ECM – Terza Giornata dei Centri e dei Laboratori di Referenza Nazionali degli IZS nell’ottica One Health

Sono aperte le iscrizioni al corso ECM dal titolo “Terza Giornata dei Centri e dei Laboratori di Referenza Nazionali degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali nell’ottica One Health” –“Esistono solo due cose: scienza ed opinione; la prima genera conoscenza, la seconda ignoranza” (Ippocrate) che si terrà a Roma presso la sede del Ministero della Salute a Lungotevere Ripa, il giorno 1 dicembre 2025, con il patrocinio SIVeMP.

Il corso è aperto a 90 partecipanti, è gratuito ed è rivolto a Medici Veterinari delle tre aree funzionali, Medici Chirurghi (Igiene epidemiologia e sanità pubblica/Igiene degli alimenti e nutrizione/Medicina del lavoro/Malattie infettive) e Biologi.

Al corso sono stati attribuiti 6 crediti ECM.

L’aggiornamento è teso ad aggiornare e potenziare le capacità diagnostiche e profilattiche dei colleghi relativamente ad alcune patologie, in particolar modo di quelle di interesse zoonotico. I relatori offriranno ai colleghi spunti di riflessione relativamente a tecniche e studi previsionali per la diffusione di malattie infettive. L’aspetto One Health, uomo/animale/ambiente, infatti, sarà il leitmotiv della giornata formativa.

Programma scientifico

Scheda di iscrizione

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One Health, l’Ingrediente mancante: la SIMeVeP al centro del dibattito a Welfair la Fiera del fare Sanità.

One Health, L’Ingrediente Mancante: La SIMeVeP al Centro del Dibattito a Welfair la Fiera del fare Sanità.

Maurizio Ferri
4-7 Novembre 2025, Fiera di Roma.

Roma ospita come di consueto l’edizione 2025 di Welfair Sanità, la kermesse che riunisce decisori pubblici e privati, professionisti e società scientifiche per l’elaborazione di soluzioni innovative per il Servizio Sanitario Nazionale. Al loro fianco società scientifiche, categorie professionali e aziende porteranno il proprio approfondimento verticale e specialistico al centro del dibattito sanitario, nei congressi e negli incontri in programma nei quattro giorni di evento.

La kermesse vede riuniti, in un unico padiglione, un ricco programma convegnistico con oltre 50 tavole rotonde, la cui discussione darà vita alla nuova edizione del Libro Bianco.

La mission di Welfair, la fiera del fare Sanità è creare, attraverso tavole rotonde, un’occasione di
confronto tra esperti. Questi non si rivolgono a un pubblico, anche se è previsto un massimo di 20 uditori nella sala, ma dialogano tra loro sul tema scelto. Durante queste discussioni, gli esperti individuano dati, analizzano lo stato dell’arte, evidenziano eventuali criticità e definiscono linee guida e idee progettuali concrete per possibili soluzioni di miglioramento.
Le tavole rotonde o tavoli di lavoro tematici sono il fulcro dell’attività di Welfair e contribuiscono
alla costruzione del Libro Bianco, che riunisce i suggerimenti che annualmente Welfair consegna alla politica per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale attraverso la partecipazione ed il confronto con comunità e stakeholder (precedente Libro Bianco: https://www.romawelfair.it/libro-bianco-2024/.)

