IZS Lazio e Toscana: istituito il Centro di Referenza Nazionale per le Malattie nei Primati non Umani

Presso la sede di Roma dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT) è stato istituito il Centro di Referenza Nazionale per le Malattie nei Primati non Umani, settimo centro di referenza nazionale per questo Istituto. Il  nuovo centro offrirà un punto di riferimento avanzato per la Salute Pubblica e la ricerca biomedica in una chiara e inequivocabile ottica “One Health”.

L’IZSLT, forte dell’esperienza acquisita negli anni sia nella diagnosi sia nella gestione delle patologie dei primati nonché nei settori della diagnostica, dell’approfondimento scientifico e della sorveglianza nelle malattie nei primati non umani, ha consolidato collaborazioni con giardini zoologici e bioparchi per la conservazione e loro detenzione e con enti di ricerca e, in particolare, con l’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» (INMI) che ha consentito all’Istituto di raggiungere gli attuali standard capacitivi espressi in modo inequivocabile negli anni .

I primati non umani, categoria che include scimmie e lemuri, sono specie fondamentali sia per la conservazione della biodiversità sia per la ricerca biomedica. Il loro stato di salute rappresenta un importante indicatore il cui monitoraggio garantisce la necessaria awareness atta a prevenire spillover di zoonosi e malattie infettive e garantire condizioni di benessere, soprattutto negli esemplari detenuti in Centri di ricerca o giardini Zoologici.

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Fonte: IZS Lazio e Toscana




I cambiamenti climatici e l’impatto sulla diffusione delle zoonosi

zoonosiLe piogge copiose, le alluvioni e il caldo torrido e prolungato sono gli effetti del riscaldamento terrestre con cui gran parte dell’umanità sta facendo i conti. Fra le conseguenze, c’è anche la crescita dei casi di zoonosi. Se in passato, infatti, si poteva ritenere la sola stagione estiva il periodo a cui fare maggiore attenzione per la diffusione di zecche, zanzare, pulci o flebotomi, oggi non è più così. Le temperature miti, anche nei mesi autunnali e invernali, hanno allungato il ciclo di vita dei possibili vettori che proliferano in diversi ambienti e agevolato l’introduzione di specie considerate prima aliene. Di fronte a questo nuovo scenario, devono cambiare le strategie di prevenzione e intervento. Al nesso tra i mutamenti climatici e le zoonosi è dedicato il secondo appuntamento della rubrica “Salute e Zoonosi: prevenire e proteggersi”, curata dalla redazione di Aboutpharma, in collaborazione con Boehringer Ingelheim.

Le conseguenze sulla salute

Con il caldo, gli insetti e i parassiti si riproducono in maniera più veloce e più efficace. Anche nei mesi invernali, sono ormai divenuti frequenti, ad esempio, i casi di proliferazione di pulci e zecche che attaccano persone e animali e che in generale resistono alle temperature rigide. Le evidenze mostrano il diretto impatto che i cambiamenti hanno su tutte le forme di zoonosi e l’insorgenza di nuove infezioni anche con potenziale pandemico. Nel Vecchio continente, per esempio, si assiste all’aumento della diffusione della zanzara tigre, vettore di Dengue, febbre da Chikungunya, febbre West Nile, dei pappataci vettori della Leishmaniosi e delle zecche capaci di trasmettere la malattia di Lyme.

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Fonte: aboutpharma.com




G7 Veterinaria: zoonosi, antibioticoresistenza e biosicurezza “Concentrati sulle sfide del prossimo futuro”

“Una parola ricorrente durante i nostri lavori è stata “trust”, fiducia, perché i Paesi del G7 hanno chiaro il loro ruolo di leader nel proporre a livello globale le migliori pratiche per garantire la salute ed il benessere animale e la sicurezza alimentare, affinché il commercio di prodotti agroalimentari sia basato su regole sanitarie chiare e condivise e, appunto, sulla fiducia reciproca fra i Paesi”. Queste le parole di Ugo Della Marta, Capo dei Servizi Veterinari italiani,  che ha presieduto  il G7 della veterinaria, evento che ha riunito a Padova le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

Presenti i capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH.

