Giornata mondiale contro la rabbia, whorkshop al Ministero della salute

Nell’ambito dworkshop rabbiaelle iniziative per la 13ª Giornata Mondiale contro la rabbia – l’iniziativa che si celebra ogni 28 settembre organizzata dalla Global Alliance for Rabies Control fin dal 2006 con lo scopo di sensibilizzare e richiamare l’attenzione sull’impatto della rabbia sulla salute pubblica promuovendo la prevenzione e le strategie di controllo della malattia che, vale la pena ricordare, ha un tasso di mortalità tra i più elevati al mondo, uccidendo ogni anno 59mila persone –  il Ministero della salute organizza il workshop formativo-informativo “Giornata mondiale contro la rabbia. La situazione epidemiologica e le iniziative dell’Italia” che si terrà a Roma il 30 settembre 2019 presso il la sede del Ministero della Salute, Sala Turina, Viale Giorgio Ribotta 5.

In particolare il workshop si propone di:

  • accrescere le conoscenze in tema di prevenzione, sorveglianza e controllo della rabbia sia in ambito umano che animale
  • presentare esperienze di cooperazione internazionale che contribuiscono all’applicazione della strategia globale Zero by 30 contro la rabbia e al raggiungimento della salute per tutti nel 2030.

La partecipazione al workshop è gratuita ed è rivolta a un massimo di 50 partecipanti. L’iscrizione va effettuata entro il 20 settembre 2019.

Consulta il programma

Ulteriori informazioni sulla giornata mondiale della rabbia:

https://rabiesalliance.org/world-rabies-day

A cura della segreteria SIMeVeP




Cinghiali, il 7,8% affetti dal virus Epatite E nell’area Chietino-Lancianese. Studio presentato a Chicago dal Servizio di Sanità animale della Asl

cinghialiL’Abruzzo, con il 22,2% rispetto al totale dei casi registrati a livello nazionale, è la regione maggiormente colpita dall’Epatite E, malattia dei suidi sostenuta da un virus (HEV) in grado di trasmettersi da animale ad animale e che può passare all’uomo per via alimentare: in Abruzzo è infatti assai frequente il consumo di carne suina cruda o poco cotta (salsicce di carne e di fegato, anche di cinghiale).

Il Servizio veterinario di Sanità animale della Asl Lanciano Vasto Chieti, diretto da Giovanni Di Paolo, ha sviluppato uno studio sperimentale sui cinghiali cacciati al fine di determinare in tale popolazione (circa 6.000 esemplari) non tanto la positività sierologica di tali animali, segno di un contatto con il virus, ma la reale presenza del virus stesso dell’epatite E attraverso specifiche tecniche di isolamento.

I risultati dello studio sono stati giudicati molto interessanti dalla comunità scientifica internazionale e sono stati presentati alla “100^ Conferenza mondiale dei ricercatori delle malattie infettive animali” che si è appena tenuta a Chicago (Illinois), negli Stati Uniti. Allo studio, insieme a Giovanni Di Paolo e ad Angelo Giammarino del Servizio veterinario di Sanità animale della Asl hanno collaborato Fabrizio De Massis, Giuseppe Aprea, Silvia Scattolini, Daniela D’Angelantonio, Arianna Boni, Francesco Pomilio e Giacomo Migliorati dell’Istituto zooprofilattico di Teramo e il tecnico della prevenzione Chiara Morgani.

In particolare, il virus è stato ricercato nel fegato e nella cistifellea di 102 cinghiali provenienti dai Comuni ricadenti nell’Ambito territoriale di caccia (Atc) Chietino Lancianese. I risultati delle analisi hanno evidenziato la presenza del virus nelle matrici di otto cinghiali, evidenziando una percentuale di infezione del 7,8% (numero di soggetti infetti sul totale dei capi testati).

L’indagine ha voluto inoltre determinare l’eventuale sieropositività al virus dell’epatite E dei cacciatori che hanno avuto contatto con i capi infetti; in questo caso, nessuno dei cacciatori è risultato infetto.

In situazioni di “stretto” contatto, il virus dell’Epatite E può infatti passare dai suidi infetti all’uomo attraverso il consumo di carne o fegato senza un adeguato trattamento termico, determinando l’insorgenza della malattia che, seppur asintomatica nella maggior parte dei casi, può a volte manifestarsi con i sintomi classici di un’epatite acuta (febbre alta, dolore addominale, ittero).

Molta importanza nella trasmissione della malattia è data al cinghiale, che è in grado di ospitare il virus fungendo da fonte di infezione per l’uomo (reservoir).

L’epatite E è oggi considerata una zoonosi (malattia trasmessa dall’animale all’uomo) emergente e i casi accertati in Europa e in Italia hanno visto un aumento esponenziale negli ultimi anni.

Anche l’Istituto superiore di sanità (Iss) considera questa malattia molto importante dal punto di vista della salute pubblica. Sono infatti in corso numerosi progetti per determinare la reale incidenza della malattia nella popolazione italiana così come comunicato nei più recenti studi presentati al workshop “Epatite E: un problema emergente in sicurezza alimentare”, svoltosi a Roma nella primavera scorsa proprio presso la sede dell’Iss, in collaborazione con il Ministero della Salute.

Fonte: ASL Lanciano Vasto Chieti




40ª Fiera Nazionale “I giorni del miele”

Nelle giornate del 4-5-6 ottobre 2019 si tiene a Lazise (VR) la 40ª Fiera Nazionale “I giorni del miele” .

Segnaliamo in particolare i Convegni organizzati in collaborazione con l’azulss 9 scaligera di Verona:




Consiglio dell’Ue: rafforzare biosicurezza per impedire introduzione in Ue di malattie animali transfrontaliere

peste suina africana

Peste Suina Africana – Situazione epidemiologica I semestre 2019

Il Consiglio dell’Unione europea “Agricoltura e pesca” nella sessione del 18 giugno 2019 a Bruxelles ha approvato le “Conclusioni sulla biosicurezza, un concetto generale con un
approccio unitario per proteggere la sanità animale nell’UE” con cui incoraggia gli Stati membri a garantire una sufficiente capacità di biosicurezza a livello nazionale e dell’UE e sostenere un approccio integrato di biosicurezza stabilito mettendo a disposizione adeguate e risorse finanziarie.

Il Consiglio riconosce che le malattie animali trasmissibili possono avere conseguenze economiche e sociali molto gravi che ostacolano agricoltura, commercio e turismo. Ciò vale in particolare per le malattie animali transfrontaliere, come l’afta epizootica e la peste suina africana, che possono diffondersi molto rapidamente, indipendentemente dalle frontiere nazionali, e che, nel caso delle
malattie animali transfrontaliere zoonotiche (come alcuni tipi di influenza aviaria ad alta patogenicità) possono rappresentare un grave rischio anche per la salute umana. Occorre quindi compiere ogni sforzo per impedirne l’introduzione nel territorio dell’UE o, se sono già presenti, per prevenirne la diffusione ed eradicarle, anche perchè le infezioni possono presentarsi con
intensità diversa nei vari Stati membri a causa della rispettiva situazione geografica e di altri fattori ma la prevenzione e il controllo efficaci sono sempre nell’interesse dell’UE nel suo complesso.

Il Consiglio ricorda che è responsabilità di tutti gli operatori e i professionisti degli animali, compresi i trasportatori, di ridurre al minimo il rischio di diffusione delle malattie animali transfrontaliere attraverso le loro attività e sottolinea, in particolare, che spetta in primo luogo agli operatori attuare le misure di biosicurezza. Considerato, in aggiunta, che molte malattie animali transfrontaliere colpiscono anche le popolazioni di animali selvatici, anche i cacciatori, i birdwatcher e le organizzazioni di gestione forestale e protezione della natura possono svolgere un ruolo molto importante nell’individuazione e nel controllo di tali malattie.

Per tali motivi ribadisce l’importanza di un approccio integrato alla biosicurezza e del coinvolgimento e della cooperazione di tutti i settori pertinenti e riconosce e di conseguenza che sono necessarie risorse finanziarie sufficienti per garantire la corretta ed efficiente applicazione di tale concetto, tenuto conto che è meglio investire nella prevenzione che spendere per la cura.

A cura della segreteria SIMeVeP

(nella foto: Peste Suina Africana – Situazione epidemiologica I semestre 2019, fonte OIE)




I casi di malattie da vettore nel 2018 in Italia

malattie da vettoreLe arbovirosi sono un gruppo di malattie virali trasmesse dalla puntura di vettori artropodi, come le zanzare e le zecche.

Queste malattie rappresentano un grave problema di sanità pubblica.

Per garantire che vengano individuati precocemente i casi e adottate tutte le misure per ridurne la diffusione, il ministero della Salute emana periodicamente Piani di sorveglianza e risposta alle varie arbovirosi.

L’Istituto Superiore di Sanità coordina le attività di sorveglianza integrata delle arbovirosi in Italia, in collaborazione e con il supporto finanziario del ministero.

Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 2018 in Italia sono stati notificati in totale 243 casi confermati di arbovirosi (escluse West Nile e Usutu).

In particolare:

Arbovirosi importate

  • 5 casi confermati di chikungunya
  • 108 casi confermati di dengue
  • 1 caso confermato di Zika

Si tratta di casi in associati a viaggi all’estero in residenti in Italia.

Arbovirosi autoctone

  • 90 casi confermati di virus Toscana
  • 39 casi confermati di encefalite virale da zecche (TBE)

I casi di infezione da virus Toscana sono stati notificati prevalentemente in Italia centrale (Emilia-Romagna, Toscana, Marche) con casi sporadici in Abruzzo, Lazio e Piemonte, mentre l’encefalite virale da zecche è stata segnalata nell’Italia nord-orientale (Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Trento e Bolzano).




Primo vaccino orale per i cinghiali euroasiatici nei confronti del ceppo di ASFV genotipo II

cinghialiLa peste suina africana è tra le malattie virali più complesse a cui fanno seguito danni socioeconomici considerevoli.
Non è trasmissibile all’uomo e colpisce sia il maiale domestico sia il cinghiale (biologicamente la stessa specie, Sus scrofa). Ad oggi, a seguito dell’emergenza sanitaria in atto in Asia ed Europa è necessario ottenere un vaccino stabile ed efficace per contribuire a mitigare la diffusione del virus, per ridurre di fatto il numero degli animali sensibili attraverso il potenziamento dello stato immunitario delle popolazioni di cinghiali, diminuendone così l’incidenza.

Questa condizione di emergenza ha accresciuto l’interesse della comunità scientifica per lo sviluppo di un vaccino efficace contro la malattia; ma la complessità genetica del virus, l’insufficienza di informazioni in merito all’immunità conferita e le difficoltà nel realizzare linee cellulari di produzione stabili hanno ostacolato lo sviluppo di un vaccino idoneo.

Lo studio pubblicato da Barasona et al., descrive la vaccinazione sperimentale contro ASFV in un gruppo di cinghiali di allevamento.

L’immunizzazione orale con un ASFV attenuato non emoadsorbente del genotipo II (Lv17/WB/Rie1), ha conferito una protezione del 92% nei confronti del ceppo di campo (Arm07) circolante attualmente in Europa ed Asia.

Il ceppo vaccinale (Lv17/WB/Rie1) somministrato per via orale nei cinghiali oggetto dello studio, ha indotto una risposta anticorpale senza causare segni clinici compatibili con ASFV e lesioni anatomopatologiche riconducibili alla malattia. Inoltre, è stata evidenziata la capacità del virus vaccinale di conferire un’immunità tramite contatto con altri soggetti non vaccinati, ciò permetterebbe di estendere la copertura vaccinale riducendo così costi di produzione e di somministrazione su vasta scala del vaccino nel territorio.

Alla luce di questi risultati, di natura preliminare, sono necessari approfondimenti per valutare la capacità del ceppo vaccinale (Lv17/WB/Rie1) di persistere nell’ambiente e di essere trasmesso tra i cinghiali sentinella.

Referenze

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fvets.2019.00137/full

Fonte: IZS Abruzzo e Molise




Rabbia, vaccinazioni più efficaci nei cani vaccinati in Italia

I cani importati in Italia dall’Est Europa presentano un tasso di vaccinazioni contro la rabbia inefficaci più alto rispetto ai cani vaccinati in Italia, sollevando dubbi sulla conformità delle vaccinazioni antirabbiche effettuate nei paesi di origine. È quanto emerge da uno studio del Centro di referenza nazionale per la rabbia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che ha analizzato i risultati di 21.001 test sierologici su cani vaccinati contro la rabbia effettuati tra il 2006 e il 2012.

 




Caso umano di rabbia nel Regno Unito

rabbiaUn uomo di nazionalità inglese, residente nel Regno Unito, è morto dopo aver contratto la malattia della rabbia mentre era in visita in Marocco.

Il portavoce della sanità pubblica inglese ha informato che l’uomo si è infettato dopo essere stato morso da un gatto.

Il portavoce ha anche rassicurato che gli operatori sanitari e coloro che erano stati in stretto contatto con il defunto erano sotto osservazione e se ritenuto necessario vaccinati. Inoltre, ha garantito che non c’era alcun rischio di diffusione della malattia considerando che la rabbia nel Regno Unito non circola in animali domestici e selvatici, anche se alcune specie di pipistrelli sono il serbatoio di un virus simile alla rabbia.

Questo evento rappresenta un’allerta per le persone che viaggiano verso i paesi infetti dalla malattia della rabbia ricordando loro di evitare il contatto con cani, gatti e altri animali, dove possibile; inoltre è un invito ai viaggiatori ad informarsi accuratamente presso le strutture sanitarie sulla necessità di un vaccino antirabbica prima di intraprendere un viaggio.

L’IZS dell’Abruzzo e Molise propone approfondimenti alla notizia




Linee guida FAO-OIE-OMS per gestire le malattie zoonotiche nei Paesi

OIE OMS FAOLe malattie zoonotiche continuano a rappresentare una minaccia per la salute globale, causando ogni anno milioni di morti e perdite economiche. Per sostenere i paesi nel controllo delle zoonosi, le organizzazioni FAO, OIE e OMS (Tripartito) hanno pubblicato una linea guida dal titolo “Adottare un approccio multisettoriale “One Health”: una guida per gestire le malattie zoonotiche nei diversi Paesi“.

Il Tripartito riconosce che, data la vasta gamma di situazioni e contesti dei Paesi, non conosciamo ancora il modo migliore di costruire strutture e sistemi per affrontare le malattie zoonotiche.

In sostanza, questa guida non riguarda solo l’implementazione di un approccio “One Health”, ma riflette l’impegno globale collettivo ad utilizzare questo approccio multidisciplinare e multisettoriale per affrontare le malattie zoonotiche e le relative minacce per la salute.

Un approccio “One Health” è importante anche per la sicurezza sanitaria nazionale e globale; infatti, garantisce l’implementazione dei regolamenti internazionali sviluppati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) (2005) e dall’OIE le norme in materia di salute animale, sanità pubblica veterinaria, malattie zoonotiche e benessere degli animali. Inoltre, questo tipo di approccio è utile a contribuire a soddisfare molti degli obiettivi del documento sullo Sviluppo Sostenibile e dell’agenda 2030.

Molti paesi riconoscono i vantaggi derivanti dall’adozione di un approccio “One Health” per creare meccanismi nazionali di coordinamento, comunicazione e collaborazione in risposta alle minacce per la salute nell’interfaccia uomo-animale-ambiente.

La collaborazione tripartita tra la FAO, l’OIE e l’OMS riflette un partenariato di lunga data e di successo nell’adozione di un approccio sanitario unico per affrontare le sfide alla salute pubblica, alla salute degli animali (domestici e selvatici) e l’ambiente. Questa guida è stata utilizzata nei paesi della regione del Sud-Est asiatico (SEARO) e della regione del Pacifico occidentale (WPRO) dell’OMS per sviluppare le attività multisettoriali nell’ambito della strategia “Asia Pacific Strategy for Emerging Diseases” (APSED).

Un decennio dopo, il Tripartito ha aggiornato e ampliato la Guida del 2008 per trattare anche gli aspetti legati alla prevenzione, la preparazione, l’individuazione e la risposta alle minacce zoonotiche nell’interfaccia animale-uomo-ambiente in tutti i Paesi e le Regioni e include esempi di buone pratiche e opzioni basate sulle esperienze dei Paesi. Il titolo del documento è: “Malattie zoonotiche: una guida per stabilire la collaborazione tra i settori della salute animale e umana a livello di Paese”.

Tuttavia, la valutazione dei sistemi sanitari continua ad identificare le principali lacune nella capacità di attuare la collaborazione multisettoriale e multidisciplinare all’interno e tra molti paesi, che chiedono il sostegno del Tripartito per colmare queste carenze.

Sebbene focalizzata sulle malattie zoonotiche, la Guida 2019 è abbastanza flessibile da coprire altri rischi per la salute uomo-ambiente (ad esempio, l’antibiotico resistenza e i problemi di sicurezza alimentare).

Fonte: IZS Abruzzo e Molise




Aedes aegypti e Aedes albopictus amplieranno il loro habitat, Italia coinvolta

Entro il 2050 quasi una persona su due (il 49%) abiterà negli habitat ideali delle zanzare Aedes aegypti e Aedes albopictus, quelle che trasmettono febbre gialla, dengue, zika e chikungunya. Ciò, a causa del surriscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra.

L’allarme è anche legato a una parte del Sud Italia.

E’ quanto emerge da uno studio internazionale pubblicato su Nature Microbiology e coordinato dal Boston Children’s Hospital.

Se non viene intrapresa alcuna azione per ridurre il tasso attuale di riscaldamento, si apriranno sacche di habitat in molte aree urbane“, dice Moritz Kraemer, uno dei ricercatori che hanno condotto l’analisi, che vede anche la firma dell’Università di Washington, della London School of Hygiene e Tropical Medicine, dell’Università di Oxford e della Université Libre de Bruxelles.

Il team ha raccolto dati storici sulle distribuzioni di Aedes aegypti e Aedes albopictus in oltre 3.000 luoghi in Europa e negli Stati Uniti, risalenti agli anni Settanta e Ottanta e li hanno proiettati al 2020, 2050 e 2080.

I modelli suggeriscono come nelle attuali condizioni climatiche e di densità di popolazione, entrambe le specie di zanzare continueranno a diffondersi a livello globale nei prossimi decenni.

Si prevede che l’Aedes aegypti si diffonderà prevalentemente all’interno della fascia tropicale, ma anche nelle nuove aree temperate degli Stati Uniti e della Cina, raggiungendo il Nord fino a Chicago e Shanghai entro il 2050.

L’Aedes aegypti diminuirà negli Stati Uniti centro-meridionali e nell’Europa orientale, che i modelli climatici prevedono diventeranno più aridi. Non è previsto che raggiunga l’Europa ad eccezione di alcune parti dell’Italia meridionale e della Turchia.

Aedes albopictus, invece, si prevede che si diffonderà ampiamente in tutta Europa, raggiungendo in ultima analisi ampie aree della Francia e della Germania nei prossimi 30 anni

Fonte: Ansa