La SIMeVeP ha portato il proprio contributo specialistico, partecipando attivamente al tavolo di lavoro tematico “One Health: l’ingrediente mancante del processo decisionale” tenutosi il 4 novembre. Il tavolo, coordinato e moderato dal Prof. Enrico Miccadei, Ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia, Dipartimento di Scienze, università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti, ha visto la SIMeVeP contribuire in modo sostanziale alla discussione che è stata strutturata su quattro domande chiave per il futuro della sanità. La discussione ha evidenziato come l’approccio One Health sia ormai l’unica strategia percorribile per la prevenzione e la gestione dei rischi sanitari globali.
Quali sono i parametri e le conoscenze multidisciplinari che devono entrare nei processi decisionali? E a che livello?
C’è necessità di Integrazione: l’efficacia di One Health impone il superamento del riduzionismo biomedico con l’integrazione delle conoscenze sulla salute umana, animale e ambientale e con l’apporto fondamentale delle scienze sociali (economisti, sociologi, psicologi) per comprendere i comportamenti di rischio e garantire l’applicabilità delle decisioni. La professione veterinaria contribuisce con il know-how perché storicamente posizionata nell’interfaccia uomo-animale-ambiente. L’applicazione critica avviene a livello locale/comunitario, dove si attuano le misure e si raccolgono dati in tempo reale, anche attraverso la sorveglianza partecipata della cittadinanza.
È essenziale la volontà politica di finanziare e dare priorità ai piani One Health anche in assenza di crisi, assicurando che l’integrazione multidisciplinare (es. resistenza antimicrobica – AMR) si traduca in un principio di “non spostare il problema” tra settori.
Quali conoscenze delle Scienze della Terra sono di interesse per One Health?
Le Scienze della Terra (Geologia, Pedologia, Climatologia, Idrologia) sono vitali, poiché l’ambiente è un serbatoio cruciale di patogeni e contaminanti. La composizione del suolo influisce direttamente su nutrizione e intossicazioni (es. metalli tossici) degli animali che entrano nella catena alimentare. L’idrologia traccia l’acqua come vettore chiave di parassiti e batteri (es. Leptospira). La scarsità idrica aumenta il rischio di zoonosi in quanto concentra le specie animali nei luoghi dove c’è disponibilità e favorisce lo scambio di patogeni. I parametri atmosferici regolano la distribuzione e la riproduzione di vettori (zecche, zanzare), responsabili di malattie come la Febbre del Nilo. Ci sono tecnologie per gli interventi come l’uso dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) che sfruttano questi dati per la mappatura spaziale, identificando le aree ad alto rischio zoonotico per un intervento preventivo e mirato.
Territori, Città del Futuro, Risorse, Biodiversità: Qual è il concetto di One Health che la veterinaria sta portando avanti?

La veterinaria moderna da una posizione antropocentrica si sta spostando progressivamente sulla salute e sicurezza degli ecosistemi (Ecosystem Health and Security), espandendo la visione tradizionale e posizionando il veterinario come gestore del rischio all’interfaccia uomo-animale-ambiente. Tra gli ambiti di ricerca e azione della veterinaria ci sono:

  • Studio del rischio zoonotico urbano. analisi dell’espansione urbana che avvicina la fauna selvatica (roditori, pipistrelli) all’uomo ed animali domestici, favorendo il salto di specie.
  • Sorveglianza ambientale: si sviluppano sistemi di allerta precoce monitorando gli animali sentinella (es. patogeni negli uccelli) e analizzando le acque reflue per ottenere indicatori rapidi della salute pubblica
  • Pianificazione: si offre consulenza sulla gestione degli spazi verdi e dei rifiuti per ridurre il contatto tra fauna selvatica e insediamenti, sapendo che l’urbanizzazione e la frammentazione degli habitat sono i principali motori dell’emergenza di rischi sanitari.
  • Monitoraggio delle popolazioni selvatiche: questo è il fulcro ecologico di One Health. I veterinari monitorano le popolazioni selvatiche per comprendere il loro ruolo come serbatoi di malattie emergenti (es. Influenza Aviaria, Febbre del Nilo Occidentale). L’urbanizzazione crea habitat artificiali che favoriscono la diffusione di vettori come le zanzare Culex (che amano le acque stagnanti urbane), veicolo per il West Nile Virus. La deforestazione/ frammentazione forestale riduce la biodiversità complessiva, portando a una ridotta bio-diluizione (diminuiscono le specie come i predatori che non sono efficienti serbatoi del patogeno) e concentrazione e proliferazione di specie animali generaliste (es. roditori o alcune specie di uccelli), con alta competenza virale, aumentando così il rischio di infezione, come lMalattia di Lyme. Inoltre la perdita di biodiversità causa stress nella fauna, rendendola più suscettibile alle infezioni e aumentando la probabilità di trasmissione all’uomo e al bestiame. Il virus Nipah ne è un esempio, correlato alla distruzione delle foreste che ha spinto i pipistrelli a interagire con gli allevamenti suinicoli.

