Il pesce coltivato tra sfide e opportunità per l’industria ittica

La continua crescita demografica con le previsioni di 9 miliardi di persone nel 2050 sta aumentando ed aumenterà la domanda nutrizionale di proteine con il rischio di mettere a dura prova le risorse mondiali.  Gli attuali sistemi alimentari sono in difficoltà in termini di sostenibilità soprattutto per quanto riguarda le fonti proteiche.  Non fa eccezione l’acquacoltura che sta diventando un settore sempre più cruciale per far fronte alla crescente domanda globale di prodotti ittici ponendo una serie di sfide legate alla pressione sulle risorse marine selvatiche e alla promozione di pratiche sostenibili. Va anche detto però che l’acquacoltura tradizionale sta adottando sempre più pratiche e tecnologie innovative per migliorare la sostenibilità e l’efficienza.

Tra queste ci sono lo sviluppo di mangimi alternativi come, ad esempio, a base di alghe o insetti, per diminuire la dipendenza dalle farine di pesce e ridurre la pressione sulle risorse marine. Si studiano anche i sistemi a ricircolo dell’acqua (RAS): questi sistemi permettono di allevare pesci in ambienti chiusi e controllati consentendo di ridurre il consumo di acqua e l’impatto ambientale grazie al riciclo e alla purificazione. Con l’acquacoltura offshore si esplorano nuove soluzioni per l’allevamento in mare aperto, che offrono spazi più ampi e condizioni ambientali più stabili, minimizzando l’impatto sulle zone costiere. Nel campo della Ricerca e Sviluppo, ci sono numerosi progetti, come quello finanziato dall’UE NewTechAqua, che punta alla diversificazione dell’acquacoltura europea con soluzioni tecnologicamente avanzate e resilienti, combinando ricerca scientifica e collaborazione con l’industria.  Riguardo poi alla tracciabilità della filiera e alla trasparenza delle pratiche di allevamento il settore propone nuove soluzioni per aumentare la fiducia dei consumatori così come l’integrazione del benessere dei pesci d’allevamento nella legislazione e loro equiparazione in parte ad altri animali da allevamento.

Nonostante i benefici che discendono da questo quadro virtuoso, c’è necessità di investire nello sviluppo di nuove fonti proteiche, come gli alimenti coltivati ​​in laboratorio per aumentare la sostenibilità del settore della carne e ittico.  La maggior parte di questi sforzi sostenuti da oltre un decennio da start-up, gruppi di ricerca ed organizzazioni, si sono concentrati sulla carne coltivata, prodotti di fermentazione e proteine vegetali trascurando l’emergente industria ittica coltivata.  Probabilmente, i prodotti ittici hanno un impatto maggiore sulla disponibilità e sulla sostenibilità delle proteine ​​e dovrebbero essere una priorità.  Per il settore nascente del pesce coltivato (cultivated fish or cell-based seafood) ci sono diverse barriere tecniche tra cui la mancanza di linee cellulari consolidate e di un terreno di coltura cellulare specializzato, accessibile e sostenibile. Inoltre, l’applicazione di questa tecnologia al pari della carne coltivata è difficile a causa della percezione del pubblico, di considerazioni etiche, di ostacoli legati al gusto e alla sicurezza alimentare.

Tra le aziende più innovative che hanno investito nel pesce coltivato in laboratorio senza la necessità di allevare l’intero animale ci sono la statunitense Wildtype e la tedesca Bluu Seafood. Uno degli sviluppi più significativi è l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti per la vendita e somministrazione del primo salmone coltivato al mondo. L’azienda Wildtype, che ha sede a San Francisco supportata da investitori di alto profilo come Robert Downey Jr., Leonardo Di Caprio e Jeff Bezos, ha ottenuto il via libera dopo un processo di revisione durato tre anni. Il salmone coltivato è già in menu in alcuni ristoranti di Portland, Oregon, e si prevede un’espansione nel settore della ristorazione e del retail. Questo salmone è stato creato a partire da una singola linea di cellule staminali e coltivato in bioreattori, senza la necessità di prelievi continui da salmoni vivi unendosi quindi ai prodotti a base di carne coltivata di UPSIDE Foods e della divisione GOOD Meat di Eat Just come terzo prodotto proteico coltivato ad entrare nel mercato statunitense. Anche l’Europa si sta muovendo in questa direzione. Bluu Seafood ha inaugurato il primo impianto pilota europeo per la produzione di pesce a base di cellule su larga scala ad Amburgo, in Germania. L’obiettivo è produrre cellule di muscolo, grasso e tessuto connettivo di salmone atlantico e trota iridea in quantità sempre maggiori, con l’ambizione di commercializzare prodotti come bastoncini, polpette o caviale di pesce privi di OGM, metalli pesanti e microplastiche.Il think tank Good Food Institute Europe stima che il mercato globale potrebbe raggiungere un valore di 510 miliardi di euro entro il 2050

La start up belga Fishway sta aprendo la strada per la commercializzazione di orate, spigole (non richiedenti basse temperature come il salmone) e caviale cellulare, scommettendo di arrivare sul mercato nel 2030.

Le linee cellulari per la produzione di pesce coltivato, a differenza di quelle per i mammiferi, sono state oggetto di studi molto limitati; pertanto, necessitano di approfondimenti accurati; ad oggi si possono considerare i seguenti fattori a favore del prodotto ittico coltivato dal punto di vista economico e di impatto ambientale:

  • temperatura di coltivazione: mentre le cellule dei mammiferi necessitano di una temperatura di 37 °C invece quelle dei pesci possono crescere a temperatura ambiente consentendo quindi un risparmio energetico non indifferente;
  • presenza di ossigeno: a differenza delle linee cellulari per mammiferi, quelle dei pesci sopportono l’ipossia;
  • pH: le linee cellulari dei pesci tollerano un ampio range di pH consentendo una crescita cellulare più fattibile.

L’impiego, inoltre, di chitosano ricavato dai crostacei, come elemento principale degli “scaffold”, promette davvero degli ottimi risultati.

Il muscolo del pesce, in natura, si distingue essenzialmente in tre tipologie (a seconda della specie e del tipo di alimentazione): rosso, bianco e rosa. Il rosso è altamente vascolarizzato ed è composto da fibre a contrazione lenta con un’alta densità di mitocondri (Johnston, 2001), si basa su percorsi metabolici aerobici. I muscoli bianchi sono a contrazione rapida, con una alta densità di miofibrille e sono capaci di impiegare principalmente percorsi metabolici anaerobici.Il muscolo rosa condivide le caratteristiche di entrambi. Queste varietà offrono una gamma di opzioni nella progettazione di sistemi di conlivazione chiusi per la produzione di frutti di mare a base cellulare. (N. Rubio et al., Cell-Based Fish: A Novel Approach to Seafood Production and an Opportunity for Cellular Agriculture”2019)

L’obiettivo è ottenere prodotti con lo stesso valore nutrizionale e le stesse caratteristiche organolettiche del pesce tradizionale, ma assicurando l’assenza di contaminanti chimici e fisici come i metalli pesanti, microplastiche e allergeni e microbiologici. Le previsioni indicano una potenziale commercializzazione in alcuni mercati (come Singapore) già nei prossimi 2-3 anni, con l’Europa che potrebbe seguire, sebbene con standard di sicurezza più stringenti (EFSA) e con il divieto italiano attuale sulla carne coltivata che pone interrogativi anche per il pesce.

Il processo di produzione del pesce coltivato

Per la produzione di pesce coltivato vengono utilizzate principalmente le cellule staminali non specializzate, “cellule immortali naturali” che, a differenza di quelle dei mammiferi possono dividersi all’infinito senza perdere qualità e che hanno la capacità di auto-rinnovarsi e di differenziarsi in diversi tipi cellulari. Queste cellule vengono prelevate da un pesce vivo (tramite una biopsia indolore) e poi fatte proliferare e differenziare in laboratorio per formare tessuti muscolari, connettivi e nervosi, simili a quelli del pesce tradizionale. In alternativa si possono utilizzare linee cellulari continue che possono replicarsi indefinitamente in laboratorio. Molte di queste sono di tipo fibroblastico o epiteliale e sono state originate da tessuti di salmonidi e ciprinidi. Ad esempio, la linea cellulare RTG-2 è derivata dalle gonadi della trota arcobaleno. Sono linee cellulari preziose perché possono essere utilizzate per studi e produzioni su larga scala.

Il processo generale prevede il prelievo di queste cellule, la loro coltura in un bioreattore (contenitori simili ai fermentatori usati per la produzione di birra, vino, formaggio e yogurt) in un mezzo nutritivo o terreno costituito da un mezzo basale (es. di glucosio, amminoacidi, sali inorganici e vitamine, senza l’aggiunta di antibiotici e antimicotici e fattori specifici che forniscono tutte le sostanze necessarie per la crescita e la moltiplicazione. Successivamente, le cellule vengono indirizzate a differenziarsi nei tipi di tessuto desiderati (es. muscolo) e, in alcuni casi, possono essere utilizzate con uno scaffold o impalcatura (una struttura di supporto biocompatibile) per dare forma al prodotto finale, o anche con la stampa 3D per creare strutture complesse simili a filetti. Tendenzialmente le cellule tendono ad attaccarsi ai lati delle vasche del bioreattore e per evitare ciò vengono impiegati micro-materiali in grado di trattenere le cellule insieme in sospensione. Il risultato finale è un blocco di pesce di circa 200 g, uniforme, destinato anche alla consumazione cruda come sashimi o ceviche.

Benefici, opportunità e sfide del pesce coltivato

Il pesce coltivato in laboratorio promette un impatto ambientale notevolmente inferiore ma deve affrontare diverse sfide tra cui la riduzione dei costi di produzione per renderlo competitivo con il prodotto ittico convenzionale. Grazie alla continua innovazione tecnologica, il settore è un terreno fertile per lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie (bioreattori, sensori, sistemi di intelligenza artificiale per il monitoraggio degli allevamenti) e per la diversificazione dei prodotti con caratteristiche specifiche (es. alto contenuto di omega-3).  La produzione di pesce coltivato potrebbe portare alla creazione di nuovi “prodotti ittici” o surrogati, offrire opportunità di crescita economica, soprattutto nelle aree costiere, e sviluppo occupazionale generando nuovi posti di lavoro qualificati (ricercatori, tecnici di allevamento, esperti in sicurezza alimentare, ecc.).

Riguardo alla sicurezza alimentare, come per ogni processo di produzione alimentare, la sicurezza del pesce coltivato deve essere valutata in relazione a pericoli microbiologici, chimici, di stabilità e di qualità e identità delle linee cellulari, nonché ai rischi associati. Essendo un settore non ancora sviluppato su scala industriale, è caratterizzato da un elevato livello di incertezza, che può essere ridotto attraverso i dati disponibili e studi di valutazione del rischio. Ad ogni modo la tecnologia di automazione del processo di produzione all’interno di bioreattori si basa su sofisticati sistemi di monitoraggio che consentono di rilevare rapidamente tramite sensori fisico-chimici eventuali condizioni sfavorevoli nelle vasche di coltivazione, inclusi batteri patogeni, ma anche residui di ormoni e antibiotici. L’acquacoltura tradizionale se non gestita correttamente, può avere impatti negativi sull’ambiente (inquinamento da scarichi, diffusione di malattie, uso di antibiotici). Il pesce coltivato, se controllato adeguatamente, può offrire un prodotto sicuro e privo di contaminanti (come micro-nanoplastiche e metalli pesanti) che a volte affliggono il pesce selvatico. Riguardo alla regolamentazione necessaria per garantire sicurezza e standard qualitativi, la legislazione in materia di pesce coltivato (soprattutto quello da cellule) è ancora in fase di sviluppo in molti paesi, il che può rallentare la commercializzazione. In Italia, per esempio, è stato introdotto un divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata, e un dibattito simile potrebbe sorgere per il pesce.

In sintesi, il settore del pesce coltivato è in piena evoluzione, con la ricerca che spinge verso soluzioni sempre più innovative e sostenibili e infrastrutture adeguate.  Le opportunità sono molteplici, ma per coglierle appieno sarà fondamentale affrontare le sfide legate all’accettazione dei consumatori, ai costi e alla regolamentazione, garantendo sempre un approccio responsabile e orientato alla sostenibilità. Eventi come AquaFarm 2025 a Pordenone continuano a essere un punto di riferimento per l’innovazione e la sostenibilità nell’acquacoltura, riunendo operatori del settore per discutere le nuove opportunità tra cui il pesce coltivato con le rispettive e le sfide. L’UE sta promuovendo una “Strategia per un’acquacoltura dell’UE più sostenibile e competitiva”, riconoscendo il potenziale di questo settore per la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico. Sebbene sia un importatore netto di prodotti ittici, c’è spazio per aumentare la produzione interna e la competitività anche sviluppando il settore del pesce coltivato. Va sottolineato come l’intento dei produttori di prodotto ittico coltivato non sia quello di sostituire le ormai consolidate pratiche di allevamento e tanto meno “far guerra” alla pesca tradizionale ma piuttosto di viaggiare in parallelo, divenendo così una fonte complementare volta a soddisfare un fabbisogno sempre più crescente.

Maurizio Ferri – Coordinatore Scientifico SIMeVeP

Maria Grazia Cofelice, ASL Pescara

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