XXIX Convegno Nazionale S.I.P.I. a Sassari

Il 23 e il 24 Ottobre si è tenuto a Sassari presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna “G. Pregreffi”  il XXIX convegno nazionale della Società Italiana di Patologia Ittica (S.I.P.I.). Nell’ ambito di questo evento è stato realizzato il Workshop ECM dal titolo: “One Health, una sfida nel settore ittico”, nel quale si è evidenziata la necessità di un approccio multidisciplinare One Health che coinvolga veterinari, biologi, produttori, istituzioni, esperti di settore e tutti gli altri attori presenti in questo complesso ambito. Negli ecosistemi acquatici l’ambiente, l’uomo e gli animali sono uniti in maniera indissolubile.

Il convegno si è poi sviluppato prevedendo quattro sessioni di lavoro scientifici su virologia, batteriologia, parassitologia e miscellanea. Le sessioni hanno dato uno sguardo completo sullo stato dell’arte delle diverse discipline, presentando progetti innovativi di ricerca. Sono nati dibattiti e discussioni tra congressisti.

Inoltre sono stati assegnati i consueti  premi: Grimaldi, Ghittino, Novelli, migliore presentazione orale, miglior poster e premi tesi. Tutti i partecipanti hanno dimostrato abilità degne di interesse.

Si dà appuntamento al prossimo anno, in cui si svolgerà il trentesimo convegno nazionale  della Società Italiana di Patologia Ittica. La società ha lo scopo di promuovere, incoraggiare, sviluppare studi e ricerche nel campo della patologia degli animali acquatici e di quanto a questo direttamente o indirettamente collegato, diffondere l’applicazione pratica, favorire e coordinare i rapporti con le istituzioni scientifiche e con i singoli cultori della materia, sia in campo nazionale che internazionale.

Dott. Ivan Corti, GdL Acquacoltura e prodotti della pesca, SIMeVeP




Il pesce coltivato tra sfide e opportunità per l’industria ittica

La continua crescita demografica con le previsioni di 9 miliardi di persone nel 2050 sta aumentando ed aumenterà la domanda nutrizionale di proteine con il rischio di mettere a dura prova le risorse mondiali.  Gli attuali sistemi alimentari sono in difficoltà in termini di sostenibilità soprattutto per quanto riguarda le fonti proteiche.  Non fa eccezione l’acquacoltura che sta diventando un settore sempre più cruciale per far fronte alla crescente domanda globale di prodotti ittici ponendo una serie di sfide legate alla pressione sulle risorse marine selvatiche e alla promozione di pratiche sostenibili. Va anche detto però che l’acquacoltura tradizionale sta adottando sempre più pratiche e tecnologie innovative per migliorare la sostenibilità e l’efficienza.

Tra queste ci sono lo sviluppo di mangimi alternativi come, ad esempio, a base di alghe o insetti, per diminuire la dipendenza dalle farine di pesce e ridurre la pressione sulle risorse marine. Si studiano anche i sistemi a ricircolo dell’acqua (RAS): questi sistemi permettono di allevare pesci in ambienti chiusi e controllati consentendo di ridurre il consumo di acqua e l’impatto ambientale grazie al riciclo e alla purificazione. Con l’acquacoltura offshore si esplorano nuove soluzioni per l’allevamento in mare aperto, che offrono spazi più ampi e condizioni ambientali più stabili, minimizzando l’impatto sulle zone costiere. Nel campo della Ricerca e Sviluppo, ci sono numerosi progetti, come quello finanziato dall’UE NewTechAqua, che punta alla diversificazione dell’acquacoltura europea con soluzioni tecnologicamente avanzate e resilienti, combinando ricerca scientifica e collaborazione con l’industria.  Riguardo poi alla tracciabilità della filiera e alla trasparenza delle pratiche di allevamento il settore propone nuove soluzioni per aumentare la fiducia dei consumatori così come l’integrazione del benessere dei pesci d’allevamento nella legislazione e loro equiparazione in parte ad altri animali da allevamento.

