CoViD-19, numeri, considerazioni e previsioni

Giovanni Di Guardo, in un articolo pubblicato su La Citta del 6 maggio ci offre alcuni spunti di riflessione sulla necessità di interpretare opportunamente i numeri della pandemia in corso per comprendere la reale dimensione e portata dell’infezione da SARS-CoV-2 in Italia, con particolare riferimento al numero dei decessi da/per/con CoViD-19 che continua a permanere “inspiegabilmente” troppo elevato a fronte della riduzione della trasmissione/diffusione del virus confermata dalla diminuzione dei ricoveri ospedalieri per CoViD-19 e in patticolare nelle  “unità di terapia intensiva”.

Un altro aspetto da tenere in considerazione che il Professore offre da Medico Veterinario che fa del principio/concetto della “One Health” il proprio vessillo culturale e identitario,  riguarda l’evoluzione della pandemia da SARS-CoV-2 o, per meglio dire, le “traiettorie” future che potrebbero caratterizzare il lungo viaggio del virus che con ogni probabilità ha tratto la propria origine –  al pari dei suoi due “predecessori” SARS-CoV e MERS-CoV – da un “primario serbatoio animale” (pipistrelli del genere Rinolophus) e, forse, anche da uno “secondario” (a tutt’oggi non ancora identificato).

La comprovata attitudine di SARS-CoV-2 nei confronti di quel fenomeno che va sotto il nome di “ricombinazione genetica” andra’ opportunamente valutata anche negli animali, con particolare riferimento alle diverse specie di mammiferi domestici e selvatici gia’ rivelatesi suscettibili nei riguardi dell’infezione. Su queste spicca in particolar modo il visone, l’unica specie dimostratasi in grado, a tutt’oggi, di acquisire naturalmente l’infezione da noi umani e di “restituirci” il virus in forma mutata (“cluster 5”)” sottolinea Di Guardo.

 




CoViD-19, influenza e morbillo, una salvifica alleanza fra vaccini

A pochi giorni dall’avvio della campagna vaccinale in Italia, che dovrebbe auspicabilmente portare all’immunità di gregge nei confronti di  SARS-CoV-2 entro al fine del 2021, il Prof. Giovanni Di Guardo, Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facolta’ di Medicina Veterinaria dell’Universita’ di Teramo, con  una lettera al Direttore pubblicata su Quotidiano Sanità, invita a riflettere sulla contestuale importanza della vaccinazione anti-influenzale “di massa” e dei grandi benefici conferiti dalla vaccinazione di massa nei confronti del morbillo.

Recentemente sulle pagine della prestigiosa Rivista Science, è stato descritto il meccanismo patogenetico attraverso il quale il virus del morbillo sarebbe capace d’indurre una singolare condizione di “amnesia immunitaria” nei pazienti infetti. Ciò equivale a dire che il sistema immunitario di un individuo che dovesse sviluppare il morbillo “si dimenticherà”, per così dire, di tutti gli agenti biologici, virali e non, che quello stesso soggetto dovesse avere “incontrato” in precedenza a seguito di un’infezione naturale, così come pure a seguito di una vaccinazione.

Conclude Di Guardo

“Proviamo ad immaginare, per un solo istante, quale “catastrofe” potrebbe avere origine dal “ritorno” del morbillo in un contesto d’immunità di gregge già acquisita dalla popolazione generale nei confronti della CoViD-19, ragion per cui mai e poi mai dismettere, senza la benché minima esitazione, le campagne di vaccinazione di massa nei confronti del virus del morbillo!”




Cibo sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus

Sarà presentato il 6 dicembre 2021 a Perugia il libro di Maurizio Martina, vicedirettore generale della FAO, “Cibo sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus”

Ore 14,30 – Saluti istituzionali
Amedeo Bianco, Presidente della Fondazione Onaosi
Aldo Grasselli, vice Presidente della Fondazione Onaosi
Giorgio Eduardo Montanari, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche
Fabrizio Rueca, Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria
Maurizio Oliviero, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia

Tavola rotonda per la presentazione del volume
Chairman: Maurizio Monaci, Professore dell’Università degli Studi di Perugia
Coordina: Margherita D’Amico, Scrittrice e Giornalista
Nicola Bertinelli, vice Presidente Coldiretti, Presidente del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano
Beniamino Cenci Goga, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare
Alessandro Fantini, Direttore Ruminantia
Maurizio Martina, vice Direttore Generale “Food and Agriculture Organizationof the United Nations”
Maurizio Oliviero, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia
Lorella Tosone, Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia

Ore 16,30 – L’impatto della pandemia sulla sicurezza alimentare nel mondo
Luca Pieroni e Lorella Tosone dialogano con Maurizio Martina a partire dal rapporto “The state of food security and nutrition in the world, 2021” (Fao, Ifad,Unicef, Wfp, Who).

