Varianti di SARS-CoV-2, le Faq dell’ISS

I virus, in particolare quelli a Rna come i coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia. Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione.  In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione.

Sul sito dell’Istituto Superiore Sanità sono pubblicate, e in continuo aggiornamento, domande e risposte sulle varianti di SARS-CoV-2.

Al momento queste sono le FAQ pubblicate:

  • Le varianti provocano forme cliniche più gravi o più letali?
  • Le varianti colpiscono in maniera particolare i bambini?
  • Come funziona il monitoraggio delle varianti in Italia?
  • I test che si usano attualmente sono in grado di rilevare le varianti?
  • Farmaci e vaccini funzionano anche sulle varianti?
  • Come cambiano le misure di protezione individuale con le nuove varianti?
  • Quali sono le varianti di Sars-CoV-2 che suscitano più preoccupazioni?
  • Cosa sono le mutazioni e perché sono importanti?



Varianti e grandi diffusori di SARS-CoV-2, una pericolosa alleanza

Il Prof. Giovanni Di Guardo, già Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso l’Università di Teramo, interviene sul tema delle varianti di SARS-CoV-2 più o meno recentemente identificate nella popolazione virus-infetta e il ruolo dei cosiddetti “big spreaders” (“grandi diffusori”) nell’epidemiologia dell’infezione.

Tenuto conto che, secondo una stima, il 15-20% di costoro sarebbero responsabili dell’80-85% dei nuovi casi d’infezione, l’interrogativo sollevato dal Professore riguarda in particolare la possibilità che le succitate varianti, ben più diffusive e contagiose rispetto ai ceppi virali noti prima della loro comparsa, fossero presenti – ed in quale misura – in soggetti “grandi diffusori”.

L’articolo completo è pubblicato da “Quotidiano Sanità”




World One Health Conference 2020, la partecipazione del gruppo ISS sulla One Health

Il gruppo ISS sulla One Health (OH-ISS) ha partecipato alla sesta World One Health Conference, che si è svolta online dal 30 ottobre al 3 novembre 2020.

Il gruppo ha partecipato  con contributi del Centro Nazionale per la Salute Globale (GLOB) e del Dipartimento Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria (SANV). In particolare, i ricercatori del GLOB, da anni impegnati su strategie di One Health atte a rafforzare i sistemi di sorveglianza e allerta precoce hanno partecipato attivamente ai lavori. Durante la sessione “Addressing zoonotic diseases at the animal-human-ecosystem interface: responding to threats”, con la presentazione “Integrating climate and environment public dataset in surveillance for early warning” e durante la sessione “COVID-19 Intervention strategies”, con il modulo formativo “Preparing to and fighting the Health Emergency from novel Coronavirus SARS-CoV-2”, sviluppato sulla base del modulo on-line messo a punto dal servizio formazione dell’ISS per gli operatori sanitari coinvolti nella pandemia di COVID-19 in Italia.

Infine, i ricercatori del SANV hanno dato il proprio contributo alla Conferenza nel contesto del One Health European Joint Programme – OHEJP, l’iniziativa del programma di ricerca europeo Horizon 2020 dedicata al trasferimento dall’innovazione tecnico-scientifica all’analisi del rischio nell’ambito della One Health, con particolare riguardo alle zoonosi alimentari, alla resistenza antimicrobica e ai rischi emergenti: l’ISS, tramite il SANV, è partner e coordinatore del WorkPackage 7 sull’ evoluzione futura della OHEJP.

Un resoconto dell’evento e i contributi dell’ISS sono pubblicati sul sito “Epicentro”




Studio ISS conferma: il decadimento del virus SARS-CoV-2 è sensibile alla temperatura

issIl decadimento del virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia COVID-19, è sensibile all’aumento della temperatura ambientale, come dimostrato per altri virus. E’ quanto ha potuto osservare un team di ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità in uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Microbiologi and Infection dell’European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases.

Gli esperimenti condotti in vitro hanno dimostrato che innalzando la temperatura fino a 28°C, la temperatura massima prevista per il mese di giugno, la carica virale subisce un drastico decadimento entro le prime 24 ore dall’emissione di droplet infette, mentre per raggiungere gli stessi livelli di decadimento alla temperatura di 20-25°C (temperatura ambiente) sono necessari tre giorni.

