PSA: I veri esperti non si limitano a seguire le raccomandazioni, le anticipano

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato di recente un ampio rapporto scientifico dedicato alla Peste Suina Africana. Il documento analizza i principali fattori di rischio e quelli di prevenzione, offrendo una panoramica sulle misure più efficaci per contenere la malattia. Questo lavoro si basa su un’approfondita revisione della letteratura scientifica e su uno studio caso-controllo specifico, fornendo così una base solida per affrontare il problema.

L’EFSA e la Peste Suina Africana: perché questo rapporto è importante

L’EFSA riveste un ruolo cruciale nella tutela della salute delle piante, degli animali e dei consumatori nell’Unione Europea. La sua importanza non deriva solo dal prestigio istituzionale, ma soprattutto dal rigore scientifico con cui affronta questioni complesse. Quando l’EFSA esprime un parere, lo fa attraverso un’analisi approfondita delle evidenze scientifiche disponibili, avvalendosi di team multidisciplinari composti da esperti di fama internazionale.Iin questo caso il rapporto è stato redatto da un gruppo di undici esperti di diverse nazionalità. Le sue valutazioni non solo guidano le politiche e le normative europee, ma costituiscono anche un punto di riferimento globale per chiunque operi in ambiti legati all’agricoltura, alla sicurezza alimentare e alla gestione ambientale.

La Peste Suina Africana (PSA) rappresenta per l’Italia non una semplice emergenza sanitaria, ma una vera e propria sciagura, capace di colpire il cuore pulsante di uno dei settori più importanti del nostro Paese, ovvero l’agroalimentare. La PSA, inoltre, è una malattia che provoca enormi sofferenze negli animali infetti, con febbre, emorragie interne ed esterne e difficoltà respiratorie ed ha un tasso di mortalità estremamente elevato. Questo virus, spietato nella sua semplicità e devastante nei suoi effetti, non conosce antidoti: non esiste cura e non esiste neppure vaccino. L’unica arma, e purtroppo una delle più difficili da impiegare, è la prevenzione.
Il problema delle misure di profilassi è che sembrano inutili quando funzionano bene, ma la loro importanza diventa evidente quando non vengono applicate. E parlando di prevenzione, abbiamo trovato il nuovo rapporto scientifico degli esperti EFSA particolarmente interessante, in quanto formula precise raccomandazioni su questioni di grande importanza pratica, dalle recinzioni per limitare la diffusione della malattia al possibile utilizzo di vaccini che abbiano un effetto contraccettivo e conseguentemente capaci di ridurre la popolazione dei cinghiali.

Ma vorremmo soffermarci su una questione cruciale e controversa sulla quale EFSA si è espressa, relativa ai fattori di rischio di introduzione della PSA negli allevamenti suinicoli nel corso dell’estate, e che i dati emersi anche negli ultimi mesi indicano chiaramente essere della massima importanza, almeno nell’Italia del Nord: su 40 focolai verificatisi nei suini domestici nel 2023 e nel 2024 in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, 38 sono stati confermati nel periodo compreso tra la fine di luglio e metà settembre. Abbiamo assistito, cioè, ad un picco epidemico stagionale fortissimo, con il 95% dei focolai concentrati in soli due mesi. Un dato che suggerisce che esistano uno o più fattori di rischio specifici alla base della introduzione del virus negli allevamenti in piena estate (si consideri anche che la data di introduzione del virus in un allevamento è in generale precedente alla conferma del focolaio di almeno un paio di settimane, corrispondenti al periodo incubazione e ai tempi necessari alla successiva conferma della malattia: questo significa che i mesi di luglio e agosto sono quelli in cui sussiste in Italia settentrionale il massimo rischio di PSA per gli allevamenti). Fattori di rischio che, evidentemente, non sono presenti o sono comunque molto meno importanti nelle altre stagioni dell’anno.

 

Continua a leggere su co-scienza.vet




Malattie zoonotiche in crescita nell’UE. Casi di listeriosi: il picco più alto dal 2007

Nel 2023 i casi di listeriosi hanno raggiunto il picco più alto dal 2007, e campilobatteriosi e salmonellosi sono rimaste le malattie zoonotiche più frequentemente registrate nell’UE. Nel complesso i casi segnalati di malattie zoonotiche nell’uomo sono aumentati, mentre i focolai infettivi veicolati da alimenti hanno visto un leggero calo. Sono queste le principali risultanze dell’annuale rapporto One Health dell’UE sulle zoonosi, curato dall’EFSA e dall’ECDC.

