Pubblicate le Linee guida per il recupero e la riabilitazione dei chirotteri

Le linee guida rappresentano uno strumento tecnico metodologico di riferimento per tutti i centri di recupero per la fauna  e forniscono indicazioni aggiornate e uniformi sulle corrette procedure di gestione dei chirotteri durante le fasi di recupero e riabilitazione degli individui trovati in difficoltà. Il documento comprende una parte introduttiva generale, i criteri per il ricovero, le metodologie di stabulazione, un prontuario medico, esempi di interventi chirurgici e protocolli per la gestione delle patologie più comuni, oltre ai criteri per valutare l’idoneità alla vita libera e le modalità di rilascio in natura.

È inoltre presente una sezione dedicata alla gestione delle specie esotiche.

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Fonte: ISPRA




Comprendere gli impatti del cambiamento climatico sulla salute e il benessere animale

Comprendere gli impatti del cambiamento climatico sulla salute e il benessere animaleNell’ambito del progetto finanziato dall’UE “REFRESCAR”, il Gruppo di lavoro Salute e Benessere animale del Comitato Permanente per la Ricerca Agricola (SCAR) ha elaborato un questionario per raccogliere i pareri della comunità europea della ricerca, dell’innovazione e delle politiche sul tema del cambiamento climatico e del suo impatto sulla salute e sul benessere degli animali (inclusa l’acquacoltura), nonché sulle lacune e i bisogni di ricerca e innovazione specifici dei diversi Paesi.

L’invito a partecipare è rivolto a esperti di varie discipline che si occupano, direttamente o indirettamente, dell’argomento.

Le risposte raccolte serviranno a individuare priorità, opportunità e azioni per affrontare il tema in modo integrato.

Il sondaggio è attivo fino al 10 gennaio 2025

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27° Congresso Internazionale Fe.Me.S.P.Rum. a Bologna: un ritorno alle origini nel segno della cooperazione mediterranea

Si è concluso con grande partecipazione e interesse il 27° Congresso Internazionale della Federazione Mediterranea per la Sanità e la Produzione dei Ruminanti (Fe.Me.S.P.Rum.), ospitato nella storica cornice della città di Bologna.

L’evento, organizzato dal Prof. Arcangelo Gentile (Presidente della World Association for Buiatrics), ha riunito oltre 180 esperti del settore, tra veterinari clinici, ricercatori, accademici, zootecnici e rappresentanti delle istituzioni sanitarie, provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo, tra cui Algeria, Tunisia, Repubblica Araba Unita, Croazia, Grecia, Portogallo, Spagna, Turchia, Siria, Pakistan, oltre all’Italia.

Durante il congresso sono stati presentati oltre 110 contributi scientifici, suddivisi tra Keynote lecture, short comunication e poster, offrendo un ampio panorama delle attuali ricerche e innovazioni nel settore dell’allevamento dei ruminanti. I lavori hanno affrontato in maniera articolata le principali sfide sanitarie, produttive e ambientali legate all’allevamento dei ruminanti, con un focus trasversale su questioni emergenti come il cambiamento climatico, le malattie transfrontaliere e la sostenibilità dei sistemi zootecnici. Il cambiamento climatico è stato analizzato per il suo impatto sul benessere animale, con studi che hanno evidenziato strategie per mitigare lo stress da calore nei ruminanti e migliorare la resilienza degli allevamenti. Le malattie transfrontaliere, come la peste dei piccoli ruminanti, la pleuropolmonite contagiosa e la dermatite nodulare contagiosa, sono state discusse in relazione alla loro diffusione e alle misure di controllo, sottolineando l’importanza di un approccio “One Health”. Infine, la sostenibilità dei sistemi zootecnici è stata esplorata attraverso l’adozione di tecnologie innovative, la riduzione delle emissioni di gas serra e l’uso di sottoprodotti agroindustriali per migliorare la qualità dei prodotti e ridurre l’impatto ambientale.

Il congresso si è, dunque, configurato come un importante momento di confronto ed aggiornamento scientifico tra ricercatori, professionisti del settore e stakeholder, contribuendo a delineare le future direttrici della ricerca e dell’innovazione nell’allevamento dei ruminanti.

Programma scientifico e raccolta degli abstract

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Prof. Annamaria Passantino, DVM, Ph.D., Dipl. ECAWBM(AWSEL) (Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università degli Studi di Messina




Cambiamenti climatici: anche i mammiferi del deserto sempre più vulnerabili all’aumento delle temperature

Nonostante il termine deserto si associ a un’idea di vuoto o disabitato, gli ecosistemi desertici ospitano una componente importante di biodiversità, unica nel suo genere.

Da animali ormai noti ai più come la volpe del deserto a simboli della conservazione come l’orice (antilope africana e del Medio Oriente), fino a piccoli roditori: sono solo alcuni esempi della biodiversità che caratterizza i deserti del nostro Pianeta.