In sintesi, la veterinaria si concentra sulla prevenzione del rischio attraverso un’analisi approfondita delle interazioni ecologiche e ambientali e in tema di risorse e sicurezza alimentare, studia la sostenibilità dei sistemi produttivi e dell’impatto di contaminanti (es. micotossine) nella catena alimentare, con un focus sull’uso prudente degli antibiotici in zootecnia per contenere l’AMR.
Qual’è il messaggio che lanciate a cittadini, professionisti e società sul tema One Health?
I relatori, in rappresentanza di decisori e professionisti, hanno lanciato un messaggio unanime: La prevenzione è l’unica cura globale, e agire insieme è l’unica strategia efficace.
Ai Cittadini: la vostra salute inizia all’esterno. Non c’è separazione netta tra la salute individuale e l’ambiente. Siete agenti attivi di sorveglianza: segnalate prontamente anomalie, morie insolite di animali o alterazioni ambientali alle autorità.
Ai Colleghi Professionisti: dobbiamo agire con un fronte unico attraverso l’integrazione operativa e la condivisione in tempo reale dei dati. Dobbiamo intensificare la sorveglianza alla fonte animale e negli ecosistemi a rischio.
Alle Istituzioni e ai Decisori: è imperativo investire nella prevenzione intersettoriale, in infrastrutture One Health, formazione e comunicazione. Le politiche devono includere standard elevati di biosicurezza in zootecnia e la tutela degli ecosistemi.

Il documento finale di proposta di miglioramento organizzativo, redatto dal coordinatore in collaborazione con i relatori, inclusi i rappresentanti della SIMeVeP sarà presentato per l’inserimento nel Libro Bianco di Welfair 2025. Le proposte concrete emerse dal tavolo, basate sull’integrazione transdisciplinare di dati provenienti da salute umana, animale e ambientale (incluse le Scienze della Terra), mirano a rafforzare la capacità del Paese di prevenire le emergenze sanitarie attraverso un approccio che guarda alla salute degli ecosistemi come fondamento della salute pubblica.

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Tick-borne encephalitis (TBE) e approccio One Health: medici umani e veterinari a confronto

Si comunica che il corso dal titolo “Tick-borne encephalitis (TBE) e approccio One Health: medici umani e veterinari a confronto”, organizzato dalla Asl di Pescara in collaborazione con la SIMeVeP, si svolgerà presso la ASL di Pescara il giorno 4 dicembre 2025.

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XXIX Convegno Nazionale S.I.P.I. a Sassari

Il 23 e il 24 Ottobre si è tenuto a Sassari presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna “G. Pregreffi”  il XXIX convegno nazionale della Società Italiana di Patologia Ittica (S.I.P.I.). Nell’ ambito di questo evento è stato realizzato il Workshop ECM dal titolo: “One Health, una sfida nel settore ittico”, nel quale si è evidenziata la necessità di un approccio multidisciplinare One Health che coinvolga veterinari, biologi, produttori, istituzioni, esperti di settore e tutti gli altri attori presenti in questo complesso ambito. Negli ecosistemi acquatici l’ambiente, l’uomo e gli animali sono uniti in maniera indissolubile.

Il convegno si è poi sviluppato prevedendo quattro sessioni di lavoro scientifici su virologia, batteriologia, parassitologia e miscellanea. Le sessioni hanno dato uno sguardo completo sullo stato dell’arte delle diverse discipline, presentando progetti innovativi di ricerca. Sono nati dibattiti e discussioni tra congressisti.

Inoltre sono stati assegnati i consueti  premi: Grimaldi, Ghittino, Novelli, migliore presentazione orale, miglior poster e premi tesi. Tutti i partecipanti hanno dimostrato abilità degne di interesse.

Si dà appuntamento al prossimo anno, in cui si svolgerà il trentesimo convegno nazionale  della Società Italiana di Patologia Ittica. La società ha lo scopo di promuovere, incoraggiare, sviluppare studi e ricerche nel campo della patologia degli animali acquatici e di quanto a questo direttamente o indirettamente collegato, diffondere l’applicazione pratica, favorire e coordinare i rapporti con le istituzioni scientifiche e con i singoli cultori della materia, sia in campo nazionale che internazionale.

