Prevedere le pandemie con la genetica dei virus

Abbiamo tutti acquisito familiarità con le mutazioni del virus responsabile del Sars-CoV-2 nel corso della pandemia e probabilmente tutti possiamo elencarne le varianti: Alpha, Delta e Omicron. La preoccupazione che ha destato la comparsa di nuove forme di Covid-19 offre una misura della pericolosità di questo fenomeno che è del tutto naturale.

Gli scienziati sono consapevoli del fatto che per contrastare le future pandemie sia necessario puntare sull’analisi di dati che possano indicarci le forme di evoluzione dei virus, cioè appunto la comparsa di varianti. Una variante si genera quando un virus, moltiplicandosi nell’organismo ospite, subisce una o più variazioni, dette mutazioni, nel suo patrimonio genetico che lo rendono diverso dal virus originario.

Uno studio pubblicato su Nature communications presenta i promettenti risultati di RecombinHunt, un nuovo metodo data-driven sviluppato dal dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano e dall’Università degli Studi di Milano: in grado di riconoscere, con grande precisione e efficienza computazionale, genomi ricombinanti di Sars-CoV-2 con uno o due punti di rottura.

Il significato della ricombinazione

La ricombinazione è un fenomeno che accade spontaneamente in virus a Rna proprio per assicurare loro la sopravvivenza. La ricombinazione del genoma è un meccanismo molecolare messo in atto dai virus per evolvere e per ingannare il sistema immunitario, che nel frattempo potrebbe aver provveduto a innescare strategie mirate a bloccare il patogeno.

Quando gli organismi si riproducono, utilizzano le istruzioni genetiche (rappresentate da Dna o Rna) per replicarsi. Ma dato che ciò avviene a un ritmo molto rapido nei virus, è facile che possano verificarsi errori, chiamati mutazioni. Quando il codice genetico è cambiato a causa di una mu tazione o di una serie di mutazioni, allora si parla di una variante. Una variante, sebbene diversa geneticamente, non differisce necessariamente nel comportamento dal virus genitore.

La ricombinazione consiste nel rimescolamento di due o più genomi virali in cui sono avvenuti questi errori per formare un nuovo genoma. I genomi si spezzano e si scambiano parti di sequenza. È un meccanismo molecolare che si verifica solo se due virus differenti circolano contemporaneamente e se infettano lo stesso organismo ospite, in modo che possano interagire durante la loro replicazione.

Nel caso della ricombinazione, il rimescolamento di due genomi può far sì che il virus generato manifesti le proprietà di uno o entrambi i virus.

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Fonte: aboutpharma.com




Dall’interazione robot-animali nuove soluzioni per affrontare la crisi climatica e ambientale

L’interazione tra robot e animali può offrire soluzioni innovative alla crisi climatica e ambientale. È questa la tesi proposta da due scienziati europei, Thomas Schmickl, professore presso l’University of Graz, e Donato Romano, ricercatore presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in un articolo pubblicato sulla rivista Science Robotics.

“L’obiettivo è sviluppare simbiosi tra organismi viventi e macchine in grado di generare proprietà collettive emergenti utili per la comprensione della complessità biologica, promuovere una gestione ambientale sostenibile, ispirare soluzioni in ingegneria, e fornire supporto in ambienti estremi” spiega Romano.

La collaborazione tra robot e animali per salvare il pianeta

Nel lavoro Schmickl e Romano hanno raccolto gli esempi più rilevanti di nuovi sistemi di interazione tra animali e robot sviluppati negli ultimi anni. Il grande vantaggio dell’interazione robot-animale è quello di creare sistemi che sfruttano il comportamento naturale degli animali e le capacità tecnologiche dei robot per affrontare problemi complessi. I robot possono collaborare con le specie animali per monitorare e proteggere gli ecosistemi, sostenere la biodiversità e migliorare la resilienza ecologica. Collaborando, animali e robot sono in grado di svolgere compiti di cui né l’uno né l’altro sarebbero capaci da soli, come ripristinare habitat, controllare specie invasive o raccogliere dati ambientali in tempo reale in modo non invasivo. Queste sinergie possono inoltre contribuire a gestire risorse naturali in modo sostenibile e a mitigare gli effetti negativi delle attività umane sugli ecosistemi.

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Fonte: aboutpharma.com




Vespa soror, chi è il nuovo calabrone arrivato in Spagna

Un nuovo calabrone è stato trovato in Spagna, nella regione delle Asturie affacciata sul Mar Cantabrico, nel Nord della penisola Iberica.