Nonostante i benefici che discendono da questo quadro virtuoso, c’è necessità di investire nello sviluppo di nuove fonti proteiche, come gli alimenti coltivati ​​in laboratorio per aumentare la sostenibilità del settore della carne e ittico.  La maggior parte di questi sforzi sostenuti da oltre un decennio da start-up, gruppi di ricerca ed organizzazioni, si sono concentrati sulla carne coltivata, prodotti di fermentazione e proteine vegetali trascurando l’emergente industria ittica coltivata.  Probabilmente, i prodotti ittici hanno un impatto maggiore sulla disponibilità e sulla sostenibilità delle proteine ​​e dovrebbero essere una priorità.  Per il settore nascente del pesce coltivato (cultivated fish or cell-based seafood) ci sono diverse barriere tecniche tra cui la mancanza di linee cellulari consolidate e di un terreno di coltura cellulare specializzato, accessibile e sostenibile. Inoltre, l’applicazione di questa tecnologia al pari della carne coltivata è difficile a causa della percezione del pubblico, di considerazioni etiche, di ostacoli legati al gusto e alla sicurezza alimentare.

Tra le aziende più innovative che hanno investito nel pesce coltivato in laboratorio senza la necessità di allevare l’intero animale ci sono la statunitense Wildtype e la tedesca Bluu Seafood. Uno degli sviluppi più significativi è l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti per la vendita e somministrazione del primo salmone coltivato al mondo. L’azienda Wildtype, che ha sede a San Francisco supportata da investitori di alto profilo come Robert Downey Jr., Leonardo Di Caprio e Jeff Bezos, ha ottenuto il via libera dopo un processo di revisione durato tre anni. Il salmone coltivato è già in menu in alcuni ristoranti di Portland, Oregon, e si prevede un’espansione nel settore della ristorazione e del retail. Questo salmone è stato creato a partire da una singola linea di cellule staminali e coltivato in bioreattori, senza la necessità di prelievi continui da salmoni vivi unendosi quindi ai prodotti a base di carne coltivata di UPSIDE Foods e della divisione GOOD Meat di Eat Just come terzo prodotto proteico coltivato ad entrare nel mercato statunitense. Anche l’Europa si sta muovendo in questa direzione. Bluu Seafood ha inaugurato il primo impianto pilota europeo per la produzione di pesce a base di cellule su larga scala ad Amburgo, in Germania. L’obiettivo è produrre cellule di muscolo, grasso e tessuto connettivo di salmone atlantico e trota iridea in quantità sempre maggiori, con l’ambizione di commercializzare prodotti come bastoncini, polpette o caviale di pesce privi di OGM, metalli pesanti e microplastiche.Il think tank Good Food Institute Europe stima che il mercato globale potrebbe raggiungere un valore di 510 miliardi di euro entro il 2050

La start up belga Fishway sta aprendo la strada per la commercializzazione di orate, spigole (non richiedenti basse temperature come il salmone) e caviale cellulare, scommettendo di arrivare sul mercato nel 2030.

Le linee cellulari per la produzione di pesce coltivato, a differenza di quelle per i mammiferi, sono state oggetto di studi molto limitati; pertanto, necessitano di approfondimenti accurati; ad oggi si possono considerare i seguenti fattori a favore del prodotto ittico coltivato dal punto di vista economico e di impatto ambientale:

  • temperatura di coltivazione: mentre le cellule dei mammiferi necessitano di una temperatura di 37 °C invece quelle dei pesci possono crescere a temperatura ambiente consentendo quindi un risparmio energetico non indifferente;
  • presenza di ossigeno: a differenza delle linee cellulari per mammiferi, quelle dei pesci sopportono l’ipossia;
  • pH: le linee cellulari dei pesci tollerano un ampio range di pH consentendo una crescita cellulare più fattibile.

L’impiego, inoltre, di chitosano ricavato dai crostacei, come elemento principale degli “scaffold”, promette davvero degli ottimi risultati.

Il muscolo del pesce, in natura, si distingue essenzialmente in tre tipologie (a seconda della specie e del tipo di alimentazione): rosso, bianco e rosa. Il rosso è altamente vascolarizzato ed è composto da fibre a contrazione lenta con un’alta densità di mitocondri (Johnston, 2001), si basa su percorsi metabolici aerobici. I muscoli bianchi sono a contrazione rapida, con una alta densità di miofibrille e sono capaci di impiegare principalmente percorsi metabolici anaerobici.Il muscolo rosa condivide le caratteristiche di entrambi. Queste varietà offrono una gamma di opzioni nella progettazione di sistemi di conlivazione chiusi per la produzione di frutti di mare a base cellulare. (N. Rubio et al., Cell-Based Fish: A Novel Approach to Seafood Production and an Opportunity for Cellular Agriculture”2019)