Durante l’incontro sono stati presentati i sistemi messi a punto in Italia per verificare negli allevamenti il rispetto del benessere animale, la biosicurezza e tracciare l’uso di antibiotici, per supportare l’impegno continuo nella riduzione dell’uso di questi farmaci, per favorire la diminuzione di fenomeni di antibiotico resistenza.

Secondo recenti dati di Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, tra il 2014 e il 2021 l’uso degli antibiotici in Europa a livello zootecnico è diminuito del 44%.

Per quanto riguarda il nostro Paese, stando alle percentuali fornite da Aifa relative al 2022, per le specie animali destinate alla produzione di alimenti la riduzione totale di utilizzo di antibiotici è stata del 13,4%, con una riduzione del 14,2% del consumo di antibiotici autorizzati in formulazioni farmaceutiche per via orale.

Sempre stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2022 i livelli di consumo negli animali delle classi di antibiotici considerati critici per l’uomo sono state sotto la media europea.

L’Italia, se pur con risultati in linea con quelli europei, ha ancora molta strada da fare, le sfide che attendono il settore sanitario e quello agro-alimentare si stanno facendo via via più complesse. Carenze a livello di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento e consumo eccessivo di antibiotici danno origine a rischi sanitari sempre di più connessi tra loro, rendendo necessario un approccio e un osservatorio epidemiologico integrato.

Per affrontare queste sfide, tra gli strumenti a disposizione, c’è Classyfarm, fortemente voluto dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari  del Ministero della Salute.

E’ un sistema integrato nato  con l’obiettivo di categorizzare gli allevamenti in base al rischio per la sanità pubblica veterinaria e che è risultato fondamentale, per esempio, proprio nella lotta all’abuso di antibiotici.

“L’antibiotico resistenza – spiegano Antonia Ricci, DG dell’IZS delle Venezie, e Giorgio Varisco, DG dell’IZS della Lombardia e Emilia-Romagna – è un problema che, in un’ottica e con un approccio “One Health”, riguarda la salute di tutti, dell’uomo e dell’animale. Dal punto di vista veterinario stiamo puntando naturalmente sulla sorveglianza e il controllo ma anche sulla formazione. I sistemi informatici moderni, come Classyfarm, ci permettono poi di quantificare in modo oggettivo l’uso degli antibiotici e l’antibioticoresistenza, per evidenziare le situazioni più critiche dove bisogna intervenire, e quelle più virtuose da premiare. Il lavoro da fare è tanto ma possiamo dire di aver imboccato la strada giusta”.

Al centro del dibattito poi altri temi legati alla biosicurezza e alle zoonosi.

“Le sfide che la veterinaria italiana sta affrontando sono molteplici e complesse, basti ricordare la Peste Suina Italiana, l’influenza Aviaria, la Blue Tongue” conclude Giovanni Filippini,  DG Salute animale e Commissario per il contrasto alla PSA presso il ministero della Salute, ” ma il sistema nazionale, che vede una stretta collaborazione fra Ministero della Salute, servizi veterinari territoriali e la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha tutte le competenze per far fronte a queste difficoltà e tutelare le eccellenze produttive dell’agroalimentare italiano”

Fonte: IZS Venezie




L’IZSVe supporta l’Ucraina per la diagnosi, la sorveglianza e il controllo della rabbia

Dal 23 settembre al 4 ottobre 2024, grazie al supporto finanziario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha ospitato un corso di formazione di due settimane dal titolo “Migliorare la capacità di laboratorio per una migliore sorveglianza e controllo della rabbia” per supportare l’Ucraina, dove il contesto di due anni di guerra ha contribuito alla diffusione della rabbia incrementando le preoccupazioni relative a questa malattia per la salute pubblica. Il corso ha visto la partecipazione di quattro veterinari che lavorano presso diversi laboratori veterinari regionali in Ucraina, e si è tenuto presso la sede centrale dell’IZSVe a Legnaro (Padova).