Si tratta di Vespa soror, una specie originaria del Sud Est asiatico, quindi di fatto una specie aliena.

La notizia ha iniziato a diffondersi dopo la pubblicazione alcuni giorni fa di un articolo sulla rivista scientifica Ecology and Evolution che fa il punto sul ritrovamento di questa nuova specie di calabrone, un ritrovamento che rappresenta anche la prima segnalazione di questo insetto sul continente Europeo.

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Fonte: agronotizie.it




Apicoltura: individuato acaro orientale in Georgia

apicolturaPotrebbe arrivare ancora dall’Asia la nuova minaccia per le api, la cui salute è già messa a dura prova dalla globalizzazione, dall’effetto dei cambiamenti climatici e dell’abuso di fitofarmaci. Si tratta dell’acaro Tropilaelaps mercedesae, un ectoparassita (che vive cioè sulla superficie esterna dell’ospite) originario delle api mellifere asiatiche giganti (Apis dorsata, A. breviligula e A. laboriosa), ma che sta provocando effetti negativi anche sulle colonie di api mellifere occidentali (Apis mellifera). Dopo il ritrovamento in Russia, l’acaro è adesso segnalato per la prima volta in Georgia, confermando la sua espansione geografica.

È quanto emerge dallo studio “First Report on Tropilaelaps mercedesae Presence in Georgia: The Mite is Heading Westward!” (Primo rapporto sulla presenza di Tropilaelaps mercedesae in Georgia: l’acaro si sta dirigendo verso ovest!), pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Apicultural Science, realizzato dall’’Istituto di Entomologia dell’Università di Agraria della Georgia anche grazie al contributo del CREA Agricoltura e Ambiente.

Lo studio. Sono state condotte ispezioni e analisi sui campioni di covata in sette colonie di api mellifere (A. mellifera caucasica) provenienti da tre apiari diversi. Nello specifico è stata effettuata l’analisi del DNA mitocondriale o barcoding (letteralmente il “codice a barre” del DNA), una tecnica che sfrutta particolari sequenze geniche – i marcatori molecolari – uniche e specifiche per ogni specie, consentendo così di determinare la specie di appartenenza di animali, piante o microrganismi. Inoltre, per confermare l’identificazione, sono state compiute misurazioni morfologiche degli acari. Le analisi svolte sui campioni hanno mostrato alti tassi di infestazione da T. mercedesae, una notevole capacità riproduttiva e co-infestazione da Varroa destructor, l’altro acaro parassita asiatico ormai noto all’apicoltura globale.

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Fonte: crea.gov.it




Cambiamento climatico. Raggiunto nuovo record di temperatura

Cambiamenti climaticiNonostante la speranza iniziale ispirata dall’accordo di Parigi del 2015, il mondo è ora pericolosamente vicino a violare il suo obiettivo di limitare il riscaldamento medio pluriennale globale a 1,5 °C. La temperatura media annuale della superficie ha raggiunto un massimo record di 1,45 °C al di sopra della linea di base preindustriale nel 2023 e nuovi picchi di temperatura sono stati registrati per tutto il 2024. Gli estremi climatici risultanti stanno mietendo sempre più vittime e mezzi di sostentamento in tutto il mondo.

Questi i nuovi dati globali dell’ottavo rapporto annuale sugli indicatori del “Lancet Countdown on Health and Climate Change”, riportati sulla rivista The Lancet.

I costi umani del cambiamento climatico
I dati del rapporto di quest’anno mostrano che le persone in tutto il mondo stanno affrontando minacce da record al loro benessere, alla loro salute e alla loro sopravvivenza a causa del rapido cambiamento climatico. Dei 15 indicatori che monitorano i rischi per la salute, le esposizioni e gli impatti correlati al cambiamento climatico, dieci hanno raggiunto nuovi record preoccupanti.

La mortalità correlata al calore delle persone di età superiore ai 65 anni è aumentata di un record del 167% rispetto agli anni ’90, 102 punti percentuali in più rispetto al 65% che ci si sarebbe aspettato senza l’aumento della temperatura. L’esposizione al calore sta inoltre influenzando sempre di più l’attività fisica e la qualità del sonno, influendo a sua volta sulla salute fisica e mentale. Nel 2023, l’esposizione al calore ha messo le persone impegnate in attività fisica all’aperto a rischio di stress da calore (moderato o superiore) per un record del 27,7% di ore in più rispetto alla media degli anni ’90 e ha portato a un record del 6% di ore di sonno perse nel 2023 rispetto alla media del periodo 1986-2005.