L’obiettivo è ottenere prodotti con lo stesso valore nutrizionale e le stesse caratteristiche organolettiche del pesce tradizionale, ma assicurando l’assenza di contaminanti chimici e fisici come i metalli pesanti, microplastiche e allergeni e microbiologici. Le previsioni indicano una potenziale commercializzazione in alcuni mercati (come Singapore) già nei prossimi 2-3 anni, con l’Europa che potrebbe seguire, sebbene con standard di sicurezza più stringenti (EFSA) e con il divieto italiano attuale sulla carne coltivata che pone interrogativi anche per il pesce.

Il processo di produzione del pesce coltivato

Per la produzione di pesce coltivato vengono utilizzate principalmente le cellule staminali non specializzate, “cellule immortali naturali” che, a differenza di quelle dei mammiferi possono dividersi all’infinito senza perdere qualità e che hanno la capacità di auto-rinnovarsi e di differenziarsi in diversi tipi cellulari. Queste cellule vengono prelevate da un pesce vivo (tramite una biopsia indolore) e poi fatte proliferare e differenziare in laboratorio per formare tessuti muscolari, connettivi e nervosi, simili a quelli del pesce tradizionale. In alternativa si possono utilizzare linee cellulari continue che possono replicarsi indefinitamente in laboratorio. Molte di queste sono di tipo fibroblastico o epiteliale e sono state originate da tessuti di salmonidi e ciprinidi. Ad esempio, la linea cellulare RTG-2 è derivata dalle gonadi della trota arcobaleno. Sono linee cellulari preziose perché possono essere utilizzate per studi e produzioni su larga scala.

Il processo generale prevede il prelievo di queste cellule, la loro coltura in un bioreattore (contenitori simili ai fermentatori usati per la produzione di birra, vino, formaggio e yogurt) in un mezzo nutritivo o terreno costituito da un mezzo basale (es. di glucosio, amminoacidi, sali inorganici e vitamine, senza l’aggiunta di antibiotici e antimicotici e fattori specifici che forniscono tutte le sostanze necessarie per la crescita e la moltiplicazione. Successivamente, le cellule vengono indirizzate a differenziarsi nei tipi di tessuto desiderati (es. muscolo) e, in alcuni casi, possono essere utilizzate con uno scaffold o impalcatura (una struttura di supporto biocompatibile) per dare forma al prodotto finale, o anche con la stampa 3D per creare strutture complesse simili a filetti. Tendenzialmente le cellule tendono ad attaccarsi ai lati delle vasche del bioreattore e per evitare ciò vengono impiegati micro-materiali in grado di trattenere le cellule insieme in sospensione. Il risultato finale è un blocco di pesce di circa 200 g, uniforme, destinato anche alla consumazione cruda come sashimi o ceviche.

Benefici, opportunità e sfide del pesce coltivato

Il pesce coltivato in laboratorio promette un impatto ambientale notevolmente inferiore ma deve affrontare diverse sfide tra cui la riduzione dei costi di produzione per renderlo competitivo con il prodotto ittico convenzionale. Grazie alla continua innovazione tecnologica, il settore è un terreno fertile per lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie (bioreattori, sensori, sistemi di intelligenza artificiale per il monitoraggio degli allevamenti) e per la diversificazione dei prodotti con caratteristiche specifiche (es. alto contenuto di omega-3).  La produzione di pesce coltivato potrebbe portare alla creazione di nuovi “prodotti ittici” o surrogati, offrire opportunità di crescita economica, soprattutto nelle aree costiere, e sviluppo occupazionale generando nuovi posti di lavoro qualificati (ricercatori, tecnici di allevamento, esperti in sicurezza alimentare, ecc.).

