Acque reflue trattate: un veicolo per la diffusione di Klebsiella Pneumoniae

Gli impianti di depurazione potrebbero agire come centri nevralgici per la diffusione di batteri patogeni resistenti agli antibiotici. È quello che emerge da uno studio nato da una collaborazione tra l’Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo (IZSAM) e il National Biodiversity Future Center (NBFC) di Palermo. I ricercatori hanno infatti rilevato la presenza del batterio Klebsiella pneumoniae in un depuratore urbano del Centro Italia.

Klebsiella pneumoniae è un batterio naturalmente presente nel microbioma umano. Alcuni ceppi causano gravi infezioni respiratorie, urinarie e del sangue, che colpiscono soprattutto individui fragili e spesso in ambienti sanitari, come gli ospedali. Klebsiella pneumoniae è uno dei microrganismi che destano maggiore preoccupazione a livello mondiale per la sua resistenza all’azione di numerosi antibiotici, compresi quelli cosiddetti di ultima istanza, come la colistina.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental Pollution”, si è basato sull’analisi di campioni prelevati dalle acque in entrata, dalla vasca di sedimentazione e dalle acque in uscita di un impianto di depurazione urbano. I campioni, raccolti in quattro periodi distinti durante il 2018, hanno mostrato la presenza di 42 ceppi di Klebsiella pneumoniae, in seguito caratterizzati attraverso sequenziamento dell’intero genoma. Numerosi ceppi isolati (47 %) mostravano un fenotipo di multi-resistenza ad almeno tre classi di antibiotici, con alcuni di essi resistenti anche alla colistina. Sono stati inoltre isolati i cloni ST307, ST35, ST45 noti per essere ad alto rischio e in rapida espansione in Italia.

“La Klebsiella pneumoniae – dice Alessandra Cornacchia, ricercatrice IZSAM e prima autrice dello studio assieme al ricercatore IRSA Andrea Di Cesare – è tra le principali cause di infezioni in contesti sanitari. Se gli impianti di trattamento delle acque reflue non vengono adeguatamente monitorati possono contribuire alla diffusione di questo pericoloso batterio nell’ambiente e nelle comunità. I monitoraggi, oltre a individuare il problema, forniscono indicazioni fondamentali per guidare le azioni correttive necessarie, come la modifica degli impianti, al fine di ridurre la diffusione del fenomeno”.

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Fonte: IZS Lazio e Toscana




Inquinamento da microplastiche: in arrivo un nuovo regolamento Ue

microplastiche È stato raggiunto un accordo tra Parlamento e Consiglio Ue sulla proposta di regolamentazione avanzata dalla Commissione rispetto al problema dell’inquinamento da microplastiche che si verifica durante le operazioni di trasporto, in particolare via mare.

“Ancora oggi, molti pellet di plastica vengono persi durante le operazioni quotidiane negli impianti di movimentazione o durante il trasporto che finiscono nell’ambiente, anche in mare, a causa di una manipolazione inadeguata da parte degli operatori marittimi e di altri operatori”, si legge in una nota diffusa dalla Commissione. “Le nuove norme dovrebbero ridurre le perdite di pellet di plastica fino al 74%, il che contribuirà a preservare gli ecosistemi e la biodiversità, ridurre i rischi per la salute umana e migliorare la reputazione del settore”.

Al fine di ridurre gli oneri amministrativi per le piccole imprese, la Commissione proposto di limitare gli obblighi di certificazione alle imprese che trattano più di 1.500 tonnellate di pellet di plastica all’anno. Al di sotto di tale soglia sarà richiesta solo un’autodichiarazione. Le imprese più piccole beneficeranno di un’assistenza speciale per conformarsi al nuovo regolamento. Il Parlamento europeo e il Consiglio dovranno ora adottare formalmente il nuovo regolamento prima che possa entrare in vigore, 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.

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Fonte: alimentando.info




Perdite e sprechi alimentari, obiettivi di riduzione nella proposta di direttiva UE

Lotta Spreco Alimentare Il 19 marzo 2025, il Consiglio dell’Unione Europea ha pubblicato il documento 7258/25, che delinea il compromesso finale sulla proposta di riforma della Direttiva Quadro sui Rifiuti 2008/98/CE, con una forte attenzione alla lotta alla perdita e allo spreco di cibo (food loss and waste, FLW).

