e numerose epidemie avicole con ingenti perdite economiche e hanno dimostrato di essere in grado di infettare un’ampia gamma di specie di uccelli selvatici e mammiferi, compreso l’uomo (1).

Fino al 1997, i virus ad alta virulenza HPAI erano confinati al pollame, e i focolai potevano essere controllati con l’abbattimento degli animali infetti e la vaccinazione preventiva dei sani; fino ad allora i virus HPAI del pollame non si erano diffusi ai volatili selvatici e quest’ultimi non avevano avuto nessun ruolo nella trasmissione ai volatili domestici (1).

Le continue moltiplicazioni e i frequenti eventi di riassortimento tra i virus HPAI H5 del lineage Gs/Gd e i virus LPAI circolanti negli uccelli selvatici, hanno contribuito a modificare profondamente la sequenza genetica codificante l’emoagglutinina HA. Questo processo ha portato alla formazione di numerose linee evolutive distinte, denominate “clade” e “subclade”: cioè gruppi di virus strettamente correlati tra loro che condividono caratteristiche genetiche simili e che si sono evoluti da un antenato comune (1).

Dalla fase inziale circoscritta al Sud-est asiatico, il virus ha rapidamente esteso il proprio raggio d’azione. Fin dal 2003 infatti, i virus HPAI H5 Gs/Gd sono diventati enzootici in diversi paesi dell’Asia meridionale e sud-orientale (1). Un punto di svolta si è verificato nel 2005 con il primo grande evento di mortalità di massa di uccelli migratori nel Lago Qinghai, in Cina, che ha segnato l’inizio della diffusione intercontinentale del lineage Gs/Gd e la comparsa per la prima volta in Europa e in Africa durante la migrazione autunnale degli uccelli (1).

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Fonte: IZS Lazio e Toscana




Nuovi strumenti per rilevare l’influenza aviare

L’influenza aviaria A (H5N1) è una malattia degli uccelli altamente contagiosa che ha già infettato milioni di uccelli e ora appare in alcuni mammiferi.

Si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo, portando a abbattimenti di massa di polli/galline negli allevamenti avicoli a causa della sua natura altamente contagiosa e mortale.

La preoccupazione per la diffusione di questo virus è legata al fatto che attraversare la barriera di specie e infettare i mammiferi, tra cui bovini, gatti e esseri umani. Sebbene non si sia in grado di diffondersi diffuso tra gli esseri umani, la sua capacità di infettare i mammiferi solleva problemi di salute pubblica e chiede un maggiore monitoraggio.

L’influenza aviaria ad alta patogenicità, nota anche come “aviaria” è senza dubbio quindi un problema sanitario a livello mondiale. La conoscenza della diffusione del virus e la sua rapida identificazione sono essenziali per controllare la malattia.

Oggi nuovi e accurati test possono rilevare il virus in modo molto specifico. Questi test sviluppati dal JRC (Joint Research Center) possono monitorare la diffusione del virus in varie tipologie di campioni, comprese le acque reflue.

Uno studio congiunto di vari enti a livello europeo ha sviluppato due saggi digitali RT-PCR, uno in grado di rilevare specificamente l’influenza ad alta patogenicità A (H5Nx) clade 2.3.4.4b, virus noti per la diffusione in tutto il mondo e il secondo in grado di rilevare una gamma più ampia di virus dell’influenza A, compresa l’influenza stagionale. Possono essere utilizzati separatamente o in combinazione come approccio diagnostico singolo (saggio duplex).

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Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna




#NoBirdFlu – Stop all’influenza aviaria: una comunicazione chiara per una migliore biosicurezza

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e la Commissione europea hanno collaborato per pubblicare un nuovo pacchetto di strumenti di comunicazione, concepito per aiutare gli agricoltori e tutti coloro che entrano in contatto con le aziende agricole a proteggere il pollame, gli altri animali e le persone dall’influenza aviaria.

Il pacchetto di strumenti #NoBirdFlu, reso disponibile in concomitanza con l’inizio della nuova stagione migratoria in Europa, mira a sensibilizzare all’importanza di attuare semplici misure di biosicurezza, in particolare nelle aziende agricole di piccole e medie dimensioni. Adottando tali misure, gli agricoltori contribuiranno a proteggere la salute pubblica e quella degli animali, a garantire la stabilità della produzione alimentare e a ridurre al minimo le perturbazioni degli scambi commerciali.