Riguardo alla sicurezza alimentare, come per ogni processo di produzione alimentare, la sicurezza del pesce coltivato deve essere valutata in relazione a pericoli microbiologici, chimici, di stabilità e di qualità e identità delle linee cellulari, nonché ai rischi associati. Essendo un settore non ancora sviluppato su scala industriale, è caratterizzato da un elevato livello di incertezza, che può essere ridotto attraverso i dati disponibili e studi di valutazione del rischio. Ad ogni modo la tecnologia di automazione del processo di produzione all’interno di bioreattori si basa su sofisticati sistemi di monitoraggio che consentono di rilevare rapidamente tramite sensori fisico-chimici eventuali condizioni sfavorevoli nelle vasche di coltivazione, inclusi batteri patogeni, ma anche residui di ormoni e antibiotici. L’acquacoltura tradizionale se non gestita correttamente, può avere impatti negativi sull’ambiente (inquinamento da scarichi, diffusione di malattie, uso di antibiotici). Il pesce coltivato, se controllato adeguatamente, può offrire un prodotto sicuro e privo di contaminanti (come micro-nanoplastiche e metalli pesanti) che a volte affliggono il pesce selvatico. Riguardo alla regolamentazione necessaria per garantire sicurezza e standard qualitativi, la legislazione in materia di pesce coltivato (soprattutto quello da cellule) è ancora in fase di sviluppo in molti paesi, il che può rallentare la commercializzazione. In Italia, per esempio, è stato introdotto un divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata, e un dibattito simile potrebbe sorgere per il pesce.

In sintesi, il settore del pesce coltivato è in piena evoluzione, con la ricerca che spinge verso soluzioni sempre più innovative e sostenibili e infrastrutture adeguate.  Le opportunità sono molteplici, ma per coglierle appieno sarà fondamentale affrontare le sfide legate all’accettazione dei consumatori, ai costi e alla regolamentazione, garantendo sempre un approccio responsabile e orientato alla sostenibilità. Eventi come AquaFarm 2025 a Pordenone continuano a essere un punto di riferimento per l’innovazione e la sostenibilità nell’acquacoltura, riunendo operatori del settore per discutere le nuove opportunità tra cui il pesce coltivato con le rispettive e le sfide. L’UE sta promuovendo una “Strategia per un’acquacoltura dell’UE più sostenibile e competitiva”, riconoscendo il potenziale di questo settore per la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico. Sebbene sia un importatore netto di prodotti ittici, c’è spazio per aumentare la produzione interna e la competitività anche sviluppando il settore del pesce coltivato. Va sottolineato come l’intento dei produttori di prodotto ittico coltivato non sia quello di sostituire le ormai consolidate pratiche di allevamento e tanto meno “far guerra” alla pesca tradizionale ma piuttosto di viaggiare in parallelo, divenendo così una fonte complementare volta a soddisfare un fabbisogno sempre più crescente.

Maurizio Ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP

Maria Grazia Cofelice, ASL Pescara

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La Sanità Pubblica Veterinaria alla Leopolda Salute

Si terrà il 21 ottobre alla Leopolda Salute a Firenze l’incontro “Ecosistema, Benessere animale, Salute del Pianeta: la Sanità Pubblica Veterinaria nel XXI Secolo”

Nella seconda metà del XX secolo, la Sanità Pubblica Veterinaria ha dato un considerevole impulso, concettuale e operativo, alla nascita e sviluppo del Servizio Sanitario Nazionale: un ragguardevole risultato, fra i tanti, è che la salute e benessere animali e la sicurezza degli alimenti sono parte integrante delle competenze sanitarie, in un’ottica che anticipa quella dell’approccio One Health – Salute Unica ora tanto di attualità. Eppure, nei primi decenni del secolo attuale, vi sono indizi di una possibile stanchezza e questo proprio quando un vigoroso ed aggiornato contributo veterinario sarebbe per affrontare problemi globali complessi, quali la globalizzazione -anzi, planetarizzazione- delle questioni di salute, le ricorrenti epidemie di origine zoonotica, l’antimicrobico-resistenza, la tutela della sicurezza degli alimenti e insieme della sostenibilità delle produzioni, l’impatto dei fattori ecosistemici (clima, biodiversità, inquinamento…) sulle popolazioni animali domestiche e non, e quindi -anche e inevitabilmente- sulla salute umana.

Intendiamo, però, avere un approccio positivo: Quali le sfide principali? In che direzioni e come aggiornare e potenziare la formazione, la collaborazione transdisciplinare, la cooperazione internazionale?

Per un ragionamento articolato a più voci, chiamiamo le voci degli enti del servizio sanitario nazionale, del mondo universitario e di enti internazionali (EFSA, FAO, OMS-WHO) fortemente coinvolti e attivi nello sviluppo dell’approccio One Health.

