Il cibo se non è sicuro, non è cibo

Il 7 Giugno, si celebra la Giornata mondiale della sicurezza alimentare (World Food Safety Day), un tema strategico anche per Banco Alimentare e su cui abbiamo costruito partnership indispensabili per il nostro lavoro quotidiano. Ne abbiamo parlato insieme al dott. Antonio Sorice, presidente della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva e membro del Comitato Tecnico Scientifico di Fondazione Banco Alimentare ETS, che ringraziamo per la disponibilità e per il prezioso lavoro portato avanti in Italia, insieme a tanti colleghi.

  1. Qual è il ruolo della medicina veterinaria preventiva nel garantire un’alimentazione sicura, nel sistema alimentare (dal “forcone alla forchetta”), con uno sguardo anche alle fasce più fragili della popolazione?

La sicurezza alimentare è un diritto universale, ma le fasce più vulnerabili della popolazione, bambini, anziani, persone con malattie croniche, individui con basso reddito,  sono spesso le più esposte ai rischi legati a cibi insicuri o di scarsa qualità.

Il veterinario pubblico è presente in tutte le fasi della filiera produttiva degli alimenti di origine animale, garantendo che i prodotti rispettino elevati standard di sicurezza attraverso il controllo delle condizioni igieniche, delle procedure di lavorazione, conservazione e trasformazione di carne, latte, uova, prodotti della pesca e miele, e la verifica delle “informazioni sulla catena alimentare”, che tracciano la storia sanitaria degli alimenti.

Garantendo la qualità e la sicurezza degli alimenti, la medicina veterinaria pubblica contribuisce a rendere disponibile cibo sano e nutriente anche per coloro che hanno un accesso limitato a risorse alimentari diversificate o che dipendono maggiormente da canali di distribuzione a basso costo.

  1. In Italia, esistono disuguaglianze nell’accesso al cibo sano e sicuro. Chi ha poca disponibilità economica spesso scende a compromessi sulla qualità del cibo e sulla sua sicurezza (contaminazioni, frodi, alimenti di bassa qualità, circuiti di approvvigionamento non ufficiali, ecc) come può il sistema di controllo veterinario contribuire a ridurre queste disuguaglianze?

Le frodi spesso colpiscono i prodotti a basso costo, ingannando i consumatori sulla qualità o sulla provenienza; i veterinari pubblici, attraverso controlli mirati e analisi di laboratorio, identificano e combattono queste pratiche, tutelando anche chi non può permettersi di “scegliere”, a parità di prezzo.

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Fonte: bancoalimentare.it




Encefalite da zecche: una minaccia che si diffonde con il clima

L’encefalite da zecche fa parte delle malattie trasmesse da vettori, dette arbovirosi, che rappresentano oltre il 17% di tutte le malattie infettive sono responsabili della morte di oltre mezzo milione di persone ogni anno.

La TBE (Tick-borne encephalitis) è una malattia virale trasmessa all’uomo principalmente dal morso di zecche infette del genere Ixodes. In alcuni casi, la trasmissione può avvenire anche attraverso il consumo di latte crudo non pastorizzato di animali infetti. Sebbene queste ultime rimangano le principali responsabili della trasmissione della TBE, recenti ricerche hanno svelato una trasmissione alternativa del virus attraverso gli alimenti, in particolare attraverso il latte materno, o quando si consumano latte e latticini crudi, in particolare quelli provenienti da pecore e capre viremiche.

Uno dei meccanismi più insidiosi è il cosiddetto co-feeding: la trasmissione del virus tra zecche che si alimentano simultaneamente sullo stesso ospite, anche in assenza di viremia sistemica.

