Ferri: brevi osservazioni sulla bocciatura Comagri del PE su carne coltivata

È stata bocciata dalla Commissione agricoltura e sviluppo rurale (Comagri) del Parlamento europeo una risoluzione sulle colture proteiche che al paragrafo 19 contiene riferimenti a prodotti innovativi a base cellulare, il cosiddetto cibo sintetico o carne coltivata, definita un’opportunità da sfruttare.  In sintesi l’obiettivo della risoluzione è di incrementare la produzione di colture di proteine in Europa per rendere l’Europa indipendente dai paesi terzi da cui importa quasi il 70% delle materie prime ad alto contenuto proteico necessarie per l’alimentazione animale.

I censori appartenenti a gruppi politici trasversali  nei loro emendamenti sostengono che la bocciatura dei cibi da laboratorio non pregiudica l’importanza delle innovazioni nel settore delle biotecnologie sostenibili per un’agricoltura in grado di produrre di più, utilizzando meno risorse, resistente agli eventi climatici come siccità e alluvioni e come alternativa più efficace ai fitofarmaci.

Il progetto di risoluzione che dovrà essere sottoposto a votazione in plenaria, probabilmente nella sessione del 16-19 ottobre, segue l’iniziativa della Governo italiano che già lo scorso marzo aveva proposto un disegno di legge congiunto Ministero della Salute e Ministero dell’agricoltura, sovranità alimentare e foreste, che vieta la produzione e la commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici:  il primo divieto al mondo alla carne sintetica che, paradossalmente è già vietato nell’UE dal momento che l’EFSA con riferimento alla normativa sui novel food o nuovi alimenti non ha ancora fornito un parere scientifico alla Commissione sui rischi potenziali di sicurezza alimentare e non ha ricevuto finora una richiesta di valutazione.

Come ho già fatto osservare, l’intento del disegno di legge è palesemente oscurantista sul campo della ricerca e blocca gli investimenti, e se approvato rischierebbe di tagliare l’Italia fuori da un’innovazione che ha previsioni di mercato per il 2030 tra 5 e 25 miliardi di dollari o di ripetere quanto è accaduto con gli organismi geneticamente modificati (OGM) che in Italia non possono essere coltivati, così come nella maggior parte dei paesi dell’UE, ma vengono regolarmente importati come farine animali. Un gruppo di biotecnologi italiani sulla rivista Nature Biotechnology, ha sostenuto che il provvedimento, se venisse approvato, avrà effetti negativi di lunga durata sul progresso scientifico e sociale di questo settore emergente con il rischio di delocalizzare i centri di ricerca.

Queste posizioni di chiusura, volute dalle più importanti associazioni di agricoltori (in Italia Coldiretti) le cui dichiarazioni evocano un scenario distopico di gruppi che attraverso il cibo sintetico vogliono monopolizzare la fornitura alimentare mondiale, e supportate da gruppi politici che sostengono la necessità di salvaguardare il Made in Italy puntando su un legame diretto natura-cibo, sono il risultato di una falsa narrativa che va smantellata e che vede la carne coltivata come la soluzione alla fame nel mondo o al fabbisogno proteico sempre crescente.  Le aziende e start-up che vogliono investire in questo settore in Europa non dovrebbero essere ostacolate da misure governative, come quella italiana. Diversamente andrebbe avviato un dialogo con il pubblico e gli stakeholders con un loro coinvolgimento nel dibattito scientifico, per sensibilizzare l’interesse sulla ricerca biomedica e sulle questioni critiche, e per costruire un consenso che evitando un divieto, che come è accaduto in passato (ed. OGM) potrebbe soffocare questo campo emergente.

Sul fronte della ricerca, per la produzione su scala industriale di carne coltivata sono necessari ulteriori studi che valutino il potenziale di maggiore efficienza energetica, sostenibilità e minore impronta di carbonio rispetto alla carne convenzionale. La carne coltivata non sarà mai in grado di sostituire la carne convenzionale: esistono numerosi ostacoli economici e tecnici che devono essere superati per rendere la produzione redditizia e su scala industriale. Inoltre, può essere vista come un’alternativa proteica alimentare, come nel caso degli insetti o delle alghe, solo da quei consumatori facoltosi che lo accettano, sono disposti a pagare di più e vogliono essere rassicurati sulla produzione di carne senza la macellazione degli animali.

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Dott. Maurizio Ferri