Dott. Ivan Corti, GdL Acquacoltura e prodotti della pesca, SIMeVeP




Il pesce coltivato tra sfide e opportunità per l’industria ittica

La continua crescita demografica con le previsioni di 9 miliardi di persone nel 2050 sta aumentando ed aumenterà la domanda nutrizionale di proteine con il rischio di mettere a dura prova le risorse mondiali.  Gli attuali sistemi alimentari sono in difficoltà in termini di sostenibilità soprattutto per quanto riguarda le fonti proteiche.  Non fa eccezione l’acquacoltura che sta diventando un settore sempre più cruciale per far fronte alla crescente domanda globale di prodotti ittici ponendo una serie di sfide legate alla pressione sulle risorse marine selvatiche e alla promozione di pratiche sostenibili. Va anche detto però che l’acquacoltura tradizionale sta adottando sempre più pratiche e tecnologie innovative per migliorare la sostenibilità e l’efficienza.

Tra queste ci sono lo sviluppo di mangimi alternativi come, ad esempio, a base di alghe o insetti, per diminuire la dipendenza dalle farine di pesce e ridurre la pressione sulle risorse marine. Si studiano anche i sistemi a ricircolo dell’acqua (RAS): questi sistemi permettono di allevare pesci in ambienti chiusi e controllati consentendo di ridurre il consumo di acqua e l’impatto ambientale grazie al riciclo e alla purificazione. Con l’acquacoltura offshore si esplorano nuove soluzioni per l’allevamento in mare aperto, che offrono spazi più ampi e condizioni ambientali più stabili, minimizzando l’impatto sulle zone costiere. Nel campo della Ricerca e Sviluppo, ci sono numerosi progetti, come quello finanziato dall’UE NewTechAqua, che punta alla diversificazione dell’acquacoltura europea con soluzioni tecnologicamente avanzate e resilienti, combinando ricerca scientifica e collaborazione con l’industria.  Riguardo poi alla tracciabilità della filiera e alla trasparenza delle pratiche di allevamento il settore propone nuove soluzioni per aumentare la fiducia dei consumatori così come l’integrazione del benessere dei pesci d’allevamento nella legislazione e loro equiparazione in parte ad altri animali da allevamento.

Nonostante i benefici che discendono da questo quadro virtuoso, c’è necessità di investire nello sviluppo di nuove fonti proteiche, come gli alimenti coltivati ​​in laboratorio per aumentare la sostenibilità del settore della carne e ittico.  La maggior parte di questi sforzi sostenuti da oltre un decennio da start-up, gruppi di ricerca ed organizzazioni, si sono concentrati sulla carne coltivata, prodotti di fermentazione e proteine vegetali trascurando l’emergente industria ittica coltivata.  Probabilmente, i prodotti ittici hanno un impatto maggiore sulla disponibilità e sulla sostenibilità delle proteine ​​e dovrebbero essere una priorità.  Per il settore nascente del pesce coltivato (cultivated fish or cell-based seafood) ci sono diverse barriere tecniche tra cui la mancanza di linee cellulari consolidate e di un terreno di coltura cellulare specializzato, accessibile e sostenibile. Inoltre, l’applicazione di questa tecnologia al pari della carne coltivata è difficile a causa della percezione del pubblico, di considerazioni etiche, di ostacoli legati al gusto e alla sicurezza alimentare.

Tra le aziende più innovative che hanno investito nel pesce coltivato in laboratorio senza la necessità di allevare l’intero animale ci sono la statunitense Wildtype e la tedesca Bluu Seafood. Uno degli sviluppi più significativi è l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti per la vendita e somministrazione del primo salmone coltivato al mondo. L’azienda Wildtype, che ha sede a San Francisco supportata da investitori di alto profilo come Robert Downey Jr., Leonardo Di Caprio e Jeff Bezos, ha ottenuto il via libera dopo un processo di revisione durato tre anni. Il salmone coltivato è già in menu in alcuni ristoranti di Portland, Oregon, e si prevede un’espansione nel settore della ristorazione e del retail. Questo salmone è stato creato a partire da una singola linea di cellule staminali e coltivato in bioreattori, senza la necessità di prelievi continui da salmoni vivi unendosi quindi ai prodotti a base di carne coltivata di UPSIDE Foods e della divisione GOOD Meat di Eat Just come terzo prodotto proteico coltivato ad entrare nel mercato statunitense. Anche l’Europa si sta muovendo in questa direzione. Bluu Seafood ha inaugurato il primo impianto pilota europeo per la produzione di pesce a base di cellule su larga scala ad Amburgo, in Germania. L’obiettivo è produrre cellule di muscolo, grasso e tessuto connettivo di salmone atlantico e trota iridea in quantità sempre maggiori, con l’ambizione di commercializzare prodotti come bastoncini, polpette o caviale di pesce privi di OGM, metalli pesanti e microplastiche.Il think tank Good Food Institute Europe stima che il mercato globale potrebbe raggiungere un valore di 510 miliardi di euro entro il 2050