Sintomi, decorso e trattamento

L’agente patogeno è il virus TBEV, appartenente al genere Flavivirus, la stessa famiglia del virus della dengue e della febbre gialla. Dopo un periodo di incubazione di 7–14 giorni nel 70% dei casi si presentano solo sintomi lievi, che possono includere febbre, malessere e passare inosservati e durare 2-4 giorni. Ma solo nel 10-20% di questi casi, dopo un intervallo asintomatico di 8-20 giorni, si verifica una seconda fase con disturbi del sistema nervoso centrale (encefalite, paralisi flaccida con esito fatale nell’1% dei casi). Nei bambini e nei soggetti più giovani, la TBE mostra generalmente un decorso più lieve, con un progressivo aumento della gravità con l’avanzare dell’età. Non esiste un trattamento specifico: la terapia è solo di supporto. Ne abbiamo parlato in questo articolo con Maurizio Ferrimedico veterinario esperto di malattie zoonotiche, membro di Stakeholders Discussion Group on Emerging Risk dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e coordinatore Scientifico di SIMeVEP.

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Fonte: beesanitamagazine.it




Quale è il rischio che i suini veicolino il virus dell’influenza aviaria?

Gli allevamenti suini europei potrebbero diventare un laboratorio per il virus dell’influenza aviaria, che ha già colpito bovini, ovini e pollame. Questo è l’avvertimento lanciato da Bernhard Url, direttore esecutivo uscente dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), al Financial Times.

L’epidemia ha avuto inizio negli Stati Uniti lo scorso marzo, quando ha intaccato capi bovini in 17 Stati e pollame in tutto il Paese. Le autorità hanno certificato infezioni anche negli esseri umani e persino un decesso. Sempre nel 2024, in Oregon sono stati segnalati due casi nei suini. Per capirne qualcosa di più abbiamo raggiunto il Dott. Maurizio Ferri, veterinario dirigente della ASL di Pescara, ed esperto del Comitato Consultivo per le Emergenze di Sanità Pubblica.

Perchè il Direttore esecutivo dell’EFSA avverte sulla possibilità che i suini possano diventare un laboratorio per il virus dell’influenza aviaria?

«Il Direttore esecutivo dell’EFSA parlando di influenza e suini ha fatto riferimento ai mixing vessels o vasi di miscelazione con riferimento ad animali ospiti che possono essere infettati da due o più tipi di virus influenzali contemporaneamente e fungere da “terreno di coltura fertile” per nuove miscele e ceppi di un virus. Il meccanismo prevede la trasmissione potenziale di materiale genetico da un ceppo all’altro e l’emergere di un nuovo ceppo di influenza. Come tutti i virus influenzali, quelli aviari per il caratteristico genoma segmentato possiedono un elevato tasso di mutazione. Le quattro principali pandemie influenzali umane come la spagnola nel 1918, l’asiatica nel 1957, Hong Kong nel 1968 e influenza suina nel 2009-2010 sono derivate da virus dell’influenza aviaria che hanno formato nuovi tipi nell’uomo, nei suini, o in un altro ospite di miscelazione attualmente indeterminato».

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Fonte: beesanitamagazine.it




Maurizio Ferri al meeting dell’EFSA sui rischi emergenti

Il  4 e 5 giugno 2025 l’EFSA ha ospitato la 33a riunione del Gruppo di discussione degli stakeholders suI rischi emergenti (StaDG-ER). Maurizio Ferri della SIMeVeP ha partecipato in rappresentanza della Federazione dei veterinari europei (FVE) ed ha relazionato sui rischi di sanità pubblica dell’Encefalite da zecca.

L’incontro ha toccato varie categorie di questioni emergenti e rischi emergenti. I temi chiave sono stati:

–          Elettronica commestibile

–          Punti di carbonio

–          Il potenziale di diffusione globale di Shewanella spp nei prodotti ittici

–          Correlazione tra miscele di additivi alimentari e diabete di tipo 2

–          Rischio per la salute pubblica dell’encefalite da zecche

–          Incidenza e diffusione in Europa della Blue Tongue

–          Carenza di vaccini per animali

Un’attenzione particolare è stata rivolta agli strumenti e alle tecniche in EFSA di Horizon Scanning e alle attività della rete sullo scambio dei rischi emergenti (EREN) per identificare e valutare in modo proattivo i segnali, anticipare le minacce e supportare i gestori del rischio nell’anticipazione dei rischi e nell’adozione di misure di prevenzione efficaci e tempestive per proteggere i consumatori, gli animali, le piante e l’ambiente.