Questa iniziativa legislativa mira a rafforzare la sostenibilità ambientale e sociale del settore alimentare all’interno dell’UE, basandosi sui principi dell’attuale direttiva quadro sui rifiuti e sostenendo sia il Green Deal europeo che il Piano d’azione per l’economia circolare. Attualmente, questo accordo tra Consiglio e Commissione è una bozza e richiede ulteriori negoziati e l’approvazione del Parlamento europeo attraverso il processo di trilogo.

La presente analisi fornisce uno sguardo approfondito agli elementi chiave di questo testo di compromesso, compresi gli obiettivi nazionali proposti, giuridicamente vincolanti, per la riduzione delle perdite alimentari e dei rifiuti e le strategie per la loro attuazione.

Contesto giuridico e politico

La proposta di riforma della direttiva quadro sui rifiuti mira a “rafforzare e accelerare l’azione dell’Unione e degli Stati membri per garantire la sostenibilità ambientale e sociale dei settori tessile e alimentare”, in quanto gli alimenti sono considerati il settore a più alta intensità di risorse, che causa notevoli esternalità ambientali negative.

Il settore alimentare non è ancora pienamente conforme ai principi fondamentali dell’Unione in materia di gestione dei rifiuti, come delineato nella gerarchia dei rifiuti (ovvero la scala di Lansink), che dà la priorità alla prevenzione delle perdite e dei rifiuti alimentari. Per affrontare questa sfida è necessaria una soluzione sistemica basata su un approccio al ciclo di vita, con particolare attenzione ai prodotti alimentari (considerando 1-2).

Contesto strategico

Il testo ricorda gli impegni assunti dagli Stati membri nell’ambito dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, in particolare l’obiettivo 12.3 SDG, che mira a dimezzare lo spreco alimentare globale pro capite entro il 2030 e a ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento, comprese quelle post-raccolto. La Commissione ha dato seguito alla Conferenza sul futuro dell’Europa organizzando un gruppo di cittadini (dicembre 2022 – febbraio 2023), che ha suggerito tre azioni chiave:

  • migliorare la cooperazione lungo la catena del valore alimentare;
  • incoraggiare le iniziative delle imprese alimentari
  • promuovere cambiamenti nel comportamento dei consumatori‘ (Considerando 5-6).

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Fonte: foodtimes.eu




Afta epizootica: una scommessa sulla zootecnia in Europa?

muccaL’afta epizootica (Food and Mouth Disease, FMD) è un’infezione virale altamente contagiosa che rappresenta una grave minaccia per la salute del bestiame e la biosicurezza agricola in Europa. I recenti focolai di infezione confermati in Germania, Ungheria e Slovacchia non hanno peraltro trovato, ad avviso di chi scrive, una risposta idonea a contenere il rischio di ulteriore diffusione della malattia.

Gli standard e le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (WOAH, World Animal Health Organisation) prevedono infatti rigorose restrizioni alla movimentazione di animali dalle regioni colpite. Tali restrizioni sono state invece limitate, in Unione Europea, alle sole ‘zone rosse’. Senza neppure prescrivere i test sierologici prima del trasporto degli animali vivi.

Afta epizootica: introduzione

L’afta epizootica (FMD) è causata da un apthovirus della famiglia Picornaviridae, con sette sierotipi immunologicamente distinti (A, O, C, SAT1, SAT2, SAT3 e Asia1) e molteplici sottotipi. Il virus presenta alti tassi di morbilità, potendo infettare il 100% delle popolazioni suscettibili non vaccinate.

Sebbene gli animali adulti raramente soccombano alla malattia, i tassi di mortalità nei giovani possono essere elevati a causa di infezioni secondarie o della mancanza di latte da madri infette (WOAH, World Animal Health Organisation).

