Ispra: il clima in italia nel 2020 e il trend 1961/2020

Cambiamenti climaticiIl 2020 è stato un anno prevalentemente caldo in Italia, con condizioni di siccità estese a tutto il territorio nazionale, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Eventi meteorologici estremi hanno
interessato diverse aree del nostro Paese; particolarmente rilevante è stata la forte perturbazione che, fra il 2 e il 3 ottobre, ha portato precipitazioni intense e persistenti su diverse regioni, in particolare sul nord-ovest, investito da piogge alluvionali.

Sono alcune informazioni estratte dal XVI Rapporto “Gli indicatori del clima in Italia”, che illustra l’andamento del clima nel corso del 2020 e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia. Il rapporto si basa in gran parte su dati e indicatori climatici elaborati attraverso il Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA, www.scia.isprambiente.it), realizzato dall’Ispra in collaborazione e con i dati  el Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e delle altre reti di osservazione presenti sul territorio nazionale. I dati e le informazioni sul clima in Italia vengono trasmessi all’Organizzazione Meteorologica Mondiale e contribuiscono a comporre il quadro conoscitivo sull’evoluzione del clima a scala globale.

Qualche dato nel dettaglio.
TEMPERATURA
Mentre a scala globale sulla terraferma il 2020 è stato l’anno più caldo della serie storica – con un’anomalia di +1.44 °C rispetto al valore climatologico di riferimento 1961-1990 – in Italia è stato
il quinto anno più caldo dal 1961, registrando un’anomalia media di +1.54°C. A partire dal 1985, le anomalie sono state sempre positive, ad eccezione del 1991 e del 1996. Il 2020 è stato il
ventiquattresimo anno consecutivo con anomalia positiva rispetto al valore normale; il decennio 2011-2020 è stato il più caldo dal 1961.

Ad eccezione di ottobre, in tutti i mesi del 2020 la temperatura media in Italia è stata superiore alla norma, con un picco di anomalia positiva a febbraio (+2.88°C), seguito da agosto (+2.49°C). La
stagione relativamente più calda è stata l’inverno, che con un’anomalia media di +2.36°C, si colloca al secondo posto della serie storica.

Gli indici degli estremi di temperatura confermano che le notti e i giorni freddi mostrano una chiara tendenza a diminuire mentre i giorni e le notti calde mostrano una chiara tendenza ad aumentare.

Per quanto riguarda la temperatura superficiale dei mari italiani, il 2020, con un’anomalia media di +0.95°C, si colloca al quarto posto dell’intera serie dal 1961. Negli ultimi 22 anni la temperatura media superficiale del mare è stata sempre superiore alla media; nove degli ultimi dieci anni hanno registrato le anomalie positive più elevate di tutta la serie. Nel 2020 le anomalie sono state positive in tutti i mesi dell’anno, con i valori massimi ad agosto (+1.7°C) e a maggio (+1.4°C).

PRECIPITAZIONI
Il 2020 è stato il 23° anno meno piovoso dal 1961. Sull’intero territorio nazionale, i mesi mediamente più secchi sono stati gennaio (-75%) e febbraio (-77%), seguiti da novembre, aprile e
maggio, mentre dicembre è stato il mese mediamente più piovoso, con un’anomalia di +109%. Al Nord il mese più piovoso si conferma dicembre, con un picco di anomalia positiva di +182%,
seguito da ottobre (+69%) e giugno (+50%); anche al Centro il mese più piovoso si conferma dicembre, con un picco di anomalia positiva di +92%, seguito da giugno (+45%); al Sud e Isole i
mesi relativamente più piovosi sono stati settembre (+67%) e luglio (+58%). Novembre è stato il mese più secco al Nord (-85%), gennaio al Centro (-69%) e al Sud e Isole (-78%).

Anche nel 2020 non sono mancati eventi di precipitazione intensa.

I valori più elevati di precipitazione giornaliera sono stati registrati in occasione dell’evento alluvionale di inizio ottobre.
In un’ampia zona del Piemonte settentrionale, il 2 ottobre sono state registrate precipitazioni cumulate giornaliere comprese fra 400 e 500 mm; nella parte occidentale della Liguria e all’estremo
confine meridionale del Piemonte si sono superati localmente i 350 mm di precipitazione.

Indici climatici rappresentativi delle condizioni di siccità: valori elevati del numero di giorni asciutti, superiori a 300 giorni, si registrano in diverse aree del territorio nazionale, con punte di 341
giorni a Pescara e a Capo Carbonara (SU).

Il numero massimo di giorni asciutti consecutivi nell’anno ha raggiunto i valori più alti in Sardegna ed in Sicilia (fino a 90 giorni secchi consecutivi) e i valori più bassi sulla dorsale appenninica e su Alpi e Prealpi (fino a 20 giorni).

Fonte: ISPRA




IZS Ler: zanzara coreana sempre più presente in Lombardia

I giornali e diversi siti internet presentano alla nostra attenzione un nuovo tipo di zanzara: la zanzara coreana, la cui segnalazione è sempre più frequente in Lombardia ed è stata rinvenuta anche dai nostri laboratori nei monitoraggi ordinari per la West Nile (malattia trasmessa da zanzare) e tramite le attività previste da uno specifico progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute. Le caratteristiche di resistenza alle basse temperature fanno sì che la probabilità di impiantarsi stabilmente nei nostri territori sia sempre più alta.

Questa zanzara è in grado di trasmettere alcune filarie ed è stata segnalata come possibile vettore di encefalite giapponese in Russia; è stata in grado di trasmettere il virus del Chikungunya in laboratorio, ma la sua capacità di trasmettere malattie pericolose per l’uomo non è ancora caratterizzata con precisione.
L’areale d’origine della zanzara Aedes koreicus, comunemente detta zanzara coreana, è compreso fra il Giappone, il Nord-Est della Cina, la Corea e parte della Russia. Come la più nota zanzara tigre, questa zanzare è stata in grado di espandere negli ultimi anni il suo areale, arrivando in paesi nei quali non era presente. Questa espansione, legata all’ecologia della specie, è probabilmente dovuta al trasporto di uova o larve con il commercio internazionale, anche se l’esatta via di introduzione della zanzara coreana non è nota.

La prima segnalazione della specie in Europa risale al 2008 in Belgio, oggi la specie è segnalata in Svizzera, Germania, Ungheria, Austria, Slovenia, sulle Coste del Mar Nero ed Italia. La prima segnalazione Italiana risale al 2011 in Veneto, successivamente è stata rilevata in Trentino Alto Adige, Liguria e Lombardia. IZSLER ha attivamente monitorato l’espansione della zanzara coreana, rilevando la sua presenza in Lombardia, al confine con la Svizzera, già dal 2014. La presenza di questa zanzara è stata quindi confermata nelle province di Como e Sondrio, ma anche nelle province di Lecco, Bergamo, Varese e Milano, in particolare grazie ad un progetto di ricerca IZSLER attivato per definire la distribuzione delle specie di zanzare invasive nei territori di Lombardia e Emilia-Romagna (PRC2017_004)al quale hanno collaborato la virologia della Sede, la sede territoriale di Reggio-Emilia e le sedi di Sondrio e Binago. In Emilia-Romagna la zanzara coreana non è ancora stata rilevata.

Le preferenze alimentari della zanzara coreana non sono conosciute ma può pungere l’uomo, sia di giorno che di notte, anche se è meno aggressiva della zanzara