#NoBirdFlu – Stop all’influenza aviaria: una comunicazione chiara per una migliore biosicurezza

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e la Commissione europea hanno collaborato per pubblicare un nuovo pacchetto di strumenti di comunicazione, concepito per aiutare gli agricoltori e tutti coloro che entrano in contatto con le aziende agricole a proteggere il pollame, gli altri animali e le persone dall’influenza aviaria.

Il pacchetto di strumenti #NoBirdFlu, reso disponibile in concomitanza con l’inizio della nuova stagione migratoria in Europa, mira a sensibilizzare all’importanza di attuare semplici misure di biosicurezza, in particolare nelle aziende agricole di piccole e medie dimensioni. Adottando tali misure, gli agricoltori contribuiranno a proteggere la salute pubblica e quella degli animali, a garantire la stabilità della produzione alimentare e a ridurre al minimo le perturbazioni degli scambi commerciali.

«L’avvio di #NoBirdFlu evidenzia come la preparazione di oggi possa prevenire le crisi di domani», ha dichiarato Nikolaus Kriz, direttore esecutivo dell’EFSA. «Lavorando insieme possiamo proteggere i nostri animali, garantire la sicurezza dei sistemi alimentari e rafforzare la resilienza contro le future minacce per la salute. L’EFSA è impegnata a fornire la consulenza scientifica necessaria per tenere l’influenza aviaria lontana dalle aziende agricole europee».

«Con l’avvicinarsi dell’inverno e l’aumento del rischio di influenza aviaria, ognuno deve fare la propria parte per prevenire nuovi focolai. Semplici precauzioni da parte di agricoltori, operai e piccoli allevatori, nonché di veterinari e visitatori delle aziende agricole, possono fare la differenza nel limitare la diffusione di questa grave malattia. Questa campagna fornisce indicazioni pratiche per aiutare a proteggere gli allevamenti e salvaguardare il settore avicolo europeo», ha dichiarato Claire Bury, direttrice generale aggiunta per la Sostenibilità alimentare presso la Commissione europea.

Il pacchetto di strumenti comprende diversi materiali di comunicazione, tradotti in tutte le lingue dell’UE, utili agli agricoltori per prevenire l’insorgere e la diffusione dell’influenza aviaria nelle loro aziende agricole.

Caratteristiche principali

  • Infografica dettagliata contenente indicazioni in materia di igiene, dispositivi di protezione e gestione degli spostamenti per agricoltori, animali, attrezzi, operai e visitatori.
  • Poster recanti promemoria visivi delle azioni chiave da integrare nelle routine quotidiane.
  • Contenuti pronti per l’uso (adesivi, post) destinati ai social media per raggiungere le comunità agricole e non solo.

Perché proprio ora?

I focolai d’influenza aviaria possono devastare le popolazioni avicole, perturbare le catene di approvvigionamento e nuocere ai mezzi di sussistenza degli agricoltori, oltre ad avere un impatto sulla salute pubblica. I casi d’influenza aviaria in Europa aumentano generalmente durante i mesi invernali, quando i volatili migratori viaggiano e si raggruppano nel continente, e le misure proattive sono fondamentali per evitare che il virus giunga o si diffonda nelle aziende agricole. Ogni persona che interagisce con un’azienda agricola, sia essa un operaio, un fornitore o un visitatore, contribuisce a garantire la sicurezza dei capi avicoli.

Il pacchetto di strumenti è il frutto di un’azione congiunta con la Commissione europea, che rispecchia l’impegno comune a prevenire i focolai prima che si manifestino e ad assicurare la sostenibilità del settore avicolo dell’UE.

Fasi successive

La Commissione europea ha chiesto all’EFSA di condurre ricerche sulla percezione del rischio che hanno gli agricoltori, i veterinari e gli operai agricoli in Europa in relazione all’influenza aviaria, al fine di comprendere come meglio adattare le future campagne di sensibilizzazione. Questi dati serviranno da base per un’iniziativa di più ampio respiro al livello dell’UE nel 2026, volta a rafforzare i piani di preparazione contro l’influenza aviaria e a contribuire a ridurre il rischio di future pandemie.

