Quanti cinghiali abitano qui?
Ricercatori dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr e dell’Istituto per la ricerca e la protezione ambientale hanno rivisto le metodiche utilizzabili per il monitoraggio delle popolazioni di cinghiali, dimostrando che l’applicazione del Distance Sampling mediante visori termici consente una stima precisa ed accurata. Si aprono così nuove strade per una gestione sostenibile della specie e per la protezione delle colture e degli allevamenti. Il lavoro è pubblicato sulla rivista Wildlife Biology
Contrariamente a ciò che si può pensare, censire le popolazioni di animali selvatici non è banale, tanto più se la specie vive in foresta ed ha abitudini notturne come il Cinghiale. Ricercatori dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc) e dell’Istituto per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) hanno effettuato una serie di censimenti utilizzando il metodo del “distance sampling” e visori termici notturni in diverse aree protette italiane, dimostrando che stimare le popolazioni di cinghiale in maniera precisa ed accurata è possibile. Lo studio – pubblicato sulla rivista Wildlife Biology – è stato condotto in condizioni ambientali molto diverse, che vanno dai boschi mediterranei del Monte Arcosu (Sardegna) alle aree agricole di gran pregio nei Colli Euganei (Veneto), fino alle quote maggiori della montagna appenninica (Foreste Casentinesi, Toscana ed Emilia Romagna): tutti ambienti fortemente influenzati dalla presenza del Cinghiale.
“La disponibilità di stime delle popolazioni può permettere di programmare efficacemente le azioni di controllo necessarie al contenimento della specie e di valutare quanto tali azioni siano state efficaci”, spiega Stefano Focardi del Cnr-Isc, responsabile della ricerca. Infatti la ricerca dimostra che negli ambienti studiati, con uno sforzo accettabile, si possono ottenere stime precise al 20%, un notevole salto di qualità visto che in Europa oggi nessuno riesce a stimare le popolazioni di Cinghiale. “L’articolo presenta un’estesa discussione dei metodi che possono essere usati per il monitoraggio. Visto l’impatto negativo che la specie ha sulle colture e i costi che questo comporta”, aggiunge Barbara Franzetti dell’Ispra, “la possibilità di impostare una gestione adattativa su dati precisi e affidabili rappresenterebbe uno strumento operativo particolarmente utile”. “Un problema potenzialmente molto serio determinato dalla presenza del Cinghiale è la diffusione della peste suina africana, che può severamente impattare negativamente la suinicoltura europea”, conclude Focardi, “e la disponibilità di metodi precisi per la stima delle popolazioni può essere estremamente rilevante per la formulazione delle mappe di rischio”.
Fonte: CNR
I laboratori della sezione di Arezzo dell’IZS Lazio e Toscana hanno riscontrato larve di Trichinella britovi (come da conferma del Laboratorio nazionale di Riferimento presso l’Istituto Superiore di Sanità) nel muscolo tibiale anteriore di una lupa trovata morta nel comune di Subbiano, probabilmente a seguito di trauma stradale.
Il cimurro (CD) è una malattia mortale e altamente contagiosa dei carnivori selvatici e domestici. Nel territorio alpino, negli ultimi decenni, si sono verificati diversi focolai all’interno di popolazioni selvatiche. Il virus del cimurro si è ripresentato con particolare virulenza negli ultimi anni nelle valli lombarde determinando la morte di parecchie volpi e di altre specie come tassi e faine. Il cimurro è presente oramai da qualche anno nelle valli lombarde ormai popolate da numerose volpi; il virus, presente sotto forma di due varianti provenienti rispettivamente dal nord Europa e dalle zone alpine dell’ Italia orientale si è progressivamente diffuso nelle Alpi Lombarde interessando la provincia di Bergamo e Brescia, di Sondrio e quindi di Varese/Como. Negli ultimi giorni, ad ulteriore conferma di presenza di questa malattia in forma endemica, sono state conferite alla Unità Territoriale di Binago numerose volpi morte e di esse 5 sono risultate positive per il virus del cimurro. Un ulteriore segnale questo che la malattia ha raggiunto una notevole diffusione ed espansione sud-occidentale negli animali selvatici e segnatamente nella volpe che è la specie più rappresentata in termini di densità di popolazione, ma anche in altri selvatici come il tasso e la faina.
E’ di poche settimane fa la notizia relativa alla presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 – il famigerato coronavirus responsabile della CoViD-19 – in un’elevata percentuale (40%) di “cervi a coda bianca” popolanti la regione nord-orientale degli USA.
Sono pubblicati i dati dell’Osservatorio sugli incidenti con animali istituito dall’ASAPS, Associazione Sostenitori Amici della Polizia Stradale, relativi a,l 2020.
L’osservatorio Asaps sugli incidenti con animali pubblica i dati relativi ai primi 7 mesi del 2020: sono stati registrati 86 incidenti stradali gravi (vengono considerati solo quelli con persone ferite o decedute) dovuti ad animali selvatici che hanno causato 5 morti e 111 feriti (nonostante i due mesi di lockdown).
Non ci sarebbe alcun nesso tra la Chronic Wasting Disease, la malattia da prioni che si sta diffondendo in forma epidemica e incontrollabile tra i cervi del Nord America, e un’altra malattia simile di recente osservata nelle renne e negli alci in nord Europa.
Secondo una
Il calabrone orientale, Vespa orientalis, ha raggiunto anche il territorio toscano, proseguendo l’espansione del suo areale nella risalita della penisola. La presenza della specie è segnalata in tutto il sud Italia, oltre che nel Friuli Venezia Giulia, dove sembra essersi insediata nella città di Trieste già a partire dall’estate del 2018, e a Genova, dove un individuo è stato segnalato nel 2018 e una nuova segnalazione è stata effettuata a fine agosto.