Le persone in tutto il mondo sono sempre più a rischio di eventi meteorologici estremi potenzialmente letali. Tra il 1961-90 e il 2014-23, il 61% della superficie terrestre globale ha visto un aumento del numero di giorni di precipitazioni estreme, che a sua volta aumenta il rischio di inondazioni, diffusione di malattie infettive e contaminazione delle acque. Parallelamente, il 48% della superficie terrestre globale è stato colpito da almeno 1 mese di siccità estrema nel 2023. L’aumento degli eventi di siccità e ondate di calore dal 1981-2010 è stato, a sua volta, associato a 151 milioni di persone in più che hanno sperimentato un’insicurezza alimentare moderata o grave in 124 paesi valutati nel 2022, il valore più alto registrato.

Le condizioni meteorologiche più calde e secche stanno favorendo sempre di più il verificarsi di tempeste di sabbia e polvere. Questo fenomeno meteorologico-ambientale ha contribuito a un aumento del 31% del numero di persone esposte a concentrazioni di particolato pericolosamente elevate tra il 2003-07 e il 2018-22 (indicatore 1.2.4). Nel frattempo, i cambiamenti nei modelli di precipitazione e l’aumento delle temperature stanno favorendo la trasmissione di malattie infettive mortali come la dengue, la malaria, la malattia correlata al West Nile virus e la vibriosi, esponendo le persone al rischio di trasmissione in luoghi precedentemente non interessati.

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Fonte: quotidianosanita.it




I cambiamenti climatici e l’impatto sulla diffusione delle zoonosi

zoonosiLe piogge copiose, le alluvioni e il caldo torrido e prolungato sono gli effetti del riscaldamento terrestre con cui gran parte dell’umanità sta facendo i conti. Fra le conseguenze, c’è anche la crescita dei casi di zoonosi. Se in passato, infatti, si poteva ritenere la sola stagione estiva il periodo a cui fare maggiore attenzione per la diffusione di zecche, zanzare, pulci o flebotomi, oggi non è più così. Le temperature miti, anche nei mesi autunnali e invernali, hanno allungato il ciclo di vita dei possibili vettori che proliferano in diversi ambienti e agevolato l’introduzione di specie considerate prima aliene. Di fronte a questo nuovo scenario, devono cambiare le strategie di prevenzione e intervento. Al nesso tra i mutamenti climatici e le zoonosi è dedicato il secondo appuntamento della rubrica “Salute e Zoonosi: prevenire e proteggersi”, curata dalla redazione di Aboutpharma, in collaborazione con Boehringer Ingelheim.

Le conseguenze sulla salute

Con il caldo, gli insetti e i parassiti si riproducono in maniera più veloce e più efficace. Anche nei mesi invernali, sono ormai divenuti frequenti, ad esempio, i casi di proliferazione di pulci e zecche che attaccano persone e animali e che in generale resistono alle temperature rigide. Le evidenze mostrano il diretto impatto che i cambiamenti hanno su tutte le forme di zoonosi e l’insorgenza di nuove infezioni anche con potenziale pandemico. Nel Vecchio continente, per esempio, si assiste all’aumento della diffusione della zanzara tigre, vettore di Dengue, febbre da Chikungunya, febbre West Nile, dei pappataci vettori della Leishmaniosi e delle zecche capaci di trasmettere la malattia di Lyme.

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Fonte: aboutpharma.com




Vespa velutina, nuovo avvistamento in Lombardia

vespa velutinaVespa velutina torna a farsi viva in Lombardia dopo più di due anni dall’ultima segnalazione.

Il 13 ottobre scorso infatti un apicoltore socio dell’Apava, l’Associazione dei Produttori Apistici della provincia di Varese, ha avvistato alcuni esemplari adulti a Leggiuno (Va), dando subito l’allarme.

La notizie è stata data il giorno dopo dalla stessa associazione apistica e poi rilanciata dal sito StopVelutina gestito dal Crea. Nella zona è già stata intensificata l’attività di monitoraggio e si sta cercando di individuare il nido per abbatterlo. Questa è la terza segnalazione dal 2017 ad oggi della presenza del calabrone asiatico nella regione.

La prima fu appunto nel 2017 in provincia di Mantova, a Borgofranco sul Po, dove fu ritrovato un unico individuo adulto. La seconda ben quattro anni dopo, nel 2021, quando a San Damiano del Colle in provincia di Pavia furono individuati alcuni adulti, e nei primi mesi del 2023 furono trovati anche i nidi ormai abbandonati.

La sporadicità dei ritrovamenti può indicare che il calabrone per ora non riesca ancora a colonizzare stabilmente i territori in cui è arrivato, pur essendo in grado di nidificare.

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Fonte: agronotizie.it




Fenologia, questa sconosciuta

Che cos’è la fenologia?

“Per fenologia intendiamo tutti quegli eventi che sono ricorrenti durante l’anno nella vita di un animale o di una pianta: ad esempio il periodo di deposizione delle uova, il periodo riproduttivo, delle nascite, di ingresso e di uscita dall’ibernazione, il periodo di arrivo dalle migrazioni…” spiega Sandro Bertolino, docente di Ecologia e Conservazione della natura all’Università degli Studi di Torino. “Insomma, sono tutti aspetti della fenologia quelli che caratterizzano il ciclo vitale di un individuo e che si ripetono di anno in anno. Questo per quanto riguarda gli animali. Esempi per le piante possono essere invece il periodo di comparsa delle foglie, il periodo della fioritura e di comparsa di semi e frutti e via dicendo”.

Ma perché è un concetto così strettamente correlato al cambiamento climatico? “Quello che si è visto col cambiamento climatico è che l’aumento della temperatura ha degli effetti sulla stragrande maggioranza degli organismi, che cambiano il periodo della loro fenologia. Questo nelle piante determina, in genere, un anticipo della riproduzione o della comparsa delle foglie e per gli insetti un anticipo della deposizione delle uova, ad esempio per molti lepidotteri o altre specie la comparsa dei bruchi è anticipata rispetto al passato”.

Lo stato dell’arte degli studi

“Ci sono studi su molte specie, di vertebrati e invertebrati” prosegue Bertolino. “In molti uccelli, ad esempio, la nascita dei piccoli è sincronizzata nel periodo di massima di disponibilità alimentare. Nelle cince e in altre specie, i piccoli vengono alimentati coi bruchi, quindi è conveniente avere i piccoli quando c’è il massimo di disponibilità di bruchi. Il problema è che con l’anticipo dello sviluppo della vegetazione a causa dell’aumento delle temperature e l’anticipo della deposizione delle uova da parte dei lepidotteri, si verifica spesso uno sfasamento temporale – detto mismatch – di diversi giorni o addirittura settimane tra il picco massimo di disponibilità dei bruchi e il periodo di massima richiesta di cibo da parte dei piccoli degli uccelli. Bisogna infatti considerare che gli insetti riescono a reagire più velocemente rispetto ai vertebrati ai cambiamenti climatici. Per gli uccelli è più difficile anticipare il periodo di deposizione delle uova, essendo questo regolato da un ciclo fisiologico più complesso. Se gli insetti possono anticipare il picco massimo di abbondanza anche di una o due settimane, gli uccelli spesso non riescono ad anticipare la deposizione delle uova e la loro schiusa. Questo sfasamento temporale può determinare una minore disponibilità alimentare nel momento delle massime esigenze da parte dei nascituri, con potenziali conseguenze negative nel lungo termine”.

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Fonte: piemonteparchi.it




Selvatici o domestici? Il confine tra cattività e domesticazione

Il commercio di animali esotici venduti come pet, animali d’affezione, sembra essere in perenne crescita e, alimentato anche dai social media, vede anche di continuo nuove specie che si aggiungono alla lista di quelle in voga, dai galagidi ai gufi. In alcuni casi, questi animali vanno anche incontro a un processo di selezione da parte degli allevatori, che li incrociano per ottenere determinate caratteristiche dal punto di vista estetico: ne sono un esempio i pitoni, commerciati in diversi morph, con colorazioni e pattern delle squame differenti.

La letteratura scientifica ha ampiamente sottolineato i rischi del commercio di animali esotici, che vanno dalla diffusione di specie aliene invasive (nel caso di abbandoni volontari o fughe involontarie) al contrabbando, fino alle minacce, in alcuni casi, per la conservazione delle specie. Ma c’è un altro aspetto sul quale vale la pena riflettere tenendo in considerazione i dati scientifici: possiamo iniziare a considerare questi animali come domestici, magari in virtù di una lunga storia di detenzione come animali d’affezione o della selezione genetica nell’allevamento?

