Rischi emergenti e cambiamento climatico

logo-efsaUn’equipe internazionale di scienziati capeggiata dall’EFSA ha sviluppato una metodologia per individuare e definire i rischi emergenti per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi, la salute delle piante e degli animali e la qualità nutrizionale rispetto ai cambiamenti climatici.

L’approccio – detto CLEFSA (“Il cambiamento climatico come motore dei rischi emergenti per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi, la salute delle piante, degli animali e la qualità nutrizionale”) – è descritto in un nuovo rapporto, che include ‘schede di valutazione’ che caratterizzano i possibili effetti che il cambiamento climatico potrebbe avere su una ampia serie di questioni relative alla sicurezza degli alimenti.

Entro il 2020 verrà organizzato un seminario online sui risultati del progetto.

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RASFF, Relazione sul sistema di allerta rapido europeo per alimenti e mangimi, dati 2019

Il sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi in ambito europeo (RASFF) consente di notificare, in tempo reale, i rischi diretti e indiretti per la salute pubblica connessi ad alimenti, mangimi e materiali a contatto con gli alimenti e quindi di adottare tempestivamente le opportune misure di salvaguardia.

La Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione ha redatto anche quest’anno un rapporto riguardante le principali problematiche sanitarie emerse nel corso dell’anno 2019, mettendo in evidenza i principali rischi notificati dai Paesi membri.

Nel corso dell’anno le notifiche pervenute attraverso il RASFF sono state 4000, a fronte delle 3.622 segnalazioni del 2018 e rappresentano il picco più elevato raggiunto negli ultimi vent’anni.

Delle 4000 notifiche pervenute:

  • 3506 hanno riguardato l’alimentazione umana (3622 nel 2018)
  • 322 l’alimentazione animale (313 nel 2018)
  • 172 i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti – MOCA (138 nel 2018).

Tra le notifiche ricevute:

  • 1478 si riferiscono a prodotti in importazione respinti ai confini (pari al 36,9%) e non distribuiti sul mercato europeo
  • 1145 sono state notifiche di Allerta (pari al 28,6%) e hanno riguardato prodotti distribuiti sul mercato
  • le restanti notifiche riguardano informazioni (852 informazioni per attenzione e 525 informazioni per follow up).

Per approfondire:

Fonte: Ministero delle Salute




OIE: continuare la lotta alle malattie animali anche durante la pandemia da COVID-19

L’OIE, Organizzazione mondiale per la sanità animale, richiama i paesi a mantenere in atto le misure di prevenzione e controllo delle malattie degli animali, anche durante la Pandemia da COVID-19. Il sostegno alle attività veterinarie è essenziale per evitare gli impatti dannosi delle malattie degli animali, che potrebbero aggravare le attuali crisi sanitarie e socioeconomiche.
L’OIE presenta le principali conclusioni del report sulla situazione globale della salute degli animali.

Nonostante gli impatti devastanti di COVID-19, che hanno comportato restrizioni globali agli spostamenti, le malattie degli animali continuano a diffondersi in tutto il mondo. Le malattie transfrontaliere degli animali incidono gravemente sulla salute e sul benessere degli animali, così come sui mezzi di sussistenza di migliaia di famiglie. Queste malattie rappresentano una grave minaccia per la sicurezza alimentare globale e, se ampiamente diffuse, e mettono a rischio i sistemi di produzione animale.

l’OIE ha pubblicato il 19 giugno il report annuale sulla situazione globale della salute degli animali, richiamando l’attenzione sulle malattie animali per le quali osservate nel 2019 e nel 2020, è su altre malattie sottoposte a strategie di controllo globale o con processi di eradicazione in atto. Anche durante la pandemia di COVID-19, i paesi sono chiamati a mantenere i loro sforzi per preservare la salute e il benessere degli animali. A questo proposito, nel rapporto vengono fornite raccomandazioni per aiutare i servizi veterinari nazionali ad attuare misure efficaci di monitoraggio sorveglianza, segnalazione e controllo.

Frenare l’impatto delle malattie animali epidemiche
Negli ultimi anni diversi fattori hanno contribuito alla diffusione di malattie animali transfrontaliere comportando situazioni epidemiche che ancora persistono.