Moderano Aldo Grasselli, Segretario Nazionale SIVeMP e Presidente Onorario della SIMeVeP e Alberto Mantovani, Presidente Centro Studi KOS – Scienza Arte Società

Il programma




Convegno per la Giornata della Sicurezza Alimentare

Il 17 ottobre 2025 si terrà a Milano un Convegno per la Giornata della Sicurezza Alimentare dal titolo “OLTRE IL GUSTO: L’IMPEGNO DI REGIONE LOMBARDIA PER UN SISTEMA ALIMENTARE SICURO” organizzato dalla Regione Lombardia presso l’Auditorium Testori Palazzo Lombardia.

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Percezione del ruolo del medico veterinario nella società contemporanea

E’ in uscita sul numero di dicembre della prestigiosa rivista One Health (Elsevier) l’articolo One health, one earth, one life: The overlooked role of veterinarians in the fight against COVID-19 and other public health emergencies in Italy”, firmato dal Prof. Sante Roperto, Professore Ordinario di Malattie Infettive degli Animali Domestici presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, e dal Prof. Giovanni Di Guardo Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo.

Nel paper gli autori analizzano come la pandemia da COVID-19 abbia evidenziato la marginalizzazione del ruolo dei medici veterinari nella gestione delle emergenze sanitarie, nonostante la loro importanza strategica nel paradigma One Health, che integra salute umana, animale e ambientale.

L’obiettivo è quello di portare alla luce tali questioni e aumentare la consapevolezza pubblica sul ruolo fondamentale dei medici veterinari nell’analisi del rischio sanitario, nella comunicazione e nella definizione delle politiche, contribuendo così a rendere la società più resiliente di fronte a future minacce pandemiche.

In Italia infatti, i medici veterinari sono stati in gran parte assenti dalla narrazione mediatica della pandemia di COVID-19, che si è concentrata principalmente su una prospettiva ospedalocentrica, nonostante le loro attività fondamentali nella protezione della salute pubblica. Ciò accade anche nella copertura mediatica di altre emergenze di sanità pubblica, come ad esempio quelle causate dal virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5N1) e dal virus della West Nile.

Gli autori – riportando il contributo dei medici veterinari alla sicurezza alimentare, al monitoraggio delle zoonosi, agli studi epidemiologici e alla gestione degli ecosistemi, tutti aspetti essenziali per la prevenzione e la risposta alle pandemie – richiamano l’attenzione sulla necessità di un approccio più inclusivo alle sfide della salute globale, utilizzando il modello One Health, che riconosce il legame tra salute umana, animale e ambientale.

Leggi l’articolo su One Health, Volume 21, December 2025, 101207 (in inglese)

La versione in italiano, a cura degli autori, sarà pubblicata sul prossimo numero di ‘Argomenti’.

A cura della segreteria SIMeVeP




Microplastiche e bisfenolo A in ambiente marino

La presenza di microplastiche e bisfenolo a nell’ambiente marino in un’istantanea

La combinazione della diffusa contaminazione da microplastiche e del rilascio di sostanze chimiche rappresenta una minaccia significativa per gli ecosistemi e la salute umana.

 

Ne parla Maurizio Ferri  in un articolo pubblicato su La Settimana Veterinaria




ECM Montesilvano (PE) L’allevamento degli insetti: opportunità, prospettive, contesto normativo e Novel Food – 24 ottobre

SIMeVePIl 24 ottobre si terrà a Montesilvano (Pe)il corso dal titolo “L’allevamento degli insetti: opportunità, prospettive, contesto normativo e Novel Food”.

Il corso è aperto a 100 partecipanti tra Medici veterinari, Medici Chirurghi (Igiene degli alimenti e della Nutrizione) e Tecnici della Prevenzione.  Al corso saranno assegnati 5 crediti ECM.

L’allevamento degli insetti, al momento non molto conosciuto, potrebbe rappresentare una valida alternativa sostenibile sia nella produzione di mangime per gli animali d’allevamento, che di cibo per l’uomo. Al contempo una nuova fonte di reddito in un mercato ancora inesplorato. Grandi opportunità sono rappresentate, inoltre, dalla produzione di pet food, di energia alternativa (biogas) e fertilizzanti agricoli.