Un animale nato in cattività, cresciuto con l’essere umano, che non lo teme ed è confidente, magari figlio e nipote di animali nati in cattività, non è automaticamente un animale domestico. La domesticazione è qualcosa di ben diverso dalla confidenza con la nostra specie: è un processo lungo centinaia o più spesso migliaia di anni e relativo numero di generazioni, sulle quali da un lato ha agito in modo più o meno deliberato l’essere umano, scegliendo certi animali ed escludendo gli altri, in base alle caratteristiche che di volta in volta gli venivano utili (docilità, tasso riproduttivo, dimensioni, velocità di crescita eccetera).

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Fonte: scienzainrete.it




G7 Veterinaria: zoonosi, antibioticoresistenza e biosicurezza “Concentrati sulle sfide del prossimo futuro”

“Una parola ricorrente durante i nostri lavori è stata “trust”, fiducia, perché i Paesi del G7 hanno chiaro il loro ruolo di leader nel proporre a livello globale le migliori pratiche per garantire la salute ed il benessere animale e la sicurezza alimentare, affinché il commercio di prodotti agroalimentari sia basato su regole sanitarie chiare e condivise e, appunto, sulla fiducia reciproca fra i Paesi”. Queste le parole di Ugo Della Marta, Capo dei Servizi Veterinari italiani,  che ha presieduto  il G7 della veterinaria, evento che ha riunito a Padova le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

Presenti i capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH.

Durante l’incontro sono stati presentati i sistemi messi a punto in Italia per verificare negli allevamenti il rispetto del benessere animale, la biosicurezza e tracciare l’uso di antibiotici, per supportare l’impegno continuo nella riduzione dell’uso di questi farmaci, per favorire la diminuzione di fenomeni di antibiotico resistenza.

Secondo recenti dati di Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, tra il 2014 e il 2021 l’uso degli antibiotici in Europa a livello zootecnico è diminuito del 44%.

Per quanto riguarda il nostro Paese, stando alle percentuali fornite da Aifa relative al 2022, per le specie animali destinate alla produzione di alimenti la riduzione totale di utilizzo di antibiotici è stata del 13,4%, con una riduzione del 14,2% del consumo di antibiotici autorizzati in formulazioni farmaceutiche per via orale.

Sempre stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2022 i livelli di consumo negli animali delle classi di antibiotici considerati critici per l’uomo sono state sotto la media europea.

L’Italia, se pur con risultati in linea con quelli europei, ha ancora molta strada da fare, le sfide che attendono il settore sanitario e quello agro-alimentare si stanno facendo via via più complesse. Carenze a livello di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento e consumo eccessivo di antibiotici danno origine a rischi sanitari sempre di più connessi tra loro, rendendo necessario un approccio e un osservatorio epidemiologico integrato.

Per affrontare queste sfide, tra gli strumenti a disposizione, c’è Classyfarm, fortemente voluto dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari  del Ministero della Salute.

E’ un sistema integrato nato  con l’obiettivo di categorizzare gli allevamenti in base al rischio per la sanità pubblica veterinaria e che è risultato fondamentale, per esempio, proprio nella lotta all’abuso di antibiotici.

“L’antibiotico resistenza – spiegano Antonia Ricci, DG dell’IZS delle Venezie, e Giorgio Varisco, DG dell’IZS della Lombardia e Emilia-Romagna – è un problema che, in un’ottica e con un approccio “One Health”, riguarda la salute di tutti, dell’uomo e dell’animale. Dal punto di vista veterinario stiamo puntando naturalmente sulla sorveglianza e il controllo ma anche sulla formazione. I sistemi informatici moderni, come Classyfarm, ci permettono poi di quantificare in modo oggettivo l’uso degli antibiotici e l’antibioticoresistenza, per evidenziare le situazioni più critiche dove bisogna intervenire, e quelle più virtuose da premiare. Il lavoro da fare è tanto ma possiamo dire di aver imboccato la strada giusta”.

Al centro del dibattito poi altri temi legati alla biosicurezza e alle zoonosi.

“Le sfide che la veterinaria italiana sta affrontando sono molteplici e complesse, basti ricordare la Peste Suina Italiana, l’influenza Aviaria, la Blue Tongue” conclude Giovanni Filippini,  DG Salute animale e Commissario per il contrasto alla PSA presso il ministero della Salute, ” ma il sistema nazionale, che vede una stretta collaborazione fra Ministero della Salute, servizi veterinari territoriali e la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha tutte le competenze per far fronte a queste difficoltà e tutelare le eccellenze produttive dell’agroalimentare italiano”

Fonte: IZS Venezie