In commercio un latte con il prolungamento della shelf-life di oltre il 60%

scadenza latte frescoMolto e da sempre si parla di eliminare gli sprechi, o perlomeno di ridurli sempre più significativamente per poter risparmiare risorse che quindi potranno essere meglio impiegate in altri ambiti.

Gli sprechi in ambito alimentare, sia nelle fasi di produzione primaria sia in tutte quelle della successiva trasformazione e commercializzazione/distribuzione, sono certamente tra quelli più odiosi ancor più perché, in un mondo globalizzato, gli squilibri dovuti agli sprechi assumono connotazioni sempre più drammatiche: basti pensare che buona parte dei flussi immigratori incontrollati sono determinati dalla mancanza di sicurezza alimentare, da intendersi come impossibilità di avere cibo a sufficienza.

L’argomento è affrontato dal dott. Vitantonio Perrone, con particolare riferimento alla scadenza del latte fresco, in un contributo pubblicato da La Settimana Veterinaria




Assemblea SIMeVeP 2023

Assemblea SIMeVePSi è svolta il 13 aprile l’Assemblea Annuale dei Soci della SIMeVeP convocata per gli adempimenti statutari, fra cui in particolare l’approvazione dei bilanci.

In apertura il Presidente Dott. Antonio Sorice ha analizzato l’anno trascorso tratteggiando un anno in ripresa seppur cauta, in un contesto di crisi generale, che riguarda anche le Società Scientifiche che si occupano di prevenzione.

Ha poi illustrato l’offerta formativa per l’anno 2023, pianificata in collaborazione con le sedi regionali.

Tra i progetti promossi e sostenuti da SIMeVeP, nel corso del 2023, anche per effetto delle modifiche che hanno interessato il III Settore, l’associazione Emervet è stata sciolta e trasformata in un gruppo di lavoro.

Il Tesoriere Dott. Massimo Platini ha infine presentato il bilancio preventivo 2023 e il bilancio consuntivo 2022, approvati all’unanimità dall’Assemblea.




Aviaria: «L’arrivo della primavera non aumenterà i contagi tra i selvatici». Intervista al Presidente Sorice

«L’arrivo della primavera non aumenterà il rischio di diffusione dell’aviaria e, soprattutto, non incrementerà i contagi tra i selvatici». Ad assicurarlo, in un’intervista a Sanità Informazione, è Antonio Sorice, presidente SIMeVeP, la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva. L’innalzamento generale delle temperature ed il cambiamento climatico in generale hanno mitigato la stagione invernale. «Il clima decisamente meno rigido ha cambiato e diminuito l’intensità dei flussi migratori – aggiunge il medico veterinario -. Motivo per cui, durante la primavera in corso, il numero di volatili selvatici migratori in circolazione in Italia non subirà un’impennata e, di conseguenza, anche il numero di casi di aviaria dovrebbe restare stabile».

L’andamento stagionale dell’aviaria

«Fino al 2021, l’arrivo della stagione estiva non era caratterizzato da un incremento della diffusione dell’influenza aviaria. Tuttavia – dice Sorice – nel 2022, da giugno a settembre, si è verificata la più grande diffusione della patologia in Europa, sia nei volatili in cattività, che in quelli selvatici. Inoltre, nell’autunno del 2021 il virus dell’influenza aviaria ha raggiunto per la prima volta il Nord America lungo le rotte migratorie, causando una grave epidemia nel pollame in diverse province canadesi e degli Stati Uniti, oltre ad un’alta mortalità tra gli uccelli selvatici».

Gli effetti del clima

Il cambiamento climatico degli ultimi decenni ha causato un innalzamento generale delle temperature e mitigato la stagione invernale. «Il clima decisamente meno rigido ha modificato l’intensità dei flussi migratori, soprattutto per le specie a migrazione continentale – aggiunge il medico veterinario -. Queste tendono ad anticipare maggiormente le loro attività proprio laddove le temperature sono aumentate con maggiore intensità. Per questo motivo rimane alta la sorveglianza dei Servizi Veterinari delle ASL per intercettare ed isolare tempestivamente animali selvatici positivi ed impedire la diffusione del virus agli animali d’allevamento».

