Italia leader nell’economia circolare, ma in difetto sulla bio diversità

economia circolareE’ il quadro ambientale che emerge dall’analisi del Rapporto europeo “Europe’s Environment 2025” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, del Rapporto Ispra “Stato dell’Ambiente in Italia 2025: Indicatori e Analisi” e il Rapporto Ambiente SNPA.

L’economia circolare «va bene», la biodiversità è invece «una sfida aperta», mentre la qualità ambientale «presenta risultati ancora contrastanti».

È il quadro ambientale dell’Italia che emerge dall’analisi e dal confronto del Rapporto europeo “Europe’s Environment 2025” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, del Rapporto Ispra “Stato dell’Ambiente in Italia 2025: Indicatori e Analisi” e il Rapporto Ambiente SNPA. Tre Rapporti che, come sottolineano i promotori, «non sono studi isolati, ma parte di un’unica cornice conoscitiva fondata su indicatori ambientali ufficiali, costantemente aggiornati dall’Ispra e dal Snpa».

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Fonte: ilsole24ore.com



Zanzare Culex pipiens e virus West Nile: nuovo studio riscrive la storia evolutiva

Zanzare Culex pipiens e virus West Nile: nuovo studio riscrive la storia evolutiva

Nel 2025 l’Italia ha registrato un aumento significativo dei casi di virus trasmessi all’uomo dalle zanzare. Tra le specie più diffuse, la Culex pipiens ha infettato oltre 700 persone, metà delle quali ha sviluppato la forma neuroinvasiva del virus, con 69 decessi. Questo scenario preoccupa le autorità sanitarie e pone l’accento sulla necessità di comprendere meglio i meccanismi di trasmissione e adattamento delle zanzare vettori.

Le due forme di Culex pipiens presenti in Italia

Nel nostro Paese la Culex pipiens è presente in due varianti distinte. La forma molestus, che punge prevalentemente l’uomo durante le ore serali e notturne, e la forma pipiens, che invece preferisce nutrirsi del sangue degli uccelli. Queste differenze di comportamento influenzano il ruolo delle due forme nella diffusione dei virus, in particolare del West Nile, che si trasmette attraverso il passaggio del patogeno dagli uccelli agli esseri umani.

Lo studio che smentisce la “zanzara della metropolitana”

Per decenni si è creduto che la forma molestus si fosse evoluta solo negli ultimi due secoli, adattandosi agli ambienti sotterranei e urbani del Nord Europa, tanto da essere soprannominata la “zanzara della metropolitana di Londra”. Tuttavia, un nuovo studio internazionale, guidato dai ricercatori dell’Università di Princeton con la partecipazione della Sapienza di Roma e di altri atenei mondiali, ha ribaltato questa teoria.

Le origini antiche della Culex pipiens form molestus

La ricerca, pubblicata sulla rivista Science lo scorso 23 ottobre, ha analizzato il DNA di migliaia di esemplari di Culex pipiens provenienti da diverse aree geografiche. I risultati dimostrano che la forma molestus si è evoluta e adattata all’uomo tra 1.000 e 10.000 anni fa, in una società agricola dell’Antico Egitto. È in questo contesto che la specie avrebbe sviluppato la capacità di vivere a stretto contatto con gli insediamenti umani, abilità che nei secoli successivi le ha permesso di colonizzare anche gli ambienti sotterranei europei.

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Fonte: ambienteinsalute.it




Rapporto ASviS: “La sostenibilità non è un fastidio ma un investimento sul futuro”

albero, proteggere“A dieci anni dalla pubblicazione del primo Rapporto, crediamo ancora nei valori dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e ci ostiniamo a raccontare i risultati insoddisfacenti dell’impegno, talvolta puramente di facciata, dei 193 Paesi membri dell’Onu”. È con questo incipit che prende il via il nuovo Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) – ETS “Pace, giustizia e diritti: pilastri della sostenibilità. L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, presentato il 22 ottobre a Roma alla Camera dei Deputati. Il documento, realizzato con il contributo di centinaia di esperte ed esperti delle oltre 330 organizzazioni aderenti all’ASviS, offre un’analisi aggiornata e ragionata dell’attuazione dell’Agenda 2030 nel mondo, in Europa e in Italia, avanzando proposte concrete per il futuro.

La situazione globale

Quest’anno, più di ogni altro trascorso finora, il Rapporto fotografa un mondo attraversato da crisi multiple e da un preoccupante arretramento sul piano della pace, della giustizia e della tutela dei diritti. L’instabilità geopolitica e i conflitti armati – sono 59 quelli attivi nel mondo, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale – hanno causato quasi 50mila vittime civili nel 2024. In questo tragico conteggio, il numero di decessi di bambine, bambini e donne nel biennio 2023-2024 (soprattutto a Gaza) è aumentato di circa quattro volte rispetto al periodo precedente. La spesa militare globale ha raggiunto il livello record di 2.700 miliardi di dollari e potrebbe più che raddoppiare entro il 2035. Il numero di persone sfollate contro la propria volontà ha superato i 123 milioni, aumentando del doppio in dieci anni, per effetto di guerre e cambiamenti climatici. È per questo motivo che, si legge nel Rapporto, è stato deciso di richiamare nel titolo questi temi, per “ricordare che la pace, la democrazia e la tutela dei diritti sono pilastri dello sviluppo sostenibile”.

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Fonte: asvis.it




Le api selvatiche minacciate in Europa, aggiornata la Lista Rossa

apePer la prima volta, le api selvatiche sono state ufficialmente classificate come ‘in pericolo’ all’interno dell’Europa: grazie a un grande lavoro di monitoraggio e raccolta dati che ha colmato una lacuna di lunga data, i ricercatori hanno esaminato lo stato di conservazione della specie Apis mellifera in sette paesi europei, stimando un calo medio delle popolazioni selvatiche del 56% in un decennio.

 Questo ha permesso di aggiornare la Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) anche se, per quanto riguarda la regione europea, i dati rimangono molto carenti per aree come i Balcani, i Paesi Baltici, la Scandinavia e l’Europa orientale.

I ricercatori hanno monitorato, tra il 2013 e il 2025, 698 siti sparsi in Francia, Germania, Lussemburgo, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Secondo i dati raccolti, l‘Europa ha la più bassa densità del mondo di colonie che vivono libere in natura, dal momento che gli alveari gestiti negli allevamenti superano di gran lunga quelli selvatici, e queste già scarse colonie stanno anche vedendo diminuire i loro abitanti.

Fonte: ANSA



Risultati di quattro generazioni di selezione per il comportamento igienico sensibile alla Varroa nelle api mellifere

La sopravvivenza delle api mellifere, fondamentali per l’impollinazione e la sicurezza alimentare globale, è minacciata da Varroa destructor, un acaro parassita che ha rivoluzionato le sfide dell’apicoltura moderna. Un recente studio esplora l’impatto biologico e produttivo dell’infestazione, le strategie di contenimento attuali e le prospettive offerte dall’allevamento selettivo, con un focus sui comportamenti naturali di resistenza che potrebbero rappresentare la chiave per un’apicoltura più sostenibile. Di seguito l’approfondimento.

 Il settore dell’apicoltura è da tempo confrontato con una grave minaccia biologica: Varroa destructor, un acaro parassita che compromette gravemente la sopravvivenza delle colonie di Apis mellifera in tutto il mondo. Originariamente ectoparassita dell’ape asiatica (Apis cerana), con cui si è coevoluto. V. destructor è passato ad A. mellifera nel XX secolo, diventando rapidamente la principale causa di perdita di colonie nelle regioni temperate. L’acaro si riproduce all’interno delle celle di covata opercolate delle api mellifere e funge da vettore per diversi virus, in particolare il virus delle ali deformate (DWV), rendendolo una delle principali minacce alla salute e alla produttività delle colonie. Gli acari si nutrono del tessuto adiposo delle api in fase di sviluppo e adulte, compromettendo la funzione immunitaria, riducendo la durata della vita e indebolendo la resilienza della colonia. In assenza di un controllo efficace, le colonie infestate spesso collassano nel giro di pochi mesi.

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Fonte: assaspa.org




Prima segnalazione di una nuova specie di Pesce Chirurgo per il Mediterraneo Centrale

Continua incessantemente l’attività del team internazionale di ricercatori zoologi affiliati al Museo Civico di Storia Naturale di Comiso, riuscendo a scoprire e pubblicando una nuova specie di Pesce Chirurgo (Acanthurus xanthopterus) di origine indopacifica, rinvenuto l’anno scorso lungo le coste del ragusano, esattamente a Torre di Mezzo.

Il ritrovamento è stato effettuato grazie alla tempestiva segnalazione di un collaboratore della citizen science del museo Federico Brugaletta (di Donnalucata, Ragusa), il quale non è la prima volta a segnalare il rinvenimento di particolari specie marine.
Il Team di ricerca è composto Gianni Insacco e Bruno Zava (Museo di Storia Naturale di Comiso, Italy), Maria Corsini-Foka (Institute of Oceanography, Rodi, Grecia ), Valentina Crobe e Fausto Tinti (Università Bologna) e Alan Deidun (Università Msida, Malta). L’articolo è uscito oggi sulla rivista BIR (BioInvasions Records).
E’ stato necessario quasi un anno affinché questo esemplare di pesce chirurgo venisse studiato e indagato geneticamente per attribuirne la specie con esattezza. L’identificazione tassonomica è stata effettuata attraverso analisi morfologiche e molecolari integrate.

Questo ritrovamento è molto importante perché rappresenta la prima segnalazione per le acque italiane e per il Bacino Centrale Mediterraneo, ma rappresenta anche la terza per l’intero Mediterraneo. Questa segnalazione, arriva a soli tre anni dalla sua prima raccolta nelle acque del mediterraneo egiziano, sembra indicare una rapida espansione verso ovest,  sebbene si possano prendere in considerazione ulteriori (e indipendenti) eventi di introduzione, a causa dell’attuale scarsità di dati sulla distribuzione della specie.
Lo studio tratta anche il rinvenimento e le possibili cause di introduzione anche di altre specie di pesci chirurgo, appartenenti ad altre specie, rinvenuti recentemente in mediterraneo. Considerando le acque costiere italiane, fino ad oggi infatti sono stati segnalati solo Acanthurus chirurgus e Zebrasoma xanthurum, il primo all’isola d’Elba nel 2012 e il secondo nelle acque della Sardegna orientale nel 2015 entrambi nel Mar Tirreno.

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Fonte: lescienze.it




Il valore immateriale delle cose

Nella presente era dell’Antropocene e nella nostra societa’, caratterizzate da un consumismo sempre più sfrenato, le fredde quanto ciniche logiche dell’economia sovrastano incontestabilmente tutte le altre.

Provo grande disagio e amarezza nel constatare che, nella narrazione mediatica che a ritmo incalzante fotografa la società contemporanea, ciascuno di noi venga rappresentato come una sorta di “espressione del PIL” di questa o di quella nazione.

Da ex professore universitario che si considera uno studente a vita e continua a mantenere rapporti umani e professionali particolarmente fecondi e gratificanti coi suoi ex studenti, mi preme sottolineare che nessun denaro potrà mai acquistare simili beni immateriali dal valore incommensurabile!

Da essi traggo ogni giorno linfa vitale nonché immensa soddisfazione e grandi benefici.

Il grado di felicità delle persone, non il vil denaro, costituisce la vera e propria cartina di tornasole mediante la quale si misura il benessere di una società.