Come partecipare

Sostieni la diffusione di queste risorse! Condividendo messaggi chiari e coerenti sul miglioramento della biosicurezza nelle aziende agricole, i portatori di interesse e i partner negli Stati membri e oltre questi territori possono svolgere un ruolo cruciale nel fermare la diffusione dell’influenza aviaria in Europa. Scarica subito il pacchetto di strumenti e unisciti a noi dicendo #NoBirdFlu.

 Fonte: EFSA



Influenza Aviaria HPAI. In Brasile il primo dialogo multisettoriale globale affronta la minaccia pandemica

L’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) in particolare il ceppo H5N1, sta generando una preoccupazione a livello globale a causa della sua rapida e vasta diffusione.

La situazione è considerata un’emergenza per i seguenti motivi:

  • Diffusione tra specie diverse

Il virus, che colpisce principalmente gli uccelli selvatici, si sta diffondendo a un numero crescente di specie diverse, inclusi mammiferi come gatti, volpi, foche, orsi e persino vacche da latte negli USA. Questo allargamento del raggio d’azione del virus e del range di ospiti recettivi aumenta la complessità del suo controllo, sorveglianza e monitoraggio. La trasmissione avviene tipicamente per contatto diretto con animali infetti o tramite ambienti contaminati.

  • Impatto su animali domestici e selvatici

Il virus H5N1 ha causato focolai devastanti negli allevamenti di pollame in tutto il mondo, con tassi di mortalità elevati, portando all’abbattimento di milioni di animali. Negli uccelli selvatici, la malattia ha provocato un numero senza precedenti di decessi in diverse specie. Oltre alle conseguenze sulla salute animale, la diffusione ha un impatto economico significativo, con restrizioni commerciali e carenza di prodotti come le uova.

  • Rischio per la salute umana

Sebbene la trasmissione da animale a uomo sia rara e non sia stata ancora segnalata una trasmissione sostenuta da persona a persona, l’infezione umana è possibile, soprattutto per chi ha contatti stretti e prolungati con animali infetti o ambienti contaminati. Le infezioni umane possono causare sintomi che variano da lievi a gravi, fino alla morte. La principale preoccupazione, che spinge a un monitoraggio costante, è che il virus possa mutare e acquisire la capacità di diffondersi facilmente tra gli esseri umani, scatenando una potenziale pandemia.

Le organizzazioni internazionali come l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stanno lavorando per monitorare la situazione, valutare i rischi e supportare i Paesi nella gestione dell’emergenza. Vengono implementate misure di prevenzione e controllo, come la sorveglianza, la quarantena e l’adozione di rigorose misure di biosicurezza negli allevamenti, per limitare la diffusione del virus.

A Foz do Iguaçu, in Brasile, si è tenuto di recente un evento storico che ha promosso il primo dialogo multisettoriale globale per contrastare la rapida diffusione dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) e coordinare una risposta efficace trasversale contro questa minaccia emergente  L’evento, organizzato dalla FAO in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e dell’Allevamento brasiliano, ha visto la partecipazione di circa 500 esperti rappresentanti della sanità pubblica, della politica, ma soprattutto per la prima volta anche rappresentanti del settore privato (come produttori di pollame e servizi sanitari per animali), riconoscendo il loro ruolo cruciale nella gestione e prevenzione della malattia.

L’importanza di questo evento è legata alla rapida diffusione di HPAI a partire dal 2020 che ha causato gravi danni non solo al settore avicolo, ma anche alla biodiversità e alla sicurezza alimentare. I dati scientifici di sorveglianza genomica ci dicono che il virus, che ha già infettato 83 specie di mammiferi, inclusi bovini da latte, non è più una minaccia sporadica ma una sfida globale e rappresenta una delle più gravi minacce pandemiche attuali. Il messaggio che emerge da questo evento rivolto a tutti gli stakeholders, rappresentanti politici ed enti regolatori è che nessun singolo paese o settore può affrontarla da solo, e il fallimento non è un’opzione. La trasparenza e la collaborazione tra paesi, settori produttivi e comunità scientifica sono essenziali per proteggere la sicurezza alimentare globale. Su queste premesse l’incontro si è focalizzato sulla Strategia Globale per la Prevenzione e il Controllo dell’HPAI, lanciata da FAO e WOAH (Organizzazione Mondiale per la Salute Animale).

