Il West Nile Virus e la sorveglianza integrata, principi di approccio One Health

Il West Nile virus (WNV) rappresenta una crescente preoccupazione in Italia e in Europa. Questa infezione virale, trasmessa principalmente dalle zanzare del genere Culex, ha come serbatoi naturali gli uccelli, mentre cavalli e esseri umani sono ospiti a fondo cieco. In Italia, è endemica, in particolare nelle regioni che circondano il delta del Po, come Emilia-Romagna e Veneto ed i recentissimi 8 casi di infezione conclamata in Campania che hanno dato luogo ad altrettante ospedalizzazioni a causa di forme neuroinvasive, si tratta di persone che, nella maggior parte dei casi hanno villeggiato a Baia Domitia. Si ritiene che questo cluster epidemico conti già alcune centinaia di casi asintomatici, considerando che solo l’1-2 % delle infezioni provocano il ricovero ospedaliero.

Oltre alla trasmissione vettoriale, sebbene rari, sono documentati altri mezzi di contagio, tra cui trasfusioni di sangue, trapianti di organi e trasmissione verticale durante la gravidanza. È importante sottolineare che il virus non si trasmette da persona a persona per contatto diretto.

“Il problema è che i sintomi sono spesso lievi o assenti,” ricorda Antonio Sorice, Presidente SIMeVeP “per questo è difficile stimare la reale diffusione del virus”.

West Nile Virus: Sintomi e Complicanza

Dopo un periodo di incubazione che varia da 2 a 14 giorni (fino a un massimo di 21), nella maggior parte dei casi (80%) l’infezione da West Nile virus decorre senza sintomi. Il restante 20% può manifestare sintomi lievi simil-influenzali: febbre, cefalea, nausea, vomito, linfonodi ingrossati ed eruzioni cutanee.

Le forme gravi, con interessamento del sistema nervoso centrale (encefalite, meningite), sono rare ma potenzialmente letali. “Solo lo 0,5-1% dei pazienti sviluppa sintomi neurologici importanti come tremori, disturbi visivi, convulsioni, paralisi o coma soprattutto in soggetti anziani o fragili, che possono portare al decesso” precisa Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP.

Perché si diffonde

Diversi fattori ambientali e sociali favoriscono la persistenza del virus: cambiamenti climatici, urbanizzazione, globalizzazione, e soprattutto le rotte migratorie degli uccelli, che ampliano l’areale del virus. Il ciclo vitale della zanzara Culex pipiens – principale vettore in Italia – dura da una a quattro settimane ed è altamente sensibile a temperature, precipitazioni e condizioni ambientali.

Le piogge intense seguite da ondate di caldo e gli spostamenti degli uccelli migratori hanno favorito la proliferazione delle zanzare e l’amplificazione del ciclo di trasmissione” tiene a precisare Maurizio Ferri.

Sorveglianza e previsione: il ruolo cruciale dei Servizi Veterinari

Dal 2018 sono stati notificati oltre 247 casi umani autoctoni di forme neuro-invasive. In Italia il Centro Nazionale Sangue e il Ministero della Salute stanno attuando il “Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta arbovirosi (PNA) 2020-2025” che adotta un sistema di sorveglianza integrata animale-ambiente-uomo per monitorare e contenere efficacemente la diffusione del virus sul territorio nazionale.

In questo contesto, la sorveglianza sanitaria svolta dai servizi veterinari del Servizio Sanitario nazionale assume un’importanza fondamentale. Questi monitorano attivamente la presenza del virus negli animali, in particolare negli uccelli selvatici (serbatoi) e nei cavalli (sentinelle), attraverso campionamenti e analisi. Questa attività permette di identificare precocemente la circolazione del virus nell’ambiente e tra gli animali, fungendo da allarme precoce per la salute umana.

“In alcuni casi il West Nile virus è stato intercettato nei vettori anche 9 giorni prima che si manifestasse il primo caso umano. Ciò dimostra quanto sia preziosa una sorveglianza precoce per attivare misure di sicurezza su trapianti e trasfusioni e implementare campagne di disinfestazione sui territori.”

Sorveglianza con un approccio One Health

La sorveglianza del West Nile virus, da parte dei Servizi Veterinari delle ASL, si articola su più livelli, coinvolgendo diverse componenti per un’azione integrata ed efficace:

  • Sorveglianza Entomologica: Questa attività si concentra sul monitoraggio delle popolazioni di zanzare, in particolare quelle del genere Culex, che sono i vettori primari del virus. Vengono installate trappole per catturare le zanzare in diverse aree, specialmente quelle considerate a rischio (es. zone umide, aree peri-urbane). Le zanzare catturate vengono poi analizzate dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali per rilevare la presenza del WNV al loro interno. L’identificazione precoce del virus nei vettori permette di mappare le aree dove il rischio di trasmissione è più elevato e di intervenire con misure di controllo mirate (es. disinfestazioni).
  • Sorveglianza sugli Equidi: I cavalli sono ospiti a fondo cieco del WNV, ma possono sviluppare sintomi neurologici gravi e sono considerati “sentinelle” dell’infezione. La sorveglianza sugli equidi prevede il monitoraggio di cavalli con sintomi neurologici sospetti e l’esecuzione di test diagnostici per confermare o escludere l’infezione da WNV.
  • Sorveglianza sull’Avifauna: Gli uccelli sono i serbatoi naturali del West Nile virus, il che significa che il virus circola e si moltiplica al loro interno senza causare, nella maggior parte dei casi, sintomi evidenti. La sorveglianza sull’avifauna, in particolare su specie migratrici e stanziali, è cruciale per comprendere la diffusione geografica del virus. Vengono monitorati uccelli selvatici, sia vivi che morti, e campioni biologici vengono analizzati per la ricerca del WNV.

Queste tre forme di sorveglianza, integrate tra loro, forniscono un quadro completo della circolazione del WNV nell’ambiente, permettendo di anticipare l’insorgenza di casi umani e di attivare tempestivamente le misure di prevenzione e controllo.

Il collegamento con il Centro Nazionale Sangue ed il Centro Nazionale Trapianti

La prevenzione della trasmissione da West Nile virus tramite trasfusioni di sangue e trapianti di organi è un aspetto critico della gestione della minaccia. Il Centro Nazionale Sangue (CNS) e il Centro Nazionale Trapianti (CNT), in stretta collaborazione con il Ministero della Salute e i servizi veterinari, svolgono un ruolo chiave.

Quando i servizi veterinari rilevano la circolazione del West Nile Virus in una determinata area geografica, queste informazioni vengono immediatamente condivise con il CNS e il CNT. Questa comunicazione tempestiva consente di attuare misure preventive specifiche per la sicurezza delle donazioni. Tali misure possono includere:

  • Sospensione temporanea delle donazioni di sangue nelle aree a rischio o l’introduzione di test specifici (NAT – Nucleic Acid Test) per lo screening dei donatori.
  • Valutazione approfondita dei donatori di organi provenienti da aree endemiche o con sospetta esposizione al virus.

Questa collaborazione tra istituzioni è essenziale per garantire che le donazioni di sangue e organi siano sicure, minimizzando il rischio di trasmissione del WNV ai riceventi.

Il ruolo della Prevenzione

Poiché non esiste un vaccino per l’uomo contro il West Nile Virus, la prevenzione diventa fondamentale e si concentra principalmente sulla protezione dalle punture di zanzara attraverso comportamenti individuali e misure ambientali come l’utilizzo di repellenti, pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe, installazione di zanzariere alle finestre, svuotamento regolare dei contenitori con acqua stagnante (vasi, secchi, piscinette) e trattamenti con insetticidi mirati in aree a rischio. È importante adottare queste misure soprattutto durante le ore serali e notturne nei mesi estivi e autunnali, quando le zanzare Culex sono più attive. Nelle aree a rischio le amministrazioni locali predispongono trattamenti di disinfestazione con insetticidi mirati soprattutto dopo la conferma di casi umani o la rilevazione del virus in campioni animali o entomologici.

One Health: un’alleanza per la salute

Il virus del Nilo Occidentale rappresenta un esempio perfetto di come la salute umana, animale e ambientale siano profondamente interconnesse. L’approccio “One Health” riconosce questa interdipendenza e promuove una collaborazione multidisciplinare per affrontare le sfide sanitarie in modo integrato. In Italia e in Europa si stanno rafforzando le politiche in tal senso con iniziative che coinvolgono diversi settori e professionalità: medici, veterinari, biologi, entomologi, ecologi e molti altri esperti lavorano insieme per comprendere e gestire la complessità del problema.

“La salute degli animali e quella dell’uomo sono indissolubilmente legate”, conclude Antonio Sorice, “il West Nile virus è un chiaro esempio di come l’approccio One Health, che integra le diverse discipline, sia l’unica strada efficace per affrontare le sfide sanitarie globali. La sorveglianza veterinaria non è solo un presidio per gli animali, ma un baluardo per la salute pubblica, soprattutto quando si tratta di proteggere le donazioni di sangue e organi.”

E la prevenzione passa da una cultura scientifica multidisciplinare condivisa e integrata, dove la sorveglianza veterinaria e la collaborazione con i centri di donazione sangue e organi sono pilastri irrinunciabili.

Scarica l’articolo

Antonio Sorice – Presidente SIMeVeP

Maurizio Ferri – Coordinatore Scientifico SIMeVeP




Agenda 2030, One Health, IA. Corso ECM gratuito 19 settembre – San Vito Chietino (CH)

One Health significa letteralmente “una salute”, riconosce che salute delle persone, degli animali e dell’intero ecosistema sono legate indissolubilmente e richiedono la progettazione e implementazione di programmi multidisciplinari in grado di coinvolgere diversi settori che devono cooperare per presidiare efficacemente la salute pubblica.

L’approccio One Health, con la sua visione sistemica, multidisciplinare e multistakeholder, ha un ruolo chiave anche nel quadro dell’Agenda 2030 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Anche le applicazioni sperimentali dell’Intelligenza Artificiale hanno dato finora risultati molto promettenti per produrre benefici in termini di salute globale, specificatamente nelle seguenti quattro categorie principali di attività:

1) Diagnostica
2) Valutazione del rischio di morbilità o mortalità
3) Previsione e sorveglianza delle epidemie
4) Pianificazione sanitaria.

Il corso “Agenda 2030, One Health, IA: prospettive e sviluppo della medicina veterinaria del futuro” che si terrà a San Vito Chietino (CH) il 19 settembre, organizzato da SIVeMP, in collaborazione con SIMeVeP e ENPAV, con il patrocinio di FNOVI, ANMVI, ASL 2 Abruzzo, IZS Abruzzo e Molise, Parco Nazionale della Maiella-Maiella Geopark, CONFPROFESSIONI, mira ad accrescere la consapevolezza e l’importanza dell’adozione di un approccio inclusivo, indispensabile per rispondere efficacemente alle problematiche e alle minacce (già conosciute ed emergenti) causate dagli effetti della globalizzazione e del cambiamento climatico.

Il corso, accreditato per 7 crediti ECM è gratuito e rivolto a Medici Veterinari, Medici Chirurghi (Malattie infettive; Igiene degli alimenti e della nutrizione; Igiene, epidemiologia e sanità pubblica) e Tecnici della Prevenzione.

Scheda di iscrizione

Programma corso




Influenza Aviaria Altamente Patogena (HPAI) con Impatto Zoonotico

La Commissione Europea ha appena pubblicato un documento dal titolo ‘Highly Pathogenic Avian Influenza – Scenarios for the EU measures in animals other than birds, and food in the context of detections of HPAIV (H5N1 – B3.13 and others) in US dairy cows che delinea le azioni da prendere a livello UE e nazionale per prepararsi e rispondere ai focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità nei mammiferi e uomini.

Il documento è parte dell’approccio One Health per affrontare l’influenza aviaria altamente patogena e il rischio di spillover zoonotici.
Vengono delineati scenari e misure per affrontare la diffusione del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAIV) H5N1 (in particolare il genotipo B3.13) nelle vacche da latte negli Stati Uniti e la potenziale minaccia che rappresenta per la salute animale e pubblica nell’Unione Europea.

Contesto della situazione negli Stati Uniti
– Da fine marzo 2024, gli Stati Uniti stanno affrontando un’epidemia di HPAI H5N1 nelle vacche da latte, con il virus che si è diffuso tra le mandrie in 17 stati principalmente attraverso i movimenti di animali (in particolare le vacche in lattazione) e all’interno delle mandrie stesse.
– Il latte degli animali infetti è stato trovato contaminato dal virus.
– le vacche raramente mostrano segni respiratori, ma soffrono di mastite e presentano una diminuzione della produzione di latte con un aspetto anomalo.
– il virus ha dimostrato la sua trasmissibilità ad altri mammiferi terrestri (gatti, maiali), marini
(foche, leoni marini e delfini) e agli esseri umani con 70 casi umani di cui 41 segnalati in individui esposti a vacche da latte infette.
– ad oggi non ci sono prove di trasmissione da uomo a uomo.

Le autorità statunitensi hanno implementato misure tra cui test pre-movimento per gli spostamenti interstatali delle vacche da latte, pastorizzazione obbligatoria del latte delle mandrie a rischio e una strategia nazionale di test del latte. Sono stati anche approvati studi sulla sicurezza sul campo per vaccini basati su mRNA candidati per le vacche da latte.
– Il genotipo virale H5N1 (B3.13 e D1.1 del clade 2.3.4.4b di origine euroasiatica) che colpisce le vacche da latte negli Stati Uniti non è ancora presente nell’UE.

Misure e situazioni attuali nell’UE che giustificano l’intervento
-L’UE dispone di un sistema consolidato di norme armonizzate per la salute animale relative all’HPAI, focalizzate principalmente sulle specie aviarie.
I fattori che potrebbero innescare azioni di preparazione e prevenzione iniziale includono:
– indicazioni che la diffusione del ceppo statunitense non è controllata o si estende oltre gli Stati Uniti
-probabile diffusione del virus verso l’Europa
-nuove vie di trasmissione più rischiose tra animali o verso gli esseri umani (inclusa la trasmissione alimentare)
– indicazioni di trasmissione da uomo a uomo.

Le azioni di risposta sarebbero innescate da:
– rilevazione nell’UE del virus HPAIV nelle vacche da latte o di mutazioni specifiche
– rilevazione del ceppo statunitense (B3.13) in specie non aviarie o nell’ambiente
– animale infetto importato nell’UE dagli Stati Uniti
– caso umano indigeno causato dal ceppo statunitense.

Azioni di prevenzione e preparazione in corso della Commissione Europea
La Commissione Europea sta monitorando attentamente gli eventi negli Stati Uniti ed è in contatto con le autorità statunitensi. Non sono state ancora adottate misure normative protettive, poiché non è stato identificato un rischio imminente per la salute pubblica o animale nell’UE.
Le azioni in corso includono:
– sorveglianza strutturata basata sul rischio per i ceppi HPAI nell’UE (in uccelli e mammiferi)
– richiesta di consulenza scientifica all’EFSA per valutare i rischi e le possibili misure di mitigazione, in particolare: analizzare la situazione negli Stati Uniti e ottenere consulenza scientifica per valutare la salute degli animali e la salute pubblica veterinaria,inclusa la sicurezza alimentare, i rischi legati a questo specifico ceppo di HPAI, la sua probabile evoluzione, la probabilità di diffusione nell’UE o in Europa, in particolare tramite gli uccelli selvatici migratori e, se probabile, il tempo stimato di tale diffusione, il suo potenziale impatto sull’UE e le possibili misure di mitigazione del rischio.
-iniziative di sensibilizzazione sulla biosicurezza,
– un’esercitazione SIMEX che si è svolta a dicembre 2024 focalizzata sull’HPAI zoonotica.

Possibili misure regolatorie di reazione nell’UE
Le misure potrebbero basarsi sul regolamento (UE) 2016/429 sulla salute animale e altri atti pertinenti (es. Regolamento 178/2002, 853/2004, 625/2019, Direttiva 99/2000.

Gli Stati membri possono adottare misure specifiche, come sorveglianza clinica e genomica, biosicurezza rafforzata, restrizioni ai movimenti degli animali e trattamenti del latte delle mandrie colpite.

La Commissione può adottare misure armonizzate a livello dell’UE, inclusi:
– misure di emergenza a breve termine, come restrizioni sui movimenti delle vacche da latte e dei prodotti lattiero-caseari.
– misure più robuste e sostenute basate sull’articolo 6 della AHL (malattia emergente), che potrebbero includere sorveglianza specifica, controlli dei movimenti, restrizioni regionali, biosicurezza, e potenzialmente vaccinazione.
– misure aggiuntive sulla sicurezza alimentare per il trattamento del latte e dei prodotti lattiero-caseari.
– misure di emergenza relative all’ingresso nell’UE di animali e prodotti provenienti da paesi terzi colpiti.

Notifica e segnalazione delle malattie:
Sebbene le rilevazioni di virus dell’influenza A di origine aviaria nei mammiferi non siano attualmente notificabili in ADIS o WAHIS come malattie elencate, gli Stati membri dell’UE devono notificare l’insorgenza della malattia emergente all’UE e all’WOAH.

Conclusioni

L’UE ha un sistema ben sviluppato per gestire un potenziale rischio emergente legato al virus HPAI H5N1 circolante nelle vacche da latte negli Stati Uniti. Possono essere previste diverse opzioni di intervento, a seconda del livello di rischio e dell’ampiezza degli eventi, che possono essere rapidamente adattate all’evoluzione della situazione. L’attuale sorveglianza nell’UE consente il rilevamento di tali eventi e può essere adattata alle necessità. La Commissione potrebbe aver bisogno di una continua valutazione del rischio e del supporto di EFSA e EURL.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP

 




Oltre 66 tonnellate di Tonno Rosso recuperate e donate

spreco risorsa

Nei primi sei mesi del 2025 sono già 10.163 i chilogrammi di Tonno Rosso sequestrati e destinati alla donazione dal Dipartimento di Prevenzione Veterinaria dell’Asp di Catania, nell’ambito dei progetti “Cuore Generoso” e “Ri-Pescato”, realizzati in collaborazione con il Banco Alimentare e il Mercato Agro-Alimentare Sicilia (MAAS), con il supporto delle Istituzioni territoriali e di enti caritativi e del Terzo Settore.
Le due iniziative perseguono un obiettivo comune: trasformare lo spreco in risorsa, riducendo l’invenduto alimentare – in particolare dei prodotti ittici – e restituendolo alla collettività attraverso canali organizzati di beneficienza e promozione umana.

Un modello virtuoso che, dal 2022, ha permesso la donazione di oltre 62.000 kg di Tonno Rosso, una specie di alto valore nutrizionale, spesso oggetto di sequestro da parte della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza Navale.

Il Dipartimento di Prevenzione Veterinaria dell’Asp di Catania in questo processo svolge un ruolo centrale: valuta la commestibilità dei prodotti sequestrati mediante un accurato esame ispettivo e analisi di laboratorio, in particolare per la rilevazione dell’istamina (effettuati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia), una sostanza potenzialmente pericolosa che può svilupparsi se non viene rispettata la catena del freddo. Solo gli alimenti che superano questi controlli possono essere dichiarati idonei alla donazione.

I NUMERI DEL PROGETTO
Dal 2022 a oggi sono state recuperate e donate oltre 66 tonnellate di Tonno Rosso, così distribuite: 17.069 kg nel 2022, 17.644 kg nel 2023, 21.500 kg nel 2024, 10.163 kg (dato parziale) nel 2025.

«Il nostro Dipartimento di Prevenzione Veterinaria – afferma Giuseppe Laganga Senzio, direttore generale dell’Asp di Catania – si conferma tra le eccellenze sanitarie regionali, capace di governare fenomeni complessi e di erogare servizi di alta qualità in risposta a una domanda sempre più articolata. Il Dipartimento opera lungo l’intera filiera alimentare attraverso attività di vigilanza, controllo e ispezione. Un impegno che si realizza anche in collaborazione con le Forze dell’Ordine, contribuendo al contrasto delle pratiche illecite. Con progetti come “Cuore Generoso” e “Ri-Pescato” affermiamo anche un ruolo sociale, promuovendo una cultura della legalità, della sostenibilità e del rispetto per le risorse».

Leggi l’articolo

Fonte: ASP Catania




West Nile virus: il ritorno silenzioso

Una minaccia riemergente

Il West Nile virus (WNV) è un’infezione virale trasmessa da zanzare del genere Culex, con uccelli come serbatoi naturali, e cavalli e uomo come ospiti a fondo cieco. È endemica in Italia, in particolare nelle regioni che circondano il delta del Po – Emilia-Romagna e Veneto.

Oltre alla trasmissione vettoriale, sono documentati – seppur rari – altri mezzi di contagio: trasfusioni di sangue, trapianti di organi e trasmissione verticale durante la gravidanza. Il virus non si trasmette da persona a persona per contatto diretto.

“Il problema è che i sintomi sono spesso lievi o assenti – ricorda il veterinario Maurizio Ferri – e questo rende difficile stimare la reale diffusione del virus” spiega Maurizio Ferrimedico veterinario esperto di malattie zoonotiche, membro di Stakeholders Discussion Group on Emerging Risk dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e coordinatore Scientifico di SIMeVEP.

West Nile virus: sintomi e complicanze

Dopo un periodo di incubazione che varia da 2 a 14 giorni, fino a un massimo di 21, nella maggior parte dei casi (80%) l’infezione di West Nile virus decorre senza sintomi. Il restante 20% può manifestare sintomi lievi simil-influenzali: febbre, cefalea, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, eruzioni cutanee.

Le forme gravi, con interessamento del sistema nervoso centrale (encefalite, meningite), sono rare ma potenzialmente letali. “Solo lo 0,5-1% dei pazienti sviluppa sintomi neurologici importanti come tremori, disturbi visivi, convulsioni, paralisi o coma” precisa Ferri.

Leggi l’articolo

Fonte: beesanitamagazine.it




Encefalite da zecche: una minaccia che si diffonde con il clima

L’encefalite da zecche fa parte delle malattie trasmesse da vettori, dette arbovirosi, che rappresentano oltre il 17% di tutte le malattie infettive sono responsabili della morte di oltre mezzo milione di persone ogni anno.

La TBE (Tick-borne encephalitis) è una malattia virale trasmessa all’uomo principalmente dal morso di zecche infette del genere Ixodes. In alcuni casi, la trasmissione può avvenire anche attraverso il consumo di latte crudo non pastorizzato di animali infetti. Sebbene queste ultime rimangano le principali responsabili della trasmissione della TBE, recenti ricerche hanno svelato una trasmissione alternativa del virus attraverso gli alimenti, in particolare attraverso il latte materno, o quando si consumano latte e latticini crudi, in particolare quelli provenienti da pecore e capre viremiche.

Uno dei meccanismi più insidiosi è il cosiddetto co-feeding: la trasmissione del virus tra zecche che si alimentano simultaneamente sullo stesso ospite, anche in assenza di viremia sistemica.

Sintomi, decorso e trattamento

L’agente patogeno è il virus TBEV, appartenente al genere Flavivirus, la stessa famiglia del virus della dengue e della febbre gialla. Dopo un periodo di incubazione di 7–14 giorni nel 70% dei casi si presentano solo sintomi lievi, che possono includere febbre, malessere e passare inosservati e durare 2-4 giorni. Ma solo nel 10-20% di questi casi, dopo un intervallo asintomatico di 8-20 giorni, si verifica una seconda fase con disturbi del sistema nervoso centrale (encefalite, paralisi flaccida con esito fatale nell’1% dei casi). Nei bambini e nei soggetti più giovani, la TBE mostra generalmente un decorso più lieve, con un progressivo aumento della gravità con l’avanzare dell’età. Non esiste un trattamento specifico: la terapia è solo di supporto. Ne abbiamo parlato in questo articolo con Maurizio Ferrimedico veterinario esperto di malattie zoonotiche, membro di Stakeholders Discussion Group on Emerging Risk dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e coordinatore Scientifico di SIMeVEP.

Leggi l’articolo

Fonte: beesanitamagazine.it




Quale è il rischio che i suini veicolino il virus dell’influenza aviaria?

Gli allevamenti suini europei potrebbero diventare un laboratorio per il virus dell’influenza aviaria, che ha già colpito bovini, ovini e pollame. Questo è l’avvertimento lanciato da Bernhard Url, direttore esecutivo uscente dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), al Financial Times.

L’epidemia ha avuto inizio negli Stati Uniti lo scorso marzo, quando ha intaccato capi bovini in 17 Stati e pollame in tutto il Paese. Le autorità hanno certificato infezioni anche negli esseri umani e persino un decesso. Sempre nel 2024, in Oregon sono stati segnalati due casi nei suini. Per capirne qualcosa di più abbiamo raggiunto il Dott. Maurizio Ferri, veterinario dirigente della ASL di Pescara, ed esperto del Comitato Consultivo per le Emergenze di Sanità Pubblica.

Perchè il Direttore esecutivo dell’EFSA avverte sulla possibilità che i suini possano diventare un laboratorio per il virus dell’influenza aviaria?

«Il Direttore esecutivo dell’EFSA parlando di influenza e suini ha fatto riferimento ai mixing vessels o vasi di miscelazione con riferimento ad animali ospiti che possono essere infettati da due o più tipi di virus influenzali contemporaneamente e fungere da “terreno di coltura fertile” per nuove miscele e ceppi di un virus. Il meccanismo prevede la trasmissione potenziale di materiale genetico da un ceppo all’altro e l’emergere di un nuovo ceppo di influenza. Come tutti i virus influenzali, quelli aviari per il caratteristico genoma segmentato possiedono un elevato tasso di mutazione. Le quattro principali pandemie influenzali umane come la spagnola nel 1918, l’asiatica nel 1957, Hong Kong nel 1968 e influenza suina nel 2009-2010 sono derivate da virus dell’influenza aviaria che hanno formato nuovi tipi nell’uomo, nei suini, o in un altro ospite di miscelazione attualmente indeterminato».

Leggi l’articolo

Fonte: beesanitamagazine.it




Maurizio Ferri al meeting dell’EFSA sui rischi emergenti

Il  4 e 5 giugno 2025 l’EFSA ha ospitato la 33a riunione del Gruppo di discussione degli stakeholders suI rischi emergenti (StaDG-ER). Maurizio Ferri della SIMeVeP ha partecipato in rappresentanza della Federazione dei veterinari europei (FVE) ed ha relazionato sui rischi di sanità pubblica dell’Encefalite da zecca.

L’incontro ha toccato varie categorie di questioni emergenti e rischi emergenti. I temi chiave sono stati:

–          Elettronica commestibile

–          Punti di carbonio

–          Il potenziale di diffusione globale di Shewanella spp nei prodotti ittici

–          Correlazione tra miscele di additivi alimentari e diabete di tipo 2

–          Rischio per la salute pubblica dell’encefalite da zecche

–          Incidenza e diffusione in Europa della Blue Tongue

–          Carenza di vaccini per animali

Un’attenzione particolare è stata rivolta agli strumenti e alle tecniche in EFSA di Horizon Scanning e alle attività della rete sullo scambio dei rischi emergenti (EREN) per identificare e valutare in modo proattivo i segnali, anticipare le minacce e supportare i gestori del rischio nell’anticipazione dei rischi e nell’adozione di misure di prevenzione efficaci e tempestive per proteggere i consumatori, gli animali, le piante e l’ambiente.

Un aspetto degno di nota è stato l’accento posto sulla collaborazione interdisciplinare come cruciale per un’efficace valutazione e gestione dei rischi. L’incontro si è concluso con un forte invito rivolto alle organizzazioni per superare i limiti della gestione reattiva al rischio e adottare un approccio agile e lungimirante per affrontare i rischi emergenti. E’ stata evidenziata inoltre la necessità di una formazione continua, della condivisione delle migliori pratiche e dello sviluppo di solidi sistemi interni per monitorare e rispondere alle minacce sanitarie impreviste ed imprevedibili.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




Accordo Pandemico Globale 2025

La pandemia COVID 19 ha messo in evidenza alcune inefficienze dello schema sanitario internazionale. Sotto gli auspici del WHO a Ginevra sono stati negoziati due strumenti internazionali: le modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale (IHR) e l’Accordo pandemico globale.

IHR. Il Regolamento Sanitario Internazionale è una normativa vincolante del WHO per la risposta alle emergenze sanitarie. In occasione del 76ma Assemblea Mondiale della Sanità (WHA), il massimo organo decisionale del WHO nel 2024 sono state apportate modifiche al testo IHR per superare alcuni limiti relativi alla preparazione degli Stati, compliance alle norme stabilite e funzionamento del Comitato di Emergenza per la dichiarazione di un’emergenza sanitaria, nonché mancanza DI riferimenti alle più recenti strategie basate sull’approccio One Health.

Accordo pandemico globale. Nel corso della 78ma sessione plenaria del 20 Maggio 2025 del WHA, i governi di 124 Paesi hanno adottato l’Accordo pandemico globale. L’accordo è il risultato di un negoziato intergovernativo avviato nel 2021 con l’obiettivo di promuovere un’azione multilaterale, di cooperazione e trasparenza tra i paesi membri, in particolare per sostenere quelli a basso e medio reddito, ed evitare il ripetersi del fallimento della governance globale sanitaria durante la pandemia da COVID 19 con errori, ineguaglianze e inefficienze nella distribuzione di vaccini ed altri presidi curativi. Sandra Gallina, Direttore della DG SANTE ha svolto il ruolo di negoziatore per conto dell’Unione Europea, con il supporto di un team di negoziazione e coordinamento con altri servizi nell’Unione Europea.  Sono stati coinvolti anche esperti tecnici degli Stati membri e rappresentanti a Ginevra e un comitato speciale con un ruolo di consulenza.

L’Accordo pandemico globale, composto da 35 articoli, stabilisce un quadro giuridico vincolante per prevenire, prepararsi e rispondere a future pandemie con maggiore equità, cooperazione e trasparenza.  I punti chiave sono:

  • Promozione dell’approccio One Health. One Health, come integrazione tra salute umana, animale e ambientale nelle politiche e strategie nazionali e formazione interdisciplinare degli operatori, compare negli articoli 1 (definizioni), 4 (prevenzione della pandemia e sorveglianza e 5 (approccio One Health per la preparazione alle pandemie).
  • Rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali
  • Sviluppo di capacità di ricerca e di trasferimento tecnologico (es. nei paesi i via di sviluppo)
  • Promozione della produzione locale di vaccini e strumenti medici
  • Creazione di un sistema multilaterale di accesso e condivisione dei patogeni e sequenze genetiche e di benefici derivati (es. vaccini, fondi, know-how) definito strumento PABS (Pathogen Access and Benefit-Sharing System) coerente e non contrastante con gli obiettivi della Convenzione sulla Diversità Biologica e del protocollo di Nagoya. La scadenza dei negoziati è fissata a Maggio 2026 in occasione della 79ma WHA.
  • Istituzione di una rete globale di logistica e approvvigionamento gestita dal WHO.

Merita una precisazione il punto del PABS. In sostanza le aziende farmaceutiche possono accedere  ai dati scientifici sui patogeni emergenti o nuovi, come la condivisione della sequenza genetica o di materiali biologici raccolti, ma in cambio devono garantire una “quota equa” di vaccini, strumenti diagnostici e farmaci in caso di pandemia, specie nei paesi in via di sviluppo. I dati dicono che un’equa distribuzione di farmaci durante la pandemia di CoViD-19, avrebbe potuto prevenire 1,3 milioni di decessi e centinaia di milioni di infezioni.

Occorre precisare che l’Accordo non contiene poteri vincolanti sui governi che possano fornire al Segretariato e Direttore Generale del WHO l’autorità di ‘ordinare, modificare o altrimenti prescrivere la legge nazionale e/o nazionale o di imporre requisiti che impongano alle Parti di intraprendere azioni specifiche, come vietare o accettare viaggiatori, imporre obblighi di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare blocchi“.

L’Accordo è stato approvato con 124 favorevoli, 0 obiezioni, 11 astensioni dalle delegazioni degli Stati membri. Per la firma occorrerà attendere il completamento dei negoziati sull’annesso tecnico PABS su cui le trattative riprenderanno a luglio. Successivamente si procederà con la ratifica di almeno di 60 paesi prima che l’accordo entri in vigore. L’Accordo però, nasce con difficoltà evidenti per l’incertezza finanziaria e di leadership dovute all’uscita degli Stati Uniti dal WHO. La questione finanziamenti non è di poco conto:  il budget annuale del WHO di 6,8 miliardi di dollari e gli USA contribuiscono attualmente a quasi un quinto di esso.

L ’Italia si è tirata fuori astenendosi al momento del voto in Assemblea e schierandosi nella stessa posizione di Russia, Iran, Israele Slovacchia e Polonia.  Nella dichiarazione sul voto il Ministro della Salute ha affermato che l’astensione è stata motivata dalla necessità di ‘riaffermare la sovranità degli Stati nella gestione delle questioni di sanità pubblica’ e dalla constatazione di questioni  aperte con riferimento ai principi di proporzionalità e protezione dei diritti fondamentali, inclusa la tutela dei dati personali e delle libertà individuali’. Reclamare la sovranità nazionale nel contrasto alle pandemie è un ossimoro. Le pandemie non conoscono confini nazionali e richiedono il coordinamento a livello globale di strategie, risorse e ricerche per la gestione efficace dei rischi di sanità pubblica e per la protezione dei cittadini.  Sebbene fonti ministeriali fanno sapere che quello italiano non è un voto contrario, si tratta di una decisione di neutralità ovviamente tutta politica, che facendo sponda a sirene negazioniste (es. no vax) ed antiscientifiche, sacrifica le ragioni della scienza e sconfessa gli sforzi fatti e gli impegni assunti dal Governo nella gestione della pandemia per la quale l’Italia ha pagato il prezzo più alto.  Tra l’altro L’Italia è stata tra i promotori (Friends of the treaty) del piano pandemico tre anni fa.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




La One Health nel processo decisionale

Il 21 marzo 2025 si è svolto l’incontro “La One Health nel processo decisionale” organizzato da FARE SANITA’, a cui ha partecipato Maurizio Ferri in rappresentanza della SIMeVeP.

Il tavolo, a cui hanno partecipato esperti ed esperte provenienti da settori e discipline afferenti alla STEM, ha voluto segnare l’inizio di un percorso per favorire l’ingresso di One Health nei processi decisionali applicati alle città, territori, attività produttive e sanità. Essendo una scienza delle relazioni con un impatto diretto sulla prevenzione delle malattie e dei disastri naturali, One Health deve favorire l’incontro ed integrazione in chiave preventiva e dinamica di discipline tecnico-scientifiche-sociali che si occupano di ambiente, salute umana, sanità animale, attività antropiche. Di sicuro la veterinaria pubblica si presenta ontologicamente con un forte accento One Health in virtù di interventi che storicamente operano nell’interfaccia ambiente-animale-uomo.

Il primo confronto ha consentito di stabilire alcune connessioni tra gli ecosistemi, tracciare le direttrici su cui muovere la cultura One Health nel nostro paese ed evidenziare le criticità nel rapporto science-policy, come la mancanza di una cultura delle relazioni tra i responsabili politici e di un approccio integrato alle problematiche sanitarie ed ambientali.  Tale cultura si costruisce anche e soprattutto promuovendo la prospettiva One Health nell’istruzione, formazione professionale e consapevolezza pubblica.

I lavori continueranno nei prossimi mesi e un documento programmatico redatto dai partecipanti al tavolo per sensibilizzare la politica e la comunità scientifica, verrà ufficialmente presentato in occasione dell’ evento Welfar, Fiera del Fare Sanità il 4-7 Novembre 2025 alla Fiera di Roma.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP