La partecipazione dell’ISS ai lavori della COP 30 di Belem

logo ISSLe cosiddette ‘Nature Based Solutions’, le “Soluzioni Basate sulla Natura”, che offrono benefici tangibili per la salute nelle infrastrutture e il tema della decarbonizzazione in sanità saranno oggetto di due eventi a cui parteciperà l’Iss con il dipartimento Ambiente e Salute durante i lavori della Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – COP 30, che si svolge a Belém, Brasile, dal 10 al 21 Novembre 2025.

Il primo evento che vede la partecipazione dell’Istituto è quello dal titolo “Nature-Based Solutions and Sustainable Infrastructure Environmental and Health Co-Benefits” che si svolgerà il 20 novembre presso il Padiglione Italiano.

L’evento è organizzato dal MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica) e vede la partecipazione oltre dell’l’Istituto Superiore di Sanità, dell’OMS, OCSE, UNECE, UNEP, e delle Università e organizzazioni non governative attive nel campo della sanità pubblica.

L’Italia sta attivamente promuovendo azioni che includono programmi di ricerca, campagne di sensibilizzazione e il coinvolgimento partecipativo di tutti gli stakeholder coinvolti nella pianificazione, nello sviluppo e nella gestione delle infrastrutture verdi.

Questo evento presenterà i risultati del rapporto finanziato dall’Italia, “Soluzioni basate sulla natura e infrastrutture sostenibili: benefici ambientali e sanitari”, che esplora le opportunità e le sfide nell’implementazione delle cosiddette “Nature Based Solution”. Nonché occasione per condividere i risultati di progetti di ricerca volti a fornire evidenze scientifiche su come le NBSs possano contribuire a contrastare una delle più grandi sfide di prevenzione sanitaria, quale l’antibiotico-resistenza.

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Fonte: ISS




OMS: la crisi climatica è una crisi sanitaria

“La crisi climatica è una crisi sanitaria.” Con queste parole, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha ribadito l’urgenza di integrare la salute pubblica nei negoziati internazionali sul clima.

Durante una conferenza stampa a Ginevra, Tedros ha sottolineato che gli effetti del cambiamento climatico non si limitano agli ecosistemi, ma hanno conseguenze dirette e gravi sulla salute delle persone in tutto il mondo.

La salute assente dai negoziati in Brasile

Nonostante la crescente consapevolezza del legame tra ambiente e salute, la questione sanitaria non è ancora parte dei negoziati formali nelle conferenze sul clima delle Nazioni Unite.

Rudiger Krech, direttore del Dipartimento ambiente, cambiamenti climatici e salute dell’OMS, ha espresso rammarico per questa mancanza, auspicando che la situazione cambi durante la prossima conferenza, la COP31. “È giunto il momento che la salute diventi oggetto di negoziati formali”, ha dichiarato Krech, ricordando che il tema è stato discusso a lungo durante la COP30 di Belém, in Brasile, ma senza ancora risultati concreti.

La salute come leva per l’azione climatica

Secondo Tedros, la salute è l’area più convincente per promuovere l’azione contro la crisi climatica. Proteggere la salute delle persone e delle nuove generazioni può diventare una motivazione diretta e immediata per affrontare il cambiamento climatico.

“È molto più facile convincere le persone dell’urgenza di proteggere la propria salute o quella dei propri figli che di proteggere i ghiacciai o gli ecosistemi”, ha osservato il direttore generale dell’OMS, invitando i leader mondiali a porre la salute umana al centro delle politiche climatiche.

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Fonte: ambienteinsalute.it




Rapporto Unep: il mondo sulla rotta dei 2,5 gradi di riscaldamento globale

La prossima settimana, a Belém in Brasile, si aprirà la trentesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop30. Delegazioni governative, organizzazioni della società civile, scienziati ed esperti si riuniranno per cercare di rilanciare l’azione climatica globale in un contesto geopolitico sempre più complesso. A pochi giorni dall’inizio dei lavori, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) ha pubblicato il rapporto annuale Emissions Gap, che analizza la distanza tra gli obiettivi internazionali di riduzione delle emissioni e le reali promesse dei governi.

L’allarme del rapporto Emissions Gap

Il nuovo documento dell’Unep mostra che, con gli impegni attuali, la temperatura media globale continuerà a crescere ben oltre i limiti fissati dall’Accordo di Parigi. Anche se tutti i Paesi rispettassero pienamente le loro promesse, il riscaldamento globale si attesterebbe tra 2,3 e 2,5 gradi. In assenza di ulteriori azioni, potrebbe raggiungere i 2,8 gradi.

Secondo il rapporto, solo 60 Stati, responsabili del 63% delle emissioni globali, hanno presentato o annunciato le nuove Nationally Determined Contributions (Ndc), documenti in cui ciascun Paese illustra le proprie strategie per ridurre le emissioni di gas serra. Tali piani avrebbero dovuto essere aggiornati da tutti i governi entro il 30 settembre, ma la maggior parte non ha ancora adempiuto a questo obbligo.

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Fonte: ambienteinsalute.it




Tutela delle acque e dei mari. Rete Izs: “La scienza al servizio della salute pubblica e dell’ambiente”

La tutela delle acque e dei mari rappresenta una delle grandi sfide del nostro tempo: cambiamenti climatici, inquinamento, diffusione di plastiche e specie aliene, resistenza antimicrobica e nuove esigenze produttive dell’acquacoltura mettono alla prova la salute degli ecosistemi acquatici e, con essa, la sicurezza alimentare e la salute collettiva. In questo scenario, la Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali Italiani è impegnata, anche con progetti di cooperazione internazionale, in un ampio programma di sorveglianza epidemiologica, diagnostica, monitoraggio e ricerca per la salvaguardia del benessere delle acque e degli ambienti marini, un ambito in cui ambiente, salute animale e salute umana si intrecciano profondamente.

“Tutelare le acque e i mari significa garantire un patrimonio naturale da tramandare alle future generazioni – spiega Simonetta Cherchi, Direttore Generale dell’IZS della Sardegna – e assicurare un ecosistema sostenibile, ancor di più in ragione delle caratteristiche specifiche della nostra Regione. Le acque rappresentano, per la Sardegna in particolare, un patrimonio naturale di inestimabile valore, essenziale per la tutela della biodiversità e per attività come acquacoltura, pesca e turismo. In tale contesto la condivisione di know-how ed esperienze è fondamentale. Progetti come Aquae Strength rafforzano le capacità diagnostiche, migliorano la sorveglianza epidemiologica e promuovono un uso più responsabile dei medicinali veterinari nella produzione ittica, riducendo l’impatto ambientale e migliorando la qualità delle produzioni”.

Un impegno condiviso anche dall’IZS delle Venezie, che dal 1994 è Centro di Referenza Nazionale per lo studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei, parte del Centro Specialistico Ittico (CSI), che ospita anche il Laboratorio di Referenza dell’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (WOAH) per l’encefalo-retinopatia virale dei pesci. “Gli Istituti sono oggi protagonisti di una rete di collaborazioni dal Mediterraneo fino all’Asia centrale e al Sud-Est asiatico – sottolinea Giuseppe Arcangeli, direttore del Centro. Iniziative come Aquae Strength e Central Aqua rafforzano la sicurezza alimentare dei prodotti ittici, Tarta-Net tutela la biodiversità del Mediterraneo monitorando lo stato di salute della tartaruga marina comune e la diffusione di geni di antibiotico-resistenza. Oltre alla ricerca e alla diagnostica avanzata, l’Istituto è impegnato su progetti mirati come quello sul granchio blu, che minaccia la biodiversità del Delta del Po, e partecipa a programmi europee come FuturEUAqua, per rendere l’acquacoltura più resiliente e sostenibile. È un lavoro di squadra che mette la scienza al servizio della salute pubblica e della tutela ambientale”.

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Fonte: quotidianosanita.it




Cambiamenti climatici: anche i mammiferi del deserto sempre più vulnerabili all’aumento delle temperature

Nonostante il termine deserto si associ a un’idea di vuoto o disabitato, gli ecosistemi desertici ospitano una componente importante di biodiversità, unica nel suo genere.

Da animali ormai noti ai più come la volpe del deserto a simboli della conservazione come l’orice (antilope africana e del Medio Oriente), fino a piccoli roditori: sono solo alcuni esempi della biodiversità che caratterizza i deserti del nostro Pianeta.

Le condizioni estreme alle quali queste specie sono esposte hanno portato nel tempo alla selezione di tratti che le rendono adatte alla vita di deserto. Tuttavia, nemmeno tali specifici adattamenti potrebbero essere abbastanza per far fronte alla crisi climatica.

A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Global ecology and biogeography, condotto dai ricercatori della Sapienza Università di Roma sui mammiferi della penisola arabica.

La ricerca sui mammiferi della Penisola arabica

I risultati dimostrano che le tolleranze termiche e gli adattamenti dei mammiferi di deserto all’aridità potrebbero rivelarsi inefficaci contro l’aumento delle temperature, esponendo questa componente unica della biodiversità a conseguenze potenzialmente disastrose.

“Abbiamo scelto per il nostro studio – spiega Chiara Serafini, ricercatrice del Dipartimento di biologia e biotecnologie Charles Darwin – una delle zone più aride della Terra. Non a caso qui si trova il più esteso deserto sabbioso al mondo, il Rub’ al-Khali. Questo ci ha consentito di indagare sulla risposta al cambiamento climatico delle specie che oggi vivono ai limiti termici del nostro Pianeta”.

Partendo dalla tolleranza termica delle singole specie, i ricercatori hanno constatato che i mammiferi della penisola arabica non soltanto si trovano a vivere ai confini termici della Terra. Ma sfidano anche i limiti concessi dalla loro stessa fisiologia. In altre parole, le condizioni climatiche in cui questi animali storicamente vivono sono estremamente vicine alla loro massima tolleranza possibile.

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Fonte: aboutpharma.it




Italia leader nell’economia circolare, ma in difetto sulla bio diversità

economia circolareE’ il quadro ambientale che emerge dall’analisi del Rapporto europeo “Europe’s Environment 2025” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, del Rapporto Ispra “Stato dell’Ambiente in Italia 2025: Indicatori e Analisi” e il Rapporto Ambiente SNPA.

L’economia circolare «va bene», la biodiversità è invece «una sfida aperta», mentre la qualità ambientale «presenta risultati ancora contrastanti».

È il quadro ambientale dell’Italia che emerge dall’analisi e dal confronto del Rapporto europeo “Europe’s Environment 2025” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, del Rapporto Ispra “Stato dell’Ambiente in Italia 2025: Indicatori e Analisi” e il Rapporto Ambiente SNPA. Tre Rapporti che, come sottolineano i promotori, «non sono studi isolati, ma parte di un’unica cornice conoscitiva fondata su indicatori ambientali ufficiali, costantemente aggiornati dall’Ispra e dal Snpa».

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Fonte: ilsole24ore.com



Zanzare Culex pipiens e virus West Nile: nuovo studio riscrive la storia evolutiva

Zanzare Culex pipiens e virus West Nile: nuovo studio riscrive la storia evolutiva

Nel 2025 l’Italia ha registrato un aumento significativo dei casi di virus trasmessi all’uomo dalle zanzare. Tra le specie più diffuse, la Culex pipiens ha infettato oltre 700 persone, metà delle quali ha sviluppato la forma neuroinvasiva del virus, con 69 decessi. Questo scenario preoccupa le autorità sanitarie e pone l’accento sulla necessità di comprendere meglio i meccanismi di trasmissione e adattamento delle zanzare vettori.

Le due forme di Culex pipiens presenti in Italia

Nel nostro Paese la Culex pipiens è presente in due varianti distinte. La forma molestus, che punge prevalentemente l’uomo durante le ore serali e notturne, e la forma pipiens, che invece preferisce nutrirsi del sangue degli uccelli. Queste differenze di comportamento influenzano il ruolo delle due forme nella diffusione dei virus, in particolare del West Nile, che si trasmette attraverso il passaggio del patogeno dagli uccelli agli esseri umani.

Lo studio che smentisce la “zanzara della metropolitana”

Per decenni si è creduto che la forma molestus si fosse evoluta solo negli ultimi due secoli, adattandosi agli ambienti sotterranei e urbani del Nord Europa, tanto da essere soprannominata la “zanzara della metropolitana di Londra”. Tuttavia, un nuovo studio internazionale, guidato dai ricercatori dell’Università di Princeton con la partecipazione della Sapienza di Roma e di altri atenei mondiali, ha ribaltato questa teoria.

Le origini antiche della Culex pipiens form molestus

La ricerca, pubblicata sulla rivista Science lo scorso 23 ottobre, ha analizzato il DNA di migliaia di esemplari di Culex pipiens provenienti da diverse aree geografiche. I risultati dimostrano che la forma molestus si è evoluta e adattata all’uomo tra 1.000 e 10.000 anni fa, in una società agricola dell’Antico Egitto. È in questo contesto che la specie avrebbe sviluppato la capacità di vivere a stretto contatto con gli insediamenti umani, abilità che nei secoli successivi le ha permesso di colonizzare anche gli ambienti sotterranei europei.

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Fonte: ambienteinsalute.it




Rapporto ASviS: “La sostenibilità non è un fastidio ma un investimento sul futuro”

albero, proteggere“A dieci anni dalla pubblicazione del primo Rapporto, crediamo ancora nei valori dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e ci ostiniamo a raccontare i risultati insoddisfacenti dell’impegno, talvolta puramente di facciata, dei 193 Paesi membri dell’Onu”. È con questo incipit che prende il via il nuovo Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) – ETS “Pace, giustizia e diritti: pilastri della sostenibilità. L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, presentato il 22 ottobre a Roma alla Camera dei Deputati. Il documento, realizzato con il contributo di centinaia di esperte ed esperti delle oltre 330 organizzazioni aderenti all’ASviS, offre un’analisi aggiornata e ragionata dell’attuazione dell’Agenda 2030 nel mondo, in Europa e in Italia, avanzando proposte concrete per il futuro.

La situazione globale

Quest’anno, più di ogni altro trascorso finora, il Rapporto fotografa un mondo attraversato da crisi multiple e da un preoccupante arretramento sul piano della pace, della giustizia e della tutela dei diritti. L’instabilità geopolitica e i conflitti armati – sono 59 quelli attivi nel mondo, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale – hanno causato quasi 50mila vittime civili nel 2024. In questo tragico conteggio, il numero di decessi di bambine, bambini e donne nel biennio 2023-2024 (soprattutto a Gaza) è aumentato di circa quattro volte rispetto al periodo precedente. La spesa militare globale ha raggiunto il livello record di 2.700 miliardi di dollari e potrebbe più che raddoppiare entro il 2035. Il numero di persone sfollate contro la propria volontà ha superato i 123 milioni, aumentando del doppio in dieci anni, per effetto di guerre e cambiamenti climatici. È per questo motivo che, si legge nel Rapporto, è stato deciso di richiamare nel titolo questi temi, per “ricordare che la pace, la democrazia e la tutela dei diritti sono pilastri dello sviluppo sostenibile”.

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Fonte: asvis.it




Le api selvatiche minacciate in Europa, aggiornata la Lista Rossa

apePer la prima volta, le api selvatiche sono state ufficialmente classificate come ‘in pericolo’ all’interno dell’Europa: grazie a un grande lavoro di monitoraggio e raccolta dati che ha colmato una lacuna di lunga data, i ricercatori hanno esaminato lo stato di conservazione della specie Apis mellifera in sette paesi europei, stimando un calo medio delle popolazioni selvatiche del 56% in un decennio.

 Questo ha permesso di aggiornare la Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) anche se, per quanto riguarda la regione europea, i dati rimangono molto carenti per aree come i Balcani, i Paesi Baltici, la Scandinavia e l’Europa orientale.

I ricercatori hanno monitorato, tra il 2013 e il 2025, 698 siti sparsi in Francia, Germania, Lussemburgo, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Secondo i dati raccolti, l‘Europa ha la più bassa densità del mondo di colonie che vivono libere in natura, dal momento che gli alveari gestiti negli allevamenti superano di gran lunga quelli selvatici, e queste già scarse colonie stanno anche vedendo diminuire i loro abitanti.

Fonte: ANSA



Risultati di quattro generazioni di selezione per il comportamento igienico sensibile alla Varroa nelle api mellifere

La sopravvivenza delle api mellifere, fondamentali per l’impollinazione e la sicurezza alimentare globale, è minacciata da Varroa destructor, un acaro parassita che ha rivoluzionato le sfide dell’apicoltura moderna. Un recente studio esplora l’impatto biologico e produttivo dell’infestazione, le strategie di contenimento attuali e le prospettive offerte dall’allevamento selettivo, con un focus sui comportamenti naturali di resistenza che potrebbero rappresentare la chiave per un’apicoltura più sostenibile. Di seguito l’approfondimento.

 Il settore dell’apicoltura è da tempo confrontato con una grave minaccia biologica: Varroa destructor, un acaro parassita che compromette gravemente la sopravvivenza delle colonie di Apis mellifera in tutto il mondo. Originariamente ectoparassita dell’ape asiatica (Apis cerana), con cui si è coevoluto. V. destructor è passato ad A. mellifera nel XX secolo, diventando rapidamente la principale causa di perdita di colonie nelle regioni temperate. L’acaro si riproduce all’interno delle celle di covata opercolate delle api mellifere e funge da vettore per diversi virus, in particolare il virus delle ali deformate (DWV), rendendolo una delle principali minacce alla salute e alla produttività delle colonie. Gli acari si nutrono del tessuto adiposo delle api in fase di sviluppo e adulte, compromettendo la funzione immunitaria, riducendo la durata della vita e indebolendo la resilienza della colonia. In assenza di un controllo efficace, le colonie infestate spesso collassano nel giro di pochi mesi.

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Fonte: assaspa.org