Studi recenti hanno valutano la capacità di alcune larve di trasformare le micotossine o addirittura le microplastiche. Nel 2012 la FAO ha considerato gli insetti come potenziale fonte di cibo per l’uomo e per gli animali e dal 2015, in Europa, gli insetti edibili e i prodotti che li contengono sono considerati Novel Food (Reg UE 2015/2283). Diverse sono le ragioni che rendono questo allevamento più sostenibile rispetto agli allevamenti di animali tradizionali: dal riutilizzo di scarti e sottoprodotti organici soprattutto di origine vegetale che vengono così riciclati e convertiti con una efficienza di conversione molto alta, all’utilizzo di pochissima acqua per il loro allevamento, all’emissione di molti meno gas serra. Una valutazione di Life cycle assessment (Lca), ovvero di impatto ambientale associato a tutti gli stadi di vita di un prodotto, risulta estremamente inferiore a quella delle proteine ottenute da allevamenti di animali.
Ma a fronte di tutti questi aspetti positivi, quali altri elementi vanno esaminati da un punto di vista sanitario e di sicurezza alimentare?

L’evento, quindi, oltre a fare il punto sulla ricerca applicata nella produzione di insetti in Italia, intende fornire informazioni sugli aspetti igienico sanitari e normativi relativi a questa produzione.

Programma scientifico

Scheda di iscrizione




ECM Brescia ONE HEALTH: malattie emergenti dalla Fauna selvatica all’uomo – 24 ottobre

imparareIl 24 ottobre si terrà a Brescia il corso dal titolo “ONE HEALTH: malattie emergenti dalla Fauna selvatica all’uomo”.

Il corso, organizzato da SIMeVeP in collaborazione con SIEF (Società di Ecopatologia della Fauna selvatica), è in fase di accreditamento ed è aperto a 80 partecipanti tra Medici Veterinari e Medici Chirurghi (Igiene epidemiologia e sanità pubblica/Igiene degli alimenti e nutrizione/Medicina del lavoro/Malattie infettive). Al corso saranno assegnati 6 crediti ECM.

La sede del corso è IZS Lombardia ed Emilia Romagna sede di Brescia, Sala Gualandi Via A. Bianchi 9.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie emergenti sono quelle malattie infettive recentemente identificate oppure già note, ma che hanno mostrato un aumento dell’incidenza o un’espansione della loro diffusione geografica e rappresentano una seria minaccia per la salute pubblica, soprattutto quando presentano un potenziale epidemico o pandemico.

La fauna selvatica gioca un ruolo cruciale nella diffusione e nel mantenimento di molte malattie infettive. Ne sono un chiaro esempio i virus influenzali, il virus dell’encefalite da zecche e numerosi virus trasmessi e conservati dai chirotteri.

I virus influenzali ad alta patogenicità, appartenenti alla famiglia degli Orthomyxoviridae, sono stati rilevati negli ultimi anni in diverse specie animali e sono ormai responsabili di epidemie annuali tra gli allevamenti avicoli italiani.

I chirotteri costituiscono un importante serbatoio naturale di virus ad alto potenziale zoonotico e con elevata patogenicità per l’uomo.

Anche il virus dell’encefalite da zecche, da tempo endemico in alcune aree del Nord-Est italiano, è stato recentemente segnalato in Lombardia, con conseguente aumento del rischio di trasmissione all’uomo.

In un’ottica di “One Health”, questa giornata di studio si propone di aggiornare i partecipanti su alcune patologie dall’elevato potenziale zoonotico grazie al contributo di esperti del settore.

Locandina

Programma scientifico

Scheda di iscrizione

 




Il rischio Arbovirosi in Italia

artropodiLe arbovirosi, infezioni virali trasmesse da punture di artropodi vettori come zanzare, zecche e flebotomi, sono in aumento in Italia. Virus come Chikungunya, Dengue, West Nile e Encefalite da zecca (TBE), un tempo confinati in regioni tropicali, si stanno diffondendo sempre più a livello nazionale. Questo fenomeno è guidato da fattori globali come i cambiamenti climatici, l’alterazione degli ecosistemi e l’incremento dei viaggi internazionali.

