Buone e migliori pratiche per il trasporto di ovini

È disponibile il video “Buone e migliori pratiche per il trasporto di pecore”  basato sulla guida alle buone pratiche per il trasporto di ovini (qui in inglese) e sulle tre schede informative dedicate (Ovini- prevenzione dello stress da caldo e da freddo –  Ovini – stato fisicoOvini – viaggi di lunga durata ), nell’ambito del progetto finanziato dalla Commissione Europea “Animal Transport Guides” e realizzate da un consorzio che comprende istituti di ricerca di 10 Paesi e organizzazioni di portatori di interesse.

Il video fornisce consigli pratici per garantire e migliorare il benessere degli ovini durante il trasporto, mostrando come affrontare gli aspetti più critici del trasporto come carico e scarico, fitness, alimentazione,  irrigazione e trasporto a temperature calde o fredde. E’  disponibile con sottotitoli tradotti in 8 lingue.


A breve saranno disponibili i video su suini e avicoli

A cura della segreteria SIMeVeP




Click, alieni tra noi. Fotografa le specie aliene per tutelare la biodiversità

Concorso fotograficoIl progetto Life ASAP lancia un contest fotografico di merito aperto a tutti e gratuito per diffondere una corretta informazione sulle specie aliene e creare consapevolezza e conoscenza nel pubblico.

I partecipanti sono invitati a documentare e raccontare attraverso le fotografie la presenza delle specie aliene (sia animali che piante) nel nostro territorio evidenziando l’elemento di “estraneità” di questi organismi rispetto all’ambiente, sia esso naturale, semi-naturale o urbano, nel quale si sono insediati e in molti casi stabilizzati.

Fino al 31 ottobre si può partecipare con un numero massimo di tre fotografie inedite, da inviare unitamente al modulo di partecipazione e secondo il regolamento pubblicati sul sito del progetto.

La proclamazione dei vincitori avverrà il 31 dicembre 2018, dopo la selezione svolta da una giuria composta da fotografi e giornalisti professionisti e da un rappresentante di ogni partner del progetto Life ASAP, ovvero Ispra, Regione Lazio, Federparchi, i parchi nazionali dell’Arcipelago Toscano, dell’Aspromonte, Gran Paradiso e dell’Appenino Lucano, Nemo srl, Tic Media e Università di Cagliari.

Oltre ai premi per i primi 3 classificati, le migliori venti fotografie faranno parte di una mostra dedicata all’argomento e verranno pubblicate sia sul sito web che sulla relativa pagina Facebook.

A cura della segreteria SIMeVeP

 




Vespa orientalis ritrovata a Genova

Un apicoltore hobbista associato ALPA Miele (Associazione Ligure Produttori Apistici Miele), sig. Andrea Valle, impiegato come rimorchiatore nel porto di Genova, ha segnalato nella mattinata di domenica 13 maggio il ritrovamento di un esemplare di Vespa orientalis. Le fotografie sono state immediatamente inviate ai ricercatori ed entomologi impegnati nei progetti LIFE STOPVESPA e Stopvelutina che hanno confermato il primo riconoscimento effettuato da parte dei tecnici apistici di ALPA Miele.

La Vespa orientalis non deve essere confusa con il noto calabrone asiatico Vespa velutina, una specie esotica invasiva che si sta diffondendo in Europa dal 2004 e in Italia dal 2012, predatrice di api e in grado di provocare ingenti danni all’apicoltura e alla biodiversità.

Vespa orientalis infatti, diffusa in Asia, Medio Oriente, Nord Africa e Sud Est Europeo, è una specie presente in modo naturale nell’Italia meridionale, come in Sicilia, dove è in grado di provocare molti danni a carico dell’apicoltura, in particolare nel palermitano e nel trapanese. Come per gli altri calabroni, la Vespa orientalis è in grado di essere trasportata in modo passivo dall’uomo, grazie alla movimentazione di merci e di materiale di vario genere, e questo sistema è probabilmente alla base della segnalazione di Genova e di alcune precedenti segnalazioni nel Lazio e a Valencia (Spagna).