Nell’ultimo anno è stato osservato un aumento mondiale della Peste Suina Africana. Una delle maggiori sfide per il controllo di questa malattia mortale per i suini è l’assenza di un vaccino efficace. La PSA è stata segnalata dal 28% dei paesi membri dell’OIE (42 sui 150 paesi e territori dichiaranti). In breve tempo, la malattia ha scatenato una grave crisi nell’industria della carne suina, causando enormi perdite suine, gravi impatti socioeconomici, rischiando di interrompere la catena di approvvigionamento mondiale di carne suina e sottoprodotti derivati.
In risposta a questa minaccia globale, l’OIE ha lavorato a fianco dei paesi membri e della Fao mettere in atto iniziative regionali e una risposta coordinata, nell’ambito del Quadro globale per il controllo progressivo delle malattie transfrontaliere degli animali ( GF-ADT). Questi sforzi hanno contribuito ad aumentare il numero di paesi che attuano misure di sorveglianza e controllo per la PSA, raggiungendo il 90% dei paesi dichiaranti nel periodo 2018-2019. I paesi sono chiamati a continuare ad attuare le misure necessarie e a segnalare tempestivamente i focolai di PSA attraverso il Sistema mondiale di informazione sulla salute degli animali dell’OIE (World Animal Health Information System – WAHIS).

Tenuto conto della sfida rappresentata dalla malattia, la risposta deve comportare azioni coordinate e cooperazione internazionale. A breve sarà lanciata un’iniziativa nell’ambito del GF-TAD per il controllo globale della PSA.

Un’altra sfida per la sanit veterinaria e i sistemi di salute pubblica è rappresentata dall’influenza aviaria ad alta patogenicità, una delle malattie più segnalate negli ultimi anni che ha gravi ripercussioni sia sui mezzi di sussistenza di molte persone che sul commercio internazionale. L’analisi della dinamica dell’epidemia di HPAI presentata nel rapporto dell’OIE mostra una maggiore attività del virus nei primi mesi del 2020. I ceppi di influenza aviaria hanno un potenziale impatto zoonotico e la capacità di mutare ed evolversi rapidamente
In questo contesto, la promozione della trasparenza e la comprensione della situazione globale continuano ad essere una priorità per proteggere la salute pubblica e garantire un commercio sicuro di animali e prodotti di origine animale.

Questi esempi dimostrano che le epidemie di malattie animali comportano impatti devastanti che potrebbero intensificare la crisi in corso. In tempi di COVID 19, i paesi sono incoraggiati a mantenere e rafforzare i loro sforzi per prevenirle e controllarle.

A cura della segreteria SIMeVeP




ISS per COVID-19

issL’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato un numero speciale del notiziario all’attività svolta dall’Ente nell’ambito dell’emergenza
legata alla pandemia del nuovo coronavirus COVID-19, dall’inizio dell’emergenza sino alla data di pubblicazione del numero stesso.

Il Presidente dell’ISS, Silvio Brusaferro, membro del Comitato Tecnico Scientifico (Decreto del Capo della Protezione Civile n. 371 del 5 febbraio 2020), ha istituito 22 Gruppi di lavoro sui rischi per la salute legati all’infezione da COVID-19 a cui partecipano sia esperti ISS che esperti di altre importanti istituzioni.

I risultati delle attività, che riguardano importanti aree di ricerca, sorveglianza, formazione, informazione e comunicazione, forniscono al Governo le informazioni e i dati tecnico-scientifici utili per intraprendere misure di sanità pubblica e aggiornare il personale sanitario e gli stakeholder

L’intento è di rendere disponibili in un unico contenitore le diverse e molteplici attività svolte dall’ISS per farle conoscere, valorizzarle e documentarle nel tempo, offrendo ai lettori le chiavi di accesso a preziose informazioni per il contenimento dell’epidemia.

Le attività descritte non esauriscono il notevole impegno dell’ISS su più fronti e in continua e costante evoluzione. Per i documenti
prodotti dall’ISS è fornito il link alle risorse online, liberamente accessibili.

Accedi allo speciale




EMA: in italiano l’infografica sulla categorizzazione degli antibiotici

E’ stata pubblicata in italiano l’infografica elaborata dall’Antimicrobial Advice Ad Hoc Expert Group (AMEG) dell’EMA – Agenzia europea per i medicinali, “Categorizzazione degli antibiotici destinati all’impiego negli animali per un uso prudente e responsabile”.

L’infografica riassume il parere del gruppo AMEG che classifica gli antibiotici in base all’effetto che il possibile sviluppo della resistenza antimicrobica dovuto al loro utilizzo negli animali può avere sulla salute pubblica e in base alla necessità di utilizzarli nella medicina veterinaria.

I medici veterinari sono esortati  consultare la categorizzazione AMEG prima di prescrivere antibiotici agli animali che hanno in cura.

Scarica l’infografica in pdf




Consultazione pubblica su 7 piani di gestione di specie esotiche invasive

Scoiattolo_grigioTerminerà l’8 agosto la consultazione pubblica su 7 piani di gestione delle specie esotiche invasive:

Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis)

Scoiattolo del Pallas (Callosciurus erythraeus)

Procione (Procyon lotor)

Ibis Sacro (Threskiornis aethiopicus)

Tartaruga palustre ame (Trachemys scripta)

Calabrone asiatico (Vespa velutina nigrithorax)

Panace di Mantegazza (Heracleum mantegazzianum)

I piani sono stati elaborati dal Ministero dell’ambient con in supporto di ISPRA – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.

Le osservazioni devono essere inviate a:  esoticheinvasive@minambiente.it




Suini al macello: misure per affrontare le questioni di benessere

Il parere scientifico pubblicato oggi è il più recente di una serie di valutazioni aggiornate sul benessere animale al macello richieste dalla Commissione europea. Vi si propongono misure per affrontare i pericoli per il benessere animale più comunemente associati alla macellazione dei suini destinati alla produzione di alimenti e fa seguito a pareri analoghi su pollame e conigli. Entro la fine dell’anno verrà pubblicato un ulteriore parere sui bovini.

Ha affermato Marta Hugas, direttore scientifico EFSA: “Nell’ambito della sua nuova strategia “dal produttore al consumatore” la Commissione europea sta rivedendo le attuali disposizioni sul benessere degli animali, con l’obiettivo di creare nell’UE un sistema alimentare più sostenibile. Questa serie di pareri, più altri che consegneremo nei prossimi anni, farà da base scientifica a tale revisione.

“Avere standard elevati di benessere animale migliora la salute degli animali e la qualità degli alimenti, riduce la necessità di farmaci veterinari e può aiutare a preservare la biodiversità. Animali sani e ben curati sono essenziali per una sana filiera alimentare”.

L’esaustiva disamina sui suini si occupa di tutto il processo della macellazione, dall’arrivo e scarico dei suini fino allo stordimento, all’abbattimento e al dissanguamento. Nel documento vengono individuati una serie di pericoli che danno adito a questioni di benessere come stress termico, sete, fame prolungata e difficoltà respiratorie, e vi si propongono, ove possibile, misure di prevenzione e correzione.

Come nel precedente parere sul pollame, la maggior parte dei pericoli – individuati 29 volte su 30 – è conseguenza di inefficienza del personale per fattori come mancanza di formazione e affaticamento. Secondo l’EFSA è possibile mettere in atto misure preventive per tutti i pericoli, mentre la gestione del macello, afferma l’EFSA, riveste un ruolo cruciale nella prevenzione.

I pareri scientifici sulla macellazione sono basati sulle più recenti conoscenze scientifiche disponibili e vengono elaborati in consultazione con esperti in materia di benessere animale degli Stati membri dell’UE.

Le risultanze saranno utilizzate dalla Commissione europea nei suoi dibattiti con l’Organizzazione mondiale della salute animale (OIE) finalizzati a uniformare i diversi approcci al benessere degli animali al macello.

Fonte: EFSA



Vaccinazioni, occhio al morbillo!

Proponiamo la lettura della lettera del Prof. Giovanni Di Guardo, docente della Facoltà di Medicina veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo, pubblicata sulla rubrica “italians” del Corriere della Sera il 12 giugno 2020

Caro Bsev, mentre i numeri della pandemia da SARS-CoV-2 – il coronavirus responsabile della CoViD-19 – hanno abbondantemente superato nel mondo i 7 milioni di casi con oltre 410.000 decessi, si stima che una percentuale oscillante fra il 3 ed il 5% della popolazione planetaria sia stata esposta al virus. Gli individui SARS-CoV-2-infetti (computando i casi d’infezione pregressi con quelli attuali) assommerebbero, pertanto, ad una cifra compresa fra i 240 e i 380 milioni. Mentre il virus avrebbe considerevolmente rallentato la propria corsa in Italia e in buona parte del Vecchio Continente, il tributo di vite umane pagato alla CoViD-19 continua ad essere particolarmente drammatico, se non addirittura in preoccupante escalation, in Paesi quali USA, Brasile, Peru’, Messico, India ed altri ancora. Proiettando un siffatto scenario nelle settimane e nei mesi a venire, e’ da ritenere oltremodo plausibile – soprattutto in quei Paesi ove SARS-CoV-2 avesse fatto la propria comparsa in epoca piu’ recente e/o che non avessero applicato in maniera rigorosa le draconiane quanto salvifiche e ben note misure di “lockdown” e di contenimento del virus – una progressiva, ulteriore espansione dei casi d’infezione nella popolazione generale. Considerata la rilevanza dei pazienti asintomatici nella trasmissione del virus, che fa il paio con l’elevata prevalenza dell’infezione negli stessi, e’ importante valutare la percentuale di individui che nel tempo l’hanno acquisita. A questa finalita’ rispondono le indagini siero-epidemiologiche che, attraverso il rilievo di anticorpi anti-SARS-CoV-2, ci dicono quanto il virus abbia circolato nella popolazione generale. Ciononostante non sappiamo ancora per quanto tempo persista l’immunita’ e quale sia il tasso anticorpale in grado di conferire un’efficace protezione nei confronti del virus. Mai dismettere, quindi, la vaccinazione per il morbillo, una malattia che puo’ cancellare l’immunita’ verso altri agenti.

Giovanni Di Guardo




ISS: Indicazioni ad interim sulla gestione e smaltimento di mascherine e guanti monouso provenienti da utilizzo domestico e non domestico

L’Istituto Superiore di sanità ha pubblicato il “Rapporto ISS COVID-19 n. 26/2020 – Indicazioni ad interim sulla gestione e smaltimento di mascherine e guanti monouso provenienti da utilizzo domestico e non domestico. Versione del 18 maggio 2020”

Il documento fornisce raccomandazioni per la gestione di mascherine e guanti monouso come rifiuti prodotti da utilizzo domestico e non domestico, compresi Enti pubblici e privati, attività commerciali e produttive, diverse dalle attività sanitarie e sociosanitarie. Vengono fornite raccomandazioni anche sulle caratteristiche, posizionamento e movimentazione dei contenitori per la raccolta di tali rifiuti.

Scarica il rapporto
Scarica il poster su smaltimento di guanti e mascherine




ISS: malattia di Kawasaki e sindrome infiammatoria acuta, bambini sorvegliati speciali

Sulla base delle evidenze scientifiche disponibili ad oggi non è dimostrato che i pazienti pediatrici che in passato hanno avuto diagnosi di malattia di Kawasaki siano esposti ad un rischio maggiore rispetto agli altri bambini di contrarre SARS-CoV-2, né di presentare una recidiva di malattia di Kawasaki. Tuttavia, recenti pubblicazioni scientifiche descrivono una sindrome infiammatoria acuta multisistemica in età pediatrica e adolescenziale, associata a positività per il SARS-CoV-2 o presenza di anticorpi anti SARS-CoV-2. Questa sindrome sembrerebbe condividere alcune caratteristiche cliniche con la malattia di Kawasaki ma, secondo le indicazioni dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e della World Health Organization (WHO), si tratta di una forma clinica che va differenziata dalla malattia di Kawasaki e che è ancora in via di definizione.

L’ISS, al riguardo, ha pubblicato il RAPPORTO COVID-19 “Indicazioni ad interim su malattia di Kawasaki e sindrome infiammatoria acuta multisistemica in età pediatrica e adolescenziale nell’attuale scenario emergenziale da infezione da SARS-CoV-2” , elaborato da un gruppo interdisciplinare di esperti, coordinato da Domenica Taruscio. Il Rapporto è un documento operativo di sanità pubblica che fornisce indicazioni essenziali e raccomandazioni per affrontare e gestire questa sindrome pediatrica e adolescenziale ancora in via di completa definizione.

“Si tratta di un evento grave, ancorché raro, che merita tutta l’attenzione dei pediatri, degli infettivologi, dei reumatologi, dei cardiologici e degli altri professionisti della salute, soprattutto considerando l’associazione con la pandemia da COVID-19 tuttora in corso – afferma Domenica Taruscio, Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare (ISS) e coordinatrice del Gruppo di lavoro “COVID-19 e Malattie rare” – E’ infatti importante identificare precocemente i pazienti, ricoverarli tempestivamente ed effettuare l’accertamento diagnostico accurato per avviarli al trattamento appropriato”.

La malattia di Kawasaki

La malattia di Kawasaki è una vasculite sistemica che colpisce prevalentemente i bambini di età inferiore a 5 anni e la cui prognosi dipende essenzialmente dal coinvolgimento delle arterie coronarie. Ha un’incidenza in Italia di circa 14 su 100.000/anno in bambini sotto i 5 anni, con un numero di casi di circa 450/anno calcolato sulla base delle dimissioni ospedaliere. I sintomi sono febbre (≥38°C), congiuntivite bilaterale senza secrezioni, arrossamento delle labbra e della mucosa orale, eruzione cutanea e linfoadenopatia cervicale monolaterale, che possono anche non essere tutti presenti contemporaneamente. E’importante che il bambino con questi sintomi venga rapidamente valutato dal pediatra e portato in ospedale per effettuare gli accertamenti clinici e laboratoristici. Se la diagnosi viene confermata, si deve iniziare la terapia farmacologia appropriata nei tempi previsti dalle linee guida. Pertanto, l’appropriatezza e la tempestività della diagnosi incidono in modo considerevole sulla prognosi. Non ci sono al momento evidenze che il trattamento della malattia di Kawasaki debba essere modificato in epoca di pandemia COVID-19 rispetto alle linee guida esistenti.

I dati epidemiologici della malattia di Kawasaki suggeriscono un’eziologia infettiva, sebbene l’agente causale non sia ancora stato identificato. Non è stabilita, al momento, un’associazione con l’infezione da SARS-CoV-2. In particolare non è possibile al momento attuale verificare se il numero dei soggetti affetti sia aumentato quest’anno, in concomitanza con l’epidemia da COVID-19.

La sindrome infiammatoria acuta multisistemica

L’ECDC ha pubblicato, lo scorso 15 maggio, un Rapid Risk Assessement sulla sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica e adolescenziale e l’infezione da SARS-CoV-2, in cui vengono riportati 230 casi sospetti nell’Unione Europea e nel Regno Unito, con due decessi. I soggetti colpiti hanno un’età media di 7-8 anni, fino 16 anni, e hanno presentato interessamento multisistemico grave, a volte con necessità di ricovero in terapia intensiva. Il reale numero di questi soggetti è ancora in fase di valutazione, così come il preciso inquadramento nosologico di questa condizione, attualmente chiamata “sindrome infiammatoria acuta multisistemica”. Dati sia italiani che inglesi dimostrano che lo sviluppo di questa sindrome segue di 2-4 settimane il picco di infezione da SARS-CoV-2, per cui si ipotizza una patogenesi immunomediata e non legata ad un’infezione diretta del virus. Le caratteristiche della sindrome comprendono un’aberrante risposta infiammatoria, con febbre elevata, shock e prevalente interessamento miocardico e/o gastrointestinale. Le opzioni terapeutiche comprendono immunoglobuline, steroidi, farmaci anticitochinici.

Il documento evidenzia che, al momento, pur in assenza di una definizione di caso condivisa a livello europeo, è plausibile una correlazione fra infezione da SARS-CoV-2 e insorgenza della sindrome, pur in presenza di evidenze limitate del nesso di

causalità. “L’esistenza della sindrome è una realtà clinica riconosciuta – va avanti l’esperta – tuttavia è indispensabile una definizione condivisa dei criteri diagnostici, questo permetterà una registrazione sistematica dei casi per valutare la reale incidenza”.

L’infezione da SARS -CoV-2 nei bambini

La reale prevalenza di SARS-CoV-2 nella popolazione pediatrica, così come in quella adulta, non è conosciuta, tuttavia le evidenze scientifiche disponibili ad oggi indicano che l’infezione da SARS-CoV-2 si manifesta nei pazienti pediatrici con un andamento clinico più benigno rispetto all’adulto e con una letalità molto bassa (0,06% nella fascia di età 0-15 anni).