I dati della sorveglianza

A livello nazionale i dati di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità mostrano un quadro in evoluzione, specie per Chikungunya con 246 casi confermati dall’inizio dell’anno di cui 205 autoctoni (contratti in Italia), un dato che dimostra la capacità del virus di diffondersi sul nostro territorio. In particolare, il Veneto sta registrando i primi casi autoctoni di questa malattia. L’identificazione di questi casi rappresenta un evento epidemiologico rilevante verosimilmente legato al numero elevato di viaggi internazionali nel periodo estivo con il rientro di persone da paesi in cui la malattia è endemica, alle condizioni climatiche favorevoli e alla proliferazione della zanzara tigre Aedes albopictus. Per Dengue si contano 134 casi confermati, di cui 4 autoctoni.  Anche in questo caso, il Veneto sta affrontando un aumento di segnalazioni.  L’infezione West Nile con 647 casi umani confermati di cui 300 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva e 47 decessi dall’inizio dell’anno, rappresenta una minaccia significativa, con un notevole aumento di casi anche in Veneto. Anche l’Encefalite da Zecca (TBE) è in aumento, sebbene l’Italia sia considerata a basso rischio). La malattia è endemica in aree specifiche come Trentino Alto-Adige, Veneto (soprattutto nel Bellunese) e Friuli-Venezia Giulia. I casi confermati sono 30 tutti autoctoni.

Specificità delle Arbovirosi: Sintomi e Precauzioni

I virus Chikungunya e Dengue pur non essendo ancora endemici in Italia, hanno dimostrato la loro capacità di diffondersi. La zanzara tigre funge da vettore per entrambi e può infettarsi pungendo un malato e trasmettere il virus ad altre persone. Questo meccanismo, unito al fatto che entrambe le malattie hanno sintomi iniziali simili, crea una situazione epidemiologica complessa, specialmente in aree dove entrambi i virus co-circolano. In caso di infezione confermata, è obbligatorio l’isolamento per almeno 5 giorni. I sintomi sono simili. Nelle infezioni da Chikungunya compaiono febbre alta improvvisa, forti dolori articolari che possono persistere a lungo, anche per mesi. In genere la malattia ha un decorso benigno e autolimitante. Le complicanze gravi e i decessi si verificano quasi esclusivamente in soggetti anziani, nei bambini molti piccoli e in persone con altre patologie croniche. Il nome che deriva dalla lingua parlata in Tanzania e Mozambico, significa ‘ciò che si piega’ o ‘contorce’ per la postura curva che i pazienti assumono a causa dei dolori articolari. Compaiono anche dolori muscolari ed eruzioni cutanee. La mortalità è bassa e di recente sono stati introdotti vaccini, come il vaccino vivo attenuato Ixchiq approvato nell’Unione Europea nel 2024. La disponibilità del vaccino e la raccomandazione d’uso possono variare a seconda del Paese.

I sintomi per Dengue sono febbre elevata, mal di testa, dolori articolari e muscolari. La forma emorragica è rara e la mortalità è sempre bassa. Il vaccino è consigliato per chi viaggia in aree ad alto rischio. Nelle infezioni da West Nile, la maggior parte delle persone infette è asintomatica o manifesta sintomi lievi. La forma più grave, neuro-invasiva, colpisce i soggetti più fragili e può essere letale. A differenza delle infezioni da Chikungunya e Dengue non è necessario l’isolamento in caso di positività, poiché la zanzara comune (Culex pipiens) che trasmette il virus si infetta solo dagli uccelli, non dall’uomo. Ad oggi, non esiste un vaccino approvato e disponibile per l’uso umano. Ci sono diversi vaccini candidati in fase di sviluppo e sperimentazione clinica, ma nessuno ha ancora completato l’iter di approvazione per l’immissione sul mercato. Esistono vaccini efficaci per i cavalli, che sono molto sensibili all’infezione e possono sviluppare la forma neurologica grave della malattia. La prevenzione si basa esclusivamente su misure per evitare le punture di zanzara.

Come raccomandazione generale, in caso di sintomi come febbre alta senza compromissione respiratoria, specialmente in aree con focolai noti di arbovirosi, è necessario contattare immediatamente il proprio medico per una diagnosi tempestiva. I medici di famiglia e che operano nei pronto soccorsi, ma anche i cittadini *devono imparare a riconoscere *questi sintomi iniziali, spesso simili a quelli influenzali.