La start up belga Fishway sta aprendo la strada per la commercializzazione di orate, spigole (non richiedenti basse temperature come il salmone) e caviale cellulare, scommettendo di arrivare sul mercato nel 2030.

Le linee cellulari per la produzione di pesce coltivato, a differenza di quelle per i mammiferi, sono state oggetto di studi molto limitati; pertanto, necessitano di approfondimenti accurati; ad oggi si possono considerare i seguenti fattori a favore del prodotto ittico coltivato dal punto di vista economico e di impatto ambientale:

  • temperatura di coltivazione: mentre le cellule dei mammiferi necessitano di una temperatura di 37 °C invece quelle dei pesci possono crescere a temperatura ambiente consentendo quindi un risparmio energetico non indifferente;
  • presenza di ossigeno: a differenza delle linee cellulari per mammiferi, quelle dei pesci sopportono l’ipossia;
  • pH: le linee cellulari dei pesci tollerano un ampio range di pH consentendo una crescita cellulare più fattibile.

L’impiego, inoltre, di chitosano ricavato dai crostacei, come elemento principale degli “scaffold”, promette davvero degli ottimi risultati.

Il muscolo del pesce, in natura, si distingue essenzialmente in tre tipologie (a seconda della specie e del tipo di alimentazione): rosso, bianco e rosa. Il rosso è altamente vascolarizzato ed è composto da fibre a contrazione lenta con un’alta densità di mitocondri (Johnston, 2001), si basa su percorsi metabolici aerobici. I muscoli bianchi sono a contrazione rapida, con una alta densità di miofibrille e sono capaci di impiegare principalmente percorsi metabolici anaerobici.Il muscolo rosa condivide le caratteristiche di entrambi. Queste varietà offrono una gamma di opzioni nella progettazione di sistemi di conlivazione chiusi per la produzione di frutti di mare a base cellulare. (N. Rubio et al., Cell-Based Fish: A Novel Approach to Seafood Production and an Opportunity for Cellular Agriculture”2019)

L’obiettivo è ottenere prodotti con lo stesso valore nutrizionale e le stesse caratteristiche organolettiche del pesce tradizionale, ma assicurando l’assenza di contaminanti chimici e fisici come i metalli pesanti, microplastiche e allergeni e microbiologici. Le previsioni indicano una potenziale commercializzazione in alcuni mercati (come Singapore) già nei prossimi 2-3 anni, con l’Europa che potrebbe seguire, sebbene con standard di sicurezza più stringenti (EFSA) e con il divieto italiano attuale sulla carne coltivata che pone interrogativi anche per il pesce.

Il processo di produzione del pesce coltivato

Per la produzione di pesce coltivato vengono utilizzate principalmente le cellule staminali non specializzate, “cellule immortali naturali” che, a differenza di quelle dei mammiferi possono dividersi all’infinito senza perdere qualità e che hanno la capacità di auto-rinnovarsi e di differenziarsi in diversi tipi cellulari. Queste cellule vengono prelevate da un pesce vivo (tramite una biopsia indolore) e poi fatte proliferare e differenziare in laboratorio per formare tessuti muscolari, connettivi e nervosi, simili a quelli del pesce tradizionale. In alternativa si possono utilizzare linee cellulari continue che possono replicarsi indefinitamente in laboratorio. Molte di queste sono di tipo fibroblastico o epiteliale e sono state originate da tessuti di salmonidi e ciprinidi. Ad esempio, la linea cellulare RTG-2 è derivata dalle gonadi della trota arcobaleno. Sono linee cellulari preziose perché possono essere utilizzate per studi e produzioni su larga scala.