E’ possibile partecipare all’evento anche attraverso la piattaforma Zoom

Locandina




One Health EJP Summer School 2021. Environmental Issues in One Health: from risk assessment to surveillance

Si chiuderanno il 31 maggio 2021 le candidature per partecipare, gratuitamente, alla One Health EJP Summer School 2021, che si svolgerà in modalità virtuale dal 26 luglio al 6 agosto 2021.

L’ambiente è un pilastro di One Health e le questioni ambientali devono essere illustrate e discusse nei loro aspetti sfaccettati: valutazione dei rischi, ruolo dei fattori legati all’ecosistema, ruolo dei fattori prodotti dall’uomo, l’azienda agricola come modificatore ambientale e la questione della sostenibilità.

Pertanto, questa Summer School sarà suddivisa in 4 moduli:

Modulo 1: salute planetaria, la valutazione del rischio ambientale, cambiamenti climatici,  zoonosi e la resistenza antimicrobica nell’ambiente naturale, uso della genomica nella sorveglianza, fauna selvatica, mangimi, lsostenibilità sanitaria e l’epidemiologia.

Modulo 2: workshop a cura della FAO su One Health, sostenibilità e sicurezza alimentare

Modulo 3: due workshop a cura degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali italiani e dell’Istituto Superiore di Sanità dei nostri partner in Italia su due diversi casi di studio: Una sorveglianza sanitaria dell?antimicrobicoresistenza e Un approccio multidisciplinare one health all’inquinamento ambientale.

Modulo 4: analisi integrata dei rischi, governance one health e comprensione della scienza per la società.

Tutte le informazioni sono disponibili qui




SARS-CoV-2. Virus “parenti” nei pipistrelli in Giappone e Cambogia

Trovati “parenti stretti” del virus Sars-CoV-2 in due laboratori fuori dalla Cina. Un gruppo di ricercatori ha riferito alla rivista Nature di aver trovato un coronavirus strettamente correlato a SARS-CoV-2 nei pipistrelli a ferro di cavallo conservati in un congelatore in Cambogia. Nel frattempo, un team in Giappone ha segnalato la scoperta di un altro coronavirus strettamente correlato, trovato negli escrementi di pipistrello congelati. I virus sono i primi parenti noti di SARS-CoV-2 a essere trovati al di fuori della Cina e confermano quanto concluso dall’Organizzazione mondiale della sanità e cioè che la pandemia ha origini animali.

Ci sono evidenze forti che suggeriscono che SARS-CoV-2 abbia avuto origine nei pipistrelli a ferro di cavallo, ma rimane un mistero se sia passato direttamente dai pipistrelli alle persone o attraverso un ospite intermedio.

Il virus in Cambogia è stato trovato in due pipistrelli a ferro di cavallo di Shamel (Rhinolophus shameli) catturati nel Nord del paese nel 2010. Il genoma del virus non è stato ancora completamente sequenziato – né la sua scoperta è stata pubblicata – rendendo difficile accertare il pieno significato della sua esistenza per la pandemia.

Se il virus è strettamente correlato a quello pandemico o addirittura a un suo antenato, potrebbe fornire informazioni cruciali su come SARS-CoV-2 è passato dai pipistrelli alle persone e confermare ulteriormente che l’origine della pandemia è animale, afferma Veasna Duong, un virologo presso l’Istituto Pasteur in Cambogia a Phnom Penh, che ha guidato la ricerca sui vecchi campioni in Cambogia e che ha allertato Nature della sua scoperta all’inizio di novembre. Per fornire queste informazioni, il virus dovrebbe condividere più del 97 per cento del suo genoma con SARS-CoV-2, diventando così il parente più stretto conosciuto.