«L’avvio di #NoBirdFlu evidenzia come la preparazione di oggi possa prevenire le crisi di domani», ha dichiarato Nikolaus Kriz, direttore esecutivo dell’EFSA. «Lavorando insieme possiamo proteggere i nostri animali, garantire la sicurezza dei sistemi alimentari e rafforzare la resilienza contro le future minacce per la salute. L’EFSA è impegnata a fornire la consulenza scientifica necessaria per tenere l’influenza aviaria lontana dalle aziende agricole europee».

«Con l’avvicinarsi dell’inverno e l’aumento del rischio di influenza aviaria, ognuno deve fare la propria parte per prevenire nuovi focolai. Semplici precauzioni da parte di agricoltori, operai e piccoli allevatori, nonché di veterinari e visitatori delle aziende agricole, possono fare la differenza nel limitare la diffusione di questa grave malattia. Questa campagna fornisce indicazioni pratiche per aiutare a proteggere gli allevamenti e salvaguardare il settore avicolo europeo», ha dichiarato Claire Bury, direttrice generale aggiunta per la Sostenibilità alimentare presso la Commissione europea.

Il pacchetto di strumenti comprende diversi materiali di comunicazione, tradotti in tutte le lingue dell’UE, utili agli agricoltori per prevenire l’insorgere e la diffusione dell’influenza aviaria nelle loro aziende agricole.

Caratteristiche principali

  • Infografica dettagliata contenente indicazioni in materia di igiene, dispositivi di protezione e gestione degli spostamenti per agricoltori, animali, attrezzi, operai e visitatori.
  • Poster recanti promemoria visivi delle azioni chiave da integrare nelle routine quotidiane.
  • Contenuti pronti per l’uso (adesivi, post) destinati ai social media per raggiungere le comunità agricole e non solo.

Perché proprio ora?

I focolai d’influenza aviaria possono devastare le popolazioni avicole, perturbare le catene di approvvigionamento e nuocere ai mezzi di sussistenza degli agricoltori, oltre ad avere un impatto sulla salute pubblica. I casi d’influenza aviaria in Europa aumentano generalmente durante i mesi invernali, quando i volatili migratori viaggiano e si raggruppano nel continente, e le misure proattive sono fondamentali per evitare che il virus giunga o si diffonda nelle aziende agricole. Ogni persona che interagisce con un’azienda agricola, sia essa un operaio, un fornitore o un visitatore, contribuisce a garantire la sicurezza dei capi avicoli.

Il pacchetto di strumenti è il frutto di un’azione congiunta con la Commissione europea, che rispecchia l’impegno comune a prevenire i focolai prima che si manifestino e ad assicurare la sostenibilità del settore avicolo dell’UE.

Fasi successive

La Commissione europea ha chiesto all’EFSA di condurre ricerche sulla percezione del rischio che hanno gli agricoltori, i veterinari e gli operai agricoli in Europa in relazione all’influenza aviaria, al fine di comprendere come meglio adattare le future campagne di sensibilizzazione. Questi dati serviranno da base per un’iniziativa di più ampio respiro al livello dell’UE nel 2026, volta a rafforzare i piani di preparazione contro l’influenza aviaria e a contribuire a ridurre il rischio di future pandemie.

Come partecipare

Sostieni la diffusione di queste risorse! Condividendo messaggi chiari e coerenti sul miglioramento della biosicurezza nelle aziende agricole, i portatori di interesse e i partner negli Stati membri e oltre questi territori possono svolgere un ruolo cruciale nel fermare la diffusione dell’influenza aviaria in Europa. Scarica subito il pacchetto di strumenti e unisciti a noi dicendo #NoBirdFlu.

 Fonte: EFSA



Influenza Aviaria HPAI. In Brasile il primo dialogo multisettoriale globale affronta la minaccia pandemica

L’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) in particolare il ceppo H5N1, sta generando una preoccupazione a livello globale a causa della sua rapida e vasta diffusione.