Passeggiate di primavera: attenzione alle carcasse

Tra i fattori di rischio, che aumentano le possibilità che la contaminazione arrivi all’uomo, ci sono anche i nostri comportamenti. «Durante la primavera, con l’arrivo dei primi tepori, tendiamo a trascorrere molto più tempo all’aria aperta, anche fuori città. Per questo – sottolinea Sorice – invito chiunque, durante una passeggiata nel bosco o per le strade di campagna, nei pressi delle rive dei fiumi o dei laghi, a non avvicinarsi ad eventuali carcasse di animali rinvenute durante il percorso. L’unica cosa da fare, mantenendosi sempre ad un’adeguata distanza dall’animale morto, è allertare i servizi veterinari di competenza, che provvederanno a rimuovere ed sottoporre la carcassa a tutti gli accertamenti ed esami del caso».

Aviaria: nessun salto di specie

È solo con il contatto diretto con un animale infetto che l’essere umano può contrarre il virus dell’aviaria. Dopo gli ultimi casi rilevati tra i mammiferi, in diversi Paesi europei, è cresciuto il timore di un salto di specie, di un contagio interumano. Paura alimentata anche dagli ultimi casi umani di influenza aviaria: una bimba deceduta in Cambogia (anche il papà era stato contagiato, ma asintomatico), una donna nella provincia dello Jiangsu in Cina e il caso in Ecuador, in situazioni di particolare promiscuità uomo/animali in situazioni igieniche particolari.

Lo studio italiano

Fortunatamente, la possibilità di uno spillover è stata ulteriormente smentita da uno studio italiano in fase di pubblicazione su “Pathogen and Global Health”, condotto dai ricercatori delle Università di Sassari, del Campus Bio-Medico e della Sapienza di Roma. Gli studiosi hanno evidenziato che, almeno per ora, l’H5N1 non mostra nessuna delle caratteristiche necessarie al verificarsi di uno spillover. Naturalmente che il salto di specie non sia avvenuto non significa che non possa mai verificarsi. Per questo, l’attenzione resta alta e le attività di monitoraggio assidue. L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), l’Ente sanitario di controllo, ricerca e servizi per la salute animale e la sicurezza alimentare, ha aggiornato il suo ultimo bollettino il primo giorno di primavera, lo scorso 21 marzo.

L’aviaria negli allevamenti

L’ultimo focolaio è stato confermato il 16 marzo a Forlì Cesena, in Emilia-Romagna, in un allevamento di tacchini da carne. Il caso precedente risale a 9 giorni prima, in Veneto, a Verona, ugualmente in un allevamento di tacchini. Erano quasi tre mesi che i servizi competenti non ne rilevavano tra gli animali allevati: l’ultimo caso risaliva al 23 dicembre del 2022 in Veneto, a Verona, in un allevamento di tacchini da carne. Dall’inizio delle attività di sorveglianza della stagione in corso, inaugurata il 22 settembre del 2022 e aggiornata al 21 marzo 2023, sono 32 i focolai accertati negli allevamenti italiani.

L’aviaria tra i selvatici

Tra selvatici gli ultimi casi sono stati individuati il 17 marzo: le carcasse infette, tra gabbiani e falchi pellegrini, sono state rinvenute a Brescia, in Lombardia. Il giorno prima 4 casi a Verona, in Veneto, e un altro a Padova. Durante i primi 21 giorni del mese di marzo sono stati quasi 230 i volatici selvatici risultati positivi al virus dell’aviaria. Il rilevamento più significativo risale al 10 marzo con 78 gabbiani a Brescia. «Guardando la mappa della penisola italiana i casi restano concentrati tra l’Emilia-Romagna, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Lombardia, con qualche caso sporadico in altre Regioni – sottolinea Sorice – . Nella maggior parte dei casi si tratta di animali selvatici. I casi riscontrati negli allevamenti industriali sono nettamente minori e – conclude il presidente SIMeVeP – il riscontro negli allevamenti rurali risulta ancora più esiguo».




Convocazione Assemblea dei Soci SIMeVeP 2023

SIMeVePL’Assemblea dei Soci della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva è convocata il giorno 13 aprile 2023 alle ore 06.30 in prima convocazione e il giorno 13 aprile 2023 alle ore 17.00 in seconda convocazione e si svolgerà presso la sede della SIMeVeP in Via Nizza 11 a Roma, per gli adempimenti statutari e  l’analisi della programmazione delle attività SIMeVeP.

Per motivi organizzativi è necessario iscriversi tramite email da inviare a segreteria@veterinariapreventiva.it entro il 3aprile 2023.