Trasmissione della FMD tra animali

L’afta epizootica (FMD) è una delle malattie virali più contagiose che colpiscono gli animali ungulati, in grado di diffondersi rapidamente sia all’interno che tra gli allevamenti. L’agente patogeno viene eliminato in grandi quantità dagli animali infetti attraverso tutte le escrezioni e secrezioni — inclusi saliva, latte, seme, urina e feci — anche prima della comparsa dei segni clinici. La trasmissione avviene attraverso diverse vie:

  • contatto diretto. Esposizione nasale o orale a secrezioni infette, specialmente in aree di pascolo condivise o spazi confinati. La trasmissione materna può avvenire attraverso l’allattamento, dove i giovani animali sono esposti al virus nel latte o attraverso il contatto stretto con madri infette;
  • trasmissione indiretta. Il virus può sopravvivere per giorni o settimane su fomiti come mangimi, acqua, veicoli, attrezzature e indumenti contaminati, specialmente in condizioni fresche e umide (Alexandersen et al., 2003);
  • trasmissione aerea altrettanto significativa, soprattutto nei climi temperati. Il virus può viaggiare fino a 60 km su terra e fino a 300 km sull’acqua in condizioni meteorologiche ottimali (Gloster et al., 2005). I suini, in particolare, agiscono come ‘ospiti amplificatori’ emettendo fino a 1.000 volte più virus per via aerea rispetto ai bovini (Donaldson et al., 2001);
  • prodotti animali. Carne cruda o non lavorata correttamente, latte e midollo osseo possono ospitare virus vitale. Una delle pratiche a più alto rischio è l’alimentazione degli animali con scarti che contengano prodotti da animali infetti (WOAH);
  • vettori, sia meccanici che biologici, contribuiscono alla diffusione del virus. Uccelli, roditori e insetti possono trasferire passivamente il virus della FMD tra località. Nelle regioni endemiche, serbatoi selvatici come il bufalo africano (Syncerus caffer) mantengono il virus in modo asintomatico, complicando gli sforzi di controllo ed eradicazione (Vosloo et al., 2002).

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Fonte: foodtimes.eu




Batteri, la resistenza agli antibiotici raggiunge il plateau in 20 anni

antibioticoresistenza

La resistenza agli antibiotici tende a stabilizzarsi in un arco relativamente lungo di tempo. A questa la conclusione è giunto uno studio dell’Università di Losanna, in Svizzera, coordinato da Sonja Lehtinen e pubblicato da PLoS Pathogens.

Comprendere i modelli di resistenza a lungo termine è importante per monitorare e caratterizzare la resistenza ai farmaci, nonché per dare informazioni sull’impatto degli interventi di contrasto al fenomeno.

Lo studio Il team ha analizzato la resistenza ai farmaci in oltre 3 milioni di campioni batterici raccolti in 30 paesi in Europa dal 1998 al 2019, che comprendevano otto specie batteriche, tra cui Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae.

Dall’analisi è emerso che, sebbene le resistenze antimicrobiche aumentino all’inizio, in risposta all’uso di antibiotici, questo fenomeno non prosegue in in modo indefinito. Al contrario, nella maggior parte dei batteri esaminati, i tassi di resistenza raggiungono il plateau nell’arco temporale di 20 anni.

L’uso di antibiotici ha contribuito alla rapidità con cui i livelli di resistenza si sono stabilizzati, così come alla variabilità dei tassi di resistenza nei diversi Paesi. Tuttavia, l’associazione tra i cambiamenti nella resistenza ai farmaci e l’uso di antibiotici è risultata debole in questo studio, suggerendo l’ipotesi che in gioco vi siano ulteriori fattori, ancora sconosciuti.

“In questo studio volevamo verificare se le frequenze di resistenza agli antibiotici in Europa stessero aumentando nel lungo termine – conclude Sonja Lehtinen – Invece, abbiamo riscontrato un andamento in cui, dopo un aumento iniziale, le resistenze tendono a raggiungere un plateau stabile”.

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Fonte: quotidianosanita.it




Due sistemi per isolare l’Escherichia coli

La presenza di Escherichia coli produttore della tossina Shiga (STEC) nei prodotti lattiero-caseari a base di latte crudo è una delle principali preoccupazioni per le autorità e le industrie preposte alla sicurezza alimentare. Un confronto tra due protocolli di isolamento: isolamento diretto di STEC e tecniche basate sull’immunoconcentrazione.

Sono stati proposti due approcci per isolare l’Escherichia coli produttore della tossina Shiga (STEC) in brodi di arricchimento di formaggio a base di latte vaccino crudo gli STEC dagli alimenti.

Nel protocollo IC (protocollo di immunoconcentrazione), i sierogruppi specifici vengono identificati nel brodo di arricchimento dopo la rilevazione dei geni stx ed eae. Viene eseguita un’immunoconcentrazione dei sierogruppi target prima di isolarli su terreni specifici.

Nel protocollo DI (protocollo di isolamento diretto) viene effettuato un isolamento diretto di tutti gli STEC presenti nel brodo di arricchimento dopo il rilevamento di stxgeni.

Sono state confrontate la capacità di questi due metodi di isolare STEC O26:H11, O103:H2, O111:H8, O145:H28 e O157:H7 dopo l’inoculazione artificiale in quattro diversi formaggi a latte crudo.

Considerando tutti i sierogruppi e i tipi di formaggio, gli STEC sono stati isolati nell’83,3% dei campioni utilizzando il protocollo IC, ma solo nel 53,3% dei campioni con il protocollo DI. Per due tipi di formaggio, il protocollo DI non è riuscito a isolare del tutto i ceppi STEC O157:H7.

I risultati suggeriscono che il protocollo IC è una metodologia solida per isolare efficacemente gli STEC in una vasta gamma di tipi di formaggio.

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Fonte: alimentinews.it




Influenza aviaria nei gatti

Il 17 gennaio 2025, in provincia di Bologna, è stato rilevato un caso di Influenza Aviaria (IA) da virus A(H5N1) ad alta patogenicità in un gatto domestico che viveva a stretto contatto con il pollame di un piccolo allevamento familiare, già interessato da un focolaio confermato di IA.

La letteratura scientifica riconosce i gatti come animali sensibili all’infezione da virus influenzali aviari. Sono infatti già stati segnalati diversi casi (circa una dozzina) di decessi felini correlati all’infezione in Stati Uniti, Canada e in diversi Paesi europei, tra cui Belgio, Francia, Islanda, Paesi Bassi e Polonia. La principale fonte di contagio per i gatti resta l’esposizione diretta a uccelli infetti ed i prodotti di questi non trattati, anche se recenti evidenze provenienti dagli Stati Uniti sulla possibilità di trasmissione da bovini infetti.

È importante sottolineare che il rischio di trasmissione del virus da gatto a gatto o da gatto a essere umano è considerato basso, e ad oggi non sono stati documentati casi di questo tipo.

Nei gatti, l’infezione può manifestarsi inizialmente con precisi sintomi clinici, perdita di appetito, letargia e febbre, seguiti da sintomi neurologici come incoordinazione, tremori, convulsioni, cecità e grave depressione. Possono inoltre comparire abbondanti secrezioni nasali e oculari, sintomi respiratori come respiro accelerato o difficoltoso, starnuti e tosse.

Cosa deve fare il proprietario del gatto in presenza di sintomi sospetti di Influenza Aviaria?

Nel caso in cui il gatto manifesti sintomi compatibili con l’infezione da virus A(H5N1), il proprietario deve:

  • contattare tempestivamente il medico veterinario, prima di recarsi in ambulatorio, descrivendo con precisione i sintomi che presenta il gatto;
  • limitare il contatto del gatto con persone del nucleo familiare vulnerabili, in particolare soggetti immunocompromessi;
  • adottare misure di protezione personale, incluso l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI), per ridurre il rischio di esposizione;
  • monitorare lo stato di salute degli altri membri della famiglia e degli eventuali animali conviventi; in presenza di sintomi compatibili con l’influenza aviaria, segnalarli prontamente o al medico competente o ai Servizi Veterinari dell’ASL.

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Fonte: IZS Lazio e Toscana




L’Oms lancia il database globale degli elenchi nazionali dei medicinali essenziali

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato il database delle Liste Nazionali dei Medicinali Essenziali (nEML), una piattaforma digitale centralizzata che raccoglie 150 elenchi nazionali di medicinali essenziali provenienti da sei regioni del mondo. Una risorsa completa che migliora l’accesso a dati sanitari essenziali, supportando decisori politici, operatori sanitari e ricercatori.