Un aspetto degno di nota è stato l’accento posto sulla collaborazione interdisciplinare come cruciale per un’efficace valutazione e gestione dei rischi. L’incontro si è concluso con un forte invito rivolto alle organizzazioni per superare i limiti della gestione reattiva al rischio e adottare un approccio agile e lungimirante per affrontare i rischi emergenti. E’ stata evidenziata inoltre la necessità di una formazione continua, della condivisione delle migliori pratiche e dello sviluppo di solidi sistemi interni per monitorare e rispondere alle minacce sanitarie impreviste ed imprevedibili.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




Accordo Pandemico Globale 2025

La pandemia COVID 19 ha messo in evidenza alcune inefficienze dello schema sanitario internazionale. Sotto gli auspici del WHO a Ginevra sono stati negoziati due strumenti internazionali: le modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale (IHR) e l’Accordo pandemico globale.

IHR. Il Regolamento Sanitario Internazionale è una normativa vincolante del WHO per la risposta alle emergenze sanitarie. In occasione del 76ma Assemblea Mondiale della Sanità (WHA), il massimo organo decisionale del WHO nel 2024 sono state apportate modifiche al testo IHR per superare alcuni limiti relativi alla preparazione degli Stati, compliance alle norme stabilite e funzionamento del Comitato di Emergenza per la dichiarazione di un’emergenza sanitaria, nonché mancanza DI riferimenti alle più recenti strategie basate sull’approccio One Health.

Accordo pandemico globale. Nel corso della 78ma sessione plenaria del 20 Maggio 2025 del WHA, i governi di 124 Paesi hanno adottato l’Accordo pandemico globale. L’accordo è il risultato di un negoziato intergovernativo avviato nel 2021 con l’obiettivo di promuovere un’azione multilaterale, di cooperazione e trasparenza tra i paesi membri, in particolare per sostenere quelli a basso e medio reddito, ed evitare il ripetersi del fallimento della governance globale sanitaria durante la pandemia da COVID 19 con errori, ineguaglianze e inefficienze nella distribuzione di vaccini ed altri presidi curativi. Sandra Gallina, Direttore della DG SANTE ha svolto il ruolo di negoziatore per conto dell’Unione Europea, con il supporto di un team di negoziazione e coordinamento con altri servizi nell’Unione Europea.  Sono stati coinvolti anche esperti tecnici degli Stati membri e rappresentanti a Ginevra e un comitato speciale con un ruolo di consulenza.

L’Accordo pandemico globale, composto da 35 articoli, stabilisce un quadro giuridico vincolante per prevenire, prepararsi e rispondere a future pandemie con maggiore equità, cooperazione e trasparenza.  I punti chiave sono:

  • Promozione dell’approccio One Health. One Health, come integrazione tra salute umana, animale e ambientale nelle politiche e strategie nazionali e formazione interdisciplinare degli operatori, compare negli articoli 1 (definizioni), 4 (prevenzione della pandemia e sorveglianza e 5 (approccio One Health per la preparazione alle pandemie).
  • Rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali
  • Sviluppo di capacità di ricerca e di trasferimento tecnologico (es. nei paesi i via di sviluppo)
  • Promozione della produzione locale di vaccini e strumenti medici
  • Creazione di un sistema multilaterale di accesso e condivisione dei patogeni e sequenze genetiche e di benefici derivati (es. vaccini, fondi, know-how) definito strumento PABS (Pathogen Access and Benefit-Sharing System) coerente e non contrastante con gli obiettivi della Convenzione sulla Diversità Biologica e del protocollo di Nagoya. La scadenza dei negoziati è fissata a Maggio 2026 in occasione della 79ma WHA.
  • Istituzione di una rete globale di logistica e approvvigionamento gestita dal WHO.

Merita una precisazione il punto del PABS. In sostanza le aziende farmaceutiche possono accedere  ai dati scientifici sui patogeni emergenti o nuovi, come la condivisione della sequenza genetica o di materiali biologici raccolti, ma in cambio devono garantire una “quota equa” di vaccini, strumenti diagnostici e farmaci in caso di pandemia, specie nei paesi in via di sviluppo. I dati dicono che un’equa distribuzione di farmaci durante la pandemia di CoViD-19, avrebbe potuto prevenire 1,3 milioni di decessi e centinaia di milioni di infezioni.