Ma il nuovo virus potrebbe essere anche più distante e in questo caso studiarlo aiuterà gli scienziati a saperne di più sulla diversità in questa famiglia di virus, secondo Etienne Simon-Loriere, virologo presso l’Istituto Pasteur di Parigi, che prevede di sequenziare il virus e poi pubblicare i risultati.

L’altro virus si chiama Rc-o319 ed è stato identificato in un piccolo pipistrello giapponese a ferro di cavallo (Rhinolophus cornutus) catturato nel 2013.

Questo virus condivide l’81 per cento del suo genoma con SARS-CoV-2, il che rende un parente meno stretto e che quindi può dirci poco sull’origine della pandemia, secondo Edward Holmes, virologo dell’Università di Sydney in Australia. “Indipendentemente da ciò che ha trovato il team cambogiano, entrambe le scoperte sono entusiasmanti perché confermano che i virus strettamente correlati a SARS-CoV-2 sono relativamente comuni nei pipistrelli Rhinolophus e persino nei pipistrelli trovati fuori dalla Cina”, scrive Nature citando Alice Latinne, biologa evolutiva del Wildlife. “Questo è quello che stavamo cercando e l’abbiamo trovato”, dice Duong.

È stato emozionante e sorprendente allo stesso tempo”, aggiunge. I risultati suggeriscono anche che altri parenti di SARS-CoV-2 non ancora scoperti potrebbero essere conservati nei congelatori di qualche laboratorio, afferma Aaron Irving, un ricercatore di malattie infettive presso l’Università di Zhejiang a Hangzhou, in Cina, che ha in programma di testare campioni conservati di pipistrelli e altri mammiferi per gli anticorpi contro SARS-CoV-2.

Non mi aspettavo di trovare un parente di SARS-CoV-2”, dice il virologo Shin Murakami presso l’Università di Tokyo, che faceva parte del team che ha deciso di riesaminare i campioni di animali congelati. Solo una manciata di coronavirus noti sono strettamente correlati a SARS-CoV-2, incluso il suo parente più vicino noto, RaTG13. Questo è stato scoperto in pipistrelli a ferro di cavallo intermedi (Rhinolophus affinis) nella provincia cinese dello Yunnan nel 2013. Ci sono anche molti altri coronavirus, trovati in altri pipistrelli e pangolini catturati tra il 2015 e il 2019, che gli scienziati ora sanno essere strettamente correlati a SARS-CoV-2.

SARS-CoV-2 probabilmente non era un virus nuovo di zecca che è apparso all’improvviso. I virus in questo gruppo esistevano prima che ne venissimo a conoscenza nel 2019”, afferma Tracey Goldstein, direttore associato del One Health Institute presso l’Università della California, Davis, che ha collaborato con il team cambogiano. Latinne afferma che le scoperte confermano che i pipistrelli Rhinolophus sono il serbatoio di questi virus. Il team di Duong ha catturato i pipistrelli a ferro di cavallo di Shamel in Cambogia come parte del progetto PREDICT finanziato dal governo degli Stati Uniti, che per decenni ha esaminato la fauna selvatica in tutto il mondo alla ricerca di virus con potenziale pandemico e si è concluso all’inizio di quest’anno.

Ad aprile, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale ha assegnato al programma ulteriori 3 milioni di dollari e un’estensione di 6 mesi per cercare prove di SARS-CoV-2 in campioni animali – principalmente pipistrelli, pangolini e altri animali – conservati in congelatori da laboratorio in Laos, Malesia, Nepal, Thailandia, Vietnam e Cambogia. Un rapporto completo di queste indagini è previsto nelle prossime settimane.

Duong afferma che il sequenziamento preliminare del genoma di un breve frammento del nuovo virus pipistrello – lungo 324 paia di basi – ha mostrato che era simile in una particolare regione di SARS-CoV-2 e RaTG-13, suggerendo che i tre sono strettamente correlati. Quella regione è altamente conservata nei coronavirus, dice Latinne, e viene spesso utilizzata per identificare rapidamente se un virus è nuovo o noto. Ma non è ancora chiaro se RaTG-13 o il nuovo virus sia più strettamente correlato a SARS-CoV-2. È difficile dirlo con un frammento così piccolo, dice Vibol Hul, virologo anche presso l’Istituto Pasteur in Cambogia, che ha catturato i pipistrelli a ferro di cavallo di Shamel all’ingresso di una grotta nel 2010. In un’analisi separata, il team della Cambogia ha sequenziato circa il 70 per cento del genoma del nuovo virus. Da quella sequenza mancavano le istruzioni per le parti cruciali del virus, come i geni che codificano la proteina spike che i coronavirus usano tipicamente per entrare nelle cellule. Il sequenziamento di quella sezione indicherà se questo virus può infettare le cellule umane, afferma Duong.