Prevenzione delle arbovirosi

Per affrontare il rischio delle arbovirosi, è fondamentale un approccio congiunto che unisca gli interventi istituzionali alle azioni individuali. La prevenzione passa anche da semplici ma efficaci azioni quotidiane, come eliminare l’acqua stagnante nei sottovasi, secchi e altri contenitori in giardini e balconi per eliminare i focolai di zanzare. La difesa attiva consiste nell’utilizzo di repellenti cutanei, abiti lunghi e chiari e installazione zanzariere su porte e finestre. Per contribuire alla lotta alle zanzare negli spazi verdi, le amministrazioni comunali devono effettuare le operazioni ordinarie di disinfestazione nei periodi di attività dei vettori e straordinarie in caso di focolai accertati. Sebbene desti preoccupazione, l’aumento delle arbovirosi in Italia non è paragonabile a una pandemia. Come per il Covid-19, dovremo imparare a convivere con queste infezioni. L’informazione, la diagnosi precoce e la prevenzione sono gli strumenti più efficaci per limitare la loro diffusione e proteggere la salute pubblica.

Maurizio Ferri – Coordinatore Scientifico SIMeVeP

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Pubblicati i lavori del Convegno di San Vito Chietino su Agenda 2030, One Health, IA

Sono on line i lavori presentati dai relatori durante il Convegno “AGENDA 2030, ONE HEALTH, IA: PROSPETTIVE E SVILUPPO DELLA MEDICINA VETERINARIA DEL FUTURO” dal titolo svolto a San Vito Chietino (CH) il 19 settembre u.s..

One Health significa letteralmente “una salute” e riconosce che salute delle persone, degli animali e dall’ambiente che li ospita, ossia dell’intero ecosistema, sono legate indissolubilmente e richiedono un approccio olistico utile alla progettazione ed implementazione di programmi multidisciplinari in grado di coinvolgere diversi settori che devono cooperare per presidiare efficacemente la salute pubblica. La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2024 (UNFCCC COP 29), che si è tenuta nel novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian, ha avuto uno svolgimento complesso e ha registrato grandi differenze di intenti tra i Paesi emergenti, che chiedevano aiuti per adottare tecnologie sostenibili, e i Paesi più sviluppati che frenavano accordi finanziari ritenuti troppo onerosi. Per evitare il fallimento completo, dovuto alla contrapposizione tra sostenibilità ambientale e finanziari si è arrivati ad un mini accordo a supporto dei Paesi con siccità e con alti livelli di inquinamento. Lo stato di salute del nostro pianeta è ormai allarmante e l’azione delle principali potenze economiche e politiche globali, nonostante un positivo slancio, rimane al di sotto di quanto sarebbe necessario per arginare il cambiamento climatico e rispristinare lo stato di salute degli ecosistemi planetari. L’approccio One Health ha un ruolo chiave anche nel quadro dell’Agenda 2030 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La trasformazione sostenibile può beneficiare dalla visione sistemica, multidisciplinare e multistakeholder della One Health.

Anche le applicazioni sperimentali dell’Intelligenza Artificiale hanno dato finora risultati molto promettenti per produrre benefici in termini di salute globale, specificatamente nelle seguenti quattro categorie principali di attività:
1) Diagnostica
2) Valutazione del rischio di morbilità o mortalità
3) Previsione e sorveglianza delle epidemie
4) Pianificazione sanitaria.

Il corso mira ad accrescere la consapevolezza e l’importanza dell’adozione di un approccio inclusivo, indispensabile per rispondere efficacemente alle problematiche e alle minacce (già conosciute ed emergenti) causate dagli effetti della globalizzazione e del cambiamento climatico. Si andrà quindi ad enfatizzare la necessità di presidiare il diritto alla salute, sancito dall’Art. 32 della nostra Costituzione, oltre che dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottando un approccio multidisciplinare che riunisca il concetto di “universalismo” (ossia ogni individuo è parte esistente all’interno di una complessità ambiente/animali/uomo) e di “universalità” che mira a garantire il diritto alla salute a tutti, senza distinzione di condizioni individuali o sociali. In questo modo si potrà tendere alla concretizzazione dell’approccio ONE HEALTH (una sola salute/un solo pianeta) che costituisce l’unica possibilità per l’elaborazione di un’efficace azione a protezione della salute pubblica, della sostenibilità delle produzioni e della tutela ambientale.

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