PIANO DELLA PREVENZIONE 2020- 2025: obiettivi e strategie in un’ottica di one health

Il 24 marzo si terrà a Terni il Convegno dal titolo “PIANO DELLA PREVENZIONE 2020- 2025: obiettivi e strategie in un’ottica di one health”, patrocinato dalla SIMeVeP e a cui parteciperanno il Presidente dott. Antonio Sorice e il Presidente Onorario dott. Aldo Grasselli.

Il Piano della Prevenzione 2020-2025 dichiara nelle sue premesse che gli interventi di Sanità Pubblica sono
fondamentali per lo sviluppo economico e sociale di un Paese e che la salute di tutti dipende dalla salute di
ciascuno.

La giornata formativa intende valorizzare a livello regionale l’esperienza che è stata maturata nella Usl
Umbria 2 che ha mutuato tale vision nella declinazione aziendale del Piano della Prevenzione, sottolineando
come questa richieda la necessità, all’interno dell’Azienda Sanitaria, di un lavoro multidisciplinare basato su
una stringente collaborazione tra tutte le Strutture Aziendali, tra le Aziende Sanitarie e Ospedaliere Umbre,
tra queste e gli stakeholder, necessaria per offrire prestazioni efficaci ai cittadini.

Programma del Convegno

 




Pubblicati gli atti corsi ECM Folgaria

Sono online le presentazioni dei corsi dal titolo  “La prevenzione nel mondo che cambia” che si sono svolti a Folgaria (TN) i giorni 13/14/16/17 marzo.

Ci troviamo in un mondo in continuo cambiamento. Ormai da decenni la comunità scientifica ha descritto come il clima del pianeta stia cambiando e come i cambiamenti climatici abbiano effetti importanti anche sulla vita degli insetti, compresi quelli che possono essere vettori di malattie per l’uomo e gli animali.
Il cambiamento inoltre è la condizione “naturale” delle società umane e ciò porta anche a mutamenti del rapporto uomo-animale, delle abitudini alimentari e delle norme che regolano la vita della collettività.

 




Ferri nel gruppo EFSA degli stakeholder sui rischi emergenti

A seguito della candidatura proposta da FVE, che ha partecipato al bando come Organizzazione non Governativa, Maurizo Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP, è stato selezionato per far parte del “Gruppo di discussione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) delle parti interessate  sui rischi emergenti – StaDGER”.

Il gruppo è stato creato da Efsa per migliorare lo scambio di informazioni sull’identificazione dei rischi emergenti e per migliorare la comunicazione e il dialogo sulle questioni relative ai rischi emergenti con le parti interessate.

Dal 2016 infatti, per affrontare le sfide attuali e future dei rischi emergenti, l’EFSA ha rinnovato il suo approccio e ha coinvolto in modo più interattivo e diversificato le diverse parti interessate per  contribuire al proprio lavoro sui rischi emergenti capitalizzandone le conoscenze specifiche.

Gli attuali modelli di coinvolgimento prevedono meccanismi permanenti e mirati. Come meccanismo mirato c’è appunto lo “Stakeholder discussion group on emerging risk (StaDG-ER)” così come altri che fanno parte del network rischi emergenti.

I membri del StaDG-ER possono presentare problemi riguardanti rischi emergenti in formati diversi. Lo screening dei potenziali problemi emergenti si basa sui criteri inclusi nella definizione di rischio emergente (ad esempio novità, esposizione nuova o aumentata e nuova suscettibilità).

L’EFSA valuta se i problemi specifici individuati rientrano nella sua missione e nel suo mandato di valutazione del rischio, se la valutazione del rischio da parte dell’EFSA o di altri organismi di valutazione del rischio per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi è già stata eseguita o se esistono prove sufficienti per modificare la valutazione del rischio disponibile, se la ricerca sulla problema è in corso e le raccomandazioni fornite.

Il gruppo viene rinnovato ogni tre anni e sono previsti due meeting all’anno

La prossima riunione è prevista per maggio/giugno 2023.

Lista degli stakeholder selezionati




Trichinosi: 10 casi a Foggia, di cui 5 in corso di accertamento. Intervista al Vice Presidente Giunta

cinghialiGiunta (SIMeVeP): “Carne sicura. Basta cuocerla. I Medici Veterinari della Asl Foggia stanno controllando le macellerie locali: nessun caso di positività alla trichinosi tra i campioni esaminati”.

Stanno bene e si stanno curando a casa le persone risultate positive al parassita trichinella, in provincia di Foggia. Solo una donna è stata ricoverata, anche per altri motivi, all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. «I casi di trichinosi accertati finora sono 5, tra questi due fanno parte di uno stesso nucleo familiare, altri due appartengono ad un’altra famiglia, mentre il quinto caso non ha alcun legame di parentela con il resto dei contagiati – racconta a Sanità Informazione Renato Paolo Giunta, Medico Veterinario, vice presidente SIMeVeP – . La positività di altre 5 persone è tuttora in corso di accertamento».

Al setaccio le macellerie locali

Si ipotizza che gli individui risultati positivi al parassita trichinella, che si trasmette all’uomo esclusivamente per via  alimentare, abbiano mangiato carne di cinghiale. «L’Asl di competenza – continua Giunta – è a lavoro per verificare l’origine del parassita. I Medici Veterinari della Asl Foggia stanno controllando anche le macellerie locali, senza riscontrare ad oggi alcun caso di positività tra i campioni di carne prelevati».

Trichinosi, come si trasmette

I primi casi in Puglia sono stati accertati all’inizio del mese di febbraio, ma la situazione è pienamente sotto controllo. «Il contagio avviene esclusivamente per via alimentare – precisa il Medico Veterinario -. Corre maggiori rischi chi consuma carne di suidi, selvatici o domestici, o equina cruda o poco cotta. L’essicamento, la salamoia o l’affumicatura non rendono inattivo il parassita trichinella che, invece, può essere inattivato con congelamento delle carni ad una temperatura di -15° per almeno un mese o con la cottura a cuore delle carni a 70 gradi per almeno quattro minuti».

La carne italiana è sicura

Tuttavia, il pericolo di mangiare carne suina o equina infestata da trichinella, in Italia come nel resto d’Europa, è quasi   del tutto irrilevante. «Tutte le carcasse di suini ed equini al mattatoio e prima di essere messe in commercio, vengono sottoposte ad un esame sistematico “esame trichinoscopico”, teso ad accertare l’eventuale presenza del parassita trichinella – spiega il vice presidente SIMeVeP -. Per questo, le carni, provenienti dal territorio Italiano o dai Paesi europei, sono del tutto affidabili».

La trichinosi tra i selvatici

Anche per i selvatici esisteste una filiera di controllo, «tanto che – racconta Giunta -, lo scorso anno nel Lazio sono stati riscontrati due casi di presenza del parassita in due cinghiali prima ancora che arrivassero al consumatore. I medesimi  controlli possono essere effettuati, attraverso i Medici Veterinari dell’Asl locali, sulle carni di suini a seguito di macellazioni domestiche. Sono dunque proprio le specie selvatiche ad essere considerate più a   rischio – aggiunge l’esperto -. Ad aumentare il rischio della presenza del parassita trichinella sono alcuni animali carnivori, per il nostro territorio devono essere menzionati la volpe rossa e il lupo. Questi selvatici – conclude il Medico Veterinario – possono rappresentare dei veri e propri serbatoi, capaci, in determinati ambienti, di conservarne la presenza nel tempo».

Fonte: Sanitainformazione.it




Aviaria, allarme in Italia: intervista al Presidente Sorice

Sorice (SIMeVeP): «La vaccinazione destinata agli animali è già pronta all’uso. Non escluso che, presto, per evitare il diffondersi di altri focolai, le autorità competenti decideranno di mettere a disposizioni le dosi necessarie per vaccinare gli animali presenti nei nostri allevamenti»

Oltre sessanta volatili selvatici in 47 focolai: è questo il bilancio del monitoraggio dei casi di Aviaria in Italia relativo al mese di febbraio (ultimo aggiornamento 28 febbraio). Da settembre 2022, i casi confermati tra gli uccelli non domestici sono 79, di cui 19 gabbiani, 13 alzavole e 10 germani. Le altre infezioni sono state rilevate tra rapaci e anatidi. Ulteriori casi sospetti nei gabbiani sono in corso di conferma presso l’IZSVe.

I focolai di Aviaria sul Garda

«Più della metà di tutti i casi rilevati da settembre ad oggi si sono verificati nel solo mese di febbraio – commenta  Antonio Sorice, presidente della SIMeVeP, la Società Italiana di medicina veterinaria preventiva -. Quasi tutti i focolai, compresi quelle rilevati negli ultimi giorni, si concentrano nel aree limitrofe al lago di Garda, in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Non è escluso che nei prossimi giorni saranno rinvenute altre carcasse di volatili selvatici infetti dal virus dell’aviaria. Per questo – sottolinea il presidente Sorice – è doveroso ricordare a tutti i cittadini di non toccare animali morti e, in caso di ritrovamenti, di allertare immediatamente le autorità competenti».

L’intensificazione di prevenzione e monitoraggio

Osservando la mappa dei focolai emerge con chiarezza che anche quelli riscontrati negli allevamenti, sia di grandi che di piccole dimensioni, sono concentrati nella stessa zona, nelle aree limitrofe al lago di Garda. «Dopo l’ondata epidemica dell’inverno 2021-2022, con 317 focolai negli allevamenti, i sistemi di prevenzione e monitoraggio sono stati intensificati – spiega il veterinario -. All’identificazione di un focolaio, gli animali infetti vengono immediatamente abbattuti, la vendita delle carni e dei prodotti derivati sospesa, la mobilità degli allevamenti interrotta e i controlli in tutte le zone circostanti rafforzati. Questo intenso lavoro ha portato ad ottimi risultati: l’ultimo focolaio nel pollame risale, infatti, al 23 dicembre 2022 e le infezioni confermate da settembre 2022 sono 30 in totale. I casi negli allevamenti, come quelli tra i selvatici, sono stati riscontrati principalmente in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Questo perché sono proprio i volatili selvatici, soprattutto attraverso escrementi infetti, a contaminare gli allevamenti».

L’aviaria nel mondo

I casi nei selvatici riscontrati sul territorio italiano sono in linea con quanto sta avvenendo in altri Paesi: «Anche se, in Europa e nei Paesi extraeuropei  è stato riscontrato un aumento di casi di aviaria pure tra il pollame e tra i mammiferi selvatici, con sporadiche segnalazioni anche tra i mammiferi domestici», racconta Sorice. Nelle scorse settimane, proprio per un aumentato riscontro di casi tra i mammiferi, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva esortato tutte le Nazioni alla massima allerta. «Anche in Italia è attivo il monitoraggio dei mammiferi selvatici rinvenuti sul territorio. Stando ai dati raccolti finora (aggiornati al 28/02/23) non sono stati rilevati casi di aviaria tra questa classe animali», assicura il veterinario

Un vaccino contro l’aviaria per gli animali

Tuttavia, il passaggio del virus dalle specie avicole ai mammiferi in diversi Paesi del mondo fa temere un salto di specie. «Finora non è mai stato rilevato un contagio inter-umano. In Italia i casi registrati tra gli uomini, tutti asintomatici o di lieve entità, hanno riguardato individui che vivono o lavorano a stretto contatto con le specie avicole», sottolinea il presidente SIMeVep. Intanto, mentre i servizi veterinari d’Italia, e di tutto il mondo, sono a lavoro per monitorare la situazione e per rilevare tempestivamente eventuali ulteriori variazioni del virus, gli scienziati si concentrano sulla messa a punto di un vaccino contro l’aviaria. «La vaccinazione destinata agli animali è già pronta all’uso. E non escluso – conclude Sorice – che, presto, per evitare il diffondersi di altri focolai, le autorità competenti decideranno di mettere a disposizioni le dosi necessarie per vaccinare gli animali presenti nei nostri allevamenti».

Fonte: Sanità Informazione




Gli insetti come novel food, tra disgusto, rischi e benefici

Farina di insettiParlare di insetti come fonte alimentare umana (entomofagia) può suscitare un disgusto che risente di fattori psicologici strutturati all’interno della nostra cultura alimentare e dietetica e che associa gli insetti a esseri infestanti, portatori di malattie e indicatori di scarsa igiene. Il più grande ostacolo da superare è, dunque quello del pregiudizio culturale, legato alle abitudini, usi e tradizioni gastronomiche.

Nonostante i vantaggi economici, ecologici e nutrizionali degli insetti allevati per consumo umano, il successo della loro introduzione nella catena alimentare dipende dal superamento delle nostre limitazioni psico-culturali e ciò rappresenta una grande sfida.

Accanto ai vantaggi è necessario analizzare e valutare i rischi potenziali per il consumatore rappresentati da pericoli microbiologici (batteri e virus) e chimici (contaminanti ambientali) presenti negli insetti interi e prodotti derivati nei diversi passaggi dell’intero ciclo produttivo.

Ne parlano diffusamente il Vice Presidente SIMeVeP, Renato Giunta e il Coordinatore scientifico SIMeVeP, Maurizio Ferri, nell’articolo “Gli insetti come novel food, tra disgusto, rischi e benefici”