West Nile, l’ennesimo esempio di una narrazione omissiva e di parte

Da patologo veterinario oltre che da docente universitario che ha dedicato 35 anni della propria vita professionale allo studio delle malattie infettive, con particolare riferimento a quelle trasmissibili dagli animali all’uomo – alias zoonosi -, sono stato molto colpito dalla narrazione mediatica che si sta svolgendo in questi giorni a seguito del decesso, in provincia di Latina, di una donna ultraottantenne affetta da “West Nile”. Stiamo parlando di una malattia sostenuta da un flavivirus neurotropo trasmesso principalmente da zanzare del genere Culex, la cui sempre più diffusa presenza a latitudini via via più settentrionali rappresenterebbe una diretta conseguenza del riscaldamento globale. E’ bene chiarire, al riguardo, che le zanzare virus-infette costituirebbero una piccolissima frazione di quelle presenti nell’ambiente (1 su circa 30.000) ed è pure bene precisare che la West Nile e’ una zoonosi, il cui agente causale può anche essere trasmesso sia per via materno-fetale sia con il latte materno. E’ bene sottolineare, infine, che il virus della West Nile, caratterizzato dal piu’ ampio spettro d’ospite finora descritto in natura, sarebbe capace d’infettare centinaia di vertebrati domestici e selvatici, ivi compresi mammiferi, uccelli, rettili ed anfibi.

A fronte di tutto ciò e come già avvenuto per la pandemia da CoViD-19, la narrazione mediatica della West Nile e’ stata ancora una volta affidata ai medici, senza il benché minimo coinvolgimento dei colleghi veterinari e, nondimeno, per buona pace della “One Health”, la salute unica di uomo, animali ed ambiente.

Errare humanum est perseverare autem diabolicum!

Giovanni Di Guardo

DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 

Un contributo del Prof. Di Guardo sull’argomento è stato pubblicato sulla prestigiosa Rivista Nature (vol 645, 2 settembre 2025)




Premio Nobel per la pace a Donald Trump? Uno scandalo senza precedenti!

“Si vis pacem para bellum” (“Se vuoi la pace preparati alla guerra”) é la celebre frase attribuita a Flavio Vegezio Renato, uno scrittore militare romano che visse fra il IV e il V secolo d.C. Coerentemente con tale premessa, Donald Trump di recente ha chiesto e ottenuto dai Paesi della Nato l’impegno ad investire, entro il 2035, il 5% del PIL in spese militari. Stiamo parlando di colui che, a sole 24 ore di distanza dall’avvio del secondo mandato presidenziale lo scorso 20 Gennaio, avrebbe fatto cessare, a suo dire, i sanguinosi conflitti in atto nel mondo! Sono passati ben 6 mesi da allora, senza che le armi degli eserciti russo e israeliano abbiano taciuto sia nella martoriata Ucraina sia nell’altrettanto martoriata Gaza! E questo signore, che nel frattempo ha ritirato gli USA dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, azzoppando al contempo il virtuoso sistema della ricerca di prestigiosi atenei come Harvard, continua imperterrito a strizzare l’occhio a Benjamin Netanyahu, legittimandone le disumane e folli azioni di guerra, che parimenti si svolgono nella pressoché totale inerzia da parte dell’ONU e dell’Europa intera! Come si sdebita il Presidente israeliano? Candidando Donald Trump al Premio Nobel per la Pace, uno scandalo senza precedenti!

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP, Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Malattie infettive umane ed animali: Prevenire e’ meglio che curare!

Abbracciare con uno sguardo d’insieme le malattie infettive umane ed animali costituisce un’impresa tutt’altro che agevole, viste le grandi e molteplici differenze che caratterizzano i rispettivi agenti patogeni, da un lato, e le variegate strategie difensive elaborate dall’ospite nei loro confronti, dall’altro.

A tal proposito, mentre la pandemia da CoViD-19 ci ha consegnato una lezione oltremodo eloquente ed un’eredita’ quantomai gravosa, andrebbe parimenti sottolineato, al contempo, che il 75% delle c.d. “malattie infettive emergenti” trarrebbero la propria origine, comprovata o presunta, da uno o più serbatoi animali (Casalone & Di Guardo, 2020).

Come risulta ben noto, i virus a RNA quali ad esempio quelli influenzali e lo stesso betacoronavirus SARS-CoV-2, responsabile della CoViD-19, sarebbero gli agenti infettivi più soggetti a sviluppare mutazioni genetiche, il che consentirebbe loro sia di bypassare le risposte immunitarie dell’ospite sia di adattarsi a nuove specie, come sta avvenendo giustappunto con il clade 2.3.4.4b del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicita’ A(H5N1) (Di Guardo, 2025a).

La mutagenicita’ degli RNA-virus e, piu’ in generale, di qualsivoglia agente patogeno, virale e non, potrebbe risultare ulteriormente accresciuta da una prolungata esposizione dei medesimi sia alle radiazioni solari che a quelle nucleari, evenienza quest’ultima che i drammatici teatri bellici in Ucraina così come nel Vicino-Medio Oriente contribuirebbero a rendere quantomai attuale e plausibile al contempo (Di Guardo, 2025b).

In un siffatto contesto andrebbe altresi’ tenuta in debita considerazione pure la marcata resistenza ambientale di determinati microrganismi quali ad esempio il virus del vaiolo delle scimmie (MPXV), che nel corso di questi ultimi anni si è reso responsabile di migliaia di casi di malattia nell’uomo in oltre 100 Paesi. Infatti, a seguito dei fenomeni meteo-climatici estremi che con sempre maggior frequenza ci e’ dato osservare ad ogni latitudine e longitudine per via della crisi climatica globale, sia MPXV sia numerosi altri agenti, virali e non, dotati di elevata resistenza ambientale, potrebbero essere trasferiti a notevole distanza dal luogo in cui si e’ verificata la loro eliminazione ad opera di individui infetti  (Di Guardo, 2024).

Mi preme sottolineare, al riguardo, che il ruolo degli eventi meteo-climatici nella diffusione degli agenti infettivi, pur configurandosi come un fattore di rilevanza crescente, non sembrerebbe godere, al momento, della considerazione che lo stesso meriterebbe nello svolgimento delle indagini eco-epidemiologiche mirate a chiarire l’origine dei vari focolai di malattie infettive umane ed animali.

Sulla base di quanto sin qui esposto, appare dunque di cruciale importanza prevenire l’insorgenza e la diffusione delle malattie infettive umane ed animali sia attraverso adeguate campagne di vaccinazione di massa sia tramite lo sviluppo di modelli matematici in grado di prevederne l’evoluzione e, nondimeno, in un’ottica multidisciplinare e di stretta collaborazione intersettoriale fra Medicina Umana e Medicina Veterinaria, costantemente permeata dal principio della “One Health”, la salute unica di uomo, animali ed ambiente.

Bibliografia citata 

Casalone C., Di Guardo G. (2020). CoViD-19 and mad cow disease: So different yet so similar.  Science.
DOI:https://www.science.org/doi/10.1126/science.abb6105#elettersSection.
Di Guardo G. (2024). Consideration of environmental aerosols. Veterinary Record 194(3):119.
DOI:10.1002/vetr.3930.
Di Guardo G. Highly Pathogenic Avian Influenza A(H5N1) Virus: How Far Are We from a New Pandemic? (2025a). Veterinary Sciences 12(6):566.
DOI:10.3390/vetsci12060566.
Di Guardo G. (2025b). Nuclear catastrophes: Have we truly learned from history? BMJ.
DOI:https://www.bmj.com/content/388/bmj.r319/rr-5.

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia  Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Influenza aviaria: l’EFSA analizza la situazione negli USA e individua le possibili vie di diffusione in Europa

La migrazione stagionale degli uccelli selvatici e l’importazione di alcuni prodotti statunitensi, come quelli contenenti latte crudo, potrebbero costituire potenziali vie di introduzione in Europa del genotipo dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che attualmente colpisce le vacche da latte statunitensi, secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’EFSA. Finora questo tipo di virus non è stato segnalato in nessun altro Paese oltre agli Stati Uniti.

Gli scienziati dell’EFSA sottolineano che i principali punti di sosta in Europa dove si concentrano grandi popolazioni di uccelli come l’Islanda, la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Scandinavia occidentale e le grandi zone umide come il Mare dei  Wadden sulle coste olandesi, danesi e tedesche, sarebbero luoghi utili per l’individuazione precoce del virus durante la migrazione stagionale degli uccelli selvatici.

Il rapporto affronta anche la possibilità che il virus venga introdotto in Europa attraverso scambi commerciali, concludendo che l’importazione di prodotti a base di latte crudo provenienti dalle zone colpite degli Stati Uniti non può essere completamente esclusa, il che potrebbe quindi costituire una possibile via d’ingresso. Anche l’importazione di vacche da latte e di carne bovina potrebbe essere una potenziale via di introduzione del virus. Tuttavia il virus è stato raramente rilevato nella carne, le importazioni di animali sono molto limitate e sono in vigore norme commerciali molto severe per la carne e gli animali vivi che entrano nell’UE.

Il rapporto dell’EFSA fornisce anche una panoramica della situazione negli Stati Uniti, dove tra marzo 2024 e maggio 2025 sono stati colpiti 981 allevamenti da latte in 16 Stati. Il rapporto, che è stato esaminato dalle autorità statunitensi, sottolinea che i movimenti del bestiame, l’insufficiente biosicurezza e la condivisione di attrezzature agricole hanno contribuito alla diffusione del virus.

Entro la fine dell’anno l’EFSA valuterà il potenziale impatto dell’ingresso di questo genotipo HPAI in Europa e raccomanderà misure per prevenirne la diffusione.




Approcci intelligenti per migliorare la prevenzione delle malattie animali

Una potente piattaforma online liberamente disponibile basata sulla scienza dei dati e sulla modellazione può aiutare l’Europa a preparasi meglio alle malattie infettive emergenti.

I cambiamenti climatici e la circolazione globale di persone e merci hanno aumentato il rischio di malattie. La pandemia di COVID-19 ha inoltre evidenziato la necessità di migliorare i sistemi di sorveglianza e di intelligence epidemica per l’individuazione precoce, il monitoraggio e la valutazione delle malattie infettive emergenti. Uno dei principali problemi da affrontare è legato al fatto che i sistemi di sorveglianza delle malattie attuali si basano su dati raccolti di routine, come quelli di sorveglianza passiva, per monitorare l’insorgenza e la diffusione delle malattie e per definire risposte adeguate. Nuovi approcci che incorporano l’intelligenza artificiale (IA), l’apprendimento automatico e l’analisi dei big data provenienti da un’ampia serie di fonti potrebbero contribuire a migliorare la preparazione, aiutando a determinare meglio i fattori legati all’insorgenza delle malattie e consentendo lo sviluppo di modelli più accurati.

Rispondere alle minacce di malattie infettive

Un buon esempio è il progetto MOOD(si apre in una nuova finestra), finanziato dall’UE. Attraverso la raccolta e l’estrazione di dati con l’ausilio dell’apprendimento automatico, questa iniziativa ha sviluppato una piattaforma digitale unica nel suo genere, progettata per potenziare la capacità dell’Europa di individuare e rispondere alle minacce delle malattie infettive attraverso un approccio «One Health». «Il nostro obiettivo era portare strumenti complessi di scienza dei dati e di modellazione direttamente nelle mani di chi si occupa di ricerca e valutazione dei rischi per prendere decisioni scientifiche sulla salute pubblica», spiega la coordinatrice del progetto Elena Arsevska, del Centro francese di ricerca agricola per lo sviluppo internazionale(si apre in una nuova finestra) (CIRAD) con sede in Francia. MOOD ha impiegato metodi matematici, statistici e di scienza dei dati nell’infrastruttura della piattaforma e ha integrato algoritmi di apprendimento automatico per generare mappe di rischio predittive per le malattie. Inoltre, il consorzio ha incorporato lo strumento PADI-web, che usa l’elaborazione del linguaggio naturale per scansionare, estrarre e analizzare automaticamente le informazioni relative alle malattie dai media online, per contribuire alla sorveglianza basata sugli eventi.

Continua a leggere su Cordis




Origini del Covid. La zoonosi è l’ipotesi più probabile ma non si esclude l’incidente di laboratorio. Il rapporto dell’Oms

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso il gruppo di esperti SAGO (Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens), ha pubblicato un’attesa relazione indipendente sull’origine del virus SARS-CoV-2. A oltre cinque anni dalla comparsa dei primi casi a Wuhan, in Cina, il report non fornisce ancora una risposta definitiva, ma offre un’analisi scientifica articolata delle evidenze disponibili, delineando due principali ipotesi in esame e le lacune che ancora impediscono una conclusione certa.

La relazione nasce da un mandato chiaro: comprendere come e dove SARS-CoV-2 sia passato agli esseri umani. È un’esigenza non solo scientifica ma anche etica, volta a prevenire future pandemie. SAGO ha operato in modo indipendente, analizzando migliaia di dati pubblicati e non, documenti governativi e interviste a esperti. Tuttavia, sottolinea di non aver potuto accedere a dati grezzi cruciali, in particolare da laboratori cinesi.

Le quattro ipotesi valutate
Nel report vengono analizzate quattro ipotesi principali:
– Spillover zoonotico naturale, da un animale selvatico all’uomo, con o senza ospite intermedio.

– Incidente in laboratorio, attraverso esposizione diretta o fallimento delle misure di biosicurezza.
– Trasmissione da catena del freddo, da prodotti animali importati contaminati.
– Manipolazione intenzionale, tramite ingegneria genetica seguita da un rilascio accidentale.

Sulle ipotesi 3 e 4, la relazione è chiara: al momento non ci sono evidenze scientifiche che le supportino. La trasmissione tramite prodotti congelati è ritenuta molto improbabile, mentre la manipolazione intenzionale del virus è giudicata non corroborata da dati genomici o esperimenti noti.

Le ipotesi più plausibili
Le due ipotesi ritenute più solide sul piano scientifico restano:
Spillover zoonotico naturale (ipotesi 1): supportata dalla maggior parte delle evidenze disponibili, anche se non ancora provata in via definitiva. Il virus è geneticamente simile a ceppi rinvenuti in pipistrelli in Cina e Laos (es. BANAL-52 e RaTG13), seppur troppo distanti per essere considerati precursori diretti. Metagenomica e tracciamenti ambientali al mercato Huanan di Wuhan (HSM) hanno confermato la presenza di animali suscettibili al virus (come il cane procione) e tracce genetiche del virus stesso su superfici di bancarelle.

Leggi l’articolo

Fonte: quotidianosanita.it




Aumentare la sicurezza alimentare in Europa con l’innovazione digitale

In un mondo di filiere alimentari sempre più complesse e globalizzate, garantire la sicurezza degli alimenti è un compito impegnativo. I rischi emergenti, dalle epidemie microbiche alle contaminazioni chimiche, mettono costantemente a dura prova i sistemi alimentari. In risposta, il progetto FoodSafeR(si apre in una nuova finestra), finanziato dall’UE, ha riunito 19 organizzazioni accademiche, di ricerca e industriali di tutta Europa per sviluppare strumenti digitali all’avanguardia in grado di affrontare questa sfida.

Sfruttare l’IA per i rischi emergenti

«FoodSafeR intendeva fornire un sistema proattivo per rilevare e gestire i rischi emergenti per la sicurezza alimentare», spiega Lauren Alteio, scienziata del Centro di competenze austriaco per la qualità, la sicurezza e l’innovazione del mangime e degli alimenti(si apre in una nuova finestra) (FFoQSI). «Non ci limitiamo però a monitorare i rischi, ma cerchiamo di prevenirli.» L’équipe ha applicato l’intelligenza artificiale (IA) ad alcuni casi di ricerca, tra cui l’uso di algoritmi di apprendimento automatico in approcci bioinformatici per casi d’uso microbiologici e l’analisi di dati derivati da immagini satellitari per indagare la contaminazione da micotossine nelle colture. Il progetto ha inoltre usato l’apprendimento automatico e l’elaborazione del linguaggio naturale per analizzare i dati multimediali e scientifici alla ricerca di segnali precoci di rischi emergenti, al fine di aiutare i professionisti a rispondere in modo rapido e sicuro. Grazie a questo lavoro, il progetto ha sviluppato un quadro di riferimento per rilevare il modo in cui le minacce alla sicurezza alimentare cambiano sotto pressione. «Abbiamo identificato degli indicatori che ci hanno permesso di seguire il comportamento di una minaccia nel tempo, essenziale per una risposta a breve termine e una prevenzione a lungo termine», spiega Alteio. Questi approfondimenti sono stati poi integrati in strumenti digitali(si apre in una nuova finestra) e raccomandazioni politiche(si apre in una nuova finestra) sia per gli operatori che per i legislatori. Finora sono stati indagati a fondo quattro scenari di minaccia microbica e quattro scenari di minaccia chimica, aiutando i ricercatori a capire come cambiano i rischi e come rispondere in modo efficace.

Leggi l’articolo

Fonte: Commissione Europea




Pubblicate le nuove Linee Guida per la Corretta Colostratura dei Vitello

A tutela del benessere dei vitelli e a seguito dei risultati emersi da progetti di ricerca condotti dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale in collaborazione con altri IIZZSS (IZS del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, IZS del Mezzogiorno e IZS delle Venezie) e con la ATS di Brescia, il Ministero della Salute ha ritenuto necessario richiedere specifiche Linee Guida sulla corretta colostratura del vitello, sia bovino che bufalino, destinate ai Veterinari ufficiali, ai liberi professionisti e agli allevatori. L’obiettivo è fornire uno strumento tecnico operativo di supporto all’applicazione del D.Lgs 126/2011 e delle recenti ordinanze emesse dal Ministero (0008590-25/03/2025-DGSAF-MDS-P e 0014259- DGSAF-MDS-P) sui controlli Ufficiali per la tutela del benessere dei vitelli nel primo mese di vita in allevamenti da latte e centri di raccolta.

Le Linee Guida per la corretta Colostratura del Vitello sono state redatte dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (CReNBA), in collaborazione con il Centro di Referenza Nazionale sull’Igiene e le Tecnologie dell’Allevamento e delle Produzioni Bufaline (CReNBuf ).

Il documento nasce dallo studio della più recente bibliografia scientifica sull’argomento e dall’esperienza raccolta direttamente sul campo nei progetti di ricerca citati.

Le linee guida e note ministeriali sono consultabili integralmente nella sezione Formazione del sito ufficiale del CReNBA.

Leggi l’articolo

Fonte: IZS Lombardia Emilia Romagna




Da One Health a One Virology: nasce l’European Virus Archive, asset strategico per la ricerca virale europea

datiL’European Virus Archive (EVA), nato grazie al progetto EVAg nell’ambito del programma per la ricerca Horizon 2020, è stato registrato lo scorso 27 marzo 2025 in Belgio come EVA-AISBL (Association Internationale Sans But Lucratif). L’EVA diventa quindi un asset strutturale della ricerca virologica europea e internazionale, grazie alla collaborazione di numerose organizzazioni sanitarie e di ricerca provenienti da 11 Paesi diversi tra cui l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe).

Da One Health a One Virology

EVA-AISBL è oggi l’unica infrastruttura di ricerca al mondo dedicata alla raccolta, caratterizzazione, produzione e distribuzione di risorse virali. Gestisce collezioni uniche di virus e punta a offrire ai ricercatori del settore sanitario pubblico e privato un equo accesso a risorse virali di alta qualità come ceppi, strumenti diagnostici e altri materiali, nel pieno rispetto delle normative internazionali.

EVA-AISBL nasce grazie alla collaborazione di agenzie di sanità pubblica, istituzioni accademiche, istituti veterinari e centri di ricerca provenienti da 11 Paesi diversi, che hanno deciso di collaborare stabilmente mettendo in comune un’ampia gamma di competenze e risorse specializzate nell’ambito della virologia umana, veterinaria e ambientale. L’EVA si ispira infatti al concetto “One Virology”, che declina l’approccio One Health allo studio e alla gestione sanitaria dei virus.

Leggi l’articolo

Fonte: onehealthfocus.it




“Attenti a quei 4!”: occhi aperti in mare per scovare gli alieni invasivi

La mappatura della presenza del pesce scorpione (Pterois miles) nel Mediterraneo aggiornata a marzo 2025, ci riporta 1.840 segnalazioni, provenienti dai diversi paesi del bacino. La specie si sta diffondendo anche nei mari italiani e il Mar Ionio si conferma come una delle aree più vulnerabili.

Oggi pescatori, subacquei e chiunque abbia osservato o catturato nei mari italiani un pesce scorpione o un’altra delle tre specie tropicali potenzialmente pericolose – pesce palla maculato, pesce coniglio scuro e pesce coniglio striato, sono chiamati nuovamente a fornire il loro supporto alla campagna di allerta “Attenti a quei 4!”, vòlta a informare la cittadinanza sulla presenza di queste specie invasive nei nostri mari.

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Ancona (CNR-IRBIM), in collaborazione con il progetto AlienFish, rilanciano la campagna “Attenti a quei4!”, fornendo anche indicazioni utili per riconoscerle, prevenire spiacevoli incidenti e contribuire al monitoraggio della loro diffusione e invitando a documentare con foto o video la specie, ed inviare la propria osservazione tramite il link.

In alternativa sarà possibile utilizzare WhatsApp al numero di telefono +320 4365210 o i gruppi Facebook Oddfish – e Fauna Marina Mediterranea in collaborazione con il progetto Alienfish utilizzando l’hashtag: #Attenti4.

E’ di poche settimane fa la pubblicazione sulla rivista scientifica Mediterranean Marine Science di uno studio, sempre a cura di CNR-IRBIM e ISPRA, che ha fornito un aggiornamento approfondito sulla distribuzione del pesce scorpione nel Mar Mediterraneo.

La campagna segue le precedenti edizioni già svolte dal 2022, anche in considerazione delle crescenti segnalazioni e catture di specie aliene nelle acque italiane, soprattutto del pesce scorpione, ad opera di subacquei e pescatori. I dati raccolti sono stati visualizzati in nuove mappe di distribuzione e confrontati con le previsioni fornite dai modelli di distribuzione delle specie precedentemente realizzati. Tutte le nuove osservazioni sono state integrate nel dataset del portale ORMEF, costituendo così la raccolta più aggiornata di dati sulla presenza del Pterois miles (o pesce scorpione) nel Mar Mediterraneo.

Manuela Falautano, ricercatrice dell’ISPRA, coordinatrice per l’Ente delle campagne “Attenti a quei 4!”: “L’aumento delle catture e segnalazioni da parte di pescatori e subacquei, da un lato conferma l’importante ruolo da loro svolto a supporto dei ricercatori nell’attività di sorveglianza della diffusione delle specie aliene, dall’altro evidenzia la necessità di ampliare il coinvolgimento degli operatori del mare e di promuovere una chiara attività di comunicazione alla cittadinanza sulle specie potenzialmente pericolose per la salute umana, senza creare allarmismi”.

Leggi l’articolo

Fonte: ISPRA