Insetti in alimentazione animale: possono aiutare come antimicrobici che non generano resistenza acquisita?

Farina di insettiDa una decina di anni i ricercatori dell’università di Wageningen stanno studiando gli effetti delle farine di larve di insetti introdotte nelle diete di polli e suinetti. In particolare, sono stati individuate le proprietà positive dovute ai seguenti quattro componenti funzionali delle larve: chitina, chitosano, acido laurico e alcuni peptidi antimicrobici.
Inizialmente le farine di larve di insetti sono state salutate come ingredienti proteici sostenibili, in quanto richiedono limitate quantità di terra e di acqua per la loro produzione e aggiungono valore a sottoprodotti altrimenti di nessuna qualità. Ma adesso, con i lavori di Wageningen, si è appurato che le larve della mosca “Black Soldier”, ricche dei componenti funzionali sopra citati, hanno effetti antimicrobici capaci, potenzialmente, di ridurre le infezioni, fornendo delle valide alternative all’uso di antibiotici in veterinaria.

A questo scopo, sono stati avviati due progetti di iniziativa privata, finanziati dal Ministero dell’Agricoltura olandese, finalizzati ad indagare sui benefici per la salute degli animali in allevamento dell’impiego della farina di larve di Black Soldier nell’alimentazione di polli e suinetti. In particolare, si è indagato sulla riduzione delle infezioni batteriche e sullo stress termico.
Lo studio è stato condotto sia in vivo che in vitro. I risultati sono stati discussi nel corso del webinar del 18/6/2025, dal titolo “Insect products as health promoters in broilers and pig feeds”, organizzato dalla università di Wageningen in collaborazione con Cargill e Protix.

Nello studio in vivo condotto su broilers infettati con Clostridium perfringens, (il responsabile della enterite necrotica) la farina di larve sostituiva il 10% della soia nella dieta, con il significativo risultato di facilitare il recupero in salute degli animali, con il migliore rapporto di conversione alimentare.
Nello studio in vivo con suinetti infettati con Escherichia coli, la farina di larve è stata introdotta in concentrazioni diverse. A onor del vero, in questo caso, i risultati non sembrano statisticamente convincenti. Non sono, comunque, negativi.
Le conclusioni suggeriscono che le larve di “Black Soldier”, inserite nella dieta dei polli, abbiano potenziali effetti antimicrobici e possano coadiuvare nel recupero dei malati e nel loro successivo mantenimento in buone condizioni di salute, a vantaggio del minor ricorso a terapie veterinarie.

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Fonte: georgofili.info




L’Animal Task Force sottolinea il ruolo multifunzionale della zootecnia

Un nuovo e significativo documento, chiamato “Policy Brief – Livestock are more than food” (Gli animali da allevamento sono molto più che cibo), elaborato dall’Animal Task Force (ATF) e reso noto da FEFAC (Federazione Europea dei Produttori di Mangimi), mette in luce l’ampio spettro di benefici che la zootecnia europea offre alla società, andando ben oltre la mera produzione alimentare. Questa pubblicazione mira a sensibilizzare i decisori politici e il pubblico sulla profonda multifunzionalità del settore.

Il documento della ATF sottolinea come gli allevamenti siano un pilastro non solo per la sicurezza alimentare, garantendo proteine di alta qualità e micronutrienti essenziali, ma anche per la circolarità dell’economia. Gli animali, infatti, trasformano sottoprodotti agricoli e scarti non commestibili dall’uomo in risorse preziose, contribuendo a ridurre gli sprechi e a valorizzare filiere che altrimenti sarebbero sottoutilizzate. Questa capacità di conversione è fondamentale per un sistema alimentare efficiente e sostenibile.

Oltre a ciò, la zootecnia riveste un ruolo cruciale nella gestione del territorio e nella preservazione della biodiversità. Attraverso il pascolamento e la gestione delle aree rurali, gli animali contribuiscono a mantenere paesaggi aperti, a prevenire incendi e a sostenere ecosistemi complessi. Le loro deiezioni, opportunamente gestite, sono una risorsa preziosa per la fertilizzazione dei suoli, riducendo la dipendenza da fertilizzanti chimici e migliorando la salute del terreno.

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Fonte: mangimiealimenti.it




Alimenti per cani: quali risultati con i cibi contenti la farina di insetti, quali la mosca soldato?

L’utilizzo della farina d’insetti in zootecnia è stata molto limitata fino a poco tempo fa nell’UE. Tuttavia, recenti studi degli ultimi anni hanno dimostrato l’elevato valore nutrizionale e la versatilità dell’utilizzo degli insetti nell’alimentazione animale. A tal proposito, un recente studio ha valutato la possibilità di arricchire gli alimenti per cani con la farina di mosche soldato, migliorandone i valori nutrizionali e l’appetibilità, evitando l’aggiunta di altri additivi. Di seguito l’approfondimento.
Gli insetti sono stati a lungo considerati parassiti in generale, ma recentemente, dopo la scoperta della loro diversità e utilità, sono stati utilizzati nell’alimentazione animale e umana. In passato, la percezione degli insetti era disgustosa, ma di recente si è verificato un importante cambiamento nell’industria degli insetti con la possibilità di produrre in massa proteine di alta qualità.
L’uso tradizionale degli insetti è limitato a pochi settori, come il baco da seta e l’apicoltura; tuttavia, oggi sono considerati commestibili e la loro utilità come risorse biologiche pratiche si sta sviluppando in tutto il mondo.
Gli insetti sono ricchi di proteine, acidi grassi, vitamine, minerali e fibre e hanno quindi un valore nutrizionale molto elevato. È noto che le proteine degli insetti hanno un’elevata digeribilità e contengono aminoacidi essenziali; pertanto, per la crescita degli animali sono necessarie solo piccole quantità di proteine. Pertanto, l’elevato valore nutrizionale degli insetti è la ragione del loro utilizzo nelle formulazioni delle diete degli animali.
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Fonte: assaspa.org



Un intestino di pesce artificiale per sperimentare mangime più sostenibile per i pesci di allevamento

Banco di pesceAll’Università statale di Milano si lavora da più di cinque anni a un nuovo sistema utile a supportare la produzione di mangime più sostenibile per i pesci di allevamento. È un metodo che consente di ridurre sia il tempo e le energie necessari a sperimentare gli effetti dell’introduzione di nuovi mangimi in acquacultura sia la quantità di animali necessari alle sperimentazioni.
Ne abbiamo parlato con Fulvio Gandolfi, docente di Anatomia e Fisiologia Veterinaria all’Università degli Studi di Milano, coordinatore del progetto Fish-AI, guidato dalla stessa Università di Milano, che si è appena concluso, alla fine del 2024, dopo cinque anni, ma si apre ora a nuovi sviluppi e applicazioni concrete. È stato realizzato grazie a un finanziamento europeo European Innovation Council (EIC), un tipo di finanziamento finalizzato al trasferimento tecnologico, ovvero a sostenere progetti di ricerca scientifica caratterizzati dalla possibilità di avere applicazioni pratiche.

«La nostra idea – spiega Gandolfi, del Dipartimento DISAA dell’Università di Milano, – è stata quella di mettere a frutto la nostra lunga esperienza nel campo delle cellule staminali, dei meccanismi di differenziamento e della creazione di modelli in vitro, per realizzare un intestino artificiale di pesce, più precisamente di trota, che possa essere utilizzato per testare nuovi tipi di mangime destinati all’acquacoltura. Semplificando, l’interno dell’intestino in natura è rivestito di una mucosa, composta da cellule che assorbono i nutrienti e li trasmettono al sangue: abbiamo voluto replicare questa struttura in laboratorio, attraverso cellule intestinali di trota coltivate in vitro. In questo modo si possono testare più agevolmente alimenti innovativi da destinare all’acquacultura, rendendo più veloce la procedura e riducendo la necessità di test in vivo sugli animali».

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Fonte: scienzainrete.it




Un’etichettatura come il nutri-score per benessere animale

muccaDiversi studi lo confermano: i consumatori europei vogliono che gli animali da allevamento siano trattati meglio possibile, e che le confezioni rechino in etichetta informazioni specifiche. Secondo un sondaggio effettuato dall’organizzazione di consumatori europei BEUC, reso noto a inizio 2024, per esempio, oltre il 90% dei cittadini supporterebbe nuove leggi finalizzate a migliorare il benessere animale. E ora la Francia, attraverso la sua agenzia per la sicurezza alimentare ANSES, fa un passo in questa direzione, pubblicando le linee guida per una sorta di di Nutri-Score dedicato, con lettere dalla A alla E, e colori dal verde all’arancio.

 Un’etichetta complessa

L’idea è quella di un’indicazione il più possibile completa, e cioè che non tenga conto, come accade ora nella maggior parte dei casi commerciali, solo del sistema di allevamento (con diciture che sottolineano: a terra, all’aria aperta e così via). In concreto, ciò significa valutare le situazioni nella loro complessità, attraverso 14 parametri in sei ambiti per le tre fasi fondamentali (allevamento, trasporto e macellazione) della vita degli animali. Il tutto alla luce di ciò che dicono gli studi scientifici, e avendo sempre presente la definizione di benessere data dalla stessa agenzia nel 2018: “Il benessere di un animale è lo stato mentale e fisico positivo legato alla soddisfazione dei suoi bisogni fisiologici e comportamentali, nonché delle sue aspettative. Questo stato varia a seconda della percezione che l’animale ha della situazione.”.

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Fonte: ilfattoalimentare.it




Utilizzo di insetti nell’alimentazione dei ruminanti: caratteristiche delle fermentazioni ruminali

Farina di insettiL’alimentazione dei ruminanti è sempre al centro dell’attenzione e degli studi da parte degli organi di Ricerca, e la necessità di trovare fonti proteiche alternative è quanto più importante dato il particolare momento storico che tutti viviamo. Come già discusso, il consumo di risorse e l’impatto ambientale della loro produzione restano un problema quotidiano, soprattutto quando si parla di alimentazione dei ruminanti e degli animali da pascolo. Ecco quindi una nuova ricerca che mostra come l’utilizzo di fonti proteiche alternative possa rivelarsi una soluzione efficace al problema. Vediamolo nel dettaglio.

 Recenti studi hanno dimostrato come le fonti proteiche maggiormente utilizzate nell’alimentazione dei ruminanti possano avere un impatto negativo sull’ambiente e causare un incremento della competizione per la gestione delle terre coltivabili e l’acqua altrimenti destinate all’alimentazione umana.

L’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con l’INRAE (Institut National de Recherche pour l’Agriculture, l’Alimentation et l’Environnement, Saint-Genès-Champanelle – France), ha sperimentato l’utilizzo di otto differenti farine di insetto (alcune delle quali mai state testate prima nell’alimentazione dei ruminanti o dei monogastrici), come potenziali fonti proteiche e lipidiche per la nutrizione di ruminanti.

Al fine di valutare al meglio la loro efficacia e idoneità da un punto di vista nutrizionale, queste farine sono state confrontate con tre farine di origine vegetale (farina di soia, di girasole e di colza, le più utilizzate nel settore) e con la farina di pesce, utilizzata come fonte proteica di origine animale di riferimento. Le otto specie di insetto testate sono state: Acheta domesticus L.; Alphitobius diaperinus Panzer; Blatta lateralis Walker; Grylloides sigillatus Walker; Gryllus bimaculatus De Geer; Hermetia illucens L.; Musca domestica L. e Tenebrio molitor L.

L’analisi chimico-bromatologica delle farine di insetto ha evidenziato un contenuto di proteina grezza paragonabile a quello delle farine vegetali, mentre il contenuto di estratto etereo è risultato di gran lunga superiore. Per tale motivo, le farine di insetto intere possono rappresentare anche un’ottima fonte lipidica o energetica, alternativa agli oli vegetali spesso utilizzati per aumentare la densità energetica delle diete o per migliorare il profilo acidico dei prodotti di origine animale, quali latte o carne.

Quest’ultimo risulta un aspetto particolarmente interessante, in quanto la maggior parte delle specie di insetto analizzate ha mantenuto, a seguito dei processi di bioidrogenazione, elevate concentrazioni di acidi grassi insaturi a livello ruminale, soprattutto acido linoleico (noto per avere effetti positivi sulla salute umana).

Con l’utilizzo delle farine di insetto si è osservata una produzione di gas (soprattutto metano) e acidi grassi volatili notevolmente inferiore rispetto a quanto verificatosi con gli altri alimenti convenzionali testati. Questo risultato è stato spiegato dagli autori dello studio come possibile conseguenza dell’elevato contenuto di proteina grezza ed estratto etereo delle farine di insetto, in quanto le proteine sono note per esercitare un effetto tampone (abbassano il livello di acidità), mentre un alto contenuto di lipidi può portare alla parziale inibizione della microflora metanigena ruminale e alla diminuzione della digeribilità dei carboidrati.

Infatti, anche la digeribilità totale dell’alimento è risultata inferiore per le farine di insetto rispetto alle farine vegetali e alla farina di pesce. Per tale esito, è necessario considerare anche la possibile influenza della chitina, un polisaccaride naturalmente presente nell’esoscheletro degli insetti e dei crostacei che non viene degradato dai microorganismi ruminali. Infine, le farine di insetto (ad eccezione di Blatta lateralis) risultano determinare una produzione inferiore di ammoniaca all’interno del rumine, rispetto agli altri alimenti convenzionali testati.

Ciò indicherebbe una minore degradazione delle proteine a livello ruminale, consentendo potenzialmente un loro maggior utilizzo a livello intestinale e rendendole di conseguenza più facilmente utilizzabili dall’animale. Alla luce di quanto riportato, gli autori di questo studio concludono che, da un punto di vista nutrizionale, le farine di insetto potrebbero essere potenzialmente impiegate come sostituti di fonti proteiche ed energetiche tradizionalmente utilizzate nelle diete dei ruminanti.

 Fonte: ASPA
 



L’EFSA valuta ex novo la sicurezza dell’etossichina, un additivo per mangimi

L’EFSA ha valutato nuovamente l’additivo per mangimi etossichina senza poter giungere a conclusioni circa la sua sicurezza per alcuni gruppi di animali, per i consumatori e l’ambiente.

L’etossichina era autorizzata fino al 2017 nell’UE per le sue proprietà antiossidanti come additivo per mangimi destinati a tutte le specie e categorie animali. L’etossichina è usata anche per prevenire la combustione spontanea della farina di pesce durante il trasporto via mare.

La presenza della p-fenetidina, un’impurità che resta nell’additivo dopo il processo produttivo ed è un possibile agente mutageno (cioè può provocare mutazioni nel materiale genetico degli animali e dell’uomo), ha fatto sì che gli esperti del gruppo scientifico dell’EFSA sugli additivi e i prodotti o le sostanze usati nei mangimi non potessero escludere rischi per gli animali con lunga aspettativa di vita né per quelli destinati alla riproduzione. Al contrario l’additivo è considerato sicuro per gli animali allevati per la produzione di carne quali polli, maiali, bovini, conigli e pesci.

A causa della mancanza di dati sulla presenza di p-fenetidina nei tessuti e nei prodotti alimentari di origine animale, gli esperti non hanno potuto trarre conclusioni nemmeno per la salute dei consumatori.

Il gruppo di esperti ha tuttavia evidenziato la necessità di ridurre al minimo l’esposizione degli utenti tramite inalazione a causa della presenza di questa impurità nell’additivo.

Gli esperti non hanno potuto giungere a conclusioni circa la sicurezza dell’etossichina per gli ecosistemi terrestri e acquatici quando l’additivo viene usato negli animali terrestri. Non si può inoltre escludere un rischio di contaminazione tramite la catena alimentare acquatica né un rischio per gli organismi marini esposti ai sedimenti contenenti etossichina usata nelle gabbie per acquacoltura.

La Commissione europea e gli Stati membri, in qualità di gestori del rischio, terranno conto del parere dell’EFSA al momento di riesaminare la sospensiva dell’autorizzazione dell’additivo.

Antecedenti

Nel giugno 2017 la Commissione europea ha sospeso l’autorizzazione dell’etossichina come additivo nei mangimi per tutte le specie animali. La sospensione è seguita a un parere dell’EFSA pubblicato nel 2015, in cui gli esperti dichiaravano di non poter giungere a conclusioni circa la sicurezza dell’additivo a causa di una carenza generale di dati e della presenza di p-fenetidina.

Fonte: EFSA




Il biossido di titanio non è più ritenuto sicuro come additivo per mangimi

Il biossido di titanio non può più essere ritenuto sicuro se usato come additivo nei mangimi per animali, ha concluso l’EFSA. La valutazione effettuata dal gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sugli additivi e i prodotti o le sostanze usati nei mangimi (FEEDAP) fa seguito alla conclusione raggiunta dal gruppo di esperti EFSA sugli additivi alimentari e gli aromatizzanti (FAF) secondo cui il medesimo composto non può più essere considerato sicuro se usato come additivo alimentare.

Il gruppo FEEDAP non ha potuto escludere timori in termini di genotossicità, ovvero la capacità di una sostanza di danneggiare il DNA, il materiale genetico delle cellule.

Dopo l’ingestione l’assorbimento di particelle di biossido di titanio è basso, tuttavia esse possono accumularsi nell’organismo. Tale elemento, insieme alla carenza di dati, ha comportato per il gruppo di esperti scientifici l’impossibilità di trarre conclusioni circa la sicurezza del TiO2 per gli animali, i consumatori e l’ambiente. Per quanto riguarda la sicurezza dei consumatori, il biossido di titanio, se inalato, è considerato potenzialmente cancerogeno.

Attualmente il biossido di titanio è attualmente autorizzato per l’uso come colorante.




Le farine di insetto e di origine avicola: due fonti alternative e sostenibili per i mangimi di trota

alimentazione trota progetto sushinNell’ambito del progetto SUSHIN, un gruppo di ricercatori di ISPRA, UniUD e FEM ha presentato i primi risultati sperimentali sui mangimi alternativi per la trota iridea alla Conferenza Aquaculture Europe 2019, che si è svolta a Berlino dal 7 al 10 Ottobre, con un’affluenza di oltre 2.700 partecipanti.

Il contributo scientifico ha riguardato i risultati degli effetti sullo stato fisiologico della trota di nuove diete sperimentali formulate con ingredienti vegetali e combinate con due diversi livelli di inclusione di farina di insetto o da sottoprodotti avicoli.

Lo studio ha esaminato i parametri ormonali e metabolici nel sangue delle trote alimentate con le diete sperimentali per 13 settimane, al fine di misurare lo stato nutrizionale e valutare le condizioni di stress e benessere.

I risultati sono stati molto incoraggianti. Tutte le diete formulate hanno sostenuto la crescita delle trote senza significative differenze né in relazione all’ingrediente testato né al livello di inclusione.

I profili biochimici del sangue sono risultati inalterati rispetto ai valori di riferimento misurati con diete a base di farine di pesce, indicando l’assenza di risposte di stress e buone condizioni nutrizionali e di benessere delle trote.

Gli ingredienti testati risultano promettenti per minimizzare l’apporto di proteine di pesce nelle diete commerciali della trota. I futuri esperimenti, già programmati, permetteranno di perfezionare i livelli di inclusione di farina d’insetto e di origine avicola nei nuovi mangimi rendendoli più sostenibili degli attuali.

Il poster presentato al congresso.

Fonte: SUSHIN




Dagli scarti agricoli ecco la farina di insetti per mangimi animali

Farina di insettiUtilizzare gli scarti agricoli per allevare insetti da cui ricavare farine proteiche per produrre mangimi animali di qualità. E’ questo l’obiettivo del progetto FEEDS, appena finanziato dalla Regione Toscana e coordinato scientificamente dall’Università di Pisa.

L’idea è quella di utilizzare i resti agricoli, principalmente spezzato di cereali e residui di mondatura degli ortaggi, come substrati per l’allevamento di insetti da utilizzare per produrre mangime – spiega la professoressa Elisabetta Rossi dell’Ateneo pisano referente scientifico di FEEDS – l’obiettivo è quindi di trasformare degli scarti in una risorsa creando così anche una nuova attività all’interno delle aziende agricole”.

Il progetto FEEDS ha preso il via ufficialmente lo scorso 23 ottobre al Centro di ricerca Avanzi dell’Università di Pisa a S. Piero a Grado con un convegno intitolato “L’utilizzo degli insetti nei mangimi: presente e futuro”. Alla giornata hanno partecipato i rappresentanti dei vari soci del consorzio pubblico privato: fra i partner scientifici oltre all’Ateneo pisano, l’Università di Firenze e Nutrigene srl spinoff dell’Università di Udine, quindi la Cooperativa Zoocerealicola L’Unitaria come capofila, l’azienda agricola Marchini Silvia e l’Agenzia di formazione IM.O.FOR. Toscana.

Nei tre anni del progetto sarà costruito un impianto in grado di utilizzare gli scarti agricoli per l’allevamento di due specie di insetti, la mosca soldato nera (Hermetia illucens) e il verme delle farine (Tenebrio molitor). Il passo successivo sarà la produzione di larve e pupe essiccate e macinate da trasformare in farine proteiche per mangime di pesce, animali da compagnia e specie avicole. Infine, applicando i principi dell’economia circolare e della bioeconomia, il progetto prevede la produzione di compost a partire dai residui dell’allevamento di insetti.

Nell’ambito di FEEDS, il ruolo specifico dell’Università di Pisa sarà quello di mettere a punto le metodiche di allevamento degli insetti in funzione dei substrati disponibili e di ottimizzare i processi di produzione delle farine. La conoscenza della biologia degli insetti e la capacità di condurne l’allevamento costituiscono infatti un presupposto di base per ottenere una produzione di qualità idonea al commercio.

Nel mondo occidentale si parla molto dell’utilizzo degli insetti nell’alimentazione umana e animale – conclude Elisabetta Rossi – tuttavia, mentre l’uso diretto da parte dell’uomo incontra oggi ostacoli culturali, l’impiego nell’alimentazione animale potrebbe contribuire alla sostenibilità delle produzioni zootecniche, e ci riguarda indirettamente come consumatori. Diffondere una adeguata conoscenza in questo ambito, può contribuire ad un’educazione alimentare corretta, informata e indirizzata verso la sostenibilità”.

Fonte: Università di Pisa