Il processo generale prevede il prelievo di queste cellule, la loro coltura in un bioreattore (contenitori simili ai fermentatori usati per la produzione di birra, vino, formaggio e yogurt) in un mezzo nutritivo o terreno costituito da un mezzo basale (es. di glucosio, amminoacidi, sali inorganici e vitamine, senza l’aggiunta di antibiotici e antimicotici e fattori specifici che forniscono tutte le sostanze necessarie per la crescita e la moltiplicazione. Successivamente, le cellule vengono indirizzate a differenziarsi nei tipi di tessuto desiderati (es. muscolo) e, in alcuni casi, possono essere utilizzate con uno scaffold o impalcatura (una struttura di supporto biocompatibile) per dare forma al prodotto finale, o anche con la stampa 3D per creare strutture complesse simili a filetti. Tendenzialmente le cellule tendono ad attaccarsi ai lati delle vasche del bioreattore e per evitare ciò vengono impiegati micro-materiali in grado di trattenere le cellule insieme in sospensione. Il risultato finale è un blocco di pesce di circa 200 g, uniforme, destinato anche alla consumazione cruda come sashimi o ceviche.

Benefici, opportunità e sfide del pesce coltivato

Il pesce coltivato in laboratorio promette un impatto ambientale notevolmente inferiore ma deve affrontare diverse sfide tra cui la riduzione dei costi di produzione per renderlo competitivo con il prodotto ittico convenzionale. Grazie alla continua innovazione tecnologica, il settore è un terreno fertile per lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie (bioreattori, sensori, sistemi di intelligenza artificiale per il monitoraggio degli allevamenti) e per la diversificazione dei prodotti con caratteristiche specifiche (es. alto contenuto di omega-3).  La produzione di pesce coltivato potrebbe portare alla creazione di nuovi “prodotti ittici” o surrogati, offrire opportunità di crescita economica, soprattutto nelle aree costiere, e sviluppo occupazionale generando nuovi posti di lavoro qualificati (ricercatori, tecnici di allevamento, esperti in sicurezza alimentare, ecc.).

Riguardo alla sicurezza alimentare, come per ogni processo di produzione alimentare, la sicurezza del pesce coltivato deve essere valutata in relazione a pericoli microbiologici, chimici, di stabilità e di qualità e identità delle linee cellulari, nonché ai rischi associati. Essendo un settore non ancora sviluppato su scala industriale, è caratterizzato da un elevato livello di incertezza, che può essere ridotto attraverso i dati disponibili e studi di valutazione del rischio. Ad ogni modo la tecnologia di automazione del processo di produzione all’interno di bioreattori si basa su sofisticati sistemi di monitoraggio che consentono di rilevare rapidamente tramite sensori fisico-chimici eventuali condizioni sfavorevoli nelle vasche di coltivazione, inclusi batteri patogeni, ma anche residui di ormoni e antibiotici. L’acquacoltura tradizionale se non gestita correttamente, può avere impatti negativi sull’ambiente (inquinamento da scarichi, diffusione di malattie, uso di antibiotici). Il pesce coltivato, se controllato adeguatamente, può offrire un prodotto sicuro e privo di contaminanti (come micro-nanoplastiche e metalli pesanti) che a volte affliggono il pesce selvatico. Riguardo alla regolamentazione necessaria per garantire sicurezza e standard qualitativi, la legislazione in materia di pesce coltivato (soprattutto quello da cellule) è ancora in fase di sviluppo in molti paesi, il che può rallentare la commercializzazione. In Italia, per esempio, è stato introdotto un divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata, e un dibattito simile potrebbe sorgere per il pesce.