Sviluppato attraverso ricerche approfondite, ricerche online e collaborazioni, il repository offre una raccolta aggiornata e completa di elenchi di farmaci essenziali che coprono il periodo dal 2005 al 2024. Riflette quindi, spiega Oms in una nota, l’evoluzione delle priorità sanitarie, bilanciando necessità mediche, convenienza e accessibilità.

Oltre a essere un database statico, il repository nEMLs funge da strumento collaborativo che invita gli Stati membri, gli uffici regionali dell’Oms e i ricercatori a contribuire per garantirne la completezza e la pertinenza. Costituisce la base per un processo decisionale basato sull’evidenza, per l’approvvigionamento dei farmaci e per l’armonizzazione delle politiche sanitarie.

In cifre: l’archivio comprende 47 elenchi nazionali della regione africana dell’Oms, 18 della regione del Mediterraneo orientale, 31 dell’Europa, 22 della regione delle Americhe, 11 del Sud-est asiatico e 21 della regione del Pacifico occidentale. Ogni elenco riflette le esigenze, le priorità

“Il lancio del database nazionale degli elenchi dei farmaci essenziali segna un significativo passo avanti nella collaborazione sanitaria globale – ha affermato Deus Mubangizi, Direttore del Dipartimento per le politiche e gli standard dei prodotti sanitari dell’OMS – offrendo una piattaforma centralizzata e accessibile, stiamo fornendo a decisori politici, operatori sanitari e ricercatori i dati essenziali necessari per prendere decisioni informate e promuovere un accesso equo ai farmaci essenziali in tutto il mondo”.

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Fonte: quotidianosanità.it




Istanza di esonero/esenzione ECM

Ecm

Nel rispetto delle disposizioni di cui al Regolamento EU 2016/679 (GDPR), e nelle more dell’implementazione di una piattaforma dedicata, si invitano i professionisti sanitari interessati a trasmettere l’istanza di esonero/esenzione per i casi non espressamente normati dal Manuale sulla formazione continua del professionista, ex par. 4.3, attraverso l’invio telematico via pec all’indirizzo ecm@pec.agenas.it, utilizzando l’allegato V debitamente compilato e corredato di ogni documentazione utile.

Nei casi espressamente previsti dal citato Manuale, ex par 4.1/4.2, il professionista, invece, dovrà presentare la richiesta all’Ordine di appartenenza attraverso il portale COGEAPS (Consorzio gestione anagrafica delle professioni sanitarie), previo accesso alla propria area riservata mediante SPID o CIE, seguendo la procedura in esso dedicata.

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Agenzia europea per l’ambiente pubblica: “Prevenire i rifiuti in Europa. Progressi e sfide, con particolare attenzione ai rifiuti alimentari”

Spreco alimentareSecondo il Rapporto pubblicato il 31 marzo 2025 dall’Agenzia europea per l’ambiente “Preventing waste in Europe — Progress and challenges, with a focus on food waste” (Prevenire i rifiuti in Europa — Progressi e sfide, con particolare attenzione ai rifiuti alimentari – Documento in inglese) lo spreco alimentare rappresenta una delle maggiori sfide a livello europeo e mondiale.

Il documento dell’Aea rileva che nel 2022 nell’Unione europea sono stati generati circa 132 chilogrammi di rifiuti alimentari per persona, pari a poco più di 59 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, con un elevato impatto ambientale ed economico.

La Regione Emilia-Romagna all’interno del Piano Regionale per la gestione dei Rifiuti e la Bonifica delle aree inquinate 2022-2027 ha approvato diverse azioni per il contrasto allo spreco alimentare che interessano tutte le fasi della filiera alimentare ed è impegnata attivamente su questo fronte.

Le misure, che coinvolgono tutte le strutture regionali sulla base delle loro specifiche competenze, riguardano la donazione di eccedenze favore di enti caritatevoli, l’incentivazione della simbiosi industriale in modo che uno scarto di un processo produttivo possa diventare risorsa per un altro, il supporto all’innovazione, l’informazione e sensibilizzazione della cittadinanza.

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Fonte: alimentiesalute.emilia-romagna.it