Studio sui virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità rilevati in Italia nel 2016-2017

I ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno effettuato uno studio sui virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) rilevati in Italia nel biennio 2016-2017, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Emerging infectious disease.

Durante questo periodo i virus dell’influenza aviaria H5N8 e H5N5 sono stati identificati in voltatili selvatici e domestici in diverse regioni del Nord Italia. Tutti i casi in allevamenti di pollame si sono verificati in prossimità di zone umide, note come siti di riposo per gli uccelli acquatici migratori.

Lo studio evidenzia l’importanza di generare sequenze complete del genoma virale in modo tempestivo, per monitorare la diffusione virale e definire strategie appropriate di controllo della malattia. Questo, insieme all’intensificazione della sorveglianza negli uccelli selvatici nelle zone di importanza ecologica per i virus dell’influenza aviaria, può migliorare la comprensione delle vie di diffusione del virus e sostenere l’individuazione precoce di virus altamente patogeni per il pollame.

Tutte le info sul sito IZSVe




Aggiornamenti sulla presenza in Ue della Malattia da deperimento cronico dei cervidi

wapitiI metodi diagnostici impiegati in Norvegia hanno rilevato la malattia da deperimento cronico (chronic wasting disease o CWD in breve) in renna, alce e cervo reale nel 2016 e 2017, affermano gli esperti dell’EFSA.

Finora si sapeva poco dell’efficacia dei metodi disponibili per il rilevamento della malattia in Europa – poiché la malattia non vi è mai stata riscontrata – ma l’esperienza fatta in Norvegia dimostra che tali metodi sono efficaci.

Gli esperti dell’EFSA hanno esaminato i limiti dell’indagine condotta tra il 2006 e il 2010 e non hanno potuto escludere la possibilità che la malattia fosse già presente in Europa prima del sondaggio, nonostante non fosse stato rilevato alcun caso.

Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia inizieranno a monitorare la malattia questo mese. Ciò in esito alle raccomandazioni espresse dall’EFSA nel 2017.

Nel gennaio del 2017 il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui pericoli biologici ha individuato le attività e le misure di monitoraggio per prevenire l’introduzione e la diffusione della malattia verso l’UE e al suo interno. Gli esperti hanno inoltre esaminato nuove evidenze scientifiche sui possibili rischi per la salute pubblica.

Scientific opinion on chronic wasting disease (II)

Fonte: EFSA

Già nel 2013 “Argomenti” aveva dedicato alla CWD l’approfondimento monografico “Malattie da prioni. Chronic Wasting Disease dei cervidi: sorveglianza sanitaria, analisi del rischio e ricadute ispettive

Sulla comparsa della malattia in Norvegia,  si legga anche il recente “Chronic Wasting Disease nei cervidi: aggiornamenti sulla situazione in Norvegia“, a cura dell’IZS delle Venezie




Alzheimer e delfini

Tursiops-truncatusE’ di alcune settimane fa la notizia, riferita dalla prestigiosa Rivista statunitense Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association, di una peculiare forma di encefalopatia in alcuni esemplari di stenella striata (Stenella coeruleoalba) e di tursiope (Tursiops truncatus) rinvenuti spiaggiati lungo le coste spagnole.

Il lavoro in oggetto, a firma di Danièlle Gunn-Moore e collaboratori, riporta che i succitati animali, appartenenti a due specie cetologiche ampiamente diffuse nel Mediterraneo così come nelle acque temperate dei mari e degli oceani del nostro Pianeta, mostravano lesioni encefaliche sovrapponibili a quelle osservate nel cervello di pazienti umani con malattia di Alzheimer, vale a dire la presenza di “depositi e/o placche di beta-amiloide”, nonché di “aggregati neurofibrillari di proteina tau”.

Al di là del fatto che quella sopra menzionata costituisce la prima descrizione di una siffatta neuropatia centrale nei Cetacei e, più in generale, in qualsivoglia specie animale selvatica, questo studio riconosce il suo principale elemento di forza nell’identificazione della stenella striata e del tursiope quali “nuove” specie potenzialmente in grado di “ricapitolare” le caratteristiche neuropatologiche e, presumibilmente, anche i fondamentali aspetti neuropatogenetici tipici della malattia di Alzheimer.

Infatti, con la sola eccezione della specie felina e, assai di recente, pure del macaco, i modelli animali fino ad allora caratterizzati – ivi compresi quelli murini – sarebbero risultati capaci di “riassumere” solo una parte, più o meno consistente, dei succitati aspetti neuropatologici propri della malattia umana, che peraltro rappresenta la forma di demenza maggiormente diffusa a livello globale.

Ne consegue che i delfini e, più precisamente, stenella striata e tursiope potrebbero candidarsi come validi “modelli di neuropatologia comparata” per lo studio della malattia di Alzheimer, qualificandosi ancor più “compiutamente” in tal senso qualora anche nei delfini – come già documentato nella nostra specie – la “proteina prionica cellulare” fungesse da recettore nei confronti degli “oligomeri solubili di beta-amiloide”, molecole a spiccata azione neurotossica che svolgerebbero un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia di Alzheimer.

Quest’ultima sottolineatura trova riscontro, unitamente ad un commento sull’intrigante articolo in questione, in una Letter to the Editor a firma del professor Giovanni Di Guardo, docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo, che è stata appena pubblicata su Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association.

Come riportato dal professor Di Guardo, l’espressione della proteina prionica cellulare è già stata descritta, nell’ambito di un precedente lavoro svolto in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” e con l’Università degli Studi di Padova, a livello sia del tessuto cerebrale sia di una serie di organi e tessuti linfatici di Cetacei rinvenuti spiaggiati lungo le coste italiane, cosa che potrebbe agevolare l’acquisizione delle importanti conoscenze  neuropatogenetiche di cui sopra.

A tal fine non andrebbe minimamente trascurato, aggiunge Di Guardo, lo stato di conservazione/preservazione post-mortale in cui vengono rinvenuti i Cetacei spiaggiati, il grado di “freschezza/integrità” dei cui tessuti costituisce un prerequisito di cruciale rilevanza ai fini dello svolgimento di indagini laboratoristiche così delicate quanto sofisticate e, nondimeno, dell’attendibilità dei risultati ottenuti.




Influenza aviaria a livello di interfaccia uomo-animale, valutazione del rischio OMS

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato un documento sulla valutazione del rischio sull’influenza aviaria a livello di interfaccia uomo-animale.

Per ciascun sottotipo del virus dell’influenza aviaria
A(H5N6), A(H7N9) e A(H9N2) e dell’influenza suina  A(H1N1)v, A(H1N2)v e A(H3N2)v, viene  descritta la situazione corrente e vengono presi in esame i seguenti quesiti:

1.Qual è la probabilità che si verifichino ulteriori casi umani di infezione da virus X dell’influenza aviaria?

2.Qual è la probabilità di trasmissione del virus X dell’influenza aviaria tra le persone OPPURE da persona a persona?

3.Qual è la probabilità di diffusione internazionale del virus X dell’influenza aviaria mediante i viaggiatori?

Il documento riporta anche alcune raccomandazioni generali sulla gestione del rischio, sottolineando l’importanza delle buone pratiche di sicurezza e igiene alimentare, della sorveglianza globale e della collaborazione tra diverse figure professionali.

Una sintesi e traduzione del documento è presente sul sito dell’IZS Abruzzo e Molise




L’influenza dei cambiamenti climatici su sicurezza alimentare e sanità animale, sondaggio Efsa

In che modo i cambiamenti climatici toccano la sicurezza alimentare, la salute degli animali e quella delle piante? Essere preparati alle future sfide per la sicurezza alimentare è parte integrante del lavoro dell’EFSA. Dateci una mano rispondendo a un breve sondaggio entro il 7 marzo!

Occuparsi di questioni emergenti in ambito di sicurezza alimentare è una parte sostanziale dell’attività dell’EFSA. Sempre più spesso si segnala come il cambiamento climatico abbia risvolti su tutti i settori della produzione alimentare, influenzando il lavoro scientifico dell’EFSA. Per saperne di più abbiamo varato un nuovo progetto: CLEFSA (“Climate change and Emerging risks for Food Safety” ovvero Cambiamenti climatici e rischi emergenti per la sicurezza alimentare).

CLEFSA svilupperà un metodo per individuare i rischi emergenti legati ai cambiamenti climatici. Ci consentirà inoltre di classificare i rischi in rapporto alla sicurezza di alimenti e mangimi e alla salute di piante e animali, facendoci capire quali sono i rischi cui dare priorità. Il sondaggio è il primo atto del progetto e si pone l’obiettivo di raccogliere un elenco di problemi emergenti potenziali. Chiunque abbia conoscenze sull’argomento, dalla più ampia comunità scientifica al pubblico in genere, dovrebbe partecipare.