In sintesi, il settore del pesce coltivato è in piena evoluzione, con la ricerca che spinge verso soluzioni sempre più innovative e sostenibili e infrastrutture adeguate.  Le opportunità sono molteplici, ma per coglierle appieno sarà fondamentale affrontare le sfide legate all’accettazione dei consumatori, ai costi e alla regolamentazione, garantendo sempre un approccio responsabile e orientato alla sostenibilità. Eventi come AquaFarm 2025 a Pordenone continuano a essere un punto di riferimento per l’innovazione e la sostenibilità nell’acquacoltura, riunendo operatori del settore per discutere le nuove opportunità tra cui il pesce coltivato con le rispettive e le sfide. L’UE sta promuovendo una “Strategia per un’acquacoltura dell’UE più sostenibile e competitiva”, riconoscendo il potenziale di questo settore per la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico. Sebbene sia un importatore netto di prodotti ittici, c’è spazio per aumentare la produzione interna e la competitività anche sviluppando il settore del pesce coltivato. Va sottolineato come l’intento dei produttori di prodotto ittico coltivato non sia quello di sostituire le ormai consolidate pratiche di allevamento e tanto meno “far guerra” alla pesca tradizionale ma piuttosto di viaggiare in parallelo, divenendo così una fonte complementare volta a soddisfare un fabbisogno sempre più crescente.

Maurizio Ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP

Maria Grazia Cofelice, ASL Pescara

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La Sanità Pubblica Veterinaria alla Leopolda Salute

Si terrà il 21 ottobre alla Leopolda Salute a Firenze l’incontro “Ecosistema, Benessere animale, Salute del Pianeta: la Sanità Pubblica Veterinaria nel XXI Secolo”

Nella seconda metà del XX secolo, la Sanità Pubblica Veterinaria ha dato un considerevole impulso, concettuale e operativo, alla nascita e sviluppo del Servizio Sanitario Nazionale: un ragguardevole risultato, fra i tanti, è che la salute e benessere animali e la sicurezza degli alimenti sono parte integrante delle competenze sanitarie, in un’ottica che anticipa quella dell’approccio One Health – Salute Unica ora tanto di attualità. Eppure, nei primi decenni del secolo attuale, vi sono indizi di una possibile stanchezza e questo proprio quando un vigoroso ed aggiornato contributo veterinario sarebbe per affrontare problemi globali complessi, quali la globalizzazione -anzi, planetarizzazione- delle questioni di salute, le ricorrenti epidemie di origine zoonotica, l’antimicrobico-resistenza, la tutela della sicurezza degli alimenti e insieme della sostenibilità delle produzioni, l’impatto dei fattori ecosistemici (clima, biodiversità, inquinamento…) sulle popolazioni animali domestiche e non, e quindi -anche e inevitabilmente- sulla salute umana.

Intendiamo, però, avere un approccio positivo: Quali le sfide principali? In che direzioni e come aggiornare e potenziare la formazione, la collaborazione transdisciplinare, la cooperazione internazionale?

Per un ragionamento articolato a più voci, chiamiamo le voci degli enti del servizio sanitario nazionale, del mondo universitario e di enti internazionali (EFSA, FAO, OMS-WHO) fortemente coinvolti e attivi nello sviluppo dell’approccio One Health.

Moderano Aldo Grasselli, Segretario Nazionale SIVeMP e Presidente Onorario della SIMeVeP e Alberto Mantovani, Presidente Centro Studi KOS – Scienza Arte Società

Il programma




Convegno per la Giornata della Sicurezza Alimentare

Il 17 ottobre 2025 si terrà a Milano un Convegno per la Giornata della Sicurezza Alimentare dal titolo “OLTRE IL GUSTO: L’IMPEGNO DI REGIONE LOMBARDIA PER UN SISTEMA ALIMENTARE SICURO” organizzato dalla Regione Lombardia presso l’Auditorium Testori Palazzo Lombardia.

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Percezione del ruolo del medico veterinario nella società contemporanea

E’ in uscita sul numero di dicembre della prestigiosa rivista One Health (Elsevier) l’articolo One health, one earth, one life: The overlooked role of veterinarians in the fight against COVID-19 and other public health emergencies in Italy”, firmato dal Prof. Sante Roperto, Professore Ordinario di Malattie Infettive degli Animali Domestici presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, e dal Prof. Giovanni Di Guardo Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo.

Nel paper gli autori analizzano come la pandemia da COVID-19 abbia evidenziato la marginalizzazione del ruolo dei medici veterinari nella gestione delle emergenze sanitarie, nonostante la loro importanza strategica nel paradigma One Health, che integra salute umana, animale e ambientale.