I temi principali del dialogo sono stati:

  • Strategie di prevenzione e controllo: Individuare le migliori pratiche, soprattutto nei paesi a basso reddito.
  • Sistemi di allerta e misure di sicurezza: Promuovere sistemi di allarme rapido, vaccinazioni e misure di biosicurezza.
  • Approccio “One Health“: Migliorare il coordinamento multisettoriale per affrontare la salute umana, animale e ambientale in modo integrato.
  • Soluzioni innovative: Condividere soluzioni all’avanguardia per la diagnostica, la sorveglianza e la risposta agli focolai.

Come riassunto da un esperto della FAO, “Una migliore sorveglianza, la biosicurezza e, se opportuno, la vaccinazione, unite a un rapido controllo della malattia, sono le chiavi per il suo contenimento“. L’incontro ha sottolineato l’importanza di un approccio olistico e della partnership con il settore privato per ridurre il rischio di influenza aviaria per le generazioni future.

Maurizio Ferri
Responsabile scientifico SIMeVeP




Influenza aviaria, il ruolo delle specie “ponte” nella trasmissione del virus dai selvatici al pollame

AvicoliAironi, garzette, gallinelle d’acqua e fagiani comuni potrebbero rappresentare anelli importanti nella catena di trasmissione del virus dell’influenza aviaria dagli uccelli selvatici al pollame allevato nel Nord Italia, svolgendo il ruolo di “ospiti ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

È quanto emerge da uno studio di eco-epidemiologia realizzato dal Laboratorio di epidemiologia e analisi del rischio in sanità pubblica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), pubblicato di recente sulla rivista scientifica Transboundary and Emerging Disease. Lo studio ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia (Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto) durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio, identificate da una ricerca svolta nel 2019 tramite fototrappole installate nei pressi di 10 allevamenti.

Uno studio IZSVe ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio. Il cluster comprendente la maggior parte delle specie osservate – appartenenti alla famiglia degli ardeidi (aironi e garzette), assieme alla gallinella d’acqua e al fagiano comune – mostra una maggiore associazione con la distribuzione dei focolai domestici. Queste specie potrebbero rappresentare un “ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

Basandosi sui dati di rilevamento relativi alle specie e al territorio considerati disponibili nella libreria online eBird, oltre che su ulteriori variabili ambientali e bioclimatiche, sono stati sviluppati dei modelli di distribuzione spaziale per ciascuna specie. Data la numerosità delle specie, queste sono state raggruppate in 7 cluster diversi in base alla somiglianza della loro distribuzione, che si allineava anche con la loro affinità ecologica e tassonomica. L’associazione tra la distribuzione dei focolai e quella delle specie selvatiche è stata quindi analizzata tramite un approccio che ha combinato diverse metodiche, includendo sia tecniche statistiche classiche sia approcci di machine learning.

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Fonte: IZS Venezie




Influenza aviaria: l’EFSA analizza la situazione negli USA e individua le possibili vie di diffusione in Europa

La migrazione stagionale degli uccelli selvatici e l’importazione di alcuni prodotti statunitensi, come quelli contenenti latte crudo, potrebbero costituire potenziali vie di introduzione in Europa del genotipo dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che attualmente colpisce le vacche da latte statunitensi, secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’EFSA. Finora questo tipo di virus non è stato segnalato in nessun altro Paese oltre agli Stati Uniti.

Gli scienziati dell’EFSA sottolineano che i principali punti di sosta in Europa dove si concentrano grandi popolazioni di uccelli come l’Islanda, la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Scandinavia occidentale e le grandi zone umide come il Mare dei  Wadden sulle coste olandesi, danesi e tedesche, sarebbero luoghi utili per l’individuazione precoce del virus durante la migrazione stagionale degli uccelli selvatici.

Il rapporto affronta anche la possibilità che il virus venga introdotto in Europa attraverso scambi commerciali, concludendo che l’importazione di prodotti a base di latte crudo provenienti dalle zone colpite degli Stati Uniti non può essere completamente esclusa, il che potrebbe quindi costituire una possibile via d’ingresso. Anche l’importazione di vacche da latte e di carne bovina potrebbe essere una potenziale via di introduzione del virus. Tuttavia il virus è stato raramente rilevato nella carne, le importazioni di animali sono molto limitate e sono in vigore norme commerciali molto severe per la carne e gli animali vivi che entrano nell’UE.

