Origini del Covid. La zoonosi è l’ipotesi più probabile ma non si esclude l’incidente di laboratorio. Il rapporto dell’Oms
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso il gruppo di esperti SAGO (Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens), ha pubblicato un’attesa relazione indipendente sull’origine del virus SARS-CoV-2. A oltre cinque anni dalla comparsa dei primi casi a Wuhan, in Cina, il report non fornisce ancora una risposta definitiva, ma offre un’analisi scientifica articolata delle evidenze disponibili, delineando due principali ipotesi in esame e le lacune che ancora impediscono una conclusione certa.
La relazione nasce da un mandato chiaro: comprendere come e dove SARS-CoV-2 sia passato agli esseri umani. È un’esigenza non solo scientifica ma anche etica, volta a prevenire future pandemie. SAGO ha operato in modo indipendente, analizzando migliaia di dati pubblicati e non, documenti governativi e interviste a esperti. Tuttavia, sottolinea di non aver potuto accedere a dati grezzi cruciali, in particolare da laboratori cinesi.
Le quattro ipotesi valutate
Nel report vengono analizzate quattro ipotesi principali:
– Spillover zoonotico naturale, da un animale selvatico all’uomo, con o senza ospite intermedio.
Sulle ipotesi 3 e 4, la relazione è chiara: al momento non ci sono evidenze scientifiche che le supportino. La trasmissione tramite prodotti congelati è ritenuta molto improbabile, mentre la manipolazione intenzionale del virus è giudicata non corroborata da dati genomici o esperimenti noti.
Le ipotesi più plausibili
Le due ipotesi ritenute più solide sul piano scientifico restano:
Spillover zoonotico naturale (ipotesi 1): supportata dalla maggior parte delle evidenze disponibili, anche se non ancora provata in via definitiva. Il virus è geneticamente simile a ceppi rinvenuti in pipistrelli in Cina e Laos (es. BANAL-52 e RaTG13), seppur troppo distanti per essere considerati precursori diretti. Metagenomica e tracciamenti ambientali al mercato Huanan di Wuhan (HSM) hanno confermato la presenza di animali suscettibili al virus (come il cane procione) e tracce genetiche del virus stesso su superfici di bancarelle.
Fonte: quotidianosanita.it


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Lo scorso anno i focolai di peste suina africana (PSA) nei suini domestici sono diminuiti dell’83% rispetto al 2023 (da 1929 a 333), si apprende dall’
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Negli spazi urbani di tutta Europa, i piccioni rappresentano una presenza onnipresente, spesso trascurata. Tuttavia, al di là del loro ruolo o delle problematiche logistiche che generano, questi uccelli si stanno rivelando attori inaspettati in una delle più preoccupanti questioni di sanità pubblica globale: la diffusione del virus dell’influenza aviaria.
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