Il nuovo virus dovrebbe essere almeno per il 99 per cento simile a SARS-CoV-2 per essere considerato un antenato immediato dell’attuale virus pandemico, afferma Irving. I genomi di RaTG13 e SARS-CoV-2 differiscono solo del 4 per cento, ma questa divergenza rappresenta tra i 40 ei 70 anni di evoluzione poiché condividevano un antenato comune. Anche se a distanza di decenni, i virus sono abbastanza simili da utilizzare lo stesso recettore per entrare nelle cellule. Gli studi sulle cellule suggeriscono che RaTG13 potrebbe infettare le persone. Tra i coronavirus noti relativi alla SARS-CoV-2, l’Rc-o319 appena scoperto sembra essere il più distante, dice Duong. Negli studi sulle cellule, il team giapponese ha scoperto che il virus non può legarsi al recettore che SARS-CoV-2 utilizza per entrare nelle cellule umane, suggerendo che non potrebbe infettare facilmente le persone.

Shin afferma che i suoi colleghi hanno catturato più pipistrelli in Giappone all’inizio di quest’anno e hanno in programma di testarli per i coronavirus. E in ottobre, Hul è tornato nella grotta nel Nord della Cambogia per catturare altri pipistrelli. Probabilmente esistono più coronavirus correlati a SARS-CoV-2 nelle popolazioni di pipistrelli Rhinolophus, che vivono in tutta la regione, afferma Holmes. “Si spera che uno o più di questi siano così strettamente correlati a SARS-CoV-2 che possiamo considerarlo il vero antenato”, conclude.




FVE: ONE HEALTH ruolo dei veterinari e sostenibilità della produzione alimentare

FVE – Federazione dei veterinari europei è impegnata in una campagna di informazione sul ruolo e l’impegno dei medici veterinari per la sostenibilità dei sistemi alimentari attraverso attraverso la promozione della salute, del benessere e della salute pubblica degli animali nell’ottica dell’approccio One health.

• Documento di sintesi FVE https://bit.ly/3I2J1r6

• Il ruolo dei veterinari nella promozione di One Health – un bene pubblico globale – https://bit.ly/3riLMhX

• #Whylivestockmatter – Campagna ILRI – https://whylivestockmatter.org/livestock-pathways-2030-one-health

 




SARS-CoV-2, aumenta il numero delle specie animali sensibili

E’ di poche settimane fa la notizia relativa alla presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 – il famigerato coronavirus responsabile della CoViD-19 – in un’elevata percentuale (40%) di “cervi a coda bianca” popolanti la regione nord-orientale degli USA.

Ciò desta preoccupazione per una serie di motivi, come ho anche riferito in una mia “Lettera all’Editore” pubblicata sulla prestigiosa Rivista BMJ .

Degna della massima considerazione sarebbe, in primo luogo, l’avvenuta esposizione al virus della succitata popolazione di cervidi, ai quali lo stesso sarebbe stato trasmesso, con ogni probabilità, da uno o più individui SARS-CoV-2-infetti. In secundis, la propagazione dell’infezione ad un così ingente numero di esemplari suggerisce che il virus si sarebbe trasmesso all’interno della specie, il cui comportamento gregario ne avrebbe favorito la diffusione.

Numerose sono, altresì, le specie animali domestiche e selvatiche già dichiarate suscettibili nei confronti dell’infezione (naturale e/o sperimentale) da SARS-CoV-2. Fra queste si annoverano gatto, cane, criceto, furetto, leone, tigre, leopardo delle nevi, puma, gorilla, lontra e visone: elenco tutt’altro che esaustivo, ma che già di suo denota la notevole “plasticità” del virus, presumibilmente originatosi da uno o più “serbatoi” animali e capace d’infettare specie filogeneticamente assai distanti fra loro.

Un discorso a parte in tale ambito lo merita il visone, in cui SARS-CoV-2, una volta acquisito dall’uomo, sarebbe evoluto in una temibile “variante” (“cluster 5) per esser quindi “restituito” all’uomo in forma mutata, come è stato dimostrato un anno fa in numerosi allevamenti di visoni olandesi e danesi.

La comprovata capacità d’infettare in condizioni naturali un crescente numero di specie animali domestiche e selvatiche andrebbe pertanto considerata ai fini sia della loro salute e conservazione sia del potenziale sviluppo di nuove varianti di SARS-CoV-2, nella sana ottica della “One Health“, alias la “salute unica” di uomo, animali ed ambiente.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Vaccini anti-CoViD-19 e trombosi, alcune domande cruciali

E’ pubblicato su “La Città” del 25 aprile 2021 un interessante articolo di Giovanni Di Guardo, già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo, che pone una serie di temi che andrebbero approfonditi a proposito dei pur assai rari incidenti trombotici (1 caso ogni 150-200.000 vaccinati, con esito infausto riportato in circa 1.000.000-1.500.000 di soggetti vaccinati, soprattutto di sesso femminile e di età inferiore ai 50 anni) riscontrati a seguito dell’utilizzo dei 2 vaccini anti-CoViD-19 a vettore virale, prodotti da AstraZeneca e Johnson & Johnson.

Ribadendo che il rischio zero è un’utopia e che i benefici della vaccinazione sono ben più alti del rischio rappresentato da CoViD-19, il Professore riprende quanto già osservato con una “Lettera all’Editore” recentemente pubblicata sul prestigioso “British Medical Journal”,  suggerendo l’approfondimento dei seguenti aspetti:

  • Qual e’ il motivo o quali sono i motivi per cui i succitati fenomeni trombotici si verificano soprattutto negli individui di sesso femininile e di eta’ inferiore ai 50 anni?
  • Essendo i due vaccini in oggetto basati sulla tecnologia del “vettore virale”, analogamente a quanto accade per il vaccino russo “Spubtnik 5” e a differenza degli altri due vaccini anti- CoViD-19 prodotti dalla Pfizer-BioNTech e da Moderna, che si avvalgono entrambi della tecnologia dell’RNA messaggero, quale sarebbe il ruolo eventualmente esplicato dall’adenovirus che funge da “vettore virale” (assolutamente innocuo per la nostra specie, fra l’altro) nella genesi della condizione “auto-immunitaria” che sarebbe alla base dell’insorgenza delle affezioni trombotiche in parola?
  • Quale sarebbe, inoltre, il contributo eventualmente esercitato dalla “proteina spike” (S) del virus – il piu’ importante ed il piu’  immunogenico antigene di SARS-CoV-2, grazie al quale il virus sarebbe in grado di penetrare all’interno delle nostre cellule – nella genesi delle suddette affezioni?

Si tratta di alcune domande cruciali alle quali la ricerca e’ chiamata a fornire una serie di risposte.

Leggi l’articolo completo




ISS: Approccio ambientale all’antimicrobico-resistenza

E’ stato recentemente pubblicato il Rapporto ISTISAN 21/3 “Approccio ambientale all’antimicrobico-resistenza”.

Ad oggi, il ciclo dell’antibiotico-resistenza in ambiente è ancora in parte oscuro, non tanto nell’identificazione delle sorgenti di contaminazione e del rischio per l’uomo che questa sottende, ma piuttosto per una corretta conoscenza dei fenomeni naturali e delle interazioni ecologiche e  ambientali che promuovono la stabilizzazione e anche la proliferazione di resistenze di origine umana in ambiti naturali” si legge nel rapporto che sostiene un approccio One Health al problema.

Considerato l’attuale contesto pandemico, l’elevato consumo di antibiotici nel mondo e la necessità di misure condivise e intersettoriali per il contrasto alla resistenza antimicrobica, il rapporto raccoglie le evidenze disponibili in Italia in tema di AMR e ambiente, e fornisce
indicazioni sugli elementi prioritari d’intervento quali l’informazione e l’educazione della popolazione ad un corretto uso e smaltimento degli antimicrobici, l’attività di ricerca e training specifico per colmare lacune conoscitive, l’uso di sistemi innovativi di depurazione dei reflui
civili e ospedalieri, oltre alle prospettive di innovazione nella gestione degli allevamenti intensivi..




