Influenza aviaria: sorveglianza post-vaccinazione strumento cardine per movimentare in sicurezza i volatili

All’EFSA è stato richiesto di fornire una panoramica completa sulle opzioni efficaci di sorveglianza e le misure di riduzione del rischio di influenza aviaria. I nostri scienziati hanno esaminato tali misure e hanno valutato se le strategie di sorveglianza disponibili possano attestare l’assenza della malattia, consentendo così la movimentazione sicura del pollame e dei relativi prodotti.

I nostri esperti hanno esaminato in modo specifico le strategie di sorveglianza in scenari di vaccinazione di emergenza e preventiva, stabilendo le specie di pollame oggetto di vaccinazione (gallina ovaiola, tacchino o anatra), il numero di animali da sottoporre ad analisi, il metodo diagnostico appropriato e il periodo di campionamento.

Nel caso di vaccinazione di emergenza contro l’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), i nostri scienziati hanno concluso che, per essere efficaci, i programmi di sorveglianza per l’individuazione precoce di nuovi focolai dovrebbero tenere conto del tipo di pollame e del numero di capi nell’allevamento. Se si applica la vaccinazione preventiva, per attestare l’assenza di malattia si raccomanda di effettuare analisi virologiche mensili su un numero massimo di 15 volatili morti, onde salvaguardare la movimentazione del pollame e dei relativi prodotti. Inoltre sia i branchi di volatili vaccinati che quelli non vaccinati vanno sottoposti a sorveglianza passiva.

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Fonte: EFSA




Influenza aviaria nei bovini: cosa sappiamo

influenza aviariaNegli USA la presenza di tanti allevamenti di bovini da latte di grandissime dimensioni con ampi parchi esterni rende più frequente e diretto il contatto tra avifauna selvatica e animali da allevamento. In passato, il virus aveva già dato origine a eventi di spillover dagli uccelli selvatici a mammiferi domestici (carnivori) allevati con ridotte misure di biosicurezza, come per esempio gli allevamenti di visoni da pelliccia.

L’EURL è in stretto contatto con le organizzazioni sanitarie internazionali e sta seguendo attentamente l’evolversi della situazione. Anche le autorità sanitarie nazionali, il Ministero della Salute e le Regioni, stanno monitorando la situazione per adottare eventuali misure di mitigazione del rischio. Oltre che gli animali, il virus negli USA ha contagiato anche un operatore del settore lattiero-caseario che era venuto a contatto con i bovini infetti, causando una congiuntivite. Il caso rappresenta un evento eccezionale, infatti è la prima volta che un uomo viene infettato da un bovino con un virus dell’influenza aviaria HPAI, e ciò potrebbe essere dovuto ad una forte contaminazione ambientale e al mancato rispetto delle norme igieniche durante la mungitura. Non ci sono evidenze di trasmissione del virus per via aerogena.

I ricercatori stanno cercando di capire le esatte dinamiche di diffusione di questo virus dai volatili ai bovini e tra i bovini. Non è chiaro infatti se i bovini degli allevamenti americani siano stati infettati da volatili selvatici o da altra fonte riconducibile ai tanti casi di HPAI nel pollame che hanno colpito e stanno tuttora colpendo gli Stati Uniti. Studi clinici e sperimentali sono previsti in USA e in Europa per chiarire questi aspetti. Il monitoraggio costante delle caratteristiche genetiche del virus e la condivisione delle sequenze all’interno della comunità scientifica permetteranno inoltre di individuare tempestivamente eventuali mutazioni pericolose.

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Fonte: IZS Venezie




Le carcasse di cinghiali: attrazione alla necrofagia e potenziale contaminante sul terreno del virus della PSA

cinghialell cinghiale (Sus scrofa) è una specie animale sociale originaria dell’Eurasia. Durante l’ultimo decennio, la popolazione di cinghiali in Estonia è stata gravemente colpita dal virus della peste suina africana (PSA/ ASFV), che ha colpito anche l’allevamento di suini domestici. Le potenziali vie di trasmissione della PSA rimangono poco chiare e sono attualmente oggetto di indagini approfondite. Questo studio pilota mirava a chiarire la frequenza e le caratteristiche dei contatti tra cinghiali vivi e le carcasse dei loro conspecifici, che potrebbero svolgere un ruolo nella trasmissione della PSA. Il contatto degli animali selvatici ed il comportamento del grufolare sulle carcasse di cinghiali è stato studiato utilizzando telecamere da trail in un ambiente sperimentale a Hiiumaa, nell’Estonia occidentale.

Materiali e Metodi: Nel presente studio sono state utilizzate 4 carcasse cacciate legalmente. Questo studio mirava a determinare il cannibalismo intraspecie che avviene con i cinghiali. La persistenza del DNA del virus della PSA nel suolo contaminato da carcasse di cinghiali infette è stata studiata separatamente.

Risultati: Tra le 17 specie faunistiche identificate che hanno visitato le carcasse di cinghiali, il corvo imperiale (Corvus corax) è stato quello più frequente (37,26%), seguito dai cani procione (Nyctereutes procyonoides; 4,25%), cinghiali (3,16%) e volpi rosse (Vulpes vulpes; 2,14%). Per quanto riguarda il contatto diretto con la carcassa, è stata rilevata la stessa classifica delle specie: corvo imperiale (74,95%), cani procione (9,94%), cinghiali (4,21%) e volpi rosse (4,21%). Tra i cinghiali non sono stati notati chiari segni di cannibalismo, anche se era evidente un breve contatto fisico con le carcasse. La persistenza del DNA del virus della PSA nel suolo contaminato da carcasse di cinghiali infette è stata studiata separatamente.

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Fonte:3tre3.it




Influenza aviaria nei bovini, WOAH: situazione rischiosa, importante la sorveglianza

Le recenti notizie di casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) nei bovini da latte e in un essere umano negli Stati Uniti, e la diffusione della malattia in diverse regioni del mondo, hanno sollevato preoccupazioni all’interno della comunità internazionale. Secondo la World Organisation for Animal Health (WOAH) questo potrebbe indicare un aumento del rischio che i virus H5N1 si adattino meglio ai mammiferi e potenzialmente si diffondano all’uomo.

La WOAH (World Organisation for Animal Health), un’organizzazione intergovernativa che ha come obiettivo la diffusione delle informazioni sulle malattie animali, ha fatto il punto in un comunicato stampa sui casi confermati di Influenza Aviaria ad Alta Patogenicità (HPAI) nei bovini che stanno suscitando preoccupazioni all’interno della comunità internazionale.

Sebbene l’HPAI colpisca principalmente avicoli e uccelli selvatici, l’influenza aviaria può occasionalmente essere trasmessa ai mammiferi, compresi gli esseri umani. Negli ultimi due anni, è stato segnalato un numero crescente di casi di influenza aviaria H5N1 in animali terrestri e acquatici.

Le recenti segnalazioni di HPAI nei bovini da latte negli Stati Uniti d’America, che mostrano segni clinici come la riduzione della lattazione, riduzione dell’appetito, letargia, febbre e disidratazione, hanno destato preoccupazioni poiché tali infezioni del bestiame potrebbero, secondo l’organizzazione, indicare un aumentato rischio che i virus H5N1 si adattino meglio ai mammiferi e potenzialmente si trasferiscano agli esseri umani e ad altri animali da allevamento.

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Fonte: ruminantia




La lotta veterinaria alla tubercolosi

La tubercolosi è una malattia , che prima dell’avvento degli antibiotici, ha portato a morte diversi uomini. Oggi non è più così grazie all’uso degli antibiotici, anche se esistono forme resistenti ai trattamenti d’elezione.

Per gli animali, non esistendo il problema etico e valutando esclusivamente il paradigma costo/beneficio non si procede mai alla cura  in caso di positività, ma all’eliminazione dell’animale infetto.

Da sempre l’obiettivo  primario della Sanità Animale è il raggiungimento ed il mantenimento dello status di indenne dalla tubercolosi degli allevamenti bovini del nostro territorio.

Esistono tutte le armi ed i possibili mezzi per sovrastare la diffusione di questo batterio. I  programmi di sorveglianza ed eradicazione applicano misure di controllo drastiche in risposta a casi sospetti e/o confermati con divieto di movimentazione  ed abbattimento dei capi sospetti o positivi fino anche allo stamping out, valutando di volta in volta il destino delle carni.

I metodi diagnostici, conformi alla normativa europea, si basano sull’IDT ( intradermoreazione) ed anche l’IDT comparativa per conferma di casi sospetti  e poi c’è il gamma interferon. Attualmente la stella nascente in diagnostica è proprio il gamma interferon. In lui si confidano capacità predittive , che rilevino prodromicamente situazioni ancora quiescenti e non altrimenti rilevabili, passando poi la palla al veterinario del mattatoio, che dovrà individuare impercettibili granuli miliari nei parenchimi. Siamo ancora ai primi passi.

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Fonte: Vesa Marche




Casi di arbovirosi in Italia: i dati aggiornati

artropodiDal 1 gennaio all’8 aprile 2024, al sistema di sorveglianza nazionale delle arbovirosi risultano: 117 casi confermati di Dengue (tutti associati a viaggi all’estero, età mediana di 42 anni, 50% di sesso maschile e nessun decesso); 1 caso confermato di Zika Virus (associato a viaggio all’estero, nessun decesso); 3 casi confermati di Chikungunya (tutti associati a viaggi all’estero, età mediana di 46 anni, 67% di sesso maschile, nessun decesso); 1 caso confermato di infezione neuro-invasiva – TBE (autoctono, nessun decesso); nessun caso di Toscana Virus. Per maggiori informazioni sui dati consulta la dashboard che fornisce dettagli solo per i casi di Dengue poiché, per le altre malattie sotto sorveglianza, l’esiguità del numero dei casi osservati (≤5) non permette di dare maggiori informazioni sui singoli casi al fine di garantire la privacy dei pazienti, evitandone la rintracciabilità. Per i dati sulle infezioni da West Nile e Usutu virus consulta la pagina dedicata. Consulta anche la pagina dedicata alla sorveglianza nazionale delle arbovirosi e ai bollettini periodici. Con l’occasione della pubblicazione dei nuovi dati sulle arbovirosi EpiCentro aggiorna la pagina delle informazioni generali della Chikungunya, alcune pagine relative alla cosiddetta zanzara tigre e la sezione sulla Dengue approfondendo diversi aspetti della malattia e le FAQ del ISS.

Fonte: Epicentro




Influenza aviaria nei bovini: cosa sappiamo

A seguito della diffusione di un ceppo di influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in alcuni allevamenti di bovini da latte degli Stati Uniti, il Laboratorio di referenza europeo (EURL) per l’influenza aviaria presso l’IZSVe precisa che al momento non sono stati riportati casi nei bovini e nell’uomo in Italia e nella UE.

Negli USA la presenza di tanti allevamenti di bovini da latte di grandissime dimensioni con ampi parchi esterni rende più frequente e diretto il contatto tra avifauna selvatica e animali da allevamento. In passato, il virus aveva già dato origine a eventi di spillover dagli uccelli selvatici a mammiferi domestici (carnivori) allevati con ridotte misure di biosicurezza, come per esempio gli allevamenti di visoni da pelliccia.

L’EURL è in stretto contatto con le organizzazioni sanitarie internazionali e sta seguendo attentamente l’evolversi della situazione. Anche le autorità sanitarie nazionali, il Ministero della Salute e le Regioni, stanno monitorando la situazione per adottare eventuali misure di mitigazione del rischio.

Oltre che gli animali, il virus negli USA ha contagiato anche un operatore del settore lattiero-caseario che era venuto a contatto con i bovini infetti, causando una congiuntivite. Il caso rappresenta un evento eccezionale, infatti è la prima volta che un uomo viene infettato da un bovino con un virus dell’influenza aviaria HPAI e ciò potrebbe essere dovuto ad una forte contaminazione ambientale e al mancato rispetto delle norme igieniche durante la mungitura. Non ci sono evidenze di trasmissione del virus per via aerogena.

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Fonte: IZS Venezie




La peste suina africana, una malattia speciale e molto pericolosa. Una grande sfida a livello globale

Il dott. Laddomada, ex direttore dell’IZS della Sardegna parla di Peste Suina Africana , un tema che ha segnato profondamente la sua vita professionale.

“L’evoluzione del virus della PSA è uno dei più grandi misteri della virologia moderna” Parliamo, infatti, di un virus estremamente particolare.
“La PSA, la sfida della salute dei suini di questo secolo”. Discuteremo, dunque, del virus. “I metodi per controllare ed eradicare la PSA possono essere diversi, in dipendenza della regione e del continente, della specifica situazione epidemiologica e delle circostanze, delle risorse economiche e della situazione nelle regioni vicine”
“La sola conoscenza epidemiologica non è sufficiente per controllare la PSA … è ugualmente importante capire il contesto socio-culturale, economico e politico e le strade   per una comunicazione efficace”
Ritengo queste affermazioni particolarmente pertinenti.

Sebbene oggi intenda adottare un approccio critico, il mio obiettivo non è criticare le persone, poiché sono pienamente consapevole della gravità rappresentata dalla PSA come sfida sanitaria di questo secolo per i suini, un problema imponente che chiunque si occupi di malattie trasmissibili, sia nell’uomo, nelle piante che negli animali, si è trovato ad affrontare. Apprezzo in modo particolare la terza delle affermazioni citate, che sottolinea l’importanza di conoscere la situazione epidemiologica specifica e le circostanze locali. Non esiste una soluzione universale alla PSA, efficace ovunque; è cruciale comprendere le dinamiche locali.

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Fonte: co-scienza.vet




Influenza aviaria, c’è rischio di trasmissione su larga scala solo se il virus muta

 

Il dipartimento dell’Agricoltura americano ha confermato anche ieri la presenza di bovini da latte infettati dal virus dell’influenza aviaria A/H5N1 in un allevamento in Idaho. È il quinto Stato americano a essere interessato dall’epidemia dopo che l’allarme per la diffusione del virus nei bovini da latte, che ha infettato anche due persone che hanno avuto contatti con gli animali, era scattato lo scorso 25 marzo, in due allevamenti in Kansas e uno in Texas e da tamponi effettuati in un quarto allevamento in Texas. Il 29 sono state poi riscontrate nuove positività in un allevamento in Michigan e New Mexico.

Le indagini preliminari hanno concluso che il ceppo di virus rilevato nell’ultimo caso è simile a quello riscontrato in precedenza in Texas e Kansas e che sembra essere stato introdotto dagli uccelli selvatici. Al momento, sottolineano le autorità, il livello di rischio per la salute umana resta basso; tuttavia, le persone con esposizioni strette o prolungate e non protette ad animali infetti o ambienti contaminati sono a maggior rischio di infezione. Nessuna preoccupazione per quel che riguarda il latte commerciale «perché i prodotti vengono pastorizzati prima di entrare sul mercato», precisa il dipartimento dell’Agricoltura.

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Fonte: ilsole24ore.com




Allo studio un vaccino contro le malattie trasmesse da vettori

vaccinoIlaria Puglia, Marialuigia Caporale e il responsabile delle attività Alessio Lorusso, dell’IZS di Teramo, hanno preso parte al kick-off meeting del progetto europeo HORIZON Yellow4FLAVI “Deconstructing the Protective Immunity of Yellow Fever Virus 17D to inform flavivirus vaccine design”, che si è svolto il 21 e 22 marzo presso il campus dell’Istituto Pasteur di Parigi.

Al progetto, coordinato da Giovanna Barba-Spaeth del Pasteur di Parigi, lavorano gli esperti di un consorzio interdisciplinare costituito da 13 partner, di cui uno non europeo (Colombia), provenienti da 7 Paesi diversi. L’obiettivo è comprendere al meglio i meccanismi d’azione del vaccino più efficace contro i flavivirus: il vaccino per la febbre gialla 17D (YF17D). Yellow4FLAVI impiegherà questo vaccino per comprendere le basi molecolari della protezione immunitaria contro i flavivirus a lungo termine al fine di svelare gli aspetti critici dell’immunogenicità del vaccino, analizzando il ruolo strutturale delle particelle virali nella presentazione degli epitopi protettivi e studiando la risposta dell’ospite dalla sede di inoculo fino allo sviluppo della risposta immunitaria a lungo termine. Utilizzando la manipolazione genetica (reverse genetics) e il Cryo-EM (microscopia crioelettronica), oltre ad una pletora di approcci immunologici, verrà sviluppato un modello per la progettazione e il disegno di vaccini innovatici contro i flavivirus.

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Fonte: IZS Teramo