Il numero di casi di listeriosi segnalati nell’uomo (2 952) ha registrato un aumento costante nel periodo 2019-2023, raggiungendo i livelli più alti dal 2007. Ciò potrebbe essere legato all’invecchiamento della popolazione europea (il 21,3% degli europei ha infatti oggi più di 65 anni) che, in relazione alla prevalenza crescente di malattie croniche legate all’età, aumenta il rischio di sintomi gravi nei gruppi di età più avanzata. Gli alimenti pronti al consumo (RTE) contaminati, come ad esempio il salmone affumicato, i prodotti a base di carne e i latticini, sono la fonte più comune di infezioni. I dati più recenti indicano che la percentuale di campioni provenienti da categorie di alimenti RTE che superano i limiti di contaminazione per Listeria monocytogenes varia tra lo 0,11% e lo 0,78%, con il tenore più alto registrato nelle salsicce fermentate.

La campilobatteriosi e la salmonellosi sono state le malattie zoonotiche più frequentemente notificate nell’UE nel 2022. Nel 2023 sono stati segnalati 148 181 casi di campilobatteriosi, in aumento rispetto ai 139 225 del 2022.
Dopo la campilobatteriosi, la salmonellosi è stata la seconda infezione gastrointestinale più segnalata nell’uomo, con 77 486 casi rispetto ai 65 478 del 2022. Solo 15 Stati membri e l’Irlanda del Nord (Regno Unito) hanno raggiunto tutti gli obiettivi prefissati per la riduzione di Salmonella nel pollame. Questo dato indica un peggioramento rispetto al 2022, anno in cui 19 Stati membri raggiunsero la piena conformità agli obiettivi.

La presenza persistente di Salmonella nelle popolazioni di pollame mette in evidenza la necessità di una continua vigilanza nella lotta alle malattie veicolate da alimenti. Strumenti di sorveglianza avanzati, come il sequenziamento dell’intero genoma, sono preziosi per individuare e controllare i focolai in modo più efficace“, ha dichiarato Frank Verdonck, responsabile dell’unità Rischi biologici e salute e benessere degli animali presso l’EFSA.

Il rapporto comprende anche dati tratti dal monitoraggio di focolai di origine alimentare definiti come “eventi durante i quali almeno due persone contraggono la stessa malattia consumando lo stesso alimento contaminato”. Nel 2023 sono stati segnalati in totale 5 691 focolai veicolati da alimenti, in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. Tuttavia il numero di casi di ricoveri e decessi nell’uomo è aumentato: i decessi hanno raggiunto il picco più alto degli ultimi dieci anni. Salmonella è rimasta la principale causa di focolai infettivi, malattia, ricoveri e decessi legati ad alimenti. Le fonti più comuni di questi focolai risultano uova e ovoprodotti, alimenti composti e carne di pollo. L’uso crescente del sequenziamento dell’intero genoma ha migliorato la sensibilità della sorveglianza, aumentando la capacità di individuare i focolai negli Stati membri che lo hanno adottato.

L’incremento di esiti severi di questi focolai evidenzia la persistenza della minaccia per la salute pubblica costituita da Salmonella e altri patogeni di origine alimentare. Integrando salute umana, animale e ambientale all’interno di una strategia One Health possiamo prevenire con più efficacia la diffusione di queste malattie e proteggere la salute pubblica“, ha dichiarato Celine Gossner, responsabile della sezione “Malattie emergenti, alimentari e trasmesse da vettori” dell’ECDC.

One Health è un approccio multisettoriale che mira a bilanciare e ottimizzare la salute di persone, animali, piante e del loro ambiente comune, prendendo atto dell’interconnessione. Nell’intento di favorire misure congiunte, l’approccio One Health coinvolge specialisti di varie discipline per affrontare minacce sanitarie complesse in modo integrato.

L’EFSA pubblica oggi: una sintesi in linguaggio accessibile (PLS) (versione semplificata del rapporto “European Union One Health 2023 Zoonoses Report” ) oltre a pagine multimediali in versione storymap dashboard che consentono agli utenti di cercare e visualizzare dati sui focolai veicolati da alimenti e su 14 patogeni zoonotici. Nello specifico vengono pubblicati per la prima volta sei storymap e quattro dashboard su: Echinococcus, febbre Q, rabbia, Toxoplasma gondiiTrichinella, tularemia, virus West Nile e Yersinia.

Echinococcus

Dashboard

Echinococcus

Story map

Rabies

Dashboard

Rabies

Story map

Trichinella

Dashboard

Trichinella

Story map

West Nile virus

Dashboard

Yersinia

Story map

Toxoplasma gondii

Story map

Q-fever

Story map

Tularaemia

Story map

Other dashboards and story maps

Salmonella

Dashboard

Salmonella

Story map

Campylobacter

Dashboard

Campylobacter

Story map

Brucella

Dashboard

Brucella

Story map

Atti scientici di riferimento




I numeri dei grandi carnivori in Europa

In Europa vivono sei specie di grandi carnivori: orso, lupo, lince eurasiatica, lince iberica, ghiottone e sciacallo dorato. La maggior parte delle popolazioni di questi predatori ha mostrato negli ultimi sei anni un complessivo trend di crescita sia numerica che di distribuzione, come dimostra il report realizzato per l’Unione europea dal Large Carnivore Initiative for Europe (LCIE), gruppo specialistico dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) che si occupa della conservazione e gestione dei grandi carnivori in Europa. Studiare gli andamenti numerici e distributivi di una popolazione animale è fondamentale per capire l’evoluzione e lo “stato di salute” di una popolazione e di conseguenza per indirizzare le scelte gestionali e di conservazione. Lo è per qualsiasi specie, e nel caso dei grandi predatori è cruciale per ricondurre il discorso, che è spesso fortemente polarizzato, su dati oggettivi.

Il report della LCIE, a firma di oltre 200 esperti europei, ha proprio lo scopo di fornire un quadro di sintesi basato sui migliori dati disponibili raccolti tra il 2017 e il 2022. L’area investigata comprende 34 stati: oltre a quelli che fanno arte dell’UE, anche Svizzera, Norvegia e parte dell’Ucraina e della Turchia. La distribuzione delle specie è stata valutata mappando tutti i dati di presenza, classificati in base all’affidabilità del dato (una valutazione basata su una serie di criteri rigorosi), e sovrapponendo alla carta una griglia con quadrati di 10 Km di lato, un metodo utilizzato per fare la valutazione di tutte le specie animali e vegetali protette dalla Direttiva habitat. Le mappe prodotte distinguono per ogni quadrato se si tratta di una presenza stabile della specie o occasionale. Per tutte, è stato fatto un confronto con le stime ottenute nel report analogo pubblicato nel 2016.

Leggi l’articolo

Fonte:scienzainrete.it




Encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE): il rapporto EFSA sulla situazione nell’UE

La presente relazione presenta i risultati della sorveglianza sulle encefalopatie spongiformi trasmissibili nei bovini, negli ovini, nei caprini, nei cervidi e in altre specie e della genotipizzazione negli ovini e nei caprini, effettuata nel 2023 da 27 Stati membri (SM, UE-27), dal Regno Unito (rispetto all’Irlanda del Nord (XI)) e da altri otto paesi dichiaranti non appartenenti all’UE: Bosnia-Erzegovina, Islanda, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia, Svizzera (i dati comunicati dalla Svizzera comprendono quelli del Liechtenstein) e Turchia.

In totale, 948 165 bovini sono stati sottoposti a test nell’UE-27 e nell’UE XI (-3 % rispetto al 2022), con cinque casi atipici di BSE segnalati (quattro di tipo H: due in Spagna, uno in Francia e uno in Irlanda; un tipo L nei Paesi Bassi); e 46.096 bovini da otto paesi non UE dichiaranti con due casi atipici di BSE segnalati dalla Svizzera. Altri tre casi atipici di BSE sono stati segnalati da Regno Unito (1), Stati Uniti (1) e Brasile (1). In totale, 284.686 ovini e 102.646 caprini sono stati sottoposti a test nell’UE-27 e nell’UE XI (rispettivamente -3,5 % e -5,9 %, rispetto al 2022).