Errare humanum est perseverare autem diabolicum!

 

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Convivenza tra api selvatiche e api allevate, solide evidenze scientifiche come base per politiche di gestione

apeLe api, sia selvatiche che allevate, svolgono un ruolo fondamentale per la biodiversità e la sicurezza alimentare, grazie alla loro attività di impollinazione, da cui dipende circa il 75% delle colture mondiali. Sebbene l’apicoltura gestita rappresenti un prezioso supporto per l’agricoltura, alcuni studi stanno approfondendo le possibili interazioni con le popolazioni di api selvatiche, al fine di garantire un equilibrio sostenibile tra esigenze produttive e tutela degli ecosistemi. La questione è complessa: le api mellifere sono un elemento chiave per l’impollinazione agricola, ma recenti studi stanno valutando come possano interagire con le api selvatiche in termini di condivisione di risorse.

Lo studio sull’isola di Giannutri

Le api mellifere sono un elemento chiave per l’impollinazione agricola e hanno un ruolo importante per la biodiversità; ma recenti studi stanno valutando come possano interagire con le api selvatiche in termini di condivisione di risorse. Secondo uno studio condotto sull’isola di Giannutri, la temporanea rimozione delle api allevate ha favorito un netto miglioramento nella presenza e attività delle api selvatiche, suggerendo che l’elevata densità di api mellifere consuma la maggior parte delle risorse, impoverendo l’habitat delle specie selvatiche.

Un esempio emblematico è rappresentato da uno studio condotto sull’isola di Giannutri (2,6 km²), utilizzata come contesto sperimentale ideale. In quest’isola, dal 2018, durante il periodo marzo-giugno venivano introdotti 18 alveari portando la densità a circa 7 arnie/km² (la media europea si attesta a circa 4,2 arnie/km²). Lo scopo dello studio era valutare la competizione trofica tra specie nelle fasi di impollinazione.

Durante la stagione di foraggiamento delle api selvatiche, i ricercatori hanno bloccato gli ingressi degli alveari per 11 ore al giorno, impedendo alle api mellifere di uscire, per osservare come cambiassero le condizioni per le specie selvatiche Anthophora dispar (ape solitaria) e Bombus terrestris (bombo)

I risultati hanno dimostrato che la temporanea rimozione delle api allevate ha favorito un netto miglioramento nella presenza e attività delle api selvatiche in termini di:

  • aumento della disponibilità di nettare e polline;
  • aumento dell’attività delle api selvatiche;
  • aumento dell’assunzione di nettare e ottimizzazione dei tempi di ricerca.

L’assenza temporanea di api mellifere ha aumentato significativamente le risorse floreali, consentendo alle api selvatiche di ottimizzare il foraggiamento. Inoltre, il monitoraggio lungo quattro anni ha evidenziato un drastico calo dell’80% circa per entrambe le specie target, suggerendo che l’elevata densità di api mellifere consuma la maggior parte delle risorse, impoverendo l’habitat delle specie selvatiche. Questo caso ha dimostrato come l’eccessiva densità di api mellifere possa alterare l’equilibrio ecologico locale.

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Fonte: IZS Venezie




Aggiornato l’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale

Lo scorso 17 luglio è stato pubblicato il regolamento di esecuzione (UE) n. 2025/1422, che porta a 29 (su 48) le specie vegetali segnalate in Italia
È sempre più difficile parlare di biodiversità vegetale, poiché nella nostra epoca moltissime persone hanno ormai perso il contatto con la natura e tendono a vedere le piante come un generico e anonimo oggetto di arredo o “sfondo verde” davanti al quale svolgere le proprie attività quotidiane. Questo fenomeno è ben noto ed è stato definito “cecità alle piante”. Nonostante ciò, interessarsi, conoscere e proteggere la biodiversità vegetale è fondamentale, poiché è proprio dalle piante che dipende la vita sulla terra per come oggi la conosciamo. Stime recenti indicano che oltre l’80% della biomassa di ambienti emersi sul nostro pianeta sia costituita da piante, che in quanto produttori primari sono alla base di tutte le catene alimentari, inclusa ovviamente la nostra specie Homo sapiens Linnaeus, 1758.

Assieme al consumo di suolo e al cambiamento climatico, uno dei principali problemi che nell’ultimo secolo stanno mettendo a rischio la biodiversità delle piante è il fenomeno delle invasioni biologiche: la presenza, cioè, di specie introdotte – consapevolmente o inconsapevolmente – dall’uomo al di fuori del loro areale naturale. Normalmente, le piante sono introdotte in coltivazione in un determinato territorio per essere utilizzate come ornamento o alimento. Può succedere che alcune di queste specie aliene (definibili anche alloctone o esotiche) inizino a sfuggire alla coltivazione (aliene casuali) e che, col tempo, acquisiscano la capacità di autosostenersi e riprodursi autonomamente senza l’intervento dell’uomo (aliene naturalizzate). Una porzione di queste specie può trovarsi talmente bene in un territorio da iniziare a diffondersi in modo incontrollato, andando a sottrarre spazio alle specie native (definibili anche autoctone) presenti nello stesso territorio con dinamiche naturali, o addirittura a sostituirle completamente. Si parla in questo caso di specie aliene invasive.

Il problema è ben documentato dalla comunità scientifica a livello globale. Recentemente, l’Unione Europea ha preso coscienza degli enormi rischi connessi con le invasioni biologiche, emanando una serie di regolamenti con elenchi – periodicamente aggiornati – di specie animali e vegetali da non detenere, da non commercializzare, da monitorare in caso di rinvenimento in natura e da eradicare precocemente ove possibile, secondo il Regolamento europeo UE 1143/2014 e successivi Regolamenti di esecuzione UE 2016/1141, 2017/1263, 2019/1262, 2022/1203 e 2025/1422, l’ultimo dei quali pubblicato lo scorso 17 luglio 2025. Tale regolamento è stato recepito dallo Stato italiano, che ha delegato alle Regioni la piena responsabilità della corretta gestione di questi organismi.

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Fonte: www.georgofili.info




L’Animal Task Force sottolinea il ruolo multifunzionale della zootecnia

Un nuovo e significativo documento, chiamato “Policy Brief – Livestock are more than food” (Gli animali da allevamento sono molto più che cibo), elaborato dall’Animal Task Force (ATF) e reso noto da FEFAC (Federazione Europea dei Produttori di Mangimi), mette in luce l’ampio spettro di benefici che la zootecnia europea offre alla società, andando ben oltre la mera produzione alimentare. Questa pubblicazione mira a sensibilizzare i decisori politici e il pubblico sulla profonda multifunzionalità del settore.

Il documento della ATF sottolinea come gli allevamenti siano un pilastro non solo per la sicurezza alimentare, garantendo proteine di alta qualità e micronutrienti essenziali, ma anche per la circolarità dell’economia. Gli animali, infatti, trasformano sottoprodotti agricoli e scarti non commestibili dall’uomo in risorse preziose, contribuendo a ridurre gli sprechi e a valorizzare filiere che altrimenti sarebbero sottoutilizzate. Questa capacità di conversione è fondamentale per un sistema alimentare efficiente e sostenibile.

Oltre a ciò, la zootecnia riveste un ruolo cruciale nella gestione del territorio e nella preservazione della biodiversità. Attraverso il pascolamento e la gestione delle aree rurali, gli animali contribuiscono a mantenere paesaggi aperti, a prevenire incendi e a sostenere ecosistemi complessi. Le loro deiezioni, opportunamente gestite, sono una risorsa preziosa per la fertilizzazione dei suoli, riducendo la dipendenza da fertilizzanti chimici e migliorando la salute del terreno.

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Fonte: mangimiealimenti.it