Nonostante la rabbia sia scomparsa nell’Europa occidentale, il continente non è esente dalla malattia; in particolare, la volpe rossa (Vulpes vulpes) rimane il serbatoio principale del virus nell’Europa orientale. Un’efficace sorveglianza attiva e passiva, una diagnosi accurata e una vaccinazione di massa sono fattori critici per controllare ed eliminare progressivamente la malattia nel serbatoio animale, riducendo così il suo impatto significativo sulla salute pubblica. Di recente, è aumentata la preoccupazione per la diffusione della rabbia in Ucraina. Dall’inizio della guerra, si è registrato infatti un aumento significativo di animali randagi e un calo della copertura vaccinale sia tra la fauna selvatica (come le volpi) che tra gli animali domestici (tra cui cani e gatti). Inoltre, si è registrato una crescita notevole dei casi segnalati di morsi umani da parte di animali domestici e selvatici, insieme a un aumento significativo dei trattamenti di profilassi antirabbica somministrati.

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Fonte: IZS Venezie




Non solo virus. Nuovi rischi aumentano la minaccia di pandemia su scala globale. Il rapporto del Gpmb

I recenti focolai del virus di Marburg, dell’Mpox e dell’ultimo ceppo di influenza aviaria (H5N1) ci ricordano la vulnerabilità del mondo alle pandemie. Solo nel 2024 si sono già verificati 17 focolai di malattie pericolose. Ogni nuovo focolaio mette a nudo le falle dell’attuale architettura di prevenzione delle pandemie e della preparazione globale a rispondere ai focolai di malattie.

Secondo un nuovo rapporto del Global Preparedness Monitoring Board (GPMB), una pletora di rischi aumenta la probabilità di nuove pandemie. Il rapporto, lanciato in occasione del 15° Vertice Mondiale della Sanità di Berlino, delinea 15 fattori chiave del rischio pandemico, classificati in cinque gruppi distinti: sociale, tecnologico, ambientale, economico e politico.

Il GPMB, un’iniziativa sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Banca Mondiale, tiene traccia dei fattori di rischio pandemico e supervisiona la preparazione globale. Il rapporto sottolinea l’urgenza di comprendere la vulnerabilità globale alle minacce e chiede una reimpostazione radicale dell’approccio collettivo alla preparazione alle pandemie.

La mancanza di fiducia tra i Paesi e all’interno di essi, l’iniquità, gli allevamenti intensivi e la probabilità di incroci tra uomo e animale sono tra le minacce principali delineate nel rapporto. Il rapporto identifica anche nuovi rischi al di fuori dei tradizionali fattori sanitari.

La connettività digitale ha permesso agli scienziati di sequenziare e condividere rapidamente i dati sugli agenti patogeni e di personalizzare le risposte sempre più velocemente. Tuttavia, questa impronta digitale lascia esposti i sistemi sanitari e le società. Gli attacchi informatici, l’aumento delle minacce alla biosicurezza e la rapida diffusione della disinformazione aumentano il rischio di pandemia.

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Fonte: quotidianosanita.it




Scienza: l’IA scopre oltre 160.000 nuove specie di virus

L’intelligenza artificiale, AI, ha scoperto 161.979 nuove specie di virus a RNA, il che, secondo i ricercatori, migliorerà notevolmente la mappatura della vita sulla Terra e potrebbe aiutare a identificare molti altri milioni di virus ancora da caratterizzare. Lo dimostra uno studio guidato da Edwards Holmes, della School of Medical Sciences della Facoltà di Medicina e Salute dell’Università di Sydney, pubblicato su Cell. Lo studio è il più grande lavoro di scoperta di specie virali mai pubblicato. “Ci è stata offerta una finestra su una parte altrimenti nascosta della vita sulla Terra, rivelando una notevole biodiversità”, ha dichiarato Holmes, autore senior del lavoro. “Si tratta del maggior numero di nuove specie virali scoperte in un unico studio, che amplia in modo massiccio la nostra conoscenza dei virus che vivono tra noi”, ha dichiarato Holmes. “Trovare così tanti nuovi virus in un colpo solo è sbalorditivo e non fa che scalfire la superficie, aprendo un mondo di scoperte”, ha continuato Holmes. “Ce ne sono altri milioni da scoprire e possiamo applicare lo stesso approccio all’identificazione di batteri e parassiti”, ha proseguito Holmes. Sebbene i virus a RNA siano comunemente associati alle malattie umane, si trovano anche in ambienti estremi in tutto il mondo e potrebbero persino svolgere un ruolo chiave negli ecosistemi globali. In questo studio sono stati trovati nell’atmosfera, nelle sorgenti calde e nelle bocche idrotermali. “Il fatto che gli ambienti estremi ospitino così tanti tipi di virus è solo un altro esempio della loro fenomenale diversità e della loro tenacia nel vivere negli ambienti più difficili, e potenzialmente ci fornisce indizi su come sono nati i virus e altre forme di vita elementari”, ha affermato Holmes. I ricercatori hanno costruito un algoritmo di apprendimento profondo, LucaProt, per calcolare grandi quantità di dati di sequenze genetiche, tra cui genomi di virus lunghi fino a 47.250 nucleotidi e informazioni genomicamente complesse per scoprire più di 160.000 virus

“La stragrande maggioranza di questi virus era già stata sequenziata e si trovava in banche dati pubbliche, ma erano così divergenti che nessuno sapeva cosa fossero”, ha detto Holmes. “Costituivano quella che viene spesso definita ‘materia oscura’ delle sequenze”, ha precisato Holmes. “Il nostro metodo di intelligenza artificiale è stato in grado di organizzare e classificare tutte queste informazioni disparate, facendo luce per la prima volta sul significato di questa materia oscura”, ha aggiunto Holmes. Lo strumento di intelligenza artificiale è stato addestrato a calcolare la materia oscura e a identificare i virus in base alle sequenze e alle strutture secondarie delle proteine che tutti i virus a RNA utilizzano per la replicazione. L’IA è stata in grado di accelerare in modo significativo la scoperta dei virus che, se si utilizzassero i metodi tradizionali, richiederebbe molto tempo. “Per la scoperta dei virus ci affidavamo a noiose pipeline bioinformatiche, che limitavano la diversità che potevamo esplorare, ora disponiamo di un modello basato sull’intelligenza artificiale molto più efficace, che offre una sensibilità e una specificità eccezionali e, allo stesso tempo, ci permette di approfondire la diversità virale”, ha sottolineato Mang Shi, coautore della Sun Yat-sen University e responsabile istituzionale dello studio.

“Abbiamo intenzione di applicare questo modello in diverse applicazioni”, ha annunciato Shi. ”LucaProt rappresenta un’integrazione significativa tra la tecnologia AI all’avanguardia e la virologia, dimostrando che l’AI può svolgere efficacemente compiti di esplorazione biologica”, ha osservato Zhao-Rong Li, ricercatore presso l’Apsara Lab di Alibaba Cloud Intelligence.” Questa integrazione – ha precisato Li – fornisce preziose intuizioni e incoraggia l’ulteriore decodifica delle sequenze biologiche e la decostruzione dei sistemi biologici da una nuova prospettiva”. “Continueremo inoltre la nostra ricerca nel campo dell’IA per la virologia”, ha commentato Li. “L’ovvio passo successivo è quello di addestrare il nostro metodo per trovare un numero ancora maggiore di questa straordinaria diversità, e chissà quali altre sorprese sono in serbo”, ha concluso Holmes.

Fonte: AGI




Malattia di Chagas. Il Rapporto Ecdc sui potenziali “portatori” di Trypanosoma cruzi in Europa

Tipicamente associata all’America Latina, la malattia di Chagas (CD) è ora una preoccupazione crescente in Europa a causa della trasmissione congenita e della trasmissione tramite sostanze di origine umana.

Il rapporto, A comprehensive systematic review for identifying the risk factors for carrying a Trypanosoma cruzi infection in non-endemic countries , identifica diversi fattori di rischio chiave ed è particolarmente rilevante per il contesto europeo.

I movimenti di massa della popolazione hanno causato l’emergere della malattia di Chagas (CD) al di fuori delle regioni endemiche, tra cui l’Unione Europea/Spazio Economico Europeo (UE/SEE). Il parassita responsabile della CD, Trypanosoma cruzi , può essere trasmesso attraverso sostanze di origine umana (SoHO), come trasfusioni di sangue e trapianti di organi, esponendo a un rischio i riceventi. Questo, insieme alla trasmissione congenita, è motivo di crescente preoccupazione nei paesi non endemici.

Gli individui nati nei paesi latinoamericani, in particolare in Bolivia, corrono un rischio maggiore di essere portatori di T. cruzi. Ma oltre alle origini geografiche, il rapporto evidenzia altri importanti fattori di rischio associati a maggiori probabilità di essere portatori di un’infezione da T. cruzi nei paesi non endemici, come: aver soggiornato in paesi endemici, una storia di vita in zone rurali o condizioni abitative scadenti in regioni endemiche, aver ricevuto trasfusioni di sangue o trapianti di organi in queste aree, origine materna da un paese endemico e avere una storia familiare di malattia di Chagas.

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Fonte: quotidianosanita.it




Encefalite da zecche, trasmissione attraverso sangue e organi. Ecdc: rischio raro, ma serve monitoraggio

L’encefalite da zecche (Tbe), malattia virale trasmessa principalmente attraverso punture di zecche, presenta un rischio estremamente basso di trasmissione attraverso sostanze di origine umana come sangue, organi e tessuti. Lo afferma l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), che ha pubblicato un rapporto sul tema. Nonostante la documentazione di rari casi di trasmissione tramite trasfusione o trapianto da singoli donatori, l’Ecdc raccomanda alcune misure di precauzione, come il rinvio temporaneo dei donatori di sangue che hanno subito recenti punture di zecca (nei 28 giorni precedenti) e l’implementazione di test sierologici e molecolari per i donatori che sono stati potenzialmente esposti.
Trasmissione dell’encefalite da zecche 

Tra il 2013 e il 2022, sono stati segnalati 28.680 casi confermati di Tbe nell’Ue/See, la maggior parte dei quali si è verificata nell’Europa centrale e settentrionale. La maggior parte delle infezioni da virus Tbe rimane asintomatica. Tuttavia, sono state segnalate condizioni a lungo termine in una percentuale sostanziale di pazienti con sintomi neurologici e viene generalmente segnalato un tasso di mortalità di circa lo 0,5%. La valutazione pubblicata dall’Ecdc si concentra sui rischi di trasmissione del virus Tbe (TBEV) attraverso sostanze di origine umana (SoHO) come sangue, organi, tessuti e cellule.
Sebbene la trasmissione del virus Tbe attraverso SoHO sia documentata, la valutazione suggerisce che tali eventi sono estremamente rari. In particolare, sono stati segnalati due casi tramite trasfusione di sangue da un singolo donatore e tre tramite trapianto di organi, sempre da un singolo donatore. Sebbene non sia possibile valutare il rischio di trasmissione del virus Tbe tramite trasfusione di sangue, la probabilità che questa porti a una malattia sintomatica è considerata molto bassa. Anche il rischio di trasmissione del virus Tbe tramite trapianto di organi è considerato basso. Inoltre, in assenza di casi segnalati, il rischio di trasmissione del virus Tbe tramite trapianto di tessuti e cellule non può essere valutato.

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Fonte: vet33.it




L’Oms lancia un piano strategico globale contro la dengue

I casi di dengue sono aumentati in tutte e sei le regioni dell’Oms. Una chiamata all’zione per combattere anche le altre malattie arbovirosi trasmesse da Aedes

Oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato il Global Strategic Preparedness, Readiness and Response Plan (Sprp) per affrontare la dengue e altri  arbovirus trasmessi da Aedes . Il piano mira a ridurre il peso della malattia, della sofferenza e dei decessi causati dalla dengue e da altre  malattie arbovirosi trasmesse da Aedes come Zika e chikungunya, promuovendo una risposta coordinata a livello globale.