Il rapporto dell’EFSA fornisce anche una panoramica della situazione negli Stati Uniti, dove tra marzo 2024 e maggio 2025 sono stati colpiti 981 allevamenti da latte in 16 Stati. Il rapporto, che è stato esaminato dalle autorità statunitensi, sottolinea che i movimenti del bestiame, l’insufficiente biosicurezza e la condivisione di attrezzature agricole hanno contribuito alla diffusione del virus.

Entro la fine dell’anno l’EFSA valuterà il potenziale impatto dell’ingresso di questo genotipo HPAI in Europa e raccomanderà misure per prevenirne la diffusione.




Rapporto Interagenzia ECDC-EFSA sulle indagini e gestione coordinate One Health dei focolai causati dai virus zoonotici dell’influenza aviaria nell’uomo e animali.

efsa ecdcÈ stato pubblicato il 29 Gennaio 2025 il Rapporto Interagenzia ECDC-EFSA sulle indagini e gestione coordinate One Health dei focolai causati dai virus zoonotici dell’influenza aviaria nell’uomo e animali.

In risposta alla richiesta della Commissione europea entrambe le agenzie  hanno elaborato il documento di orientamento Coordinated One Health investigation and management of outbreaks in humans andanimals caused by zoonotic avian influenza viruses.

Il documento prende in considerazione cinque diversi scenari nell’interfaccia uomo-animale-ambiente per le indagini sui focolai,  inclusi un approccio generale alle indagini congiunte (sanità pubblica e veterinaria),  le valutazioni congiunte dei rischi che dovrebbero informare i gestori dei rischi e l’adozione di potenziali misure di gestione.

Tre scenari sono innescati da sospette epidemie negli animali, tra cui quelle di specie elencate e non elencate (uccelli), animali da compagnia e uccelli/mammiferi selvatici. Gli altri due scenari sono avviati da un probabile caso umano o dal rilevamento del virus in acque reflue o campioni ambientali (ad esempio acque superficiali o altre fonti).

In ognuno dei cinque scenari vengono delineate le azioni che dovrebbero essere intraprese dalle diverse parti interessate per indagare sulla fonte dell’infezione e prevenire un’ulteriore trasmissione utilizzando un approccio One Health.

Tutti gli scenari richiedono un coordinamento intersettoriale e un approccio One Health. Sebbene la sequenza specifica delle azioni e le esigenze di comunicazione possano variare tra gli scenari,  vanno tuttavia assicurati i meccanismi di risposta generali per le indagini e la gestione delle epidemie.

Il rapporto identifica anche le eventuali criticità relative agli strumenti (ad esempio le piattaforme di comunicazione e condivisione dei dati), i punti chiave per lo scambio di informazioni tra i diversi settori, i fattori scatenanti per le valutazioni congiunte del rischio e le lacune nelle conoscenze esistenti per le quali devono ancora essere sviluppate linee guida o regolamenti.

Per far sì che le indagini e la gestione delle epidemie siano tempestive ed efficaci, la strategia One Health dovrebbe essere stabilita in tempo di pace con l’individuazione delle responsabilità, delle capacità dei servizi di sanità pubblica e veterinari e dei meccanismi di collaborazione.

Inoltre, per lo sviluppo e l’implementazione degli strumenti che garantiscono la preparazione per rispondere rapidamente ed efficacemente alle minacce dell’influenza aviaria zoonotica,  devono esse garantiti risorse adeguate e supporto politico.

A cura di Maurizio Ferri




Linee guida Fao su influenza aviaria e rischio per i bovini

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha pubblicato le nuove linee guida per aiutare i Paesi membri a implementare programmi di sorveglianza per l’identificazione precoce dell’influenza aviaria nei bovini e altri mammiferi allevati. Lo si apprende da una nota ufficiale.