“I nostri dati aiutano a spiegare il perché le condizioni ambientali estive più sfavorevoli per il virus ne abbiano rallentando la diffusione e il contagio – spiega il virologo Fabio Magurano che ha coordinato lo studio – Al contrario l’abbassamento delle temperature permette al virus di resistere di più e nel contempo giustifica una maggiore capacità delle goccioline respiratorie di persistere e diffondersi nell’ambiente, favorendo la diffusione del virus e il contagio”.

Fonte: ISS




SARS-CoV-2 e le sue “pericolose” relazioni col colesterolo

In un recentissimo articolo a firma di Congwen Wei e collaboratori, apparso sulla rivista “Nature Metabolism”, è stato descritto per la prima volta un intrigante legame fra SARS-CoV-2 – il betacoronavirus responsabile della CoViD-19 – ed il colesterolo o, per meglio dire, fra il virus e le “lipoproteine ad alta densità” (il cui acronimo, “HDL”, è sinonimo di colesterolo “buono”, diversamente dalle “LDL”, che stanno invece a indicare il colesterolo “cattivo”).

Ne parla il Prof. Giovanni Di Guardo, Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facolta’ di Medicina Veterinaria dell’Universita’ di Teramo, in una lettera al Direttore pubblicata su Quotidiano Sanità

A queste notizie, non del tutto rassicuranti, fa da “alter ego” – per nostra fortuna e, nondimeno, per correttezza d’informazione – la possibilità che la duplice caratterizzazione di questo peculiare meccanismo di trasporto ematico di SARS-CoV-2 e di un nuovo, ulteriore recettore virale (SR-B1) possa tradursi, in un prossimo futuro, nella messa a punto di uno o più protocolli terapeutici che prendano specificamente di mira la complessa interazione tra virus, colesterolo e HDL.

afferma Di Guardo




Varianti SARS-Cov-2 nel visone, i documenti ECDC, OMS e Oie

A seguito della segnalazione di 214 casi di persone infettate dalle varianti della SARS-CoV-2 in alcuni visoni da parte della Danimarca, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha pubblicato la “valutazione rapida dei rischi per la salute umana derivanti dalle nuove varianti della SARS-CoV-2 nel visone” (in inglese) a cui hanno partecipato anche gli specialisti dell’EFSA. IL documento contiene una serie di raccomandazioni volte a proteggere la salute pubblica.

Nikolaus Kriz, resposabile dell’unità EFSA di “Salute animale e vegetale”, ha dichiarato: “Mentre il rischio di diffusione transfrontaliera di queste varianti della SARS-CoV-2 tramite gli animali e i loro prodotti è molto basso, è importante che le persone evitino il contatto ravvicinato con i visoni allevati. Sono dunque necessarie misure supplementari di sorveglianza per limitare un’ulteriore diffusione“.

Comunicato OMS (in inglese)

Dichiarazione OIE (in inglese)

L’Oie ha inoltre pubblicato una bozza di linee guida per gli operatori che lavorano in allevamenti di specie suscettibili a SARS-CoV-2 (in inglese)

A cura della segreteria SIMeVeP

 




Coronavirus e visoni

Con una lettera al Direttore di Quotididiano Sanità il Prof. Giovanni Di Guardo, Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia  Veterinaria presso l’Universita’ di Teramo – Facolta’ di Medicina Veterinaria, affronta la possibilità che i visoni, oltre ad esser naturalmente suscettibili nei riguardi dell’infezione da SARS-CoV-2, siano in grado di ritrasmettere il virus all’uomo e le preoccupazioni conseguenti alla mutazione del virus avvenuta in questi mustelidi anche per la protezione conferita dai futuri vaccini anti-SARS-CoV-2/CoViD-19 nei riguardi di tale variante virale.

“Mentre si rimarca la necessità e la cogenza di ricerche “ad hoc”, da un lato, andrebbe parimenti sottolineato, dall’altro, che SARS-CoV-2 – il settimo coronavirus noto nella nostra specie – avrebbe, da un punto di vista strettamente “evolutivo e conservazionistico” (dove gli aggettivi “evolutivo” e “conservazionistico” vanno intesi come specificamente riferiti all’agente virale, non a noi!), scarso interesse ad infettare “nuovi” animali, allorquando il “salto di specie” dallo stesso compiuto, “illo tempore”, dal pipistrello all’uomo (passando probabilmente attraverso una specie “intermedia”, non ancora identificata a tutt’oggi), lo ha messo in condizione di infettare, potenzialmente, ben 8 miliardi di persone, un vero e proprio “bingo”!”

afferma il Prof. Di Guardo.