L’obiettivo è quello di portare alla luce tali questioni e aumentare la consapevolezza pubblica sul ruolo fondamentale dei medici veterinari nell’analisi del rischio sanitario, nella comunicazione e nella definizione delle politiche, contribuendo così a rendere la società più resiliente di fronte a future minacce pandemiche.

In Italia infatti, i medici veterinari sono stati in gran parte assenti dalla narrazione mediatica della pandemia di COVID-19, che si è concentrata principalmente su una prospettiva ospedalocentrica, nonostante le loro attività fondamentali nella protezione della salute pubblica. Ciò accade anche nella copertura mediatica di altre emergenze di sanità pubblica, come ad esempio quelle causate dal virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5N1) e dal virus della West Nile.

Gli autori – riportando il contributo dei medici veterinari alla sicurezza alimentare, al monitoraggio delle zoonosi, agli studi epidemiologici e alla gestione degli ecosistemi, tutti aspetti essenziali per la prevenzione e la risposta alle pandemie – richiamano l’attenzione sulla necessità di un approccio più inclusivo alle sfide della salute globale, utilizzando il modello One Health, che riconosce il legame tra salute umana, animale e ambientale.

Leggi l’articolo su One Health, Volume 21, December 2025, 101207 (in inglese)

La versione in italiano, a cura degli autori, sarà pubblicata sul prossimo numero di ‘Argomenti’.

A cura della segreteria SIMeVeP




Microplastiche e bisfenolo A in ambiente marino

La presenza di microplastiche e bisfenolo a nell’ambiente marino in un’istantanea

La combinazione della diffusa contaminazione da microplastiche e del rilascio di sostanze chimiche rappresenta una minaccia significativa per gli ecosistemi e la salute umana.

 

Ne parla Maurizio Ferri  in un articolo pubblicato su La Settimana Veterinaria




ECM Montesilvano (PE) L’allevamento degli insetti: opportunità, prospettive, contesto normativo e Novel Food – 24 ottobre

SIMeVePIl 24 ottobre si terrà a Montesilvano (Pe)il corso dal titolo “L’allevamento degli insetti: opportunità, prospettive, contesto normativo e Novel Food”.

Il corso è aperto a 100 partecipanti tra Medici veterinari, Medici Chirurghi (Igiene degli alimenti e della Nutrizione) e Tecnici della Prevenzione.  Al corso saranno assegnati 5 crediti ECM.

L’allevamento degli insetti, al momento non molto conosciuto, potrebbe rappresentare una valida alternativa sostenibile sia nella produzione di mangime per gli animali d’allevamento, che di cibo per l’uomo. Al contempo una nuova fonte di reddito in un mercato ancora inesplorato. Grandi opportunità sono rappresentate, inoltre, dalla produzione di pet food, di energia alternativa (biogas) e fertilizzanti agricoli.

Studi recenti hanno valutano la capacità di alcune larve di trasformare le micotossine o addirittura le microplastiche. Nel 2012 la FAO ha considerato gli insetti come potenziale fonte di cibo per l’uomo e per gli animali e dal 2015, in Europa, gli insetti edibili e i prodotti che li contengono sono considerati Novel Food (Reg UE 2015/2283). Diverse sono le ragioni che rendono questo allevamento più sostenibile rispetto agli allevamenti di animali tradizionali: dal riutilizzo di scarti e sottoprodotti organici soprattutto di origine vegetale che vengono così riciclati e convertiti con una efficienza di conversione molto alta, all’utilizzo di pochissima acqua per il loro allevamento, all’emissione di molti meno gas serra. Una valutazione di Life cycle assessment (Lca), ovvero di impatto ambientale associato a tutti gli stadi di vita di un prodotto, risulta estremamente inferiore a quella delle proteine ottenute da allevamenti di animali.
Ma a fronte di tutti questi aspetti positivi, quali altri elementi vanno esaminati da un punto di vista sanitario e di sicurezza alimentare?

L’evento, quindi, oltre a fare il punto sulla ricerca applicata nella produzione di insetti in Italia, intende fornire informazioni sugli aspetti igienico sanitari e normativi relativi a questa produzione.

Programma scientifico

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