Long CoViD e anticorpi anti-idiotipo

Le sequele dell’infezione da SARS-CoV-2, efficacemente riassunte dall’espressione “long CoViD“, interesserebbero su scala globale circa 100 dei 260 milioni di individui virus-infetti, 5.200.000 dei quali hanno sinora sviluppato forme di malattia ad esito letale (con oltre 130.000 decessi segnalati in Italia).

Secondo uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, gli anticorpi anti-idiotipo potrebbero rappresentare una rilevante componente implicata nella dibattuta quanto intricata e, per molti aspetti, ancora misteriosa patogenesi della “long CoViD“.

Gli anticorpi anti-idiotipo, descritti per la prima volta nel 1974 da Niels Jerne*, verrebbero prodotti dall’ospite in risposta alle immunoglobuline primariamente/originariamente elaborate dalle plasmacellule nei confronti di qualsivoglia antigene, interagendo quindi con queste ultime e dando cosi’ vita ad un “complesso antigene-anticorpi primari-anticorpi anti-idiotipo”.

La principale caratteristica degli anticorpi anti-idiotipo risiede nella loro stretta somiglianza, per non dire pressoche’ completa identita’, nei confronti dell’antigene, il cui mosaico “not-self” sarebbe fedelmente ricapitolato dagli stessi.

Trasferendo ora queste nozioni sull’accidentato terreno della patogenesi della “long CoViD” e, nondimeno, delle forme gravi di malattia e delle pur rare reazioni avverse osservate a seguito della vaccinazione anti-SARS-CoV-2 – fattispecie accomunate tutte, verosimilmente, da meccanismi patogenetici immuno-mediati -, alla produzione di immunoglobuline primarie anti-SARS-CoV-2 potrebbe far seguito l’elaborazione, da parte dell’ospite, di una conseguente “ondata” di anticorpi anti-idiotipo.

E poiche’ questi ultimi, come piu’ sopra richiamato, sarebbero a loro volta contraddistinti da una “specularita’ antigenica” nei confronti dei diversi epitopi virali (a cominciare, ovviamente, dalla glicoproteina “spike“), ecco che il sistema immunitario si troverebbe nuovamente esposto ai medesimi stimoli antigenici che aveva dovuto fronteggiare in risposta alla primitiva infezione naturale e/o alla vaccinazione. Si metterebbe dunque in moto una sorta di circolo vizioso, progressivamente alimentato dalle anzidette “cicliche” ondate di anticorpi anti-SARS-CoV-2 e di anticorpi anti-idiotipo rivolti verso questi ultimi.

Un siffatto meccanismo patogenetico, suggestivo ed intrigante al contempo, potrebbe fare il paio e risultare complementare o, al contrario, alternativo rispetto a quello inerente la prolungata e reiterata persistenza di SARS-CoV-2 in uno o piu’ distretti tissutali dell’ospite in corso di “long CoViD“, come riferisco in una “Letter to the Editor” appena pubblicata sul BMJ. Quest’ultima ipotesi patogenetica muove le sue premesse da quanto chiaramente documentato in materia d’infezione da “Human Immunodeficiency Virus” (HIV), la cui grande variabilita’ antigenica (cd “antigenic drift”) coinciderebbe con la produzione di ondate consecutive di anticorpi da parte dell’ospite nei confronti del complesso quanto mutevole mosaico di epitopi progressivamente caratterizzanti l’agente virale nel contesto di un’infezione, quella da HIV perlappunto, che per sua intrinseca natura risulta cronica e protratta.

Qualora una sequenza di eventi piu’ o meno sovrapponibile a quella registrata in corso d’infezione da HIV dovesse verificarsi anche in corso di “long CoViD”, cio’ potrebbe rappresentare un ulteriore “prerequisito” ai fini della comparsa di addizionali varianti (“variants of concern” e “variants of interest”) di SARS-CoV-2, la cui ultima incombente minaccia sarebbe giustappunto costituita da quella denominata “omicron” e nota con la sigla “B.1.1.529”, che e’ stata recentemente identificata in Sudafrica ed in altri Stati limitrofi.

Giovanni Di Guardo
Gia’ Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria
all’Universita’ di Teramo

*Jerne NK. Towards a network theory of the immune system. Ann Immunol (Paris) 1974;125C:373-389