Pandemie ed equilibri globali, intervista all’autore di Spillover

spilloverSul sito del progetto “Saluteinternazionale” è pubblicata un intervista a David Quammen, autore del libro “Spillover. Animal Infections and the Next Human Pandemic” del 2012 pubblicato in Italia nel 2014 con il titolo “Spillover. L’evoluzione delle pandemie”.

Quella di Quammen è una prospettiva descrittiva ma è anche, per chi vuole intendere, un richiamo alla responsabilità individuale e collettiva: l’intero saggio ritorna su quel legame fluido, circolare, inevitabile tra creature che abitano lo stesso pianeta, sull’interdipendenza di ciascuno dall’altro: «siamo davvero una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e in malattia». E così facendo rende evidente il ruolo dell’uomo come detonatore di tali eventi, che con il suo spingersi oltre i limiti ambientali turba gli ecosistemi, rompe l’equilibrio di una salute globale. Ne scrive Quammen anche recentemente in un suo editoriale pubblicato il 28 gennaio scorso dal New York Times: «we must remember, when the dust settles, that nCoV-2019 was not a novel event or a misfortune that befell us. It was — it is — part of a pattern of choices that we humans are making». Già, non si tratta di sfortuna né di eventi prettamente accidentali, ma c’è in gioco la responsabilità delle nostre azioni, la visione di un senso del limite e del rispetto. È in quest’ottica che lo abbiamo intervistato, per guardare con lui alla salute globale, all’Africa e al ruolo che le organizzazioni di cooperazione internazionale possono e devono avere in questi delicati equilibri internazionali e interdisciplinari

Leggi l’intervista completa




Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica, online la nota tecnica ad interim

Il documento, realizzato da Ministero della Salute, Iss, Inail, Cts, Consiglio superiore di sanità, Conferenza delle Regioni, Fnomceo, Inmi Lazzaro Spallanzani e Organizzazione mondiale della sanità, rappresenta uno degli strumenti per l’implementazione e l’organizzazione della strategia di testing in modo omogeneo sul territorio nazionale

Chiarire le indicazioni per la diagnostica di SARS-CoV-2 e i criteri di scelta dei test a disposizione nei diversi contesti, per un uso razionale e sostenibile delle risorse che consenta di implementare e organizzare la strategia di testing in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Sono questi gli obiettivi della nota tecnica ad interim “Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica”, realizzata congiuntamente da Ministero della Salute, Istituto superiore di sanità, Inail, Comitato tecnico scientifico, Consiglio superiore di sanità, Conferenza delle Regioni, Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani e Organizzazione mondiale della sanità.

Le indicazioni in linea con quelle fornite dall’Oms. Le indicazioni sono in linea con quelle fornite dall’Oms per i profili dei prodotti per diagnostica che hanno il Covid-19 come target, così come riportati nel documento “Target product profiles for priority diagnostics to support response to the Covid-19 pandemic v.1.0” dello scorso 28 settembre, che descrive le caratteristiche principali dei test per SARS-CoV-2, sottolineando anche la necessità che soddisfino non solo i criteri di specificità e sensibilità ma anche caratteristiche di test rapido, nell’ambito di un’attività di sorveglianza che sia sostenibile e in grado di rilevare i soggetti positivi nel loro reale periodo di contagiosità. Sono cinque, in particolare, gli obiettivi per il testing riconosciuti dallo European centre for disease prevention and control (Ecdc): controllare la trasmissione; monitorare l’incidenza, l’andamento e valutare la gravità nel tempo; mitigare l’impatto del Covid-19 nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali; rilevare cluster o focolai in contesti specifici; prevenire la (re)introduzione nelle aree che hanno raggiunto un controllo sostenuto del virus.

La rapidità della diagnosi essenziale per il controllo dei focolai. Per tenere sotto controllo i focolai, limitando la diffusione del virus attraverso la quarantena e l’isolamento, resta essenziale la rapidità di diagnosi nei soggetti con sospetto clinico e/o sintomatici. Per la valutazione della scelta del test da utilizzare, appaiono quindi importanti diversi parametri, come i tempi di esecuzione del test (alcune ore per i test molecolari, contro i 15-30 minuti di un test antigenico rapido), la necessità di personale specializzato e di strumentazione dedicata disponibile solo in laboratorio rispetto alle piccole strumentazioni portatili da utilizzare ovunque, i costi da affrontare per una politica basata sulla ripetizione dei test, il trasporto dei campioni rispetto all’esecuzione in loco, l’invasività del test e la sua accettabilità da parte dei soggetti, la facilità di raccolta del campione, l’addestramento necessario a raccogliere/processare i campioni, la disponibilità dei reagenti e la stabilità dei campioni. Critica è anche la raccolta dei dati relativa ai test eseguiti, con la conseguente possibilità di analizzare e valutare le strategie adottate e la diffusione dell’infezione.

I principali contesti di utilizzo riassunti in una tabella sinottica. Oltre a fornire alcune proposte per la strategia d’uso dei test, in relazione a casi sospetti e positivi e contatti stretti asintomatici, il documento è integrato da una tabella sinottica sul tipo di test da utilizzare nei principali contesti, in base alla situazione epidemiologica e all’organizzazione sanitaria regionale. Nell’appendice, inoltre, sono riassunte le caratteristiche dei test attualmente disponibili per scopi di sanità pubblica, che possono essere suddivisi in tre grandi gruppi: test molecolare mediante tampone, tampone antigenico rapido (mediante tampone nasale, naso-oro-faringeo e salivare) e test sierologici.

Test di laboratorio per Sars-cov-2 e loro uso in sanità pubblica

Fonte: INAIL




La FAO lancia il nuovo Programma di risposta e ripresa dall’emergenza COVID-19

FAONella giornata odierna la FAO ha reso noto il suo nuovo Programma globale di risposta e ripresa dall’emergenza COVID-19, teso sia a prevenire una crisi alimentare di portata mondiale durante e dopo la pandemia di COVID-19 sia a tracciare una risposta in termini di sviluppo nel medio e lungo periodo per la sicurezza alimentare e la nutrizione.

L’agenzia chiede un investimento iniziale di 1,2 miliardi di dollari USA per rispondere alle esigenze della nuova iniziativa.

Il Programma è stato lanciato nella giornata di oggi durante un dialogo virtuale con il settore pubblico e privato sul tema “Azione comune sul COVID-19: rafforzare i nostri interventi di risposta in ambito alimentare e agricolo“. L’evento è stato organizzato dalla FAO per offrire una risposta globale rapida e coordinata, che garantisca l’accesso a un’alimentazione nutriente per tutta la popolazione mobilitando qualsiasi forma di risorsa e partenariato a livello nazionale, regionale e mondiale.

In linea con lo spirito adottato dalle Nazioni Unite di promuovere una “ricostruzione più efficace” all’indomani dell’emergenza COVID-19 e mantenendo il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) come bussola di orientamento, il nuovo programma si prefigge lo scopo di mitigare le conseguenze immediate della pandemia incrementando al tempo stesso la resilienza dei sistemi alimentari e dei mezzi di sussistenza nel più lungo termine.

Non possiamo più continuare a seguire un approccio di ordinaria amministrazione,” ha ammonito il Direttore Generale della FAO, QU Dongyu, nel suo discorso di apertura, aggiungendo che “dovremo invece impegnarci attivamente per limitare gli effetti dannosi della pandemia di COVID-19 sulla sicurezza alimentare e la nutrizione. È necessario individuare soluzioni concertate con i singoli paesi, innovative e frutto di una stretta collaborazione. È su queste premesse che la FAO ha elaborato il suo Programma globale di risposta e ripresa dall’emergenza COVID-19. Oggi siamo a chiedervi di unirvi a noi in questa impresa”.

La FAO è pronta ad adattarsi alla situazione e ad abbracciare nuove realtà. Siamo intenzionati a mobilitare tutti i principali protagonisti per definire di comune intesa soluzioni innovative e sostenibili per creare un mondo libero dalla fame.”

Far fronte alle ripercussioni della pandemia di COVID-19 sui sistemi alimentari

Oltre a essere fonte di grave preoccupazione per l’opinione pubblica, la pandemia di COVID-19 rappresenta anche una seria minaccia per la sicurezza alimentare mondiale. Secondo stime della Banca mondiale, l’impatto economico dell’epidemia potrebbe far precipitare circa 100 milioni di persone sotto la soglia della povertà estrema. L’impennata dei tassi di disoccupazione, le perdite di reddito e l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari stanno ostacolando l’accesso al cibo nei paesi in via di sviluppo così come nei paesi industrializzati, con effetti di lunga durata sulla sicurezza alimentare.

Nel suo ultimo rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo la FAO ha rilevato che, ancor prima che le ripercussioni della pandemia di COVID-19 si facessero sentire sui sistemi alimentari mondiali e sui mezzi di sussistenza di milioni di persone all’inizio dell’anno, 10 milioni di individui in più rispetto al 2018 si trovavano in uno stato di sottonutrizione (60 milioni in più rispetto al 2014). Il Rapporto globale sulle crisi alimentari 2020 calcola che 135 milioni di individui versavano in condizioni di insicurezza alimentare acuta e necessitavano di urgenti aiuti alimentari e nutrizionali di carattere umanitario.

La pandemia potrebbe inoltre far sprofondare le economie nazionali nel baratro di una recessione, per cui gli Stati dovrebbero adottare misure urgenti per attutire l’impatto di lungo termine di questo scenario sui sistemi alimentari e la sicurezza alimentare.

Altrettanto incalzante appare la minaccia posta dall’epidemia alle situazioni critiche preesistenti, tra cui conflitti, disastri naturali, cambiamenti climatici, infestazioni e malattie, che già stanno mettendo a dura prova i nostri sistemi alimentari creando sacche di insicurezza alimentare in tutto il pianeta.

I sette ambiti prioritari di intervento del programma

Al fine di ridurre al minimo i danni della pandemia di COVID-19 sulla sicurezza alimentare e la nutrizione, stimolando contemporaneamente una trasformazione dei sistemi alimentari mondiali per renderli più resilienti, equi e sostenibili, la FAO invoca un’azione immediata da attivare in sette ambiti prioritari fondamentali:

•          rafforzare un Piano di risposta umanitaria globale all’emergenza COVID-19

•          migliorare i dati su cui sono impostati i processi decisionali

•          garantire l’inclusione economica e la protezione sociale per ridurre la povertà

•          consolidare le norme commerciali e le norme in materia di sicurezza alimentare

•          aumentare la resilienza dei piccoli produttori per favorirne la ripresa

•          prevenire future pandemie zoonotiche potenziando l’approccio basato sul concetto di “un’unica salute”

•          innescare la trasformazione dei sistemi alimentari.

In risposta all’emergenza in corso, la FAO si sta adoperando per coinvolgere in un piano d’azione governi e svariate parti interessate, raccogliendo e analizzando dati per comprendere meglio le tendenze emergenti e individuare con precisione eventuali focolai critici, nonché fornendo consulenza tecnica tempestiva e servizi di sviluppo delle capacità in un ampio ventaglio di settori. Inoltre, l’Organizzazione offre un sostegno agli investimenti in modo da catalizzare varie forme di partenariato e finanziamento.

Il nuovo programma è sostenuto anche dalla “Coalizione per il cibo”, lanciata dal governo italiano e guidata dalla FAO allo scopo di reclutare assistenza politica, finanziaria e tecnica in favore dei paesi colpiti dall’emergenza COVID-19.

“Gli sforzi necessari per intervenire in maniera efficace in questi sette ambiti prioritari saranno enormi. La Coalizione per il cibo rappresenta un modello esemplare per attrarre capitali e volontà politiche ad alto livello allo scopo di evitare un’escalation della pandemia da crisi sanitaria a crisi alimentare”, ha spiegato Beth Bechdol, Direttore Generale aggiunto della FAO.

All’evento odierno hanno preso parte, tra gli altri, Carla Montesi, Direttrice di Pianeta e prosperità, Direzione generale della Cooperazione internazionale e dello sviluppo (DG DEVCO), Commissione europea; Joachim von Braun, Direttore del Centro di Ricerca per lo sviluppo dell’Università di Bonn (ZEF) e presidente del Gruppo scientifico per il Vertice del Segretariato Generale delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari; Josefa Leonel Correia Sacko, Commissario per l’Economia rurale e l’Agricoltura, Commissione dell’Unione africana; Kip Tom, Ambasciatore, Rappresentante Permanente degli Stati Uniti d’America presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura a Roma; Vincenza Lomonaco, Ambasciatrice, Rappresentante Permanente della Repubblica italiana presso la FAO; Peter Bakker, Presidente e Amministratore delegato, Consiglio Mondiale delle Imprese per lo Sviluppo Sostenibile; Najat Mokhtar, Direttore Generale aggiunto, Capo del Dipartimento di scienze e applicazioni nucleari, Agenzia internazionale per l’energia atomica.

I partecipanti al dibattito odierno hanno discusso i settori di intervento prioritari, preso in esame le opzioni disponibili per stimolare un’azione comune e individuato le modalità per collaborare con la FAO nella risposta all’emergenza COVID-19 nel settore agricolo.

Fonte: FAO