Le condizioni estreme alle quali queste specie sono esposte hanno portato nel tempo alla selezione di tratti che le rendono adatte alla vita di deserto. Tuttavia, nemmeno tali specifici adattamenti potrebbero essere abbastanza per far fronte alla crisi climatica.

A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Global ecology and biogeography, condotto dai ricercatori della Sapienza Università di Roma sui mammiferi della penisola arabica.

La ricerca sui mammiferi della Penisola arabica

I risultati dimostrano che le tolleranze termiche e gli adattamenti dei mammiferi di deserto all’aridità potrebbero rivelarsi inefficaci contro l’aumento delle temperature, esponendo questa componente unica della biodiversità a conseguenze potenzialmente disastrose.

“Abbiamo scelto per il nostro studio – spiega Chiara Serafini, ricercatrice del Dipartimento di biologia e biotecnologie Charles Darwin – una delle zone più aride della Terra. Non a caso qui si trova il più esteso deserto sabbioso al mondo, il Rub’ al-Khali. Questo ci ha consentito di indagare sulla risposta al cambiamento climatico delle specie che oggi vivono ai limiti termici del nostro Pianeta”.

Partendo dalla tolleranza termica delle singole specie, i ricercatori hanno constatato che i mammiferi della penisola arabica non soltanto si trovano a vivere ai confini termici della Terra. Ma sfidano anche i limiti concessi dalla loro stessa fisiologia. In altre parole, le condizioni climatiche in cui questi animali storicamente vivono sono estremamente vicine alla loro massima tolleranza possibile.

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Fonte: aboutpharma.it




Pelo e lana come strumenti per monitorare il Benessere Animale

Un nuovo metodo di analisi consente di misurare con maggiore accuratezza gli ormoni legati allo stress in cavalli e pecore, offrendo uno strumento utile per valutare il loro benessere nel tempo

Lo stress negli animali non è solo un problema di comportamento o di salute veterinaria. Conoscere quanto un animale sia esposto a condizioni stressanti significa migliorare le sue condizioni di vita e, nel caso degli allevamenti, garantire una produzione più sostenibile e attenta al benessere. È un’informazione preziosa per i proprietari, per i veterinari e per chi si occupa di politiche agricole e ambientali.

Ma misurare lo stress non è semplice. Gli ormoni che lo regolano, come il cortisolo, variano molto rapidamente nel sangue o nella saliva e raccontano solo ciò che accade nell’immediato. Diverso è il discorso per i tessuti come il pelo e la lana, dove la presenza di questi ormoni si accumula nel tempo, permettendo di avere una fotografia di lungo periodo.

Proprio su questo si è concentrato lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports dal reparto di Bromatologia e Residui dei Farmaci dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (IZSAM), in collaborazione con l’Università di Milano e quella di Urbino. I ricercatori hanno sviluppato due nuovi metodi per misurare con grande precisione quattro ormoni legati alla risposta allo stress (cortisolo, cortisone, DHEA e DHEAS) in campioni di criniera di cavallo e lana di pecora.

“Abbiamo utilizzato – dice Giorgio Saluti dirigente chimico IZSAM – una tecnologia analitica precisa e selettiva, la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa ad alta risoluzione (LC-HRMS/MS), insieme a una strategia chiamata ‘surrogate analyte approach’, che consente di superare alcuni problemi tecnici legati alla mancanza di campioni di riferimento privi di ormoni”.

La surrogate analyte approach permette infatti di affrontare un problema comune nella misurazione di sostanze già normalmente presenti nell’organismo. Nel caso di sostanze inquinanti, basterebbe effettuare le misurazioni su animali che non vi siano stati esposti, che in questo modo costituirebbero il campione di riferimento. Ma con gli ormoni, non esiste un campione “bianco” con cui confrontare i risultati. Per risolvere questo limite, i ricercatori aggiungono al campione delle molecole artificiali costruite in modo da imitare gli ormoni da misurare. Queste molecole sono quasi identiche a quelle naturali, ma contengono piccoli marcatori (come isotopi stabili) che permettono di distinguerle. Confrontando la risposta dello strumento tra gli ormoni “veri” e quelli marcati, è possibile ottenere misure molto precise, anche in un contesto complesso come il pelo o la lana, dove possono esserci molte sostanze interferenti.

“Il metodo – continua il dirigente – è stato messo a punto e validato su campioni raccolti da animali che vivono in aree marginali dell’Appennino. È importante sottolineare la sua sensibilità: è capace di rilevare quantità anche molto basse di questi biomarcatori, una caratteristica determinante per valutare il benessere degli animali in contesti reali, come allevamenti o ambienti naturali”.

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Fonte: IZS Lazio e Toscana




Sperimentazione animale: tra necessità scientifica ed etica della ricerca

La sperimentazione animale rimane uno dei nodi più dibattuti nel panorama scientifico contemporaneo. Ancora oggi è un passaggio fondamentale nello sviluppo di farmaci e terapie, sia per l’essere umano che per gli animali stessi. Si può considerare pratica anacronistica, o più una necessità scientifica condotta con rigore etico senza precedenti nella storia?
Quali sono gli attuali standard etici e normativi e come ci siamo arrivati? E, nonostante i progressi tecnologici, i modelli animali restano ancora oggi insostituibili?

Un tema tutt’altro che scontato, che affonda le sue radici e la sua complessità già nei secoli passati, assumendo un ruolo centrale nel dibattito sulla ricerca biomedica già nei secoli scorsi. Claude Bernard, considerato il padre della moderna fisiologia, utilizzò modelli animali nella prima metà dell’800 con metodi che oggi considereremmo “azzardati”, in nome dell’utilità per il genere umano. Louis Pasteur, condusse studi che portarono al vaccino contro la rabbia e salvarono milioni di vite umane, ma con una metodologia spesso cruenta e priva di regole.

Questa mancanza di regolamentazione suscitò un dibattito pubblico vivace, portando alla nascita delle prime associazioni in difesa degli animali e a un cambiamento filosofico dell’epoca. È Jeremy Bentham a incarnare la lotta per la difesa dei diritti degli animali: la questione per lui non è se una creatura può ragionare o può parlare, ma se una creatura può soffrire. Fu nel 1876 che si arrivò con il Cruelty to Animal Act britannico, alla prima legge che regolamentava la sperimentazione animale, introducendo concetti rivoluzionari: minimizzazione del dolore, giustificazione dell’esperimento e certificazione dello sperimentatore.

Nella mentalità e nei valori etici e morali della società, questi principi diventano sempre più rilevanti. E anche la comunità scientifica li assorbe e li implementa.

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Fonte: scienzainrete.it




Benessere delle galline ovaiole in Italia: cosa ci raccontano le loro condizioni al momento della macellazione

Ogni giorno, milioni di uova arrivano sulle nostre tavole. Ma cosa sappiamo del benessere delle galline che le producono? Un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Poultry Science, frutto della collaborazione tra Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), Università di Padova (Dip. Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente – DAFNAE), Az. Ulss 5 Polesana e Delta Group Agroalimentare spa, ha analizzato in fase di macellazione oltre 30.000 galline provenienti da 50 allevamenti italiani per scoprirlo, osservando direttamente i segni lasciati sul loro corpo dalla permanenza in allevamento.

Uno studio condotto in collaborazione da IZSVe, Università di Padova, AULSS5 Polesana e Delta Group Agroalimentare spa ha analizzato in fase di macellazione oltre 30.000 galline provenienti da 50 allevamenti italiani, osservando direttamente i segni lasciati sul loro corpo dalla permanenza in allevamento. I ricercatori hanno esaminato in particolare lesioni sternali e dermatiti plantari, e analizzato i principali fattori di rischio sulla base delle informazioni disponibili al macello. Lo studio ha enfatizzato l’importanza del macello come efficace e strategico “osservatorio epidemiologico”.

I ricercatori hanno esaminato:

  • lesioni sternali, che possono essere associate a fragilità ossea e collisione con le strutture
  • dermatiti plantari, associate a una qualità della lettiera e delle superfici non ottimali

Questi segnali, visibili solo dopo la spiumatura al macello, sono considerati “misure basate sull’animale” (animal based measures – ABM) e possono fornire indicazioni sul benessere degli animali in allevamento.

Lo studio ha quantificato l’incidenza dei diversi problemi e ha analizzato i principali fattori di rischio sulla base delle informazioni disponibili al macello, con particolare riguardo a:

  • Tipo di allevamento: nelle gabbie arricchite il rischio di dermatiti plantari è inferiore rispetto ai sistemi a terra, ma aumenta il rischio di lesioni sternali con i sistemi a più livelli (voliere) che si collocano in una posizione intermedia.
  • Linea genetica: le galline rosse, più pesanti rispetto alle linee bianche, sono meno esposte a rischio di lesioni sternali, ma più a rischio per le dermatiti plantari.
  • Età: le partite macellate dopo le 90 settimane hanno mostrato complessivamente meno lesioni, indicando che il prolungamento del ciclo produttivo non rappresenta di per sé un fattore di rischio, ma potrebbe essere piuttosto associato a una migliore gestione degli animali.
  • Stagione: in autunno e inverno aumenta il rischio di dermatiti plantari, presumibilmente per la più difficile gestione dell’umidità della lettiera e quindi una sua minore qualità.

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Fonte: IZS Venezie




L’Animal Task Force sottolinea il ruolo multifunzionale della zootecnia

Un nuovo e significativo documento, chiamato “Policy Brief – Livestock are more than food” (Gli animali da allevamento sono molto più che cibo), elaborato dall’Animal Task Force (ATF) e reso noto da FEFAC (Federazione Europea dei Produttori di Mangimi), mette in luce l’ampio spettro di benefici che la zootecnia europea offre alla società, andando ben oltre la mera produzione alimentare. Questa pubblicazione mira a sensibilizzare i decisori politici e il pubblico sulla profonda multifunzionalità del settore.

Il documento della ATF sottolinea come gli allevamenti siano un pilastro non solo per la sicurezza alimentare, garantendo proteine di alta qualità e micronutrienti essenziali, ma anche per la circolarità dell’economia. Gli animali, infatti, trasformano sottoprodotti agricoli e scarti non commestibili dall’uomo in risorse preziose, contribuendo a ridurre gli sprechi e a valorizzare filiere che altrimenti sarebbero sottoutilizzate. Questa capacità di conversione è fondamentale per un sistema alimentare efficiente e sostenibile.

Oltre a ciò, la zootecnia riveste un ruolo cruciale nella gestione del territorio e nella preservazione della biodiversità. Attraverso il pascolamento e la gestione delle aree rurali, gli animali contribuiscono a mantenere paesaggi aperti, a prevenire incendi e a sostenere ecosistemi complessi. Le loro deiezioni, opportunamente gestite, sono una risorsa preziosa per la fertilizzazione dei suoli, riducendo la dipendenza da fertilizzanti chimici e migliorando la salute del terreno.

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Fonte: mangimiealimenti.it




Test sugli animali. L’industria farmaceutica europea disegna la road map verso l’addio in 3 fasi

laboratorio

“Ridisegnare da zero le basi della valutazione della sicurezza dei farmaci è una sfida colossale, ma sempre più concreta. Con la pubblicazione delle nuove raccomandazioni dell’Efpia—la Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche—sul superamento della sperimentazione animale per la sicurezza chimica, il futuro appare più vicino”. E’ quanto scrive Kirsty Reid, Director for Science Policy della Federazione europea delle industrie farmaceutiche (Efpia), parlando del nuovo documento messo a punto dall’organizzazione per superare i test animali per la sicurezza dei farmaci.

Negli ultimi anni si è assistito a un profondo mutamento di paradigma: la questione non è più “se” ridurre i test sugli animali, ma “come” farlo in modo responsabile, strategico e condiviso. La società civile chiede modelli più umani, la scienza si fa più precisa e le istituzioni europee iniziano ad aprirsi al cambiamento, si evidenzia.


Alla base del lavoro dell’Efpia c’è il principio delle 3R- Replacement (sostituzione), Reduction (riduzione) e Refinement (affinamento). Il nuovo report propone un approccio strutturato per avviare la transizione verso un sistema di valutazione della sicurezza chimica senza animali, attraverso un modello classificatorio definito “3 Baskets”. Questo schema prevede una primategoria di test che possono essere interrotti già da ora, in quanto considerati obsoleti, ridondanti o privi di reale utilità scientifica. Una seconda categoria comprende invece i test per cui sono in fase di sviluppo valide alternative, che tuttavia necessitano ancora di validazione. Infine, una terza categoria riconosce l’esistenza di test complessi, per i quali la scienza non ha ancora raggiunto soluzioni adeguate, ma dove la ricerca d’avanguardia potrebbe aprire nuove possibilità.

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Fonte: quotidianosanita.it




Studio degli indicatori di benessere nelle fasi di macellazione dei volatili

Il Centro di Referenza Europeo per il benessere dei volatili e delle piccole specie (EURCAW-SFA) al quale IZSLER partecipa, ha avviato uno studio tecnico per valutare la prevalenza e la ripetibilità tra diversi osservatori degli indicatori più validi e fattibili basati sugli animali, per valutare lo stato di coscienza nelle anatre dopo lo stordimento con bagno d’acqua, sia prima che durante il dissanguamento.

Lo studio mira inoltre a valutare l’efficacia dello stordimento dei principali parametri elettrici attualmente utilizzati in diversi macelli. Le visite ai macelli commerciali in Spagna, Italia, Francia e Paesi Bassi proseguiranno nei prossimi mesi. Oltre alla revisione finale, la cui consegna è prevista entro la fine del 2026, verrà pubblicata una specifica scheda informativa. Questi materiali proporranno indicatori affidabili e pratici per valutare lo stato di coscienza nelle anatre dopo lo stordimento con bagno d’acqua in condizioni commerciali. Allo studio partecipano anche esperti IZSLER sul benessere dei volatili allevati. Il gruppo ha pubblicato di recente un articolo dedicato agli indicatori di coscienza nello stordimento dei volatili sulla rivista Animals.(foto EURCAW-SFA)

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Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna