Residui di farmaci veterinari ancora bassi nel 2016

FarmaciI dati di monitoraggio raccolti nel 2016 per una serie di farmaci veterinari, per sostanze non autorizzate e per contaminanti trovati in animali e alimenti di origine animale indicano alti tassi di rispetto dei limiti di residui fissati dall’UE.

La percentuale di non osservanza nei campioni mirati (cioè quelli prelevati per rilevare un sospetto uso illecito o verificare il mancato rispetto dei livelli massimi) è stata dello 0,31%, che rientra nell’intervallo compreso tra lo 0,25% e lo 0,37% riferito nel corso degli otto anni precedenti.

Il tasso di non conformità per contaminanti chimici come i metalli si è rivelato superiore a quello di altri gruppi di sostanze. I tassi di non conformità per i lattoni dell’acido resorcilico (composti attivi sul sistema ormonale che possono essere artificiali o prodotti da funghi), le micotossine (tossine fungine) e gli agenti anti-tiroidei sono tutti diminuiti nel 2016.

Inoltre nel 2016, rispetto agli anni precedenti, sono state segnalate la massima frequenza e la minima frequenza di campioni non conformi, rispettivamente, per farmaci anti-infiammatori non steroidei e per antibatterici.

Il monitoraggio di queste sostanze da parte dell’UE aiuta a proteggere i consumatori e gli animali, garantendo un alto grado di conformità ai dettami dei regolamenti UE. In totale nel 2016 sono stati riferiti dati tratti da 710 000 campioni provenienti da 27 dei 28 Stati membri dell’UE.

Report for 2016 on the results from the monitoring of veterinary medicinal product residues and other substances in live animals and animal product

Fonte: EFSA




Le nanoplastiche sono ormai un ingrediente della dieta umana

microplastiche

Riportiamo un articolo pubblicato sul numero 1091 di La Settimana Veterinaria, a cura della dott.ssa Claudia Capua.

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Focolaio Ue di Listeria monocytogenes legato al consumo di salmone

salmoneI prodotti del salmone pronti al consumo, come il salmone affumicato a freddo e quello marinato, sono la probabile fonte di un focolaio epidemico di Listeria monocytogenes che ha interessato Danimarca, Germania e Francia dal 2015 in poi. L’EFSA e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) hanno usato la tecnica del sequenziamento dell’intero genoma per individuare il focolaio plurinazionale.

Fino all’8 ottobre 2018 nei Paesi interessati sono stati segnalati 12 casi, quattro dei quali mortali.

Nell’agosto 2017 la Danimarca riferisce il primo gruppo di casi connessi all’ingestione di salmone affumicato pronto al consumo prodotto in Polonia. Vengono messe in atto misure di controllo e informati altri Stati membri e autorità competenti nell’UE.

Nell’ottobre 2017 la Francia segnala il rilevamento dello stesso ceppo di Listeria in partite di salmone marinato provenienti dalla medesima azienda polacca di trasformazione, come accaduto nelle indagini sul focolaio epidemico danese.

In Germania il caso più recente legato al focolaio viene notificato nel maggio 2018.

A causa della mancanza di dati sul sequenziamento dell’intero genoma da campioni ambientali e alimentari prelevati nell’impianto di trasformazione polacco, non è possibile confermare, allo stato attuale, se la contaminazione si sia verificata nell’impianto sospetto. Inoltre, fino a quando dati sui produttori primari norvegesi del salmone utilizzato nei lotti contaminati non saranno trasmessi e valutati, non si potrà escludere la possibilità di contaminazione a livello della produzione primaria.

L’individuazione dello stesso ceppo di Listeria in un prodotto del salmone in Francia e un nuovo caso su uomo in Germania suggeriscono che la fonte della contaminazione possa essere ancora attiva e che i prodotti contaminati siano stati distribuiti ad altri Paesi dell’UE oltre alla Danimarca. Donne in gravidanza, anziani e soggetti immunodepressi corrono un rischio maggiore di contrarre la listeriosi.

Focolaio epidemico plurinazionale di Listeria monocytogenes legato al consumo di prodotti del salmone (in inglese)

Fonte: Efsa




La farsa di Coldiretti sul “segreto di stato” dei cibi stranieri.

Etichettatura alimentiColdiretti è una lobby che si autodefinisce “la principale organizzazione agricola a livello nazionale ed Europeo che rappresenta le imprese agricole, i coltivatori diretti, gli imprenditori agricoli professionali, le società agricole, le imprese e gli imprenditori ittici, i consorzi, le cooperative, le associazioni e ogni altra entità e soggetto operante nel settore agricolo, ittico, agroalimentare, ambientale e nell’ambito rurale, a livello nazionale, europeo ed internazionale”.

Fonte: ilfattoalimentare.it

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Esposizione a nanomateriali nei luoghi di lavoro

Le proprietà uniche dei materiali manipolati alla scala nanometrica permettono di realizzare
applicazioni innovative in molti settori produttivi; tuttavia, proprio per le loro caratteristiche nuove, i nanomateriali possono rappresentare un rischio emergente per la salute e la sicurezza, che deve essere valutato e gestito tramite un approccio specifico, in particolare all’interno della complessità degli ambienti di lavoro.

L’Inail ha pubblicato il volune “Esposizione a nanomateriali nei luoghi di lavoro – Gestione e comunicazione del rischio” che raccoglie i principali risultati del progetto ‘NanoLab: Metodologia di analisi dell’esposizione ai nanomateriali ingegnerizzati integrata alle tecniche di control banding per la gestione del rischio nei luoghi di lavoro’, illustra le fasi della metodologia sviluppata sulla base degli standard di riferimento, e l’applicazione in tre casi studio di nano-oggetti di dimensionalità differenti (grafene, nanofili e nanoparticelle) realizzati nei laboratori di ricerca e sviluppo degli enti partner.




Studio sulla distribuzione di ceppi di Brucella isolati da animali da reddito, fauna selvatica e uomo in Italia nel periodo 2007-2015

La brucellosi è una zoonosi diffusa in molte comunità di tutto il mondo che richiede un’attenzione proattiva. Riportiamo qui di seguito un estratto di uno studio eseguito sulla base delle analisi di tipizzazione di ceppi di Brucella isolati da varie specie animale, ovvero bovini, bufali, ovini, caprini, suini, cinghiali, cavalli, delfini e uomo, condotte presso l’IZS dell’Abruzzo e del Molise. L’estratto si concentra sui risultati per le specie bovina, bufalina, ovina e caprina. L’importanza degli output ottenuti con questa ricerca risiede nell’aver fornito elementi che possono essere cruciali per formulare politiche e strategie per il controllo della brucellosi nelle popolazioni animali, proteggendo così la salute umana.

Fonte: Ruminantia.it – Leggi l’approfondimento




Chernobyl, il latte è ancora altamente contaminato

Lo rileva una ricerca condotta da Greenpeace Research Laboratories presso l’Università di Exeter e lo Ukrainian Institute of Agricultural Radiology i cui risultati sono stati pubblicati su Environmental International: ad oltre 30 anni di distanza dal disastro nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986, il latte risulta ancora altamente contaminato

Lo studio ha interessato il latte di mucca proveniente da fattorie e famiglie private di 14 insediamenti situati nei territori della regione di Rivne,  a circa 200 chilometri dal reattore di Chernobyl, dal 2011 al 2016.

In 6 delle 14 fattorie esaminate sono stati riscontrati valori di cesio radioattivo superiori ai 100 becquerel per litro (Bq/L) consentiti per gli adulti mentre in otto di esse il latte presentava valori superiori ai 40 Bq/L consentiti per i bambini.

Più di 30 anni dopo i disastro di Chernobyl – ha spiegato la dottoressa Iryna Labunska, dei Greenpeace Research Laboratories dell’Università di Exeter – la gente è ancora esposta abitualmente al cesio radioattivo, attraverso il consumo di alimenti base locali,quale appunto il latte, nelle zone interessate dal disastro nucleare. Molte delle persone di quest’area possiedono una mucca per il latte e i bambini ne sono i principali consumatori. Sebbene il livello di contaminazione al suolo nelle aree esaminate non sia estremamente elevato, il cesio radioattivo continua ad accumularsi nel latte e in altri alimenti; in questo modo, gli abitanti di questi villaggi sono esposti cronicamente alla radioattività e questo comporta gravi rischi, soprattutto per i bambini”.

I ricercatori suggeriscono anche delle misure che consentirebbero di portare i livelli di esposizione alle radiazioni al di sotto dei limiti per le 8.336 persone che vivono nei 6 villaggi dove la contaminazione è risultata più alta, ad un costo 71.000 euro l’anno, inferiore di 10 euro a persona, con costi decrescenti per gli anni a venire.

Fra queste misure rientrano la somministrazione di Ferrocin alle mucche, la concimazione minerale dei campi di patate, campagne di informazione sul consumo di funghi selvatici e altri prodotti della silvicoltura e l’alimentazione di suini con mangimi incontaminati.

In assenza di programmi governativi per l’attuazione delle misure necessarie, la contaminazione del latte continuerà a superare i limiti consentiti ancora per molti anni, almeno fino al 2040, in alcune parti del paese.

A cura della segreteria SIMeVeP




FRESHDETECT, Test rapido della qualità microbiologica degli alimenti

Le malattie trasmesse tramite alimenti sono una grave fonte di preoccupazione per la salute pubblica in tutto il mondo. Secondo l’OMS ogni anno 600 milioni di persone, una ogni 10, si ammalano dopo aver mangiato alimenti contaminati e 420 000 muoiono.

Per contribuire alla sicurezza alimentare, il progetto FRESHDETECT, finanziato dall’UE, sta sviluppando uno strumento portatile che determinerà la qualità microbiologica dei prodotti a base di carne.

Un opuscolo del prodotto sul sito web del progetto evidenzia che l’apparecchio determina la «carica batterica totale (TVC, Total Viable Count) nella carne cruda senza estrarre campioni e senza incubazione». Il dispositivo utilizza un procedimento a spettroscopia di fluorescenza che dirige una luce blu intensa sulla superficie della carne e misura le firme fluorescenti caratteristiche e la flora batterica. «La TVC è quindi calcolata usando un affidabile algoritmo di analisi al fine di accertare la qualità microbiologica del prodotto. Le misurazioni non sono invasive e durano solo pochi secondi. I risultati sono visualizzati direttamente sul dispositivo subito dopo la misurazione».

Il dispositivo è in grado di memorizzare fino a 2000 misurazioni. I risultati possono essere trasferiti su un PC in qualsiasi momenti mediante una porta USB. Come dichiarato nello stesso opuscolo del prodotto: «I possibili campi di applicazione includono test rapidi per il controllo della carne all’interno dello stabilimento durante tutta la catena di trattamento e lavorazione della carne e il monitoraggio senza ritardi della qualità nelle aree di ricezione e spedizione».

In un articolo sul sito web di notizie «FoodNavigator», Oliver Dietrich, amministratore delegato dell’azienda che coordina il progetto FreshDetect GmbH, ha detto che questa innovazione «crea una nuova dimensione nella sicurezza alimentare».

Secondo CORDIS, il Servizio Comunitario in materia di ricerca e sviluppo che presenta i risultati della ricerca e dell’innovazione dell’UE, il «dispositivo rende possibile un controllo microbiologico non invasivo senza costi addizionali per il funzionamento o la manutenzione». Gli utenti a cui ci si rivolge includono mattatoi, impianti di sezionamento, aziende di lavorazione della carne, commercianti al dettaglio, grossisti e macellai.

In futuro l’applicazione saà ampliata a pesce, latticini, frutta e ortaggi. L’attenzione non si concentra esclusivamente sulla contaminazione batterica, ma anche sul rilevamento di pesticidi, erbicidi, origine, età (grado di maturità) e altri fattori.

Il progetto FRESHDETECT (FRESHDETECT – food safety – fast and reliable) in corso si occupa anche degli sprechi alimentari. CORDIS sottolinea che «la tecnologia di FreshDetect offre un livello finora senza uguali di controllo della lavorazione degli alimenti, consentendo un’ottimizzazione della produzione alimentare e la riduzione al minimo degli sprechi alimentari».

Articolo integrale




Individuare gli Interfenti endocrini, pubblicate le linee guida Efsa/Echa

L’EFSA e l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) hanno pubblicato linee guida sulle modalità per individuare le sostanze con proprietà d’interferenza endocrina in pesticidi e biocidi.

E’ la Commissione europea che ha incaricato l’EFSA e l’ECHA di sviluppare linee guida armonizzate, per garantire che i criteri di interferenza endocrina adottati dall’UE nel 2017 vengano applicati alla valutazione di biocidi e pesticidi in modo uniforme in tutta l’UE. La guida è stata redatta con il sostegno del Centro comune di ricerca, il servizio di scienza e conoscenza della Commissione europea.

Nel sistema UE, l’ECHA è responsabile della valutazione dei biocidi mentre l’EFSA valuta la sicurezza delle sostanze attive utilizzate nei pesticidi.

Le due agenzie avevano iniziato a lavorare alle linee guida l’anno scorso, in stretta consultazione con i portatori di interesse accreditati presso le due agenzie e con esperti in materia di interferenti endocrini, alcuni dei quali provenienti da Stati membri dell’UE.

A dicembre 2017 e gennaio 2018 si è tenuta una consultazione pubblica sulla versione in bozza e tutti i commenti ricevuti sono stati considerati dai redattori nella stesura del documento finale.

La guida verrà utilizzata per la valutazione dei biocidi a partire dal 7 giugno 2018. Per i pesticidi sarà utilizzata nelle valutazioni di quelle sostanze per le quali è in programma una decisione a partire dal 10 novembre 2018. Ciò perché i criteri per l’individuazione degli interferenti endocrini nei pesticidi sono stati concordati più tardi rispetto a quelli per i biocidi.

Per ulteriori informazioni

Fonte: Efsa




Indagine Istat sui prodotti agrolimentari di qualità, allevamenti in lieve calo

Nel 2017 si rafforza il trend di crescita dei prodotti agroalimentari di qualità nelle sue diverse componenti (produttori, trasformatori, superfici e numero di prodotti riconosciuti); solo gli allevamenti sono in leggero calo. Lo rileva l’Istat nell’indagine sui prodotti alimentari di qualità  (DOP, IGP, STG) nell’anno 2017.

Il numero di produttori Dop, Igp e Stg aumenta, rispetto al 2016, dell’1,8%.Cresce considerevolmente il numero dei trasformatori (+7,6%).

Nel confronto con l’anno precedente, gli allevamenti (40.043 strutture) si riducono dell’1,3% mentre la superficie (232.803 ettari) aumenta del 17,9%.

L’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea. I prodotti agroalimentari di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2017 sono 295 (4 in più sul 2016); tra questi, quelli attivi sono 285 (96,6% del totale).

I settori con il maggior numero di riconoscimenti sono: Ortofrutticoli e cereali (111 prodotti), Formaggi (53), Oli extravergine di oliva (46) e Preparazioni di carni (41); Carni fresche e Altri settori comprendono, rispettivamente, 6 e 38 specialità.

Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni con più Dop e Igp (rispettivamente 45 e 38 prodotti riconosciuti).

Nel 2017 gli operatori certificati sono 85.592, 1.897 in più del 2016 (+2,3%). Tra questi, il 90,6% svolge solo attività di produzione, il 6,4% solo trasformazione e il 3% entrambe le attività.

Gli operatori sono soprattutto uomini: l’83,8% dei produttori e l’86,2% dei trasformatori.

I produttori (80.189) sono particolarmente numerosi nei settori Formaggi (26.491, 33% del totale), Oli extravergine di oliva (21.959, 27,4%) e Ortofrutticoli e cereali (18.746, 23,4%).

Anche i trasformatori (8.050) sono presenti soprattutto nei settori Oli extravergine (2.206, 27,4% del totale), Ortofrutticoli e cereali (1.674, 20,8%) e Formaggi (1.505, 18,7%).

Carni fresche: riparte la crescita di prodotti certificati
Nel corso del 2017 il settore delle Carni fresche consegue una nuova Igp, i Vitelloni piemontesi della coscia, ancora non attiva al 31 dicembre.

Le Carni fresche comprendono cinque prodotti Dop e Igp attivi: il Vitellone bianco dell’Appennino centrale (allevato in Emilia-Romagna e nelle regioni del Centro, Abruzzo, Molise e Campania), l’Abbacchio romano nel Lazio, l’Agnello di Sardegna e la Cinta Senese in Toscana. Gli animali allevati, bovini, suini e ovini, si utilizzano per la produzione di carne, distribuita come prodotto fresco dopo la lavorazione.

Il settore raggruppa 9.684 operatori, di cui 8.767 produttori/allevatori che gestiscono 8.809 allevamenti, con 17,8mila bovini, 1,0 milioni di ovini e 8mila suini, e 1.011 trasformatori con 2.148 impianti di lavorazione. Rispetto all’anno precedente aumentano i produttori (+122, pari a +1,4%), gli allevamenti (+129, +1,5%), i trasformatori (+73, +7,8%) e gli impianti di trasformazione (+132, +6,5%).

Il 62,6% degli allevamenti si concentra nelle regioni meridionali, il 63,3% dei produttori e il 62,1% dei trasformatori si trovano nelle aree collinari. Sono solo 94 i produttori che svolgono contemporaneamente anche l’attività di trasformazione.

Preparazioni di carni: aumentano trasformatori e impianti
Le Preparazioni di carni (prosciutti, insaccati, carne di maiale macellata e prodotti a base di carne bovina e suina) comprendono, come nel 2016, 41 specialità (21 Dop e 20 Igp), di cui solo una, l’Igp Mortadella di Prato, non attiva).

La maggior parte dei produttori e dei trasformatori risulta iscritta contemporaneamente a più prodotti Dop e Igp in quanto, per le diverse esigenze di mercato, più parti dello stesso animale allevato e macellato vengono destinate alla trasformazione in differenti prodotti di qualità. Le specialità riconosciute comprendono sia prodotti molto diffusi (Prosciutto di San Daniele, Prosciutto di Parma, ecc.) sia prodotti di nicchia (Lardo di Colonnata, Salame di Varzi, ecc.).

Il settore raggruppa 4.009 operatori, di cui 738 trasformatori con 1.042 impianti di lavorazione e 3.280 produttori/allevatori, che gestiscono 3.852 allevamenti.

Nel 2017 si riduce, nel confronto con il 2016, il calo degli operatori.  Al calo delle componenti zootecniche corrisponde un incremento dei trasformatori (+42, +6%) e degli impianti (+15 strutture, +1,5%).

Sono solo nove gli operatori che svolgono contemporaneamente la funzione sia di allevatore sia di trasformatore. La quasi totalità dei produttori e dei relativi allevamenti è coinvolta nella produzione di insaccati e prosciutti, mentre l’86,7% degli allevatori è interessato anche ai prodotti a base di carne suinicola macellata.

Il numero di allevamenti risulta superiore a quello degli allevatori: infatti una quota di produttori (soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte) gestisce contemporaneamente più allevamenti. Nel Nord si concentrano il 68,2% dei trasformatori e oltre il 90% dei produttori, degli allevamenti, delle scrofe e dei posti ingrasso.

Le regioni con la maggior consistenza produttiva sono Lombardia (1.337 allevatori e 1.575 allevamenti), Piemonte (737 e 845) ed Emilia-Romagna (497 e 629).

La consistenza degli operatori è estremamente contenuta nel Mezzogiorno. Tuttavia va segnalata la presenza di un piccolo nucleo di allevatori e trasformatori che producono e lavorano quattro rinomate specialità (Capocollo, Pancetta, Salame e Soppressata di Calabria) e di alcuni trasformatori siciliani che elaborano il Salame Sant’Angelo.

La nota ISTAT integrale