La FAO sottolinea la necessità di una pronta risposta sanitaria e l’adozione di misure per mitigare il rischio, soprattutto considerando il potenziale del virus di riassemblarsi geneticamente con ceppi influenzali umani. Le indagini dovrebbero includere la verifica dell’esposizione dei lavoratori agricoli e il coinvolgimento delle autorità sanitarie pubbliche.

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H5N1 corre e acquisisce mutazioni di adattamento ai mammiferi

Il virus dell’influenza aviare H5N1 corre e acquisisce mutazioni di adattamento ai mammiferi con il rischio di una nuova potenziale pandemia.

Lo conferma un recente studio pubblicato su Nature.

Il virus HPAI H5N1 derivato da bovini da latte si trasmette attraverso goccioline respiratorie nei mammiferi senza previo adattamento e causa infezioni letali in modelli animali.

Un team dell’Università del Wisconsin e del Giappone ha riferito che un isolato di H5N1 dall’occhio di un lavoratore del settore lattiero-caseario mostra una mutazione PB2-E627K legata alla replicazione nei mammiferi. Il lavoratore aveva mostrato una congiuntivite dopo l’esposizione a vacche infette.

I test hanno dimostrato la capacità del virus H5N1 di replicare sulla cornea umana e sulle cellule polmonari. Negli esperimenti sui tessuti di topo, il virus ha infettato 15 tessuti diversi, con i livelli più alti riscontrati nel tessuto respiratorio.

Il team ha infettato i furetti con un’alta carica del virus isolato dal lavoratore lattiero-caseario, trovando un modello di infezione simile a quello dell’uomo, non dei topi. Ricordo che i furetti sono modelli ideali per lo studio dell’influenza a causa dei sintomi clinici e trasmissione simili.

Tutti i furetti infetti sono morti entro cinque giorni e il campionamento dei tessuti ha mostrato la presenza del virus in tutti i tipi, in particolare nei tessuti respiratori. Al contrario, ricerche precedenti che utilizzavano un virus H5N1 bovino hanno rilevato gravi infezioni nei furetti, ma non così letali.

Tra il 17% e il 33% dei furetti nelle gabbie adiacenti sono stati infettati da goccioline respiratorie, indicando che il virus può diffondersi tra i mammiferi con questa modalità anche se con un’efficienza limitata. Tutti i furetti direttamente infetti sono morti entro sei giorni.

Maurizio Ferri,
Responsabile scientifico SIMeVeP




Aviaria: può essere trasmessa da mucche anche a topi e furetti

influenza aviariaIl virus altamente patogeno dell’influenza aviaria H5N1, che negli Stati Uniti ha raggiunto anche la popolazione bovina, si trasmette nei mammiferi attraverso il latte vaccino, infettando i topi, che, per esposizione, possono passarlo ai furetti. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati dell’Università del Wisconsin-Madison.

Il team, guidato da Yoshihiro Kawaoka, ha caratterizzato l’agente patogeno dell’influenza H5N1, rivelando che il virus viaggia verso le ghiandole mammarie degli animali infetti.

Nella primavera 2024, negli USA, è stato documentato il primo focolaio di influenza aviaria in un allevamento di bovini da latte, seguito da casi in altri mammiferi, compreso l’uomo. Si ipotizza che l’infezione della ghiandola mammaria e le attrezzature di mungitura contaminate siano coinvolte nella trasmissione tra mucche. Sono stati anche rilevati virus nel latte vaccino, ma le caratteristiche di base dell’H5N1 bovino sono piuttosto sconosciute.

Per colmare le lacune esistenti, gli autori hanno caratterizzato il materiale genetico di un virus isolato dal latte di una mucca infetta nel New Mexico.

I ricercatori hanno osservato il virus replicarsi e provocare la malattia nei topi e nei furetti. Gli scienziati hanno dimostrato che il virus si diffonde sistematicamente, anche alle ghiandole mammarie di entrambi gli animali, una caratteristica precedentemente trascurata dell’infezione dei mammiferi con questi virus aviari.

Il gruppo di ricerca ha inoltre scoperto che l’H5N1 bovino si lega sia ai recettori dell’acido sialico di tipo aviario che a quelli di tipo umano. Questa specificità di legame del recettore duale non è stata osservata per i virus H5N1 circolanti più vecchi.

Tra furetti, invece, la trasmissione poteva avvenire tramite aerosol e goccioline respiratorie, anche se la carica virale sembrava più bassa in questi casi.

Questo lavoro, concludono gli scienziati, rivela nuove caratteristiche del virus H5N1, che potrebbero essere particolarmente utili nella definizione di strategie di contenimento di potenziali focolai di infezione.




IIZZSS, influenza aviaria: allo studio test specifici per i bovini e il latte crudo

A seguito della diffusione del virus influenzale H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) negli allevamenti degli Stati Uniti, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali delle Venezie (IZSVe) e della Lombardia ed Emilia-Romagna (IZSLER), in accordo con il Ministero della Salute, si sono resi disponibili ad organizzare test sperimentali su bovini e latte crudo allo scopo di produrre dati scientifici utili ad una valutazione del rischio e per una precisa diagnosi, qualora dovessero presentarsi eventuali riscontri sul territorio nazionale di casi analoghi a quelli statunitensi.

 

Questi studi mirano ad ampliare il quadro delle conoscenze scientifiche attualmente a disposizione e a fornire una risposta efficace e tempestiva in caso di rischio sanitario, attraverso metodi di laboratorio validati. Allo stato attuale non vi è alcuna evidenza di infezione, neanche pregressa, nella popolazione bovina in Europa. La circolazione del virus H5N1 nelle vacche da latte ad oggi è stata segnalata solo negli Stati Uniti.

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Sempre più temibile il virus dell’influenza aviaria A(H5N1): Una prospettiva “One Health”

Lo spiccato neurotropismo del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (highly pathogenic avian influenza, HPAI) A(H5N1), che fa il paio con la notevole neuropatogenicità dello stesso per numerose specie di uccelli e di mammiferi anche filogeneticamente distanti le une dalle altre, ivi compresi Pinnipedi e Cetacei (1-6), desta fondati motivi di allarme.

Ciò appare ulteriormente giustificato dalla comprovata suscettibilità dei bovini nei confronti di tale infezione, come in maniera oltremodo eloquente testimoniano i numerosi casi recentemente insorti nella popolazione bovina statunitense di ben nove Stati, primo fra tutti il Texas (7), ove un allevatore avrebbe altresi’ sviluppato una congiuntivite bilaterale verosimilmente conseguente al contatto con un capo infetto (8). Degno di particolare menzione risulta, in un siffatto contesto, anche il parallelo riscontro del virus A(H5N1) nelle acque reflue di più città texane (9) – come già segnalato in precedenza sia per il poliovirus sia per il betacoronavirus SARS-CoV-2 (10) -, a fronte di una presunta origine del medesimo da una matrice avicola o bovina, se non addirittura umana (9).

Per quanto specificamente attiene alla sorveglianza epidemiologica dell’infezione da virus A(H5N1) nella popolazione bovina statunitense e, più in generale, in quella di tutti gli altri Paesi, andrebbe sottolineato che un serio ostacolo è rappresentato dalle manifestazioni cliniche paucisintomatiche con cui la stessa generalmente evolve nella specie in esame, con il conseguente rischio di una più o meno marcata sottostima dei casi d’infezione realmente esistenti (11).

Ciononostante, mentre si assisterebbe da un lato ad una consistente eliminazione del virus attraverso il latte – fattispecie quest’ultima che richiama ad un caloroso invito a consumare esclusivamente latte pastorizzato (il processo di pastorizzazione, è bene ricordarlo, sarebbe in grado di inattivare sia questo che molti altri agenti microbici, virali e non) -, l’epitelio tubulo-alveolare della ghiandola mammaria bovina albergherebbe al proprio interno, dall’altro lato, un’elevata densità di recettori nei confronti del virus A(H5N1) (11,12).

A tal proposito, la coesistenza a livello dell’epitelio ghiandolare mammario dei bovini di recettori specifici sia per i virus influenzali aviari (sialic acid, SA alfa 2-3 gal) sia per quelli umani (SA alfa 2-6 gal) potrebbe qualificare la specie bovina, secondo alcuni studiosi, quale ulteriore “mixing vessel” in grado di consentire un “rimescolamento genetico” fra virus di origine avicola ed umana, in stretta analogia con il comprovato ruolo notoriamente svolto in tal senso dai suini (12).

Ciò potrebbe contribuire, unitamente alle succitate dinamiche evolutive progressivamente assunte dall’infezione da virus A(H5N1), ad un ulteriore affinamento della “fitness” virale, con conseguente acquisizione ad opera dello stesso della capacità di trasmettersi facilmente da uomo a uomo. Per quanto sia attualmente ben lungi dall’essere comprovata, una siffatta evenienza appare tuttavia oltremodo plausibile, vista e considerata l’elevata propensione dei virus influenzali di soggiacere a mutazioni del proprio “make-up” genetico attraverso i ben noti fenomeni di riassortimento/ricombinazione genomica che li contraddistinguono (6).

Va da se’, pertanto, che adeguati sforzi andrebbero profusi, sulla scia delle lezioni apprese dalla drammatica pandemia da CoViD-19, al precipuo fine di giungere opportunamente “preparati e pronti” (“preparedness and readiness” le parole-chiave, giustappunto) ad un’eventuale emergenza pandemica da virus dell’influenza aviaria A(H5N1), in una salutare ottica di collaborazione multidisciplinare ed intersettoriale fra Medicina Umana e Medicina Veterinaria, diffusamente permeata dal concetto/principio della “One Health”, la salute unica di uomo, animali ed ambiente!

 

Bibliografia citata 
1) Ariyama, N., et al. (2023). Highly Pathogenic Avian Influenza A(H5N1) Clade 2.3.4.4b Virus in Wild Birds, Chile. Emerg. Infect. Dis. 29:1842-1845. doi: 10.3201/eid2909.230067.
2) Puryear, W., et al. (2023). Highly Pathogenic Avian Influenza A(H5N1) Virus Outbreak in New England Seals, United States. Emerg. Infect. Dis. 29:786-791. doi: 10.3201/eid2904.221538.
3) Gamarra-Toledo, V., et al. (2023). Mass Mortality of Sea Lions Caused by Highly Pathogenic Avian Influenza A(H5N1) Virus. Emerg. Infect. Dis. 29:2553-2556. doi: 10.3201/eid2912.230192.
4) Thorsson, E., et al. (2023). Highly Pathogenic Avian Influenza A(H5N1) Virus in a Harbor Porpoise, Sweden. Emerg. Infect. Dis. 29:852-855. doi: 10.3201/eid2904.221426.
5) Murawski, A., et al. (2024). Highly pathogenic avian influenza A(H5N1) virus in a common bottlenose dolphin (Tursiops truncatus) in Florida. Commun. Biol. 7:476. doi: 10.1038/s42003-024-06.
6) Di Guardo, G., Roperto S. (2024). AH5N1 avian influenza, a new pandemic behind the corner? (Rapid Response). BMJ https://www.bmj.com/content/380/bmj.p510/rr.
7) Reardon, S. (2024). Bird flu in US cows: Where will it end? Nature 
https://www.nature.com/articles/d41586-024-01333-9.
8) Uyeki, T.M., et al. (2024). Highly pathogenic avian influenza A(H5N1) virus infection in a dairy farm worker. N. Engl. J. Med. 
doi:10.1056/NEJMc2405371.
9) Tisza, M.J., et al. (2024). Virome sequencing identifies H5N1 avian influenza in wastewater from nine cities. MedRxiv preprint 2024.05.10. doi:https://doi.org/10.1101/2024.05.10.24307179.
10) Clark, J.R., et al. (2023). Wastewater pandemic preparedness: Toward an end-to-end pathogen monitoring program. Front. Public Health 11:1137881. doi:10.3389/fpubh.2023.1137881.
11) Gerhard, D. (2024). Deciphering the unusual pattern of bird flu symptoms in cows. The Scientist Magazine
https://www.the-scientist.com/deciphering-the-unusual-pattern-of-bird-flu-symptoms-in-cows-71850.
12) Kristensen, C., et al. (2024). The avian and human influenza A virus receptors sialic acid (SA)-α2,3 and SA-α2,6 are widely expressed in the bovine mammary glandBioRxiv preprint 2024.05.03.592326.

 

Giovanni Di GuardoDVM, Dipl. ECVP, Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo