One Health e agricoltura: verso una gestione integrata dell’impatto chimico ambientale
Il concetto di One Health – che promuove un approccio integrato alla salute umana, animale e ambientale – è oggi al centro delle principali strategie di sostenibilità e sanità pubblica a livello internazionale. Tuttavia, nonostante il suo ampliamento formale nel 2022 per includere anche la salute delle piante, il contributo del settore agricolo, e in particolare delle colture agrarie, rimane poco considerato nelle politiche concrete. Allo stesso tempo, l’agricoltura è chiamata a garantire la sicurezza alimentare, un bene pubblico essenziale che deve essere bilanciato con la sostenibilità ambientale. Comprendere quindi il contributo relativo di ciascun dominio all’uso di sostanze chimiche è cruciale non solo per diagnosticare correttamente il problema, ma anche per progettare regolamenti mirati e fondati su evidenze scientifiche, nonché per monitorarne nel tempo l’efficacia.
Un recente studio condotto da un team di ricerca italo-olandese, coordinato dalla Libera Università di Bolzano, in collaborazione con il Dipartimento di Diritto dell’Università di Wageningen e con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, affronta questo squilibrio proponendo una visione più equilibrata tra domini e basata su dati condivisi.
Cosa ci dice lo studio
L’analisi ha messo a confronto i dati sull’uso di sostanze chimiche nei tre domini della One Health – umano, animale e vegetale – in cinque Paesi europei (Italia, Paesi Bassi, Germania, Spagna e Francia). Il risultato evidenzia grandi differenze nei sistemi di raccolta dati tra domini e Paesi, che ostacolano valutazioni attendibili sull’effettivo contributo di ciascun comparto al cosiddetto input chimico ambientale. Lo studio conferma che l’agricoltura rappresenta una componente significativa di questo input, ma segnala anche come i settori della sanità umana e veterinaria svolgano un ruolo altrettanto rilevante, benché spesso non considerato alla stessa stregua nei dibattiti pubblici. In molti casi, la mancanza di trasparenza e standardizzazione, anche per motivi di confidenzialità commerciale nei domini umano e veterinario, rende difficile un confronto equo tra i tre domini.
Fonte: gergofili.info
Negli spazi urbani di tutta Europa, i piccioni rappresentano una presenza onnipresente, spesso trascurata. Tuttavia, al di là del loro ruolo o delle problematiche logistiche che generano, questi uccelli si stanno rivelando attori inaspettati in una delle più preoccupanti questioni di sanità pubblica globale: la diffusione del virus dell’influenza aviaria.
Prima del 2020, nei confronti di un’eventuale pandemia avevamo forse un rametto di esperienza e tutti i nostri programmi e progetti erano basati su raccomandazioni e avvertenze formulate seguendo indicazioni razionali ma teoriche. Dal 2020 ci siamo trovati (e spesso anche persi) in una foresta di esperienza: 27 milioni di casi di una malattia infettiva, quasi 200mila morti, mezzo milione di casi tra gli operatori sanitari e una sequela, non prevista, di conseguenze sanitarie, sociali, economiche.
Che cos’è l’influenza aviaria?
Lectio magistralis di Maria Paola Landini già docente di Microbiologia e preside della Facoltà medico-chirurgica nell’Università di Bologna.
Una
A distanza di cinque anni dall’inizio della pandemia, il coronavirus
Le microplastiche – cioè i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ad un micrometro, un milionesimo di metro – stanno diventando uno dei principali inquinanti a livello globale, presenti ormai in molti ambienti e con effetti che spesso sono ancora da capire pienamente.
La nomina del nuovo Presidente Donald Trump in USA ha determinato un cambiamento profondo delle politiche americane su temi sensibili come salute, clima, immigrazione che impattano tutte sul tema “One Health”.