Porti e aree di transito merci sono infatti dei punti d’ingresso preferenziali per le specie esotiche, e l’istituzione di sistemi di sorveglianza e di rapido intervento è fondamentale per prevenirne e controllarne la diffusione. Il sistema sviluppato in Liguria contro la Vespa velutina, che prevede lo sviluppo di campagne informative e sistemi di monitoraggio e controllo con la collaborazione anche della Regione Liguria nella figura dell’assessore Mai, ha quindi permesso di intercettare ed identificare rapidamente l’arrivo di Vespa orientalis.

La speranza è che si tratti di un individuo isolato e che non sia avvenuta nidificazione, ma si consiglia e richiede alle persone di installare bottiglie trappola come effettuato per la Vespa velutina, per monitorarne l’eventuale presenza, prestando particolarmente attenzione ad individui sospetti.

A un occhio poco allenato i calabroni e le vespe possono sembrare tutte uguali, ma hanno caratteristiche precise che le distinguono; per aiutare l’identificazione, è necessario fotografare gli esemplari ed eventualmente conservarli in freezer per successive verifiche da parte degli studiosi.

Riferimenti per le segnalazioni in Liguria:

800 445445 (Numero Verde Regione Liguria) – 335 6673358 (LIFE STOPVESPA)

Contatti e fonti:

AlpaMiele Associazione Ligure Produttori Apistici Miele

Progetto Europeo LIFE STOPVESPA

Stopvelutina Rete di ricercatori e apicoltori per il controllo di Vespa velutina




Da EFSA strumento per stimare l’esposizione tramite alimentazione agli enzimi

logo-efsaL’EFSA ha pubblicato il modello FEIM (Food Enzyme Intake Model), uno strumento per stimare l’esposizione alimentare cronica agli enzimi alimentari utilizzati in diversi processi di produzione degli alimenti.

FEIM si conforma alla metodologia raccomandata nel 2016 dal gruppo di esperti EFSA sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi, gli aromatizzanti e i coadiuvanti tecnologici (CEF). È stato sviluppato sulla base di dati reali sui consumi alimentari raccolti dagli Stati membri e immagazzinati nella banca dati particolareggiata dell’EFSA sui consumi alimentari.

Questo strumento, di agevole utilizzo, consente a richiedenti, valutatori del rischio e gestori del rischio di stimare l’esposizione tramite l’alimentazione agli enzimi alimentari utilizzati nei singoli processi di produzione degli alimenti, come la cottura al forno o la fabbricazione della birra. Vi si accede tramite la piattaforma EFSA Knowledge Junction, e ogni anno verrà aggiornato con la creazione di calcolatori specifici per ogni processo produttivo.

Tools: Food Enzyme Intake Model (FEIM)

Fonte: Efsalogo-efsa




L’Efsa rinnova gli esperti dei gruppi scientifici

logo-efsaL’EFSA ha selezionato oltre 170 esperti scientifici di alto livello che a luglio raccoglieranno il testimone dei gruppi scientifici uscenti dell’Autorità. Questi esperti hanno un compito essenziale: prestare consulenza scientifica indipendente a tutela dei consumatori, degli animali e dell’ambiente dell’UE.

La coordinatrice scientifica dell’EFSA, la dott.ssa Juliane Kleiner, ha dichiarato: “Gli esperti scientifici di alto livello che abbiamo designato oggi provengono da 24 Paesi e da una molteplicità di discipline scientifiche. Oltre un terzo di loro non è mai stato membro di un gruppo scientifico EFSA. Mi fa piacere notare che siamo riusciti ad attrarre un maggior numero di esperti e giovani scienziati di sesso femminile rispetto al passato“.

Ruolo chiave per accademici ed esperti nazionali

La dott.ssa Kleiner ha poi aggiunto: “Gli Stati membri dell’UE ci hanno fornito la maggior parte dei nuovi esperti, con un 17% proveniente da organismi nazionali di valutazione del rischio e il 29% da altri enti o istituti di ricerca pubblici.

Le università europee ci hanno fornito un altro 44%, il che sottolinea il nostro persistente, solido legame con il mondo accademico.

Il resto comprende scienziati in proprio o in pensione le cui vaste esperienze e competenze contribuiranno a garantire la continuità del sistema di gruppi scientifici dell’EFSA e l’omogeneità dei pareri scientifici dell’EFSA“.

Una campagna di reclutamento pubblica e di ampio respiro

Oltre 1 000 scienziati hanno fatto richiesta di adesione a un gruppo scientifico dell’EFSA, dopo la pubblicazione del bando di reclutamento nell’estate del 2017. I 170 e oltre candidati sono stati scelti dopo un attento processo di selezione e un approfondito vaglio delle dichiarazioni dei loro interessi.

Per la prima volta dal 2008 l’EFSA rinnoverà in contemporanea tutti i 10 gruppi scientifici e il comitato scientifico. Ciascuno dei 10 gruppi si compone in media di 17 membri che inizieranno ufficialmente il proprio mandato di tre anni il 1° luglio prossimo.

L’EFSA ha organizzato una serie di attività introduttive per metterli al passo con le pratiche di lavoro dell’Autorità e i programmi di lavoro dei vari gruppi scientifici.

Ha poi aggiunto la dott.sa Kleiner: “Gli esperti scientifici dell’EFSA sono il nucleo della nostra attività. Ecco perché non vediamo l’ora di accoglierli a luglio e di lavorare con loro per i prossimi tre anni”.

Potrete trovare i link a tutti i curricula degli esperti che siedereanno nei vari gruppi e le dichiarazioni dei loro interessi qui di seguito:

È inoltre in corso la nomina di tre esperti supplementari, uno per ciascuno dei tre gruppi “Salute e benessere degli animali”, “Pericoli biologici” e “Salute dei vegetali”.

Fonte: EFSA




Spreco alimentare: linee guida per i gestori di mense

Il Ministero della Salute ha pubblicato le “Linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti”.

Secondo i dati forniti dal Banco Alimentare e dalla Caritas in Italia, nel settore della ristorazione organizzata (che gestisce 3 milioni di tonnellate di  alimenti), vengono generate ogni anno 210.000 tonnellate di eccedenze; di queste attualmente viene recuperato solo il 12% circa (pari a 25.000 tonnellate di alimenti).

La redazione delle linee di indirizzo scaturisce dal lavoro di ricerca ad approfondimento da parte di gruppi specifici per ogni tipologia di ristorazione, nonché dal confronto con i vari soggetti in esse coinvolti. Da ciò derivano le differenze tra i decaloghi, le raccomandazioni e gli indicatori.

Scarica il documento

A cura della segreteria SIMeVeP




Indagine nazionale sulla temperatura dei frigoriferi domestici in Italia

La temperatura è considerata uno dei fattori più importanti in grado di determinare ed influenzare la capacità di moltiplicazione e di sopravvivenza dei microrganismi negli alimenti, in particolare in quelli pronti al consumo (Ready To Eat).

Un Progetto di Ricerca (finanziato dal Ministero della Salute, e realizzato dalla rete nazionale degli istituti Zooprofilattici Sperimentali – II.ZZ.SS. coordinati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna – Izsler), attraverso l’utilizzo di strumenti di rilevazione e registrazione (datalogger), consentirà di registrare la temperatura in continuo all’interno di un numero statisticamente significativo di frigoriferi domestici sull’intero territorio nazionale; l’insieme dei dati raccolti permetterà di valutare l’impatto che la conservazione domestica degli alimenti ha sulla sicurezza igienico sanitaria degli stessi.

I dati acquisiti permetteranno di colmare le attuali carenze circa la mancanza di informazioni relative al corretto grado di conservazione degli alimenti in ambito domestico e, soprattutto, consentiranno di poter definire negli anni futuri una corretta valutazione della shelf life degli alimenti RTE secondo parametri appropriati e rispondenti alla reale situazione territoriale italiana.

Il progetto prevede la creazione di una lista su base volontaria di Famiglie disponibili ad eseguire il test per la rilevazione della temperatura del proprio frigorifero domestico; quindi dalla lista sarà estratto un numero statisticamente significativo di Famiglie che eseguiranno il test, secondo le modalità indicate nel documento di reclutamento nell’arco di un periodo compreso tra Settembre 2018 e Settembre 2019.

Per informazioni sulle modalità di partecipazione alla campagna di reclutamento per la rilevazione della temperatura dei frigoriferi ad uso domestico, è possibile consultare il documento di reclutamento in allegato o inviare una mail a info.arsalimentaria@izsler.it

La domanda va presentata entro il 15 giugno 2018

 




Listeria monocytogenes. Richiami precauzionali in Italia, ma nessun focolaio

Al momento non risultano focolai di infezione da Listeria monocytogenes in Italia: in via precauzionale sono stati richiamati dal mercato da parte di Operatori del Settore Alimentare (OSA) alcuni prodotti alimentari a seguito dell’allerta europea proveniente dall’Ungheria relativa alla presenza del batterio in vegetali surgelati.

Lo comunica il Ministero della salute che ha attivato anche i Nas, che stanno compiendo ispezioni a campione.  “Presto conto di avere un quadro esauriente della situazione” ha detto il Ministro Giulia Grillo.

Sul sito del Ministero è possibile consultare i richiami di prodotti alimentari da parte degli operatori:

Ai consumatori è richiesto di verificare il marchio, il nome del produttore e i lotti di produzione riportati sulle confezioni. Qualora in possesso dei  prodotti richiamati, ricordiamo che questi non devono essere consumati e vanno riportati al punto vendita.

Listeria monocytogenes è un batterio resistente alle basse temperature e provoca tossinfezioni alimentari. Viene inattivato con la cottura a temperature superiori ai 65 °C.

Per saperne di più sulle procedure di richiamo di prodotti non conformi e sul sistema di pubblicazione dei dati inerenti i prodotti richiamat è possibile consultare la nota del Ministero di dicembre 2016

Per saperne di più su Listeria e listeriosi è possibile consultare le pagine dedicate sul sito dell’Efsa e sul sito dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

A cura della segreteria SIMeVeP




Le telecamere nei macelli diventano obbligatorie in Inghilterra

Nell’ultima mossa per ribadire la posizione dell’Inghilterra come leader globale per gli standard di benessere degli animali, il Governo britannico ha approvato la legge che richiede l’installazione obbligatoria delle telecamere in tutti i macelli.

La legge, entrata in vigore il 4 maggio 2018, fa seguito a una consultazione del Segretario di Stato dello scorso agosto sulla necessità di installare le telecamere nei macelli in tutte le aree in cui sono presenti animali vivi. I veterinari ufficiali avranno accesso illimitato alle riprese per rassicurare i consumatori sul fatto che gli standard di benessere elevati vengono effettivamente applicati.

Tutti i macelli dovranno conformarsi alle nuove regole entro il 5 novembre 2018, dopo un periodo di adeguamento di 6 mesi per consentire agli impianti di installare sistemi di videoregistrazione adeguati.

Il ministro per il benessere degli animali Lord Gardiner ha affermato: “Il governo condivide l’alta considerazione che il pubblico assegna al benessere degli animali e siamo orgogliosi di avere alcuni dei più alti standard del mondo. Oggi accogliamo con favore la nuova legge che richiede l’installazione obbligatoria delle telecamere in tutti i macelli in Inghilterra. Siamo una nazione che si prende cura degli animali e queste misure forti garantiranno che tutti gli animali vengano trattati con il massimo rispetto in tutte le fasi della vita, permettendoci di continuare a percorrere la strada per elevare gli standard di benessere animale”.

Il Dipartimento per l’Ambiente gli Alimenti e gli affari Agricoli (DEFRA) ha di recente pubblicato una linea guida rivolta agi operatori dal titolo “Guidance on the Mandatory Use of Closed Circuit Television in Slaughterhouses (England) Regulations 2018”, contenente tutte le informazioni necessarie per il corretto funzionamento e gestione dei sistemi di video-registrazione.

In sostanza gli operatori dovranno:

  • installare e utilizzare un sistema di televisione a circuito chiuso in tutte le aree del macello in cui sono presenti animali vivi;
  • conservare le immagini per 90 giorni dalla momento in cui vengono acquisite;
  • rendere le immagini disponibili ai veterinari per la loro visualizzazione, copia ed eventuale sequestro.

A cura di Maurizio Ferri  – SIMeVeP




Il rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente

Nel 2017 boom di arresti per crimini contro l’ambiente e di inchieste sui traffici illegali di rifiuti. Campania ancora una volta in testa per il numero di reati, concentrati per il 44% nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa. Nel settore dei rifiuti la percentuale più alta di illeciti su scala nazionale 17mila le nuove costruzioni abusive. Il fatturato dell’ecomafia sale in un anno del 9,4%, a quota 14,1 miliardi. “Completare la rivoluzione avviata con la legge sugli ecoreati e affidare allo Stato la competenza sulle demolizioni degli abusi edilizi”

Mai nella storia del nostro Paese sono stati effettuati tanti arresti per crimini contro l’ambiente come nel 2017, mai tante inchieste sui traffici illeciti di rifiuti. Dal Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, presentato il 9 luglio a Roma, spiccano infatti le 538 ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali nel 2017 (139,5% in più rispetto al 2016). Un risultato importante sul fronte repressivo frutto sia di una più ampia applicazione della legge 68, come emerge dai dati forniti dal ministero della Giustizia (158 arresti, per i delitti di inquinamento ambientale, disastro e omessa bonifica, con ben 614 procedimenti penali avviati, contro i 265 dell’anno precedente) sia per il vero e proprio balzo in avanti dell’attività delle forze dell’ordine contro i trafficanti di rifiuti: 76 inchieste per traffico organizzato (erano 32 nel 2016), 177 arresti, 992 trafficanti denunciati e 4,4 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati (otto volte di più rispetto alle 556 mila tonnellate del 2016). Il settore dei rifiuti è quello dove si concentra la percentuale più alta di illeciti, che sfiorano il 24%.

A completare il quadro, un fatturato dell’ecomafia che sale a quota 14,1 miliardi, una crescita del 9,4%, dovuta soprattutto alla lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale.

Rapporto ecomafia 2018

La corruzione rimane, purtroppo, il nemico numero uno dell’ambiente e dei cittadini, che nello sfruttamento illegale delle risorse ambientali riesce a dare il peggio di sé. L’alto valore economico dei progetti in ballo e l’ampio margine di discrezionalità in capo ai singoli amministratori e pubblici funzionari, che dovrebbero in teoria garantire il rispetto delle regole e la supremazia dell’interesse collettivo su quelli privati, crea l’humus ideale per le pratiche corruttive.

I numeri di questa nuova edizione del rapporto Ecomafia – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – dimostrano i passi da gigante fatti grazie alla nuova normativa che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale, ma servono anche altri interventi, urgenti, per dare risposte concrete ai problemi del paese. La lotta agli eco criminali deve essere una delle priorità inderogabili del governo, del parlamento e di ogni istituzione pubblica, così come delle organizzazioni sociali, economiche e politiche, dove ognuno deve fare la sua parte, responsabilmente.

Contiamo – prosegue Ciafani – sul contributo del ministro dell’ambiente Sergio Costa e sulla costruzione di maggioranze trasversali per approvare altre leggi ambientali di iniziativa parlamentare come avvenuto nella scorsa legislatura. Noi lavoreremo perché tutto questo avvenga nel più breve tempo possibile, continuando il nostro lavoro di lobbying per rendere ancora più efficace la tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle imprese sane e rispettose della legge”.

Alla presentazione odierna, moderata dal direttore della Nuova Ecologia Enrico Fontana, sono intervenuti, oltre al presidente di Legambiente Stefano Ciafani e al direttore generale dell’associazione Giorgio Zampetti, il ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare Sergio Costa, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, il sottosegretario del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Salvatore Micillo, il questore del Senato Paolo Arrigoni, la presidente della Commissione Ambiente del Senato Vilma Morese, la senatrice Paola Nugnes, Rossella Muroni, Chiara Braga, Stefano Vignaroli della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, Raffaele Piccirillo, capo dipartimento Affari di Giustizia del ministero della Giustizia, Alessandro Bratti, direttore generale Ispra, Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola, Giancarlo Morandi, presidente Cobat, Andrea Di Stefano, responsabile Progetti speciali Novamont.

I dati raccolti sono il risultato dell’azione delle forze dell’ordine e delle autorità di controllo, che oggi si svolgono in un rinnovato e più efficace quadro normativo e con una rinnovata attività di controllo che vede per la prima volta fare sistema il lavoro dell’Ispra e quello della rete nazionale delle Arpa. Il rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, scendendo nel dettaglio, mette in evidenza i temi seguenti:

Fotografia dell’illegalità ambientale

La sempre più efficace e diffusa applicazione della legge 68 e l’impennata delle inchieste sui traffici illegali di rifiuti sono anche all’origine dell’incremento registrato nel 2017 degli illeciti ambientali, che sono 30.692 (+18,6% per cento rispetto all’anno precedente, per una media di 84 al giorno, più o meno 3,5 ogni ora), del numero di persone denunciata (39.211, con una crescita del 36%) e dei sequestri effettuati (11.027, +51,5%).

Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni. La Campania è la regione in cui si registra il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684).

Applicazione delle norme sugli ecoreati

Complessivamente, cioè considerando sia la parte sui delitti previsti dal codice penale che quella sulle prescrizioni ex Parte VI bis del Codice dell’Ambiente, la legge 68 è stata applicata dalle forze dell’ordine 484 volte, portando alla denuncia di 31 persone giuridiche e 913 persone fisiche, arrestandone 25, chiudendo il cerchio con 106 sequestri per un valore complessivo di oltre 11,5 milioni di euro. A livello regionale e sempre considerando il lavoro delle forze di polizia sulla legge 68, ribaltando il quadro generale che di solito vede le regioni a tradizionale insediamento mafioso tra le più colpite, la Sardegna registra il numero più alto di contestazioni, 77, seguita dalla Sicilia, (48), dal Lazio (47), dall’Umbria (47), dalla Calabria (44) e dalla Puglia (41).

In linea con lo spirito della legge, che assegna alle forze dell’ordine il compito di perseguire i delitti veri e propri e al Sistema nazionale di protezione ambientale che riunisce l’Ispra e la rete regionale delle Arpa (Snpa), in qualità di organo tecnico, quello di guidare i procedimenti di asseverazione delle prescrizioni per i reati meramente contravvenzionali (secondo quanto disciplinato dalla Parte VI bis del Codice dell’Ambiente), queste nel 2017 hanno impartito – secondo i dati forniti in esclusiva a Legambiente da Snpa – 1.692 prescrizioni, quasi 5 al giorno, la maggioranza delle quali, circa 1.000, già ottemperate (e ammesse al pagamento), incassando più di 3 milioni di euro.

Secondo i dati del Ministero della Giustizia, come accennato, i procedimenti totali avviati dalle procure sono stati 614, contro i 265 dell’anno precedente. La fattispecie più applicata è stata l’inquinamento ambientale con 361 casi, poi l’omessa bonifica (81), i delitti colposi contro l’ambiente (64), il disastro ambientale (55), l’impedimento al controllo (29) e il traffico di materiale ad alta radioattività (7). Il balzo in avanti nell’applicazione della legge 68 è certificato anche considerando l’attività di tutte le forze dell’ordine, dove gli ecoreati contestati passano da 173 (anno 2016) a 303, con una impennata netta del 75%.

Inchieste sui traffici illeciti di rifiuti

Il 2017 è l’anno del rilancio delle inchieste contro i trafficanti di rifiuti e nel settore si concentra la percentuale più alta di illeciti: il 24% è più di quanto contestato per i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (22,8%), gli incendi boschivi (21,3%), il ciclo del cemento (12,7%). Se a ciò si aggiunge la recrudescenza di incendi divampati negli impianti di gestione e trattamento di tutta Italia, appare evidente come il settore dei rifiuti sia sempre di più il cuore pulsante delle strategie ecocriminali.

In crescita anche le tonnellate di rifiuti sequestrate dalle forze dell’ordine nell’ultimo anno e mezzo (1 gennaio 2017 – 31 maggio 2018) nell’ambito di 54 inchieste (in cui è stato possibile ottenere il dato, su un totale di 94) sono state più di 4,5 milioni di tonnellate. Pari a una fila ininterrotta di 181.287 Tir per 2.500 chilometri.

Tra le tipologie di rifiuti predilette dai trafficanti ci sono i fanghi industriali, le polveri di abbattimento fumi, i Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), i materiali plastici, gli scarti metallici (ferrosi e non), carta e cartone. Più che allo smaltimento vero e proprio è alle finte operazioni di trattamento e riciclo che in generale puntano i trafficanti, sia per ridurre i costi di gestione che per evadere il fisco.

Ecomafia

La natura profonda del crimine ambientale è economica e ha per principali protagonisti imprese e faccendieri, ma le mafie continuano a svolgere un ruolo cruciale, spesso di collante. I clan censiti da Legambiente finora e attivi nelle varie forme di crimine ambientale sono 331.

Il 2018 è anno da record per lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose. Sedici i Comuni sciolti da gennaio, 20 nel 2017. Mentre i comuni attualmente commissariati dopo lo scioglimento sono 44 (ci sono anche alcuni sciolti nel 2016 e prorogati). Sono soprattutto i clan a minacciare gli amministratori pubblici che difendono lo stato di diritto e la salvaguardia dell’ambiente. Secondo i dati elaborati di Avvivo Pubblico, sono state 537 le intimidazioni nel 2017, se si considerano invece gli ultimi cinque anni il numero sale a 2.182.

Abusivismo edilizio

Il lavoro delle forze dell’ordine nel 2017 ha portato alla luce 3.908 infrazioni sul fronte “ciclo illegale del cemento”, una media di 10,7 ogni ventiquattro ore, e alla denuncia di 4.977 persone. Un dato in leggera flessione rispetto all’anno precedente, ma che testimonia come – dopo anni di recessione significativa – l’edilizia, e quindi anche quella in nero, abbia ricominciato a lavorare. Il 46,2% dei reati si concentra nelle quattro cosiddette regioni a tradizionale presenza mafiosa, ossia Campania, Sicilia, Puglia e Calabria.

Anche in questa edizione di Ecomafia emerge che in Italia si continua a costruire abusivamente, in maniera irresponsabile: secondo le stime del Cresme, nel 2017 in Italia sarebbero state costruite circa 17.000 nuove case abusive. Spaziando dall’abusivismo classico, che risale alle stagioni delle pesanti speculazioni immobiliari e dell’assalto alle coste, e quello di nuova matrice, meno maestoso e appariscente, più nascosto ma sempre presente.

Rimane ancora molto da fare pure sul fronte delle demolizioni, dove solo pochi e impavidi sindaci hanno il coraggio di far muovere le ruspe, rischiando in prima persona. Più in generale, le poche demolizioni realizzate sono da attribuire al lavoro delle procure.

Agroalimentare sotto attacco

In crescita i reati nel settore agroalimentare, che toccano quota 37mila. Ci sono inoltre 22mila persone denunciate e/o diffidate, 196 arresti e 2.733 sequestri. Settori particolarmente colpiti quello ittico, della ristorazione, di vini e alcolici, della sanità e cosmesi e in genere nel campo della repressione delle frodi nella tutela della flora e della fauna. Impressionante e nettamente in salita rispetto al 2016 (quando oscillava intorno ai 700 milioni) il valore dei sequestri effettuati, che supera nel 2017 abbondantemente un miliardo di euro.

Pirati di biodiversità

Più di 6mila le persone denunciate per reati contro la biodiversità, quasi 17 al giorno, nel 2017 e 7mila le infrazioni (19 al giorno +18% rispetto al 2016). L’aggressione al patrimonio di biodiversità continua senza sosta, sulla pelle di lupi, aquile, pettirossi, tonni rossi, pesci spada e non solo. Le regioni a tradizionale presenza mafiosa totalizzano il 43% dei reati. La Sicilia è in testa per numero di illeciti (1.177 pari al 16,8% del totale nazionale), seguita dalla Puglia (946 reati), dal Lazio (727) e dalla Liguria per la prima volta in quarta posizione (569), prima della Calabria (496) e della Campania (430).

Ladri di cultura

Sono stati 719 i furti d’opere d’arte, in crescita del 26% rispetto al 2016, che hanno comportato 1.136 denunce, 11 arresti e 851 sequestri effettuati in attività di tutela. Il 38% dei furti si è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, cioè 273, di cui 148 nella sola Campania. Come gli anni passati Lazio e Toscana, rispettivamente con 96 e 85 furti, mantengono il podio nella speciale classifica di ruberie, seguite dalla Sicilia (70) e dalla Lombardia (58). La stima economica sul fatturato incassato dai furti d’arte oscillerebbe sui 336 milioni di euro.

Shopper illegali

È ancora allarme sugli shopper fuori legge, che inquinano ambiente e mercato, con sacche di illegalità diffuse in tutto il paese. Come ricorda l’Osservatorio Assobioplastiche, in media 60 buste su 100 in circolazione sono assolutamente fuori norma. Serve dunque intensificare i controlli a tutela dell’ecosistema, dei consumatori e del settore industriale della chimica verde. Sono i mercati rionali di ortofrutta e i negozi al dettaglio a immettere sacchetti ormai fuori legge.

Dai dati resi noti dal Nucleo speciale tutela proprietà intellettuale della Guardia di finanza e dal Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri, nel 2017 le sanzioni pecuniarie comminate ammontano a 5 milioni di euro. Per fare due esempi, l’attività del Nucleo speciale tutela proprietà intellettuale della Guardia di finanza ha portato al sequestro di circa 2 milioni di sacchetti di plastica illegali e 2,3 tonnellate di materia prima usata per produrli. A Napoli, nel 2017 la Polizia locale ha provveduto al sequestro di 1,6 milioni di sacchetti, mentre nei primi 5 mesi del 2018 ne ha già sequestrato più di 122.000.

Le proposte

Ecco, allora, in sintesi le principali misure di cui Legambiente auspica l’adozione. Proposte in parte già fatte in precedenza ma rimaste senza esito.

• Mettere in campo una grande operazione di formazione per tutti gli operatori del settore (magistrati, forze di polizia e Capitanerie di porto, ufficiali di polizia giudiziaria e tecnici delle Arpa, polizie municipali ecc.) sulla legge 68 che deve essere conosciuta nel dettaglio per sfruttarne appieno le potenzialità.

• Sempre con riferimento alla legge 68/2015 occorrerebbe rimuovere la clausola di invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista nella legge sugli ecoreati, così come in quella che ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente. Allo stesso tempo è necessario completare l’iter di definizione dei decreti attuativi del Ministero dell’ambiente e della presidenza del Consiglio dei ministri per rendere pienamente operativa la legge 132 del 2016 che ha riformato il sistema nazionale delle Agenzie per la protezione dell’ambiente.

• Semplificare l’iter di abbattimento delle costruzioni abusive, avocando la responsabilità delle procedure agli organi dello stato, nella figura dei prefetti, esonerando da tale onere i responsabili degli uffici tecnici comunali e, in subordine, soggetti che ricoprono cariche elettive, ovvero i sindaci.

• Approvare il disegno di legge sui delitti contro fauna e flora protette inserendo – all’interno dello stesso nuovo Titolo VI bis del Codice penale – un nuovo articolo che prevede sanzioni veramente efficaci (fino a sei anni di reclusione e multe fino a 150.000 euro) per tutti coloro che si macchiano di tali crimini.

• Suscita perplessità il nuovo istituto giuridico della non punibilità per particolare tenuità dell’offesa introdotto dal Dlgs 16 marzo 2015, n. 28, che soprattutto nel caso dei reati ambientali contravvenzionali rischia di vanificare molti procedimenti aperti. Per scongiurare tale rischio chiediamo che venga quanto meno esclusa l’applicabilità al caso dei reati ambientali.

• Nell’ottica di garantire migliore protezione al nostro patrimonio storico‐culturale, rivedere il quadro normativo, partendo dal dato di fatto che, se si esclude il delitto di ricettazione – che è quello che si prova a contestare nei casi più eclatanti e che prevede una sanzione massima di otto anni – il rimanente quadro sanzionatorio in mano agli inquirenti è ancora troppo generoso per i trafficanti. Basterebbe recuperare il lavoro fatto nella passata legislatura, e sollecitato dagli allora ministri competenti Dario Franceschini e Andrea Orlando, con la Delega data al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale, per arrivare all’approvazione di un nuovo titolo “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”: testo che dovrebbe rappresentare un nuovo punto d’inizio.

• Sul fronte agroalimentare, riprendere la proposta di disegno di legge del 2015 sulla tutela dei prodotti alimentari della Commissione ministeriale presieduta dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli, che introduce una serie di nuovi reati che vanno dal “disastro sanitario” all’“omesso ritiro di sostanze alimentari pericolose” dal mercato.

• L’accesso alla giustizia da parte delle associazioni, come Legambiente, dovrebbe essere gratuita e davvero accessibile. Altrimenti rimane un lusso solo per chi se lo può permettere, e tra costoro non ci sono sicuramente le associazioni e i gruppi di cittadini.

• Chiediamo inoltre al parlamento di istituire al più presto le commissioni d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulla vicenda dell’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.

Il volume è in vendita nelle librerie e sul sito www.noecomafia.it

Fonte: Legambiente