Una nuova ricerca indica gli strumenti per il controllo delle principali malattie a garanzia della salute animale e della salute pubblica

L’articolo è stato pubblicato sulla rivista ‘The Lancet Planetary Health’, fra gli autori anche due ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), per gli ambiti di rabbia e malattie delle api.

Una ricerca pubblicata su The Lancet Planetary Health ha indicato gli strumenti adeguati per il controllo delle malattie infettive degli animali, che possono avere un impatto significativo sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Tra gli autori figurano anche due ricercatori dell’IZSVe: Paola De Benedictis, direttore del Centro di referenza nazionale/FAO per la rabbia, e Franco Mutinelli, direttore del Centro di referenza nazionale/FAO per l’apicoltura.

Gli sforzi internazionali dovrebbero concentrarsi sullo sviluppo di strumenti di controllo per una serie di malattie infettive prioritarie degli animali, tra cui le infezioni da virus Nipahpeste suina africana, afta epizootica e tubercolosi bovina – affermano gli scienziati – ma sono necessari ulteriori progressi per un’ampia gamma di malattie zoonotiche, endemiche e malattie epidemiche (comprese le pandemie) al fine di garantire un pianeta sano per l’uomo, gli animali e l’ambiente.

Lo studio, guidato dal dottor Johannes Charlier, project manager di DISCONTOOLS (DISease CONtrol TOOLS), e comprendente un team internazionale di esperti di salute animale, ha valutato lo stato attuale degli strumenti di controllo disponibili per 53 principali malattie infettive degli animali.

Il contributo dell’IZSVe per rabbia e malattie delle api

Con la partecipazione al Consorzio DISCONTOOLS, anche i ricercatori dell’IZSVe hanno contribuito allo studio in ambiti specifici come la rabbia e le malattie delle api che, per aspetti diversi, ricadono fra le malattie animali di interesse prioritario, evidenziando le competenze specialistiche proprie dell’ente.

“La rabbia, una delle più antiche malattie conosciute e per la quale da oltre 150 anni si conoscono mezzi di prevenzione nell’uomo e di controllo negli animali, è ancora una malattia prioritaria per l’Unione europea – spiega Paola De Benedictis, direttore del Centro di referenza nazionale per la rabbia all’IZSVe, coautore dell’articolo. “La rabbia rappresenta un ottimo esempio di One Health a livello mondiale. Una zoonosi negletta ancora oggi responsabile di circa 60.000 decessi all’anno e contro la quale gli organismi nazionali e internazionali hanno stipulato un patto di mutua e trasversale collaborazione tra tutti i settori implicati per il suo controllo.”

“La varroosi, causata dall’acaro parassita Varroa destructor, è a livello mondiale la più importante malattia delle api che colpisce sia la covata sia gli adulti, provocando un progressivo indebolimento e spopolamento della colonia fino al suo collasso.”

Così spiega Franco Mutinelli, direttore del Centro di referenza nazionale per l’apicoltura dell’IZSVe, fra gli autori dell’articolo, che aggiunge: “Lo spopolamento è inevitabile se non vengono eseguiti adeguati trattamenti e interventi tecnici. Oltre al danno diretto dovuto al fatto che si nutre del corpo grasso e dell’emolinfa dell’ape, l’acaro è anche un vettore di diversi virus che possono danneggiare ulteriormente le api. Ne deriva che l’individuazione di nuovi metodi di controllo è un compito essenziale per i ricercatori.

In particolare, vanno prese in considerazione le interazioni ecologiche di questo parassita, la selezione per la resistenza nei suoi confronti; il miglioramento delle modalità di applicazione dei medicinali veterinari, lo sviluppo di nuovi farmaci alternativi o complementari a quelli esistenti, e l’ottimizzazione e standardizzazione delle tecniche apistiche per il suo controllo.”

Le cinque priorità di ricerca per garantire la salute animale

 I ricercatori hanno constatato che, sebbene siano disponibili metodi diagnostici accurati e facili da usare per molte malattie animali, è urgente sviluppare metodi stabili e duraturi in grado di differenziare gli animali infetti dagli animali vaccinati e valutare altre caratteristiche della malattia come la trasmissibilità, l’impatto sulla produttività e il benessere degli animali. Aggiungono che è anche necessario sfruttare i rapidi progressi tecnologici e di rendere i metodi diagnostici ampiamente disponibili e affidabili. Gli scienziati chiedono ulteriore ricerca per migliorare la praticità d’uso e la durata dell’immunità, e per sviluppare marker vaccinali efficaci.

La ricerca evidenzia che la più grande criticità per i farmaci veterinari è rappresentata dalla possibilità che i patogeni sviluppino resistenza ai farmaci disponibili, in particolare per i patogeni batterici e i parassiti (protozoi, elminti e artropodi). Il dottor Charlier e i colleghi ricercatori propongono cinque priorità di ricerca per la salute degli animali che contribuiranno a creare un pianeta sano e sostenibile: vaccinologia, resistenza antimicrobica, mitigazione e adattamento climatico, salute digitale e preparazione alle epidemie.

Gli scienziati hanno utilizzato DISCONTOOLS, un database open access e risorsa chiave per il Consorzio di ricerca internazionale STAR-IDAZ, nonché per altri finanziatori della ricerca sulla salute animale, inclusi trust e industria farmaceutica, per valutare lo stato attuale degli strumenti di controllo appropriati per 53 importanti malattie infettive degli animali. DISCONTOOLS identifica le lacune di conoscenza che devono essere colmate per accelerare lo sviluppo di nuovi strumenti di controllo (diagnostica, vaccini e farmaci) e ridurre l’impatto delle malattie degli animali. Ciò offre vantaggi in termini di salute e benessere degli animali, salute pubblica e un sistema di approvvigionamento alimentare sicuro.

DISCONTOOLS è stato quindi utilizzato per definire l’ordine di priorità delle malattie infettive animali per le quali mancano strumenti di controllo adeguati e laddove affrontare questa esigenza avrebbe il maggiore impatto sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

Fonte: IZS Venezie




Vaiolo ovino e caprino in Spagna, Andalusia

Il 19 settembre 2022 i servizi veterinari della regione Junta in Andalusia, Spagna, hanno notificato al WOAH un focolaio di vaiolo ovino e caprino in un allevamento ovino da riproduzione situato nel comune di Benamaurel, nella provincia di Granada.

Il 14 settembre 2022, il proprietario dell’allevamento di 314 pecore e 11 capre, ha constatato la presenza di segni e lesioni cliniche compatibili con la malattia e ha comunicato tempestivamente al servizio veterinario regionale dell’Andalusia il sospetto della patologia.

Il servizio veterinario ha diagnosticato 50 pecore clinicamente malate e 30 animali morti; i restanti 284 ovini e 11 caprini sono stati uccisi; le carcasse, i sottoprodotti e i rifiuti sono stati smaltiti sotto controllo ufficiale.

Il laboratorio veterinario centrale di Algete (Madrid) – laboratorio di referenza nazionale del vaiolo ovino e caprino in Spagna, ha confermato, il 18 settembre 2022, la positività dei campioni di 50 animali mediante test RT-PCR e sequenziamento per il virus del vaiolo ovino e caprino.

Le autorità andaluse hanno immediatamente adottato le misure di controllo  previste dal regolamento delegato (UE) 2020/687 della Commissione, che integra il Regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme relative alla prevenzione e al controllo di determinate malattie.

In Spagna, la malattia del vaiolo ovino e caprino era stata eradicata il 31 dicembre del 1968.

Il vaiolo degli ovini e dei caprini è una malattia virale infettiva che colpisce gli ovini e i caprini e può avere conseguenze gravi sulla popolazione animale interessata e sulla redditività dell’allevamento, perturbando i movimenti delle partite di tali animali e dei relativi prodotti all’interno dell’Unione Europea e le esportazioni verso paesi terzi.

Informazioni relative alla malattia

Fonte: IZS Teramo




SARS CoV-2 negli animali, un sito per navigare in tutti gli eventi segnalati

SARS CoV-2 negli animali, un sito per navigare in tutti gli eventi segnalati.

Il virus SARS CoV-2 è stato segnalato in moltissime nazioni anche negli animali e talvolta con risonanza mediatica notevole. Per quanto il coronavirus non sia abitualmente trasmesso dagli animali all’uomo, SARS-CoV-2 è in grado di infettare 29 specie animali, determinando la possibilità  di creare serbatoi animali dove può modificarsi e diventare più contagioso per l’uomo. Questo rischio viene ridotto tramite la segnalazione tempestiva al World Animal Health Information System (WAHIS) dell’organizzazione mondiale della sanità animale (WOAH) e l’attivazione di misure di contenimento.

Il sito SARS-ANI VIS (Complexity Science Hub Vienna) ha collezionato gli eventi segnalati di infezione degli animali da 39 paesi nel mondo e rappresentato i 729 eventi in una infografica chiara e navigabile per nazione, per specie e per tipologia di eventi, segni clinici, varianti etc. . Ogni evento ha una piccola scheda con i dati disponibili di numero animali , specie, contatti, relazioni.

Il sito ha utilizzato un set di dati open riguardante gli eventi SARS CoV-2 segnalati negli animali, le fonti sono i data base di ProMED (Program for Monitoring Emerging Diseases ), ISID (International Society for Infectious Disease ) e WOAH (World Organisation for Animal Health ).

Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna




Primo caso di infezione da RHDV2 nel Nord-est Italia in un esemplare di lepre bruna europea

È stato rilevato per la prima volta nel Nord-est Italia il virus dell’RHDV2 in un esemplare di lepre bruna europea. L’animale, ritrovato morto nella Riserva di Ala (provincia di Trento) a giugno 2022, è stato conferito alla sede di Trento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) per monitoraggio sanitario. All’esame autoptico si sono riscontrate lesioni EBHS-simili con congestione diffusa degli organi addominali, versamento ematico addominale e grave tracheite emorragica. Le analisi biomolecolari eseguite nei laboratori dell’IZSVe hanno individuato una positività a Lagovirus, poi confermata come RHDV2 (variante francese di RHDV) dal Centro di referenza nazionale per le malattie virali dei lagomorfi dell’IZS della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (IZSLER).

È stato rilevato per la prima volta nel Nord-est Italia il virus dell’RHDV2 in un esemplare di lepre bruna europea. L’animale, ritrovato morto nella Riserva di Ala (provincia di Trento) a giugno 2022, è stato conferito alla sede di Trento dell’IZSVe. Le analisi biomolecolari hanno individuato una positività a Lagovirus, poi confermata come RHDV2 (variante francese di RHDV) dal Centro di referenza nazionale per le malattie virali dei lagomorfi dell’IZSLER.

La malattia della lepre bruna europea (EBHS) e la malattia emorragica del coniglio (RHD) sono patologie altamente contagiose e letali causate da due Lagovirus antigenicamente e geneticamente simili tra loro (EBHSV e RHDV). Classicamente EBHSV colpisce alcune specie di lepre (Lepus spp.) mentre RHDV colpisce i conigli (Oryctolagus cuniculus). Nel 2010, è stata rilevata in Francia nei conigli una nuova variante di RHDV (RHDV2), diffusasi rapidamente in tutta Europa, Italia compresa, provocando vere e proprie epidemie nei conigli sia d’allevamento che allo stato brado.

Mano a mano che il virus andava diffondendosi in Europa si è scoperto che diverse specie di lepre risultano sensibili a RHDV2: la lepre bruna europea (Lepus europeus), la lepre bianca o alpina (Lepus timidus) e in Italia, oltre alle già citata lepre bruna, si sono riscontrate le prime positività in due specie autoctone: la lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus) e la lepre italica o appenninica (Lepus corsicanus).

In Provincia di Trento la sorveglianza sanitaria sulla fauna selvatica, comprese le popolazioni di lepre, è prevista da una convenzione con il Servizio Faunistico che l’IZSVe ha in essere da più di 20 anni. Per l’EBHS, il monitoraggio prevede la sorveglianza passiva su lepri rinvenute morte e quella attiva su organi di lepri abbattute durante la stagione venatoria.

Dal 2016, a seguito di un focolaio di RHDV2 nei conigli selvatici nella zona urbana/periurbana della città di Trento, in collaborazione con il CRN malattie virali dei lagomorfi, è stato indagato il ruolo della lepre bruna europea nell’epidemiologia di questo virus. In alcune riserve di caccia provinciali nel biennio 2016-2017 e 2017-2018 sono stati testati 226 sieri raccolti da lepri abbattute e sono state rilevate diverse positività sierologiche per RHDV2; è stata eseguita anche la ricerca di RHDV2 con metodiche biomolecolari sugli organi di alcune lepri provenienti da riserve dove era segnalata circolazione di RHDV2 nel coniglio selvatico e non sono state evidenziate positività virologiche. Dal 2016 nella Provincia di Trento la ricerca dei virus RHDV2 ed EBHSV viene eseguita routinariamente nelle lepri rinvenute morte, e questo ha permesso di individuare la positività nella lepre morta nella riserva di Ala.

I risultati confermano ancora una volta l’importanza della sorveglianza sanitaria sulle popolazioni selvatiche per la raccolta di dati sanitari. La sporadicità dei casi d’infezione per RHDV2 nella lepre bruna europea ci indica che, probabilmente, la suscettibilità nei confronti di questo virus è bassa, ma è necessario continuare ad indagare il possibile ruolo epidemiologico della lepre come ospite spillover per RHDV2.

Fonte: IZS Venezie




Efsa-Ecdc, aviaria 2021-22 la più grande mai vista in Europa

efsa ecdcLa stagione epidemica 2021-2022 dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) è la più grande finora osservata in Europa. Gli ultimi dati del rapporto congiunto dell’EFSA, dell’ECDC e del laboratorio di riferimento dell’UE mostrano un totale di 2.467 focolai nel pollame, 48 milioni di uccelli abbattuti negli stabilimenti colpiti, 187 rilevamenti negli uccelli in cattività e 3.573 eventi HPAI negli uccelli selvatici. Inoltre, l’estensione geografica dell’epidemia è senza precedenti, dalle isole Svalbard al Portogallo meridionale e dall’est all’Ucraina, colpendo 37 paesi europei.

I virus dell’influenza che circolano in specie animali come maiali o uccelli possono infettare sporadicamente gli esseri umani, causando malattie da lievi a molto gravi. Questi virus possono potenzialmente incidere gravemente sulla salute pubblica, come durante le epidemie di influenza aviaria H5N1 in Egitto o H7N9 in Cina, o la pandemia di influenza H1N1 del 2009 causata da un virus inizialmente diffuso dai maiali all’uomo. Nonostante il numero eccezionalmente elevato di casi recentemente rilevati nel pollame e negli uccelli, nonché i numerosi eventi di trasmissione dell’influenza aviaria a diverse specie di mammiferi, negli ultimi anni non è stata osservata alcuna trasmissione umana nell’UE/SEE. Inoltre, solo un piccolo numero di infezioni umane con malattia asintomatica o lieve è stato segnalato a livello globale. Pertanto, il rischio complessivo per la popolazione rimane a livelli bassi,

“Per fortuna, non ci sono state infezioni umane durante i recenti focolai di influenza aviaria nell’UE/SEE”, ha affermato Andrea Ammon, direttore dell’ECDC. “Tuttavia, diversi gruppi di persone, principalmente quelli che lavorano nel settore animale, sono maggiormente a rischio di esposizione ad animali infetti. È fondamentale che medici, esperti di laboratorio ed esperti di salute, sia nel settore animale che umano, collaborino e mantengano un approccio coordinato. È necessaria vigilanza per identificare le infezioni da virus influenzali il prima possibile e per informare le valutazioni del rischio e l’azione di salute pubblica”, ha aggiunto.

La nuova guida pubblicata oggi dall’ECDC sottolinea l’importanza delle misure di sicurezza e salute sul lavoro da adottare nei luoghi di lavoro in cui non è possibile evitare il contatto con gli animali e rafforzata in quelli in cui è stata identificata l’influenza zoonotica negli animali. I datori di lavoro dovrebbero rivedere periodicamente la loro valutazione del rischio sul posto di lavoro e garantire che siano adottate tutte le misure tecniche, organizzative, di manutenzione e igieniche necessarie per prevenire l’infezione dei lavoratori. Queste misure includono la prevenzione di aerosol e polvere, ventilazione adeguata, separazione del lavoro e degli indumenti personali, nonché misure per prevenire la contaminazione degli alloggi dei lavoratori.

I professionisti della salute pubblica e i medici devono essere consapevoli della necessità di testare le infezioni nei pazienti con malattie respiratorie e la recente esposizione ad animali potenzialmente infetti. I test per l’influenza zoonotica dovrebbero essere presi in considerazione anche nei pazienti con malattia respiratoria acuta grave di origine sconosciuta, nonché nei pazienti gravemente malati con una precedente esposizione agli animali. È della massima importanza identificare tempestivamente gli eventi di trasmissione.

I piani di preparazione, così come la formazione regolare e le esercitazioni di simulazione sugli aggiornamenti dell’influenza zoonotica, sono ulteriori misure importanti. La sorveglianza mediante la valutazione genomica è diventata indispensabile ei paesi con capacità e risorse disponibili dovrebbero utilizzarla nell’identificazione dei virus emergenti dell’influenza zoonotica.

Fonte:ECDC




«Rabbia: una salute, zero decessi». 16ᵃ Giornata mondiale contro la rabbia

workshop rabbia

Il 28 settembre 2022 ricorre la 16ᵃ Giornata Mondiale contro la Rabbia. Il tema di quest’anno “Rabies: One Health, Zero Deaths” (Rabbia: una salute, zero decessi) mette in evidenza la connessione tra la salute dell’ambiente e quella delle persone e degli animali.

Una salute
La pandemia di COVID-19 ha mostrato le forti vulnerabilità dei sistemi sanitari, ma ha anche dimostrato cosa può ottenere la collaborazione tra i vari settori.

I programmi di controllo della rabbia offrono un ottimo esempio per l’attuazione di One Health e le strutture e la fiducia che le sostengono sono cruciali per altre malattie zoonotiche, comprese quelle soggette a pandemia.

Zero morti
Il mondo ha i vaccini, le medicine, gli strumenti e le tecnologie per interrompere il ciclo di una delle malattie più antiche.

Zero entro il 30: il piano strategico globale per l’eliminazione delle morti per rabbia umana mediate dai cani entro il 2030 è un documento ambizioso con obiettivi raggiungibili. È allineato con il nuovoRoad map NTD che dà priorità agli interventi integrati e al mainstreaming dei programmi NTD all’interno dei sistemi sanitari nazionali.

Gli approcci integrati sostenuti sia nel Piano strategico globale per la rabbia che nella tabella di marcia sono rilevanti, poiché mostrano l’importanza di lavorare insieme in modo ottimale e collaborativo di fronte a numerose sfide, come sperimentato durante l’attuale pandemia di COVID-19.

È quindi fondamentale lavorare con le parti interessate, i campioni e le persone a livello comunitario, locale, nazionale e globale per ricostruire e rafforzare i sistemi sanitari e i programmi di controllo della rabbia.

Collaborando e unendo le forze, stimolando le comunità e impegnandosi a sostenere la vaccinazione dei cani, la rabbia può essere eliminata.

Fonte: WHO




West Nile, confermata in Veneto la circolazione di due ceppi virali

Sulla base di analisi genetiche condotte contemporaneamente su zanzare, uccelli e uomo, i ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno verificato che in Veneto circolano due ceppi di virus West Nile, denominati WNV-1 e WNV-2.

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Eurosurveillance.

La co-circolazione di WNV-1 e WNV-2 è stata confermata dalle analisi genetiche e filogenetiche condotte su campioni provenienti da zanzare, uccelli e uomo. L’attenzione dei ricercatori si è concentrata in particolare sul ceppo WNV-1, che è ricomparso nel 2021 dopo otto anni di assenza dal nord-est e sembra oggi essersi stabilizzato in quest’area geografica. La sorveglianza veterinaria sugli uccelli selvatici ha consentito di identificare WNV-1 in esemplari di tortora dal collare, piccione, corvidi e rapaci notturni rivenuti nelle province di Padova, Rovigo e Venezia. L’ipotesi è dunque che la reintroduzione di questo ceppo possa essere stata favorita all’origine da uccelli selvatici che hanno riportato il virus in questa parte di territorio.

I ricercatori ribadiscono il ruolo fondamentale giocato dai cambiamenti climatici nelle dinamiche di insorgenza di focolai di WNV nel serbatoio animale (uccelli, mammiferi) e nei vettori di malattia (zanzare). Secondo alcuni modelli epidemiologici, le scarse precipitazioni invernali e le alte temperature primaverili registrate negli ultimi anni in Europa potrebbero aver influenzato i meccanismi di diffusione della malattia, aumentando i tassi di crescita della popolazione di zanzare, di puntura e trasmissione del virus.

Leggi l’articolo integrale sul sito dell’IZS delle Venezie




Virus Usutu ad Arezzo, così la prevenzione. L’Asl: “Il monitoraggio funziona”

artropodiIl servizio di sanità pubblica veterinaria dell’Azienda Asl Toscana sud est di Arezzo comunica che in data 25 agosto l’Istituto Zooprofilattico di Roma ha refertato la positività al virus Usutu su alcuni esemplari di uccelli selvatici rinvenuti morti presso l’area di tiro a segno di Talzano nel comune di Arezzo.

Si tratta di un’infezione aviaria di origine africana estremamente rara negli esseri umani, che prende il nome da un fiume dello Swaziland, in Africa meridionale, e viene trasmesso all’uomo esclusivamente tramite la puntura della zanzara Culex.

Analogamente alla febbre da West Nile (West Nile fever), l’agente causale è un Flavivirus patogeno per gli uccelli.

I due virus differiscono per la frequenza con cui si registrano casi di mortalità negli uccelli e per il minore impatto sulla sanità pubblica del virus Usutu rispetto a quello della West Nile fever.

Nell’uomo, infatti, le infezioni da Usutu Virus (USUV) di cui si hanno notizie sono rarissime.

L’Azienda Asl si è immediatamente attivata informando il Comune di Arezzo sulle eventuali azioni da intraprendere in questi casi.

Le dichiarazioni dei responsabili dell’igiene pubblica e della sanità animale dell’Asl dopo il caso del ritrovamento di carcasse di volatili positivi al virus

 

 




Langya henipavirus. Un nuovo virus animale suscita l’attenzione costante dei ricercatori ai salti di specie

Un nuovo virus animale in grado di infettare le persone è stato identificato nella Cina orientale.

Gli scienziati non sono preoccupati perché il virus non sembra diffondersi facilmente tra le persone e non è fatale. Il virus, chiamato Langya henipavirus (LayV), è strettamente correlato ad altri due henipavirus zoonotici: il virus Hendra e il virus Nipah e può causare sintomi respiratori come febbre, tosse e affaticamento. Sulla base dei dati acquisti si ipotizza che LayV sia trasportato dai toporagni, che potrebbero aver trasmesso il virus alle persone, direttamente o attraverso una specie intermedia, in modo sporadico a partire dal 2018.

Per determinare la potenziale origine animale del virus, i ricercatori hanno testato capre, cani, maiali e bovini che vivevano nei villaggi dei pazienti infetti, sia per la ricerca di anticorpi contro LayV sia per cercare la presenza di LayV RNA in campioni di tessuto e urina da 25 specie di piccoli animali selvatici. Hanno così trovato anticorpi LayV nel 2% delle capre e nel 5% dei cani testati, ma hanno identificato l’RNA virale LayV nel 27% dei 262 toporagni campionati. Sebbene molte ricerche debbano ancora essere fatte per capire come si sta diffondendo il virus nei toporagni e come le persone vengono infettate, questa nuova scoperta ribadisce l’urgente necessità di definire un sistema di sorveglianza globale per rilevare gli spillover (salto di specie) di virus e comunicare rapidamente tali risultati per evitare altre pandemie, come quella innescata da COVID-19.

Leggi l’articolo integrale sul sito dell’Istituto Zooprofilattico Sperimantale LER




West Nile, meno zanzare ma l’attenzione rimane alta

Anche quest’anno il virus della West Nile (WNV) ha fatto la sua comparsa nelle zanzare, negli animali e nell’uomo. Fin dalla prima osservazione nel 2008 in Veneto, la sua circolazione è stata evidenziata tutti gli anni fino ad oggi; il 2018 è stato un anno caratterizzato da un’intesa circolazione virale, con numerosi casi negli animali e nell’uomo e molti ritrovamenti di zanzare positive al virus, mentre gli anni successivi sono stati relativamente “tranquilli” con meno casi a tutti i livelli.

Quest’anno, anche se siamo ancora a metà stagione (il periodo estivo è quello dove si registrano i casi d’infezione, che corrisponde al periodo di attività delle zanzare) si evidenzia un elevato tasso di positività per WNV in zanzare catturate in tutta l’area della Pianura Padana. Finora (metà luglio 2022) è stato trovato un numero di pool di zanzare positivi pari alla totalità di quelli trovati durante tutto il 2021. Tali evidenze indicano un’elevata circolazione del virus nell’ambiente, confermata anche dal ritrovamento di uccelli positivi. Fortunatamente il numero di zanzare presenti quest’anno è inferiore allo scorso anno e al 2018. La siccità è la principale causa del ridotto numero di zanzare, in quanto vengono a mancare molti ristagni e raccolte d’acqua che vengono usati dalla zanzare per deporre le uova e dalle larve per svilupparsi.

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