Il piano delinea le azioni prioritarie per controllare la trasmissione e offre raccomandazioni ai paesi interessati in vari settori, tra cui la sorveglianza delle malattie, le attività di laboratorio, il controllo dei vettori, il coinvolgimento della comunità, la gestione clinica e la ricerca e sviluppo, attraverso un approccio che coinvolga l’intera società e le regioni.

Si stima che quattro miliardi di persone siano a rischio di infezione da arbovirus in tutto il mondo e si stima che questo numero aumenterà a 5 miliardi entro il 2050. I casi di dengue sono aumentati in tutte e sei le regioni dell’Oms e il numero di casi è approssimativamente raddoppiato ogni anno dal 2021, con oltre 12,3 milioni di casi alla fine di agosto di quest’anno, quasi il doppio dei 6,5 milioni di casi segnalati in tutto il 2023.

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Fonte: panoramadellasanita.it




Cambiamenti climatici: così modificano la distribuzione degli insetti vettori di zoonosi

Temperature più elevate, aumento della siccità, fenomeni meteorologici più violenti, riscaldamento delle acque marine e innalzamento del livello dei mari, perdita di specie animali e vegetali, maggior variabilità delle produzioni agricole e maggiori rischi per la salute. Sono i principali effetti della “evoluzione incontrollata” del clima, meglio nota come “cambiamenti climatici” per i più.

Un fenomeno che la comunità scientifica ritiene abbia effetti significativi sulla vita animale e quindi non di meno, sugli insetti. L’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), il più numeroso consesso mondiale di esperti sul clima, anche all’interno del suo sesto rapporto “Climate change 2023”, sottolinea che gli attuali trend delle temperature, abbinati ai regimi pluviometrici sempre meno costanti, influenzino significativamente la vita della maggioranza degli organismi sulla Terra.

Gli effetti del cambiamento climatico sugli insetti

Sebbene la materia di studio, focalizzata solo sugli insetti, sia alquanto complessa (le specie di insetti presenti sulla Terra sono milioni e vivono negli ambienti più disparati, con preferenze climatiche e microclimatiche molto diverse da specie a specie), i principali effetti del cambiamento climatico sulla vita di questi organismi possano essere così sintetizzati:

  1. Il riscaldamento globale, portando temperature più miti in aree in precedenza climaticamente meno favorevoli, influenzerà la dinamica delle popolazioni della maggioranza delle specie di insetti agendo direttamente sulla loro sopravvivenza, in genere favorendola nelle aree del pianeta attualmente temperate o più fredde.
  2. Il riscaldamento globale agirà sui tempi in cui tali specie compiranno le proprie generazioni, sulla loro fecondità e sulla capacità di disperdersi in un determinato areale.
  3. Le popolazioni che vivono in climi miti o freddi trarranno maggior beneficio dal cambiamento climatico poiché presenteranno un più rapido sviluppo e una maggiore sopravvivenza. Sempre nelle stesse aree la mortalità degli stadi svernanti diminuirà grazie alle temperature invernali più miti, permettendo a molte specie di conquistare areali più a Nord.
  4. Gli effetti del riscaldamento globale sulle specie di insetti modificheranno le interazioni trofiche tra le piante ospiti di cui gli insetti si nutrono e i nemici naturali che si sviluppano a spese degli insetti tenendone controllate le popolazioni.
  5. Le specie di insetti che prediligono climi miti, temperati, o climi tendenzialmente freddi, potranno al contrario subire regressioni nel loro areale di distribuzione complessivo e potrebbero subire la scomparsa negli ambienti precedentemente colonizzati (le specie che vivono alle quote più elevate avranno la tendenza a spostarsi a quote più alte e, se anche lì le condizioni ambientali diventassero proibitive per la loro sopravvivenza, se ne potrebbe rilevare la scomparsa).

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Fonte: aboutpharma.com