Negli altri paesi dichiaranti non appartenenti all’UE sono stati sottoposti a test 26.047 ovini e 589 caprini. Negli ovini sono stati segnalati 538 casi di scrapie da 14 SM e XI: 462 casi di scrapie classica (CS) per 4 SM (104 casi indice (IC) con genotipi di gruppi sensibili nel 93,4% dei casi), 76 casi di scrapie atipica (AS) (76 IC) per 12 SM. Negli altri paesi dichiaranti non appartenenti all’UE, l’Islanda ha segnalato 70 casi di CS, mentre la Norvegia ha segnalato 7 casi di AS ovino. La genotipizzazione casuale degli ovini è stata riportata da sei SM e i genotipi dei gruppi sensibili rappresentavano il 6,9%. Nei caprini sono stati segnalati 183 casi di scrapie, tutti provenienti da Stati membri dell’UE: 176 SC (47 CI) da sette SM e 7 SA (7 CI) da cinque SM. Tre casi a Cipro e uno in Spagna sono stati segnalati in capre portatrici di alleli eterozigoti al codone 146 e 222, rispettivamente. In totale, 2096 cervidi sono stati testati per la malattia del deperimento cronico da dieci SM, nessuno è risultato positivo. La Norvegia ha testato 14.224 cervidi con un alce europeo positivo.

Leggi il rapporto

Fonte: EFSA




Le etichette degli alimenti possono trarre in inganno i consumatori dell’UE

I consumatori possono facilmente perdersi in un labirinto di etichette degli alimenti, avverte la Corte dei conti europea in una relazione pubblicata in data odierna. L’etichettatura degli alimenti dovrebbe aiutare le persone a prendere decisioni consapevoli al momento dell’acquisto. I consumatori dell’UE sono però esposti ad un numero crescente di indicazioni, loghi, slogan, etichette e punteggi che possono non solo creare confusione, ma anche risultare fuorvianti.

Le etichette forniscono informazioni sul contenuto e sulle proprietà degli alimenti. Spesso sono utilizzate anche per rendere i prodotti più attraenti, sottolineandone presunti benefici, come il fatto di essere salutari, biologici o senza glutine. Le norme dell’UE prevedono che le etichette forniscano ai consumatori alcune informazioni di base, il che è certo un buon punto di partenza. La Corte ha però rilevato una serie di lacune preoccupanti nella normativa, nonché problemi per quanto riguarda i controlli e le sanzioni pecuniarie.

Invece di fare chiarezza, le etichette degli alimenti creano spesso confusione: esistono centinaia di regimi, loghi e indicazioni che il consumatore deve saper decifrare”, ha dichiarato Keit Pentus-Rosimannus, il Membro della Corte dei conti europea responsabile dell’audit. “Le imprese sanno essere molto creative su cosa riportare sugli imballaggi e le norme dell’UE non stanno al passo con un mercato in continua evoluzione: circa 450 milioni di consumatori dell’UE sono quindi indifesi di fronte a messaggi volontariamente o involontariamente fuorvianti”.

Il problema è che le lacune della normativa UE possono lasciare i consumatori in balia di informazioni ingannevoli. Ad esempio, le norme dell’UE permettono l’utilizzo di indicazioni nutrizionali e sulla salute anche per prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e/o sale, il che fa sì che alimenti dolci, come le barrette energetiche, possono essere pubblicizzate evidenziando l’“alto contenuto di proteine”. Analogamente, i consumatori sono sempre più esposti a indicazioni sulla salute non regolamentate relative a sostanze vegetali o “botaniche” (come “contribuisce al recupero energetico” o “migliora le prestazioni fisiche”) anche se non sono suffragate da prove scientifiche.

Leggi l’articolo

Fonte: eca.europa.eu




Microplastiche e salute: l’indagine è aperta

microplasticheVent’anni fa un articolo apparso su Science indicava con il termine “microplastiche” alcuni detriti di materiale plastico di dimensioni molto piccole ritrovate nell’ambiente. A partire da quella data, la ricerca delle microplastiche in vari ambienti (compreso il corpo umano) e del loro effetto sugli esseri viventi si è espansa in differenti ambiti scientifici.

La plastica è un materiale molto diffuso grazie alle sue proprietà di leggerezza, all’eccellente durata, alle caratteristiche meccaniche e al prezzo accessibile. Tuttavia, queste stesse caratteristiche possono rappresentare un possibile rischio per l’uomo e l’ambiente.

Di recente, sia Nature sia Science hanno dato largo spazio ai problemi legati alla plastica e ai suoi rifiuti, considerando i risultati della ricerca, le sfide ancora da superare e le decisioni politiche scaturite dagli studi.

La plastica intorno a noi

I dati raccolti da Lampitt nel 2023 parlano chiaro: la nostra produzione di rifiuti plastici oggi si attesta intorno alle 400 milioni di tonnellate l’anno. Finora, si stima siano state prodotte sette miliardi di tonnellate di plastiche a livello globale.

L’80 per cento di questi rifiuti sono dispersi nell’ambiente, mentre solo il 10% è riciclato (dati Oecd). Gli occhi di ricercatori, politici e ambientalisti sono puntati sui rifiuti plastici perché fonte di un secondo prodotto che può creare danni all’ambiente e agli organismi viventi: le microplastiche, se diametro inferiore ai cinque millimetri, mentre quelle inferiori a un micron sono dette nanoplastiche.

Le sorgenti dirette che danno origine a microplastiche sono molteplici: pneumatici, tessuti, cosmetici, vernici etc. Però le microplastiche si formano anche in modo indiretto dalla frammentazione di oggetti di grandi dimensioni, come i rifiuti plastici, sottoposti a radiazioni UV e alla degradazione meccanica e biologica.

Leggi l’articolo

Fonte: abouthpharma.com




Plancton a rischio. È allarme per oceani e pesca

zoo planctonUn nuovo studio condotto dall’Università di Bristol, pubblicato su Nature, lancia un segnale d’allarme: se il riscaldamento globale di origine antropica non verrà contenuto, molte forme di vita marina rischiano l’estinzione entro la fine del secolo. La ricerca si concentra sul plancton, minuscoli organismi oceanici fondamentali per l’ecosistema marino, analizzando come hanno risposto a significativi aumenti di temperatura in passato e confrontandoli con le proiezioni future.

Il ruolo cruciale del plancton negli oceani

Il plancton rappresenta il fulcro della catena alimentare marina e svolge un ruolo essenziale nel ciclo del carbonio. Tuttavia, i risultati della ricerca mostrano che questi organismi non riescono a tenere il passo con la velocità dei cambiamenti climatici attuali. Questo mette a rischio non solo la loro sopravvivenza, ma anche quella di molte specie marine che dipendono da essi per il cibo, inclusi numerosi pesci di interesse commerciale.

Lo studio rivela che anche con scenari più ottimistici, come un aumento di temperatura di 2°C, il plankton non sarebbe in grado di adattarsi rapidamente. Il tasso di riscaldamento attuale supera di gran lunga quello osservato durante eventi climatici estremi del passato, come l’ultima Era Glaciale, rendendo impossibile una migrazione o un adattamento sufficiente.

Leggi l’articolo

Fonte: pesceinrete.com




Concretizzare l’One Health nell’UE: la veterinaria può essere trainante

La salute degli esseri umani, degli animali e degli ecosistemi non può essere considerata come un insieme di realtà separate, ma emerge, come già osservato da tempo, da un’interdipendenza intrinseca. In un mondo che si fa sempre più interconnesso, non può più esistere una scienza separata dalle altre: diventa imprescindibile un dialogo tra i saperi. È in questa prospettiva che si colloca il concetto di One Health, una visione olistica e integrata della salute che riconosce l’unità del vivente e la necessità di una collaborazione interdisciplinare per affrontare le sfide del nostro tempo.
Alcuni giorni fa la Commissione Europea ha reso pubblico un importante e corposo documento (oltre cento pagine) su come sviluppare e concretizzare il concetto One health a livello della UE. Si tratta di un documento redatto dal “Gruppo dei consulenti scientifici principali” (Group of chief scientific advisors), dal titolo “One Health Governance in the European Union”.

Perché l’One Health è fondamentale

È ormai innegabile che l’umanità intera, insieme agli ecosistemi, al clima e al pianeta stesso, si trovi a vivere un’epoca di trasformazioni profonde e drammatiche. Tali cambiamenti non solo ridefiniscono l’idea stessa di salute — umana, animale e vegetale — ma sollevano questioni epocali che intersecano scienza, politica, etica e società.

Non è un caso che si parli di zoonosi ( malattie che si trasmettono tra uomini e animali ), panzoozie (pandemie degli animali come la Peste Suina Africana) e panfitopatie (pandemie delle piante, come Xylella fastidiosa) come fenomeni speculari di un’unica realtà patologica planetaria. La recente pandemia di Covid-19 ha dimostrato come un virus originatosi in una nicchia ecologica possa, in pochi mesi, trasformarsi in una calamità globale, sfruttando la rete dei trasporti, degli scambi commerciali e degli stili di vita. Ma Covid-19 è solo l’ultimo capitolo di una storia più ampia: si pensi al ritorno inquietante di malattie che si credevano archiviate, come la tubercolosi, o all’emergere di patologie inedite, quali il vaiolo delle scimmie, che gettano ombre inquietanti su un futuro sanitario incerto.

Leggi l’articolo

Fonte: co-scienza.vet




Rete degli IZS Italiani. Dieci sedi centrali e 90 sezioni diagnostiche periferiche, oltre 5mila collaboratori

zoonosi viraleDieci sedi centrali e 90 sezioni diagnostiche periferiche, oltre 5mila collaboratori tra ricercatori veterinari, chimici, biologi, agronomi, tecnologi alimentari, tecnici di laboratorio biomedico, ingegneri, statistici e personale amministrativo, una media di 25 milioni di analisi di laboratorio effettuate annualmente. Questi sono i numeri presentati dalla Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali Italiani (IIZZSS) alla 19° edizione del “Forum risk management” in corso ad Arezzo. L’evento si pone l’ambizioso obiettivo di parlare della “sanità di domani” con dibattiti e confronti finalizzati al rilancio e alla riforma del sistema sanitario.

“In questo contesto, la Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali Italiani rappresenta un unicum che altri Paesi prendono quale modello. Con i propri collaboratori rappresentano un vero e proprio tesoro per la salute pubblica italiana”, ha ricordato il Dr. Stefano Palomba, Commissario Straordinario dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e rappresentante, per competenza territoriale, della Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali. La Rete degli IIZZSS è lo strumento di cui dispone il Servizio Sanitario Nazionale per assicurare la sorveglianza epidemiologica, la ricerca sperimentale, la formazione del personale, il supporto di laboratorio e la diagnostica nell’ambito della sanità pubblica e della sicurezza alimentare. Dalla Valle D’Aosta alla Sicilia questa rete costituisce una capacità sanitaria in grado di assicurare, con un approccio integrato multidisciplinare, tutti i servizi indispensabili a garantire la salute pubblica: dalla sicurezza degli alimenti, la salute e il benessere animale, alla tutela della salute umana e dell’ambiente.

Fonte: quotidianosanita.it



Un nuovo vaccino per la prevenzione della malattia emorragica epizootica nei bovini

L’IZSAM ha da poco concluso un lavoro di ricerca e analisi che ha portato alla realizzazione di un vaccino inattivato, efficace e sicuro, contro uno specifico ceppo del virus responsabile della malattia emorragica epizootica (EHD). Trasmesso tramite la puntura di insetti appartenenti al genere Culicoides, l’EHDV non è pericoloso per l’uomo, ma colpisce principalmente i ruminanti selvatici e i bovini.

I segni clinici variano da lievi, come febbre e arrossamento degli occhi, ed eccessiva salivazione, a gravi, quali erosioni del musello e del cavo orale, zoppia, perdita di peso, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, morte dell’animale.

La sua presenza è storicamente documentata in Giappone, Australia e Nord America, dove la specie più colpita è il cervo dalla coda bianca, ma negli ultimi anni ha iniziato a diffondersi negli allevamenti di bovini, suscitando preoccupazione tra gli allevatori europei per le potenziali gravi ripercussioni economiche.

L’EHDV, come molti altri virus, esiste in diversi sierotipi, con caratteristiche diverse che possono influenzare sia la risposta immunitaria che la gravità della malattia. Negli ultimi anni, focolai di sierotipi 6 e 7 di EHDV si sono progressivamente diffusi nel bacino del Mediterraneo, in particolare nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. A partire dal 2022 si è però assistito alla comparsa in Europa del sierotipo 8, probabilmente arrivato dagli stati nordafricani grazie ai moscerini infetti trasportati dai venti. Diversi casi si sono registrati in Italia (circoscritti alle sole regioni della Sardegna e della Sicilia) e in Spagna e. L’ulteriore diffusione di questa malattia in altri Paesi europei, quali Francia e Portogallo, sta allarmando gli allevatori, che temono un impatto economico significativo sul settore dell’allevamento.

Leggi l’articolo

Fonte: IZS Teramo