Il sondaggio rimarrà online fino al 7 marzo. Ci vogliono meno di 10 minuti per completarlo.

Fonte: EFSA




Sarà sequenziato il DNA, passo avanti nella lotta contro la vespa velutina

Il calabrone asiatico (vespa velutina), ha vinto la “competizione dei 25 genomi”, il concorso messo in campo dal Wellcome Trust and Sanger Center, centro britannico d’eccellenza per la ricerca genetica, che in occasione del 25° anniversario ha chiesto alla rete quale DNA mappare tra quello di 25 organismi diversi. La velutina concorreva nella sezione degli organismi nocivi.

Originaria dell’Asia sud-orientale (Cina del sud, India del nord, penisola indocinese, arcipelago indonesiano), questa specie aliena è predatrice di api e altri impollinatori. Oltre a cacciare direttamente le api all’ingresso dell’arnia, impedisce loro di uscire per raccogliere nettare e polline, indebolendo in questo modo anche le colonie che rischiano di morire.

vespa velutinaQuesto imenottero è comparso in Europa nel 2004, probabilmente introdotto con merci di origine cinese. Può spostarsi anche di 100 Km/anno. Dopo il primo rilevamento in Aquitania (Francia), si è diffuso in pochi anni in quasi tutto il paese, provocando perdite di alveari che arrivano fino al 50%, da dove è penetrato anche in Belgio, Spagna, Portogallo e Germania, dimostrando la sua capacità di fare notevoli danni.

Dal 2012 è presente anche in Italia, penetrata in Liguria dal confine francese, è presente nel nord Italia; a giugno 2017 è stata segnalata in Toscana.

“Possedere la mappa del DNA della velutina sarà essenziale per conoscere basi genetiche degli adattamenti che rendono il calabrone asiatico un invasore così di successo – si legge sul sito stopvelutina.it –  Con il sequenziamento si prevede ad esempio di riuscire a capire quali geni sottendono il sesso e la determinazione delle caste in questo tipo di calabrone, per trovare metodi che discriminino solo determinati individui – per esempio, che colpiscano solo i maschi, impedendo alla colonia di riprodursi – oppure per diffondere tratti come la sterilità maschile, in maniera analoga a quello che si fa con le zanzare in certe parti del mondo. Conoscere il DNA sarà inoltre utile per individuare le specifiche sottopopolazioni di calabrone, discriminandone la sensibilità a diversi fattori, oppure per trovare marcatori biochimici utili per monitorare la diffusione dell’insetto”.

A lavorare su questo fronte sarà il cosiddetto Team Asian Hornet, un gruppo di scienziati che comprende ricercatori britannici, francesi e gli italiani del gruppo StopVelutina, la rete italiana di monitoraggio che unisce enti di ricerca e apicoltori (di cui fanno parte Crea, Università di Firenze e Pisa, Cnr e Apiliguria) per fermare l’avanzata di questa specie aliena invasiva.

A cura della segreteria SIMeVeP




Lanciata un’innovativa strategia per arrestare la trasmissione della TBC bovina e zoonotica

La prima tabella di marcia per combattere la TBC animale (TBC bovina) e la sua trasmissione all’uomo, denominata TBC zoonotica – trasmessa di solito attraverso il consumo di carni contaminate o di prodotti lattiero-caseari provenienti da animali malati – richiede una stretta collaborazione tra coloro che lavorano per migliorare la salute umana e animale. È basata su un approccio One Health (un’unica salute, umana e animale N.d.T.) per affrontare i rischi sanitari nei diversi settori.

E’ stata lanciata oggi La Roadmap per la TBC zoonotica nel corso della 48a Conferenza mondiale dell’Unione sulla salute polmonare in corso a Guadalajara, in Messico, questa settimana. Quattro partner in materia sanitaria, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’Organizzazione mondiale per la salute animale(OIE), l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) e l’Unione internazionale contro la TBC e le malattie polmonari (L’Unione) hanno avviato una collaborazione per sviluppare una strategia comune e affrontare l’impatto economico e sanitario di questa malattia.

Nuovi dati rilasciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stimano che ogni anno oltre 140.000 persone si ammalano e più di 12.000 perdono la vita a causa della TBC zoonotica – soprattutto nelle regioni dell’Africa e del Sud-Est asiatico.

“Abbiamo fatto progressi nel porre fine alla TBC, ma le persone colpite dalla TBC zoonotica sono state in larga misura lasciate alle spalle”, ha dichiarato Mario Raviglione, Direttore del Programma dell’OMS Global TBC. “Le priorità delineate in questa tabella di marcia evidenziano la necessità di un’azione multisettoriale per affrontare questa forma trascurata di TBC e raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU e della strategia dell’OMS sulla TBC “, “Insieme possiamo salvare vite e garantire mezzi di sussistenza”.

La TBC bovina in genere si trasmette agli esseri umani attraverso il consumo di alimenti – di solito prodotti lattiero-caseari – non trattati termicamente o carni crude o impropriamente cotte di animali malati. Possono anche verificarsi trasmissioni dirette da animali infetti o da prodotti animali.

“Questa mappa multidisciplinare rappresenta una pietra miliare nella lotta contro la TBC in entrambi gli uomini e gli animali”, ha dichiarato Paula I Fujiwara, Direttore Scientifico dell’Unione. “Migliori tecnologie, migliori conoscenze scientifiche e una migliore governance per le comunità colpite dalla TBC bovina nelle zone rurali più povere devono diventare il nuovo mantra se dobbiamo andare avanti sulla strada per eliminare del tutto e ovunque la TBC”.

Ma la TBC zoonotica è in gran parte nascosta. Spesso non sono disponibili strumenti di laboratorio avanzati necessari per la sua diagnosi. La malattia è resistente alla pirazinamide – uno dei farmaci standard di prima linea utilizzati per trattare la TBC. I pazienti sono quindi spesso erroneamente diagnosticati e possono ricevere un trattamento inefficace.

“Nella lotta contro la TBC dobbiamo riconoscere l’interdipendenza tra la salute umana e quella animale”, ha dichiarato Berhe Tekola, Direttore della Divisione FAO Produzione e Salute Animale.
“In particolare, la TBC bovina, causata dal Mycobacterium bovis, colpisce i bovini, minaccia la vita delle persone e causa grandi barriere economiche e commerciali, oltre a rappresentare un enorme rischio per la sicurezza alimentare e la salute umana”.

Dieci interventi prioritari per combattere la TBC zoonotica nelle persone e la TBC bovina negli animali
La tabella di marcia, sostenuta dai quattro partner, si articola in 10 azioni prioritarie che devono essere prese sia per la salute umana che per quella animale e ne definisce le tappe a breve e medio termine:

MIGLIORARE LA BASE DI CONOSCENZE
1. Sistematicamente esaminare, raccogliere, analizzare e riportare dati di qualità migliori sull’incidenza della TBC zoonotica nelle persone e migliorare la sorveglianza e la segnalazione della TBC bovina nel bestiame e nella fauna selvatica.
2. Ampliare la disponibilità di strumenti diagnostici appropriati e la capacità di fare test per identificare e caratterizzare la TBC zoonotica nelle persone.
3. Individuare e affrontare le lacune di ricerca nella TBC zoonotica e bovina, nell’epidemiologia, negli strumenti diagnostici, nei vaccini, in efficaci regimi di trattamento dei pazienti, nei sistemi sanitari e negli interventi coordinati con i servizi veterinari.

RIDURRE LA TRASMISSIONE TRA ANIMALI E UMANI
4. Sviluppare strategie per migliorare la sicurezza degli alimenti.
5. Sviluppare la capacità del settore veterinario di ridurre la prevalenza della TBC nel bestiame.
6. Individuare le popolazioni e i percorsi di rischio per la trasmissione della TBC zoonotica.

RAFFORZARE LA COLLABORAZIONE INTERSETTORIALE
7. Incrementare la consapevolezza della TBC zoonotica, coinvolgere le principali parti interessate pubbliche e private e stabilire un’efficace collaborazione intersettoriale.
8. Sviluppare e attuare politiche e linee guida per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e il trattamento della TBC zoonotica, in linea con gli standard intergovernativi se pertinenti.
9. Identificare le opportunità per interventi appositamente designati per le comunità che affrontino congiuntamente la salute umana e animale.
10. Sviluppare investimenti per sostenere l’impegno politico e il finanziamento per affrontare la TBC zoonotica attraverso i diversi settori, a livello globale, regionale e nazionale.

Molti di questi interventi raccomandati per il controllo della TBC bovina e zoonotica porteranno anche notevoli benefici per la prevenzione di altre malattie zoonotiche o originate dal cibo, ad esempio causate dalla Brucella.
Affrontare la salute degli animali e l’impatto socioeconomico della TBC zoonotica
L’impatto della TBC zoonotica si estende oltre la salute umana.

Matthew Stone, Vice Direttore Generale dell’OIE, Dipartimento Scienza e Norme Internazionali, ha sottolineato: “Prevenire e controllare la TBC bovina alla sua fonte animale è cruciale per evitare la sua trasmissione all’uomo, per migliorare la sicurezza alimentare e proteggere il sostentamento di molte comunità rurali. A tal fine, l’attuazione di strategie basate su standard internazionali e un approccio trasversale consentirà una migliore sorveglianza e diagnosi della malattia negli animali e di conseguenza ridurre i rischi per l’uomo”.

La TBC bovina minaccia anche il benessere degli animali e coloro che dipendono dal bestiame come mezzo di sussistenza. La malattia può devastare economicamente la produzione zootecnica con grandi perdite connesse con la produzione animale, con i mercati e con il commercio, oltre ai costi per l’attuazione dei programmi di sorveglianza e di controllo. Per eliminare la malattia, il bestiame domestico che è stato infettato da TBC bovina deve essere macellato sotto controllo veterinario.

Anche i paesi più ricchi ne sono colpiti. Negli Stati Uniti, tra il 2000 e il 2008 per rispondere ai focolai di TBC bovina sono stati necessari oltre 200 milioni di dollari per fondi di emergenza. Anche la fauna selvatica può essere infettata, fungendo da serbatoio di infezione per il bestiame e per le persone. Questo può potenzialmente minacciare gli sforzi di conservazione della fauna selvatica.

La tabella di marcia sollecita un’azione per stimolare la risposta e le risorse urgentemente necessarie per affrontare la TBC zoonotica e bovina.




Oms: le malattie con potenziale epidemico che richiedono attenzione prioritaria

Nell’ambito del progetto “R&D Blueprint”, l’Oms ha pubblicato la seconda revisione dell’elenco delle malattie in grado di provocare un’emergenza sanitaria pubblica, a causa del loro potenziale epidemico, per le quali non esistono o non sono sufficienti contromisure, e che per questo meritano un’attenzione  “prioritaria” di Ricerca&Sviluppo, in particolare per sviluppare farmaci e vaccini utili a contrastarle.

E’ proprio attraverso una “metodologia di prioritizzazione “ che a dicembre nel 2015 è stato rilasciato un primi elenco di malattie prioritarie, sottoposto a una prima revisione nel gennaio 2017.

Queste le malattie individuate, elencate non in ordine di importanza:

La “malattia X” rappresenta la consapevolezza che una grave epidemia internazionale potrebbe essere causata da un agente patogeno attualmente sconosciuto, pertanto il Progetto “R&D Blueprint” mira esplicitamente ad una preparazione il più possibile trasversale di Ricerca & Sviluppo che sia rilevante anche per un’eventuale “malattia X” sconosciuta.

L’elenco è considerato non esaustivo.

Altre malattie che dovrebbero essere osservate attentamente in una futura revisione delle lista sono: febbri emorragiche arenavirali diverse dalla febbre di Lassa; Chikungunya; malattie coronavirali altamente patogene diverse dalla MERS e dalla SARS; emergenti enterovirus non polio (compresi EV71, D68); e grave febbre con sindrome da trombocitopenia (SFTS).

Malattie come Dengue, febbre gialla, HIV/AIDS, tubercolosi, malaria, influenza che causa gravi malattie umane, vaiolo, colera, leishmaniosi, virus del Nilo occidentale e peste continuano a porre gravi problemi di salute pubblica, ma sono sono già oggetto di programmi di controllo e ricerca specifici e per questo non incluse nell’elenco prioritario; gli esperti ’OMS hanno comunque riconosciuto la necessità di migliorare la diagnostica e i vaccini per la peste polmonare e il supporto aggiuntivo per terapie più efficaci contro la leishmaniosi.

Gli esperti hanno anche osservato che:

– Per molte delle malattie discusse, così come per tutte le malattie che potrebbero causare un’emergenza sanitaria pubblica, è necessario migliorare la diagnostica.

– I farmaci e i vaccini esistenti necessitano di ulteriori miglioramenti per molte delle malattie considerate anche non incluse nell’elenco delle priorità.

– Qualsiasi tipo di agente patogeno potrebbe essere priorizzato nell’ambito del Progetto “R&D Blueprint”, non solo i virus.

– La ricerca necessaria comprende la ricerca di base/fondamentale e di caratterizzazione, nonché studi epidemiologici, entomologici o multidisciplinari, ulteriori chiarimenti sulle e vie di trasmissione, così come la ricerca in scienze sociali.

– È necessario valorizzare le contromisure sviluppate per più malattie o per famiglie di agenti patogeni, ove possibile.

È stato inoltre deciso che nelle revisioni future andrà preso in considerazione anche l’impatto delle questioni ambientali sulle malattie con il potenziale di causare emergenze sanitarie.

È stato infine sottolineato il valore di un approccio “One Health”, che comprende un processo di prioritizzazione parallelo per la salute degli animali, come utile a sostenere la ricerca e lo sviluppo per prevenire e controllare le malattie degli animali, riducendo al minimo i contagi e migliorando la sicurezza alimentare. È stata anche rilevata la possibile utilità dei vaccini animali per prevenire emergenze sanitarie.

Sono stati poi ricordati gli sforzi coordinati per affrontare la resistenza antimicrobica attraverso specifiche iniziative internazionali. Non è stata esclusa la possibilità che, in futuro, possa emergere un agente patogeno resistente, che verrebbe, in questa eventualità, appropriatamente priorizzato.

A cura della segreteria SIMeVeP




Ecdc: zanzare Aedes aegypti alle porte dell’Ue

Il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc) lancia l’allarme e invita i Paesi europei a rafforzare la sorveglianza sulle zanzare, perchè la temibile ‘Aedes aegypti‘, portatrice di diverse malattie tropicali da Zika alla febbre gialla, è ormai alle porte del continente.

Dal 2007, scrivono gli esperti, la specie vive stabilmente a Madeira, intorno al Mar Nero, e sulla costa turca.

Nel 2017 è tornata in Egitto, e la Spagna ha riportato alcuni ritrovamenti nelle Canarie.

Se non saranno prese misure – avvertono gli esperti – la zanzara si diffonderà con molta probabilità nelle aree estreme dell’Europa, che potrebbero diventare un serbatoio per l’introduzione dei vettori nel continente. Questo aumenterebbe il rischio di focolai locali di virus“.

La aegypti, ricorda l’Ecdc, è stata endemica nell’Europa meridionale fino a metà del ‘900, le condizioni climatiche europee permettono una proliferazione in caso di reintroduzione.

Fonte: Ansa

Scheda informativa Ecdc su Aedes aegypti (in inglese)

Schede informative e infografiche Ecdc sulle diverse speciedi artropodi vettori (in inglese)

Mappe ECDC sulla presenza e distribuzione in Europa degli artropodi vettori

Linee guida ECDC per la sorveglianza delle zanzare autoctone e delle zanzare invasive in UE




Efsa conferma, bassa incidenza delle TSE in Unione europea

muccaL’EFSA ha pubblicato il suo secondo rapporto sintetico a dimensione UE sul monitoraggio delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE).

Le TSE sono una famiglia di malattie che colpisce il cervello e il sistema nervoso dell’uomo e degli animali. Ne fanno parte l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la scrapie e la malattia da deperimento cronico (CWD o Chronic wasting disease). Fatta eccezione per la BSE classica, non vi è alcuna prova scientifica che le TSE possano essere trasmesse all’uomo.

Il rapporto presenta risultati sulla base dei dati raccolti da tutti gli Stati membri dell’UE nonché da Islanda, Norvegia e Svizzera per l’anno 2016.

Le principali risultanze sono:
•Su 1 352 585 animali testati sono stati segnalati nell’UE 5 casi di BSE nei bovini, nessuno dei quali è entrato nella catena alimentare. Solo uno di questi è stato classificato come BSE classica e ha riguardato un animale nato dopo l’entrata in vigore nel 2001 del divieto UE sull’uso di proteine animali nell’alimentazione degli animali d’allevamento.
•685 casi di scrapie in pecore (su 286 351 testate) e 634 in capre (su 110 832 testate) sono state riferiti nell’UE.
•Nessun caso di CWD in alcuno dei 2 712 cervidi testati (ad es. renne e alci) nell’UE. Tuttavia in Norvegia sono stati segnalati cinque casi di CWD: 3 tra le renne selvatiche e 2 tra gli alci.

E’ la prima volta dallo scoppio dell’epidemia di BSE e dalla prima segnalazione di casi di BSE che il Regno Unito non ne segnala alcuno.

EUSR on Transmissible Spongiform Encephalopathies in 2016

Fonte: EFSA

Qui il rapporto precedente