Occorre precisare che l’Accordo non contiene poteri vincolanti sui governi che possano fornire al Segretariato e Direttore Generale del WHO l’autorità di ‘ordinare, modificare o altrimenti prescrivere la legge nazionale e/o nazionale o di imporre requisiti che impongano alle Parti di intraprendere azioni specifiche, come vietare o accettare viaggiatori, imporre obblighi di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare blocchi“.

L’Accordo è stato approvato con 124 favorevoli, 0 obiezioni, 11 astensioni dalle delegazioni degli Stati membri. Per la firma occorrerà attendere il completamento dei negoziati sull’annesso tecnico PABS su cui le trattative riprenderanno a luglio. Successivamente si procederà con la ratifica di almeno di 60 paesi prima che l’accordo entri in vigore. L’Accordo però, nasce con difficoltà evidenti per l’incertezza finanziaria e di leadership dovute all’uscita degli Stati Uniti dal WHO. La questione finanziamenti non è di poco conto:  il budget annuale del WHO di 6,8 miliardi di dollari e gli USA contribuiscono attualmente a quasi un quinto di esso.

L ’Italia si è tirata fuori astenendosi al momento del voto in Assemblea e schierandosi nella stessa posizione di Russia, Iran, Israele Slovacchia e Polonia.  Nella dichiarazione sul voto il Ministro della Salute ha affermato che l’astensione è stata motivata dalla necessità di ‘riaffermare la sovranità degli Stati nella gestione delle questioni di sanità pubblica’ e dalla constatazione di questioni  aperte con riferimento ai principi di proporzionalità e protezione dei diritti fondamentali, inclusa la tutela dei dati personali e delle libertà individuali’. Reclamare la sovranità nazionale nel contrasto alle pandemie è un ossimoro. Le pandemie non conoscono confini nazionali e richiedono il coordinamento a livello globale di strategie, risorse e ricerche per la gestione efficace dei rischi di sanità pubblica e per la protezione dei cittadini.  Sebbene fonti ministeriali fanno sapere che quello italiano non è un voto contrario, si tratta di una decisione di neutralità ovviamente tutta politica, che facendo sponda a sirene negazioniste (es. no vax) ed antiscientifiche, sacrifica le ragioni della scienza e sconfessa gli sforzi fatti e gli impegni assunti dal Governo nella gestione della pandemia per la quale l’Italia ha pagato il prezzo più alto.  Tra l’altro L’Italia è stata tra i promotori (Friends of the treaty) del piano pandemico tre anni fa.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




Pubblicati i lavori dei nostri ultimi ECM

Pubblicati nella sezione dedicata tutti i lavori dei relatori ai nostri ultimi corsi ECM.

Disponibili le presentazioni di

– La valutazione del rischio e i provvedimenti dell’Autorità competente locale, Nocera Inferiore 16 maggio 2025

– Farmacovigilanza e Farmacosorveglianza nella catena alimentare: una visione olistica, Castellammare del Golfo (TP) 15/16 maggio 2025

 

 




ECM: Istanza di esonero/esenzione

EcmIstanza di esonero/esenzione ECM ai sensi del par 4.3 del Manuale sulla formazione continua del professionista

Facendo seguito all’Avviso del 09 aprile 2025, con riferimento alle istanze di esonero/esenzione per i casi non previsti dal Manuale sulla formazione continua del professionista sanitario, paragrafo 4.3, si comunica che sarà possibile presentare l’istanza di esonero/esenzione mediante la piattaforma MYECM.

Si precisa che l’accesso al sistema MY ECM può avvenire esclusivamente con SPID o CIE. All’interno della piattaforma, nella sezione “istanze di esonero/esenzione” sarà possibile scaricare l’allegato V che dovrà essere compilato ed inviato all’interno della stessa piattaforma, debitamente sottoscritto e orredato da tutta la documentazione utile alla valutazione della richiesta. L’esito dell’istanza sarà notificata alla PEC indicata dal professionista sanitario in fase di invio della richiesta.

E’ disponibile all’interno del portale myECM il Manuale sull’utilizzo della piattaforma aggiornato.

Si ribadisce che nei casi espressamente previsti dal citato Manuale, ex par 4.1/4.2, il professionista, invece, dovrà presentare la richiesta all’Ordine di appartenenza attraverso il portale COGEAPS (Consorzio gestione anagrafica delle professioni sanitarie), previo accesso alla propria area riservata mediante SPID o CIE, seguendo la procedura in esso dedicata.

Fonte: Agenas

 




Carne coltivata: allargare la partecipazione del tavolo tecnico e includere la comunità scientifica

In relazione al tema della carne coltivata e alla recente richiesta della Coldiretti di regolamentarla come un farmaco, c’è stato un recente appello di professori universitari, esperti e ricercatori Cnr.

Gli esperti ritengono che non ci sia una base scientifica nella richiesta di studi clinici e preclinici e confermano la solidità del Regolamento sui Novel food, ritenuto uno tra i più rigorosi al mondo dal punto di vista delle garanzie per la salute dei consumatori.

Successivamente, rappresentanti della comunità scientifica ed esperti che operano nei settori della carne coltivata, agronomia e produzioni animali, e sicurezza alimentare hanno inviato una lettera, sottoscritta anche dalla SIMeVeP, ai Ministri dell’Agricoltura e Sovranità Alimentare con la richiesta di un confronto sul tema e di allargare la partecipazione della comunità scientifica al Tavolo tecnico interministeriale. Ciò al fine di contribuire al dibattito e ai nuovi approfondimenti che i dicasteri stanno promuovendo e far sì che le decisioni istituzionali siano supportate da solide evidenze scientifiche a tutela della popolazione.

Ad oggi però, i ventisei esperti e ricercatori italiani non hanno ancora ricevuto risposta.




Carne coltivata e la mobilitazione della Coldiretti: l’appello di scienziati ed esperti

Poco più di un decennio fa, l’idea di coltivare carne senza la macellazione di animali apparteneva più al regno della fantascienza che agli scaffali dei supermercati. Ma quello che era nato come un prototipo nel 2013, la prima bistecca coltivata del ricercatore danese, Mark Prost si è gradualmente trasformato in un serio ambito di innovazione, investimenti e politiche pubbliche. Oggi in tutta Europa, l’interesse per la carne coltivata va oltre i laboratori di ricerca e sta diventando una questione di preparazione del mercato, sovranità alimentare e leadership tecnologica.

La carne coltivata è una tecnologia già in uso in altre parti del mondo, come risposta all’impatto ambientale, al fabbisogno di proteine ​​per nutrire tutti in modo equo e sostenibile e agli interrogativi etici degli allevamenti intensivi, i cui rischi non superiori a quella convenzionale, vengono attentamente valutati dall’EFSA in accordo alle linee guida dell’Unione Europea. Purtroppo le sfide politiche e legali emergono ancor prima che la carne coltivata raggiunga gli scaffali dei negozi. Nel 2023, l’Italia ha approvato la Legge n. 172/2023 che stabilisce il divieto in Italia di produzione e immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari. Ma ancor prima della sua adozione formale, le misure previste stavano già causando notevoli disagi colpendo non solo le imprese direttamente coinvolte nel settore ma anche i settori correlati. Come risposta gli investitori hanno indugiato nei negoziati e il persistere di una posizione politica restrittiva ha creato in Italia un ambiente ad alto rischio per le iniziative economiche e minato le sue capacità di attrarre capitali e sostenere lo sviluppo e ricerca delle imprese del settore.

Coldiretti, una delle più importanti associazioni italiane di agricoltori con le sue posizioni contrarie alla carne coltivata  (erroneamente definita sintetica), ritenuta dalla stessa un rischio per l’identità alimentare nazionale, posiziona gli agricoltori contro l’innovazione alimentare creando una falsa divisione.

L’associazione, forte promotrice della Legge n. 172/2023, puntando su un strategia di comunicazione emotiva e su una serie di dichiarazioni antiscientifiche, ha organizzato 19 Marzo una  manifestazione nazionale a Parma, città con il ruolo critico di hub dell’alimentare e sede dell’EFSA, collegata alla campagna ‘Facciamo Luce’. Nel corteo, a cui hanno partecipato 20.000 associati, spiccavano cartelli riportanti slogan come ‘cibo dalle campagne non dai laboratori, ‘più ricerca medica’,  ‘i cittadini europei non sono cavie’. Tra i motivi della protesta, apparentemente europeista e vicina ad un intento di protezionismo economico, ci sono rivendicazioni molteplici tra cui meno burocrazia e più risorse e la richiesta di regolamentare la carne coltivata anche attraverso dei trial clinici e pre-clinici utilizzati nell’iter di sperimentazione e approvazione dei farmaci.

Per quest’ultimo aspetto l’associazione ha trovato sponda sia in un documento del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura e Pesca sottoscritto a Gennaio 2024 da diversi paesi, tra cui il nostro, dal titolo ‘The CAP’s role on safeguarding high quality and primary farm-based production’, in cui si accenna alla necessità di regolamentare la carne coltivata come un farmaco, sia nel parere elaborato da un Tavolo tecnico interministeriale del Ministeri della Salute ed Agricoltura alla Guida EFSA sui Novel Food.  I tecnici chiedono all’EFSA ulteriori approfondimenti sulla materia e l’introduzione dell’obbligatorietà dei trials clinici e pre-clinici per autorizzare la carne coltivata come un farmaco, ma non forniscono dettagli sui metodi adottati e i riferimenti scientifici e lasciano aperte le domande sulle ragioni che hanno portato a questa conclusione.

Inoltre, come denunciato in una recente  interrogazione parlamentare ai ministri della Salute e dell’Agricoltura, l‘appartenenza di alcuni tecnici del Tavolo tecnico al comitato scientifico di Aletheia, un think tank istituito proprio da Coldiretti,  solleva un potenziale conflitto di interessi con dubbi legittimi sulla qualità dei pareri scientifici proposti dal tavolo ed utilizzati da Coldiretti per giustificare le iniziative contro la carne coltivata.  Non meno rilevante il fatto che il coordinatore del tavolo sia anche il presidente di Aletheia. La richiesta della Coldiretti, che appare scarna di argomenti scientifici, al di là della constatazione della mancata conoscenza dell’impatto sulla salute della carne coltivata, lancia un segnale di delegittimazione del lavoro scientifico dell’EFSA, incaricata dalla Commissione Europea di valutare, sulla base di dati scientifici solidi i rischi non solo per gli alimenti, ma anche per gli animali e mangimi, nel rispetto dei principi della trasparenza e indipendenza, ulteriormente rafforzati dal Regolamento (UE) 2019/1381 sulla trasparenza e sostenibilità dell’analisi del rischio  nella filiera alimentare dell’Unione europea.  E’ utile richiamare la procedura di autorizzazione della carne coltivata – cosi come di altri Novel food- che si compone di due fasi: valutazione del rischio e gestione del rischio.

Con la prima l’EFSA analizza le proprietà nutrizionali, tossicologiche e allergeniche del nuovo alimento e del suo processo di produzione e fornisce alla Commissione europea il parere scientifico sulla sicurezza del prodotto. Se questo parere è favorevole, ed entriamo nella fase di gestione del rischio, la Commissione redige un atto di esecuzione e lo sottopone al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, composto da rappresentanti della Commissione e dei 27 Stati membri dell’UE. Questa ulteriore consultazione consente di valutare anche aspetti economici, di benessere animale, impatto sociale e/o di altro tipo.

Il dibattito sulla carne coltivata si è dunque arricchito di un altro elemento di confusione con la sua assimilazione tout court ai farmaci che seguono iter autorizzativi distinti e con finalità diverse: un farmaco può essere autorizzato anche in presenza di effetti collaterali noti, mentre l’EFSA può approvare un alimento solo se non presenta rischi per la salute. E’ evidente come questa impostazione implicherebbe la revisione del quadro regolatorio attualmente applicabile (UE Novel Food Regulation) integrando elementi tipici della normativa farmaceutica e il trasferimento del mandato autorizzativo all’EMA (Agenzia Europea dei farmaci) che non dispone delle competenze per la valutazione della sicurezza degli alimenti.

A margine della manifestazione di Parma,  Coldiretti ha incontrato i vertici EFSA al fine di chiarire le preoccupazioni e le istanze sollevate circa l’approccio di valutazione del rischio.  Nel comunicato stampa EFSA, rilasciato al termine dell’incontro, viene sottolineato come i gruppi di esperti incaricati ‘effettueranno valutazioni approfondite, caso per caso, per ciascun prodotto e potranno utilizzare ogni livello di studio richiesto (inclusi test preclinici e clinici) per determinarne la sicurezza’.  Questa dichiarazione è stata erroneamente interpretata dalla Coldiretti come un accoglimento della richiesta di utilizzare tali studi per la regolamentazione della carne coltivata. Occorre però fare chiarezza su questo punto.

Gli studi di intervento sull’uomo (ovvero gli studi clinici) sono applicati con successo in campo medico per I prodotti farmaceutici con dosaggi ben controllati e i cui effetti collaterali sono relativamente facili da monitorare. Riesce difficile immaginare come gli stessi studi possano essere condotti su prodotti coltivati ​​per monitorare i potenziali effetti avversi sulla salute derivanti dal consumo a lungo termine. E’ come se gli hamburger di vitello coltivato dovessero seguire lo stesso processo autorizzativo di un farmaco destinato al trattamento di malattie gravi, e prima dell’approvazione venisse richiesto uno studio clinico.

L’EFSA ha già richiesto test aggiuntivi, inclusi gli studi di intervento sull’uomo (ovvero gli studi clinici) per alcuni dei 125 nuovi alimenti autorizzati dal 2000. Ma si può presumere che la richiesta di studi preclinici e clinici citati nella dichiarazione dell’EFSA sia generici e, comprensibilmente riferita (ove richiesto) a input, ingredienti o componenti che entrano nel processo di produzione della carne coltivata, ma non al prodotto finito. Gli studi clinici sulla popolazione sono assimilabili al monitoraggio post-commercializzazione che potrebbe essere utilizzato per confermare che il prodotto sia quello previsto nella valutazione pre-commercializzazione e limitati a palatabilità, digeribilità, intolleranze e allergie o per alimenti speciali in cui è necessario indagare potenziali effetti nutrizionali negativi o esiti sanitari avversi su popolazioni specifiche (ad esempio, neonati, donne in gravidanza e pazienti ad alto rischio di malattie).

Per la carne coltivata rimane comunque giustificata l’identificazione preventiva di potenziali pericoli (es. fattori di crescita) e il tracciamento di effetti avversi correlati. Pertanto per valutare la sicurezza del prodotto finale (che include carne e frutti di mare coltivati come ingredienti, additivi o alimenti interi) l’EFSA analizza i risultati di test svolti dalle ditte, e documentati nei dossier allegati alle richieste di autorizzazione dei prodotti notificati, su ingredienti, nuove proteine, contaminanti, prodotti di degradazione, metaboliti o residui presenti nel prodotto finito.  Queste valutazioni a seconda del tipo di nuovo alimento possono includere test di tossicità standard, conformi ai criteri specifici per un determinato ingrediente, in accordo al Codex Alimentarius e se necessari test di sicurezza in vitro ed in vivo. I primi possono essere utilizzati per lo screening e l’identificazione di potenziali pericoli e talvolta per calibrare la dose per i successivi test sugli animali.

Sulla mobilitazione della Coldiretti, c’è stato un recente appello di scienziati ed esperti , impegnati nello studio della carne coltivata in Italia e in Europa, i quali, alla luce della letteratura scientifica esistente e delle ricerche condotte nel settore, confermano la solidità del Regolamento UE 2015/2283 sui Novel Food, ritenuto tra i più rigorosi al mondo dal punto di vista delle garanzie per la salute dei consumatori, e l’assenza di una base scientifica nella richiesta di studi clinici e preclinici.

Gli stessi ricercatori hanno poi chiesto ai Ministri della Salute e dell’Agricoltura la possibilità di partecipare ad un confronto più inclusivo, al fine di assicurare pluralismo, trasparenza e aggiornamento costante del dibattito scientifico e far sì che le decisioni istituzionali siano supportate da solide evidenze scientifiche, a tutela della popolazione.  Disponibilità poi accordata da parte dei Ministeri di Salute e Agricoltura ad ampliare il tavolo tecnico sulla carne coltivata includendo la comunità scientifica nazionale di settore. Alessandro Bertero, Professore di Biotecnologie presso l’Università di Torino, tra i firmatari della lettera, ha dichiarato: “Come gruppo di esperti impegnati nel settore, accogliamo positivamente la dichiarata volontà di ampliare il confronto e speriamo che si possa presto creare questa opportunità di confronto scientifico costruttivo con le istituzioni”. Ad oggi però, i ventisei esperti e ricercatori italiani non hanno ancora ricevuto risposta.

In conclusione, la carne coltivata non necessita di sperimentazioni cliniche, perché non è un farmaco. Questa non è né una scappatoia né una svista, ma piuttosto lo stesso principio che regola gli integratori alimentari, i prodotti omeopatici e i cosmetici.

Il dibattito polarizzato sulla carne coltivata riflette una trepidazione più profonda piuttosto che un semplice conflitto tra quadri giuridici. La carne coltivata tocca nervi culturali: il cibo è identità, tradizione, persino ideologia. Da qui le posizioni restrittive di alcuni governi e associazioni di settore a salvaguardia della cucina nazionale o dei mezzi di sussistenza rurali, ma che celano deboli tentativi di protezionismo economico dei produttori di carne tradizionali a discapito delle tecnologie all’avanguardia. Diversamente, lungi dal considerare la carne coltivata una minaccia, gli agricoltori possono vederla come un’opportunità per l’acquisizione di un modello di business complementare e non sostitutivo della produzione convenzionale ed essere i pionieri di questa tecnologia come di altre che hanno scandito il processo di innovazione ed il progresso del mondo agricolo nel corso della storia.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP

 

 




ECM Trapani – Farmacovigilanza e Farmacosorveglianza nella catena alimentare: una visione olistica

imparareIl prossimo 15 e 16 maggio a Castellammare del Golfo (TP) presso la Sala conferenze del Castello Arabo Normanno  si terrà un corso ECM dal titolo “Farmacovigilanza e Farmacosorveglianza nella catena alimentare: una visione olistica”.

L’attività di controllo sul farmaco veterinario è volta al mantenimento dello stato di salute degli animali e alla garanzia di salubrità degli alimenti di origine animale. L’attività di farmacosorveglianza è finalizzata alla tutela della salute dei consumatori di alimenti di origine animale e si attua con il controllo sull’utilizzo del farmaco veterinario, in modo da limitare l’esecuzione di trattamenti non conformi a quanto descritto dalla normativa europea.

Tale controllo è eseguito a livello di produzione (Industrie Farmaceutiche Veterinarie), di commercializzazione (Farmacie e Depositi all’ingrosso di medicinali veterinari) e di utilizzo (allevamenti, ambulatori e cliniche veterinarie, canili e gattili, allevamenti di animali non destinati alla produzione di alimenti per l’uomo, medici veterinari liberi professionisti). La farmacovigilanza valuta invece l’efficacia e la sicurezza di un farmaco dopo l’immissione in commercio attraverso la raccolta di informazioni sulle reazioni avverse che si evidenziano nel corso dell’uso di medicinali veterinari e nell’uso improprio o abuso degli stessi.

I Relatori del corso offriranno all’ascolto dei corsisti informazioni relative alle attuali situazioni e sulle norme e sistemi che regolano il controllo e la gestione della farmacovigilanza e
farmacosorveglianza nella catena alimentare.

Il corso è aperto a 100 partecipanti tra  Medici Veterinari e Medici Chirurghi (Igiene epidemiologia e sanità pubblica/Igiene degli alimenti e della nutrizione/Malattie Infettive/Medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro).

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