Gli studi effettuati

Un’analisi pubblicata su Pediatrics è stata realizzata in Cina su 2135 bambini con infezione da SARS-CoV-2, diagnosticata o sospetta, segnalati al Chinese Center for Disease Control and Prevention nel periodo tra il 16 gennaio e l’8 febbraio 2020. Di tutti i casi esaminati, 112 (5,2%) hanno sviluppato una forma grave della malattia con una rapida insorgenza di dispnea, ipossia, febbre, tosse e sintomi gastrointestinali, inclusa diarrea. Altri 13 bambini (0,6%) erano in condizioni critiche e hanno manifestato in breve tempo una sindrome da difficoltà respiratoria acuta o insufficienza respiratoria; in questi casi si è potuto anche osservare shock, encefalopatia, danno miocardico o insufficienza cardiaca, coagulopatia e danno renale acuto.

Nell’aprile 2020, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli USA hanno pubblicato uno studio sul Morbidity and Mortality Weekly Report, nel quale sono stati analizzati, 149.760 casi risultati positivi per SARS-CoV-2 di cui 2.572 (1,7%) casi avevano un’età inferiore ai 18 anni nel periodo compreso tra il 12 febbraio e il 2 aprile. Nel 73% dei bambini SARS-CoV-2 positivi, era presente almeno uno dei sintomi clinici che sono alla base del sospetto diagnostico (febbre, tosse e dispnea) mentre negli adulti tale percentuale era il 93% (3). Lo stesso documento riportava un tasso di ospedalizzazione in un intervallo stimato tra il 5,7% e il 20%, e di ricovero in terapia intensiva in un range tra lo 0,6% e il 2%. Il tasso di ospedalizzazione era molto maggiore fra i bambini al di sotto di un anno di età (range stimato 15%-62%) mentre nella fascia superiore di età il range stimato era del 4,1-14%. Per 295 casi pediatrici erano disponibili informazioni sanitarie sia sull’ospedalizzazione sia sulle patologie concomitanti. Circa il 77% (28 su 37 casi) dei pazienti ospedalizzati presentavano una o più patologie concomitanti, mentre dei restanti 258 pazienti che non necessitarono di ricovero, 30 (12%) presentavano altre patologie.

In Italia, i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) riportano che al 14 maggio 2020 fra i 29.692 deceduti positivi all’infezione SARS-CoV-2 sono stati rilevati 3 casi relativi alla fascia di età 0-19 anni.

In una casistica, pubblicata su Jama Pediatrics, di 41 pazienti pediatrici spagnoli con confermata infezione da SARS-CoV-2 il 60% (25 casi) ha avuto la necessità di essere ospedalizzato: di questi 4 casi sono stati ricoverati in terapia intensiva e altri 4 hanno avuto necessità di ventilazione assistita.

Secondo il sistema di sorveglianza europeo (The European Surveillance System, TESSy), al 13 maggio 2020, i bambini rappresentano una percentuale molto bassa dei 193.351 casi COVID-19 confermati in Italia; nell’intervallo di età tra i 0-10 anni i casi segnalati sono stati 1,1% e 1% tra 10-19 anni. L’indice di letalità del COVID-19 è quindi pari a 0,06% nella fascia di età 0-15 anni, rispetto al 16,9% nel gruppo di ultra-quindicenni. I 3 bambini deceduti in Italia erano affetti da importanti e gravi patologie (malattia metabolica, cardiopatia, neoplasia).

In una casistica di 100 bambini con tampone positivo al SARS-CoV-2 che hanno fatto accesso al Pronto Soccorso di 17 ospedali italiani, solo il 52% dei pazienti con febbre presentava gli altri due sintomi indicativi di COVID-19 (tosse e dispnea). Il 38% dei bambini, secondo uno studio italiano pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha necessitato di ricovero, 9 dei quali hanno avuto bisogno di supporto respiratorio (6 con patologie preesistenti). Tutti i 100 bambini della casistica risultano guariti.

Questi dati sembrano tranquillizzanti riguardo al COVID-19 pediatrico. Va comunque posta molta attenzione quando a manifestare i sintomi dell’infezione sono i bambini con meno di un anno. Studi eseguiti da scienziati cinesi e pubblicati su Jama su madri in gravidanza con infezione da SARS-CoV-2 hanno indagato la relazione fra immunità materna e protezione del neonato dall’infezione, senza giungere però a risultati conclusivi. Il riscontro quindi, in neonati figli di madre SARS-CoV-2 positive, di sintomi indicativi come febbre, difficoltà respiratoria, tosse, sintomi gastrointestinali e tendenza al sopore, deve allertare i genitori e il pediatra.

Fonte: ISS