La situazione è considerata un’emergenza per i seguenti motivi:

  • Diffusione tra specie diverse

Il virus, che colpisce principalmente gli uccelli selvatici, si sta diffondendo a un numero crescente di specie diverse, inclusi mammiferi come gatti, volpi, foche, orsi e persino vacche da latte negli USA. Questo allargamento del raggio d’azione del virus e del range di ospiti recettivi aumenta la complessità del suo controllo, sorveglianza e monitoraggio. La trasmissione avviene tipicamente per contatto diretto con animali infetti o tramite ambienti contaminati.

  • Impatto su animali domestici e selvatici

Il virus H5N1 ha causato focolai devastanti negli allevamenti di pollame in tutto il mondo, con tassi di mortalità elevati, portando all’abbattimento di milioni di animali. Negli uccelli selvatici, la malattia ha provocato un numero senza precedenti di decessi in diverse specie. Oltre alle conseguenze sulla salute animale, la diffusione ha un impatto economico significativo, con restrizioni commerciali e carenza di prodotti come le uova.

  • Rischio per la salute umana

Sebbene la trasmissione da animale a uomo sia rara e non sia stata ancora segnalata una trasmissione sostenuta da persona a persona, l’infezione umana è possibile, soprattutto per chi ha contatti stretti e prolungati con animali infetti o ambienti contaminati. Le infezioni umane possono causare sintomi che variano da lievi a gravi, fino alla morte. La principale preoccupazione, che spinge a un monitoraggio costante, è che il virus possa mutare e acquisire la capacità di diffondersi facilmente tra gli esseri umani, scatenando una potenziale pandemia.

Le organizzazioni internazionali come l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stanno lavorando per monitorare la situazione, valutare i rischi e supportare i Paesi nella gestione dell’emergenza. Vengono implementate misure di prevenzione e controllo, come la sorveglianza, la quarantena e l’adozione di rigorose misure di biosicurezza negli allevamenti, per limitare la diffusione del virus.

A Foz do Iguaçu, in Brasile, si è tenuto di recente un evento storico che ha promosso il primo dialogo multisettoriale globale per contrastare la rapida diffusione dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) e coordinare una risposta efficace trasversale contro questa minaccia emergente  L’evento, organizzato dalla FAO in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e dell’Allevamento brasiliano, ha visto la partecipazione di circa 500 esperti rappresentanti della sanità pubblica, della politica, ma soprattutto per la prima volta anche rappresentanti del settore privato (come produttori di pollame e servizi sanitari per animali), riconoscendo il loro ruolo cruciale nella gestione e prevenzione della malattia.

L’importanza di questo evento è legata alla rapida diffusione di HPAI a partire dal 2020 che ha causato gravi danni non solo al settore avicolo, ma anche alla biodiversità e alla sicurezza alimentare. I dati scientifici di sorveglianza genomica ci dicono che il virus, che ha già infettato 83 specie di mammiferi, inclusi bovini da latte, non è più una minaccia sporadica ma una sfida globale e rappresenta una delle più gravi minacce pandemiche attuali. Il messaggio che emerge da questo evento rivolto a tutti gli stakeholders, rappresentanti politici ed enti regolatori è che nessun singolo paese o settore può affrontarla da solo, e il fallimento non è un’opzione. La trasparenza e la collaborazione tra paesi, settori produttivi e comunità scientifica sono essenziali per proteggere la sicurezza alimentare globale. Su queste premesse l’incontro si è focalizzato sulla Strategia Globale per la Prevenzione e il Controllo dell’HPAI, lanciata da FAO e WOAH (Organizzazione Mondiale per la Salute Animale).

I temi principali del dialogo sono stati:

  • Strategie di prevenzione e controllo: Individuare le migliori pratiche, soprattutto nei paesi a basso reddito.
  • Sistemi di allerta e misure di sicurezza: Promuovere sistemi di allarme rapido, vaccinazioni e misure di biosicurezza.
  • Approccio “One Health“: Migliorare il coordinamento multisettoriale per affrontare la salute umana, animale e ambientale in modo integrato.
  • Soluzioni innovative: Condividere soluzioni all’avanguardia per la diagnostica, la sorveglianza e la risposta agli focolai.

Come riassunto da un esperto della FAO, “Una migliore sorveglianza, la biosicurezza e, se opportuno, la vaccinazione, unite a un rapido controllo della malattia, sono le chiavi per il suo contenimento“. L’incontro ha sottolineato l’importanza di un approccio olistico e della partnership con il settore privato per ridurre il rischio di influenza aviaria per le generazioni future.

Maurizio Ferri
Responsabile scientifico SIMeVeP




Influenza aviaria, il ruolo delle specie “ponte” nella trasmissione del virus dai selvatici al pollame

AvicoliAironi, garzette, gallinelle d’acqua e fagiani comuni potrebbero rappresentare anelli importanti nella catena di trasmissione del virus dell’influenza aviaria dagli uccelli selvatici al pollame allevato nel Nord Italia, svolgendo il ruolo di “ospiti ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

È quanto emerge da uno studio di eco-epidemiologia realizzato dal Laboratorio di epidemiologia e analisi del rischio in sanità pubblica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), pubblicato di recente sulla rivista scientifica Transboundary and Emerging Disease. Lo studio ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia (Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto) durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio, identificate da una ricerca svolta nel 2019 tramite fototrappole installate nei pressi di 10 allevamenti.

Uno studio IZSVe ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio. Il cluster comprendente la maggior parte delle specie osservate – appartenenti alla famiglia degli ardeidi (aironi e garzette), assieme alla gallinella d’acqua e al fagiano comune – mostra una maggiore associazione con la distribuzione dei focolai domestici. Queste specie potrebbero rappresentare un “ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

Basandosi sui dati di rilevamento relativi alle specie e al territorio considerati disponibili nella libreria online eBird, oltre che su ulteriori variabili ambientali e bioclimatiche, sono stati sviluppati dei modelli di distribuzione spaziale per ciascuna specie. Data la numerosità delle specie, queste sono state raggruppate in 7 cluster diversi in base alla somiglianza della loro distribuzione, che si allineava anche con la loro affinità ecologica e tassonomica. L’associazione tra la distribuzione dei focolai e quella delle specie selvatiche è stata quindi analizzata tramite un approccio che ha combinato diverse metodiche, includendo sia tecniche statistiche classiche sia approcci di machine learning.

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Fonte: IZS Venezie




Influenza aviaria: l’EFSA analizza la situazione negli USA e individua le possibili vie di diffusione in Europa

La migrazione stagionale degli uccelli selvatici e l’importazione di alcuni prodotti statunitensi, come quelli contenenti latte crudo, potrebbero costituire potenziali vie di introduzione in Europa del genotipo dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che attualmente colpisce le vacche da latte statunitensi, secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’EFSA. Finora questo tipo di virus non è stato segnalato in nessun altro Paese oltre agli Stati Uniti.

Gli scienziati dell’EFSA sottolineano che i principali punti di sosta in Europa dove si concentrano grandi popolazioni di uccelli come l’Islanda, la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Scandinavia occidentale e le grandi zone umide come il Mare dei  Wadden sulle coste olandesi, danesi e tedesche, sarebbero luoghi utili per l’individuazione precoce del virus durante la migrazione stagionale degli uccelli selvatici.

Il rapporto affronta anche la possibilità che il virus venga introdotto in Europa attraverso scambi commerciali, concludendo che l’importazione di prodotti a base di latte crudo provenienti dalle zone colpite degli Stati Uniti non può essere completamente esclusa, il che potrebbe quindi costituire una possibile via d’ingresso. Anche l’importazione di vacche da latte e di carne bovina potrebbe essere una potenziale via di introduzione del virus. Tuttavia il virus è stato raramente rilevato nella carne, le importazioni di animali sono molto limitate e sono in vigore norme commerciali molto severe per la carne e gli animali vivi che entrano nell’UE.

Il rapporto dell’EFSA fornisce anche una panoramica della situazione negli Stati Uniti, dove tra marzo 2024 e maggio 2025 sono stati colpiti 981 allevamenti da latte in 16 Stati. Il rapporto, che è stato esaminato dalle autorità statunitensi, sottolinea che i movimenti del bestiame, l’insufficiente biosicurezza e la condivisione di attrezzature agricole hanno contribuito alla diffusione del virus.

Entro la fine dell’anno l’EFSA valuterà il potenziale impatto dell’ingresso di questo genotipo HPAI in Europa e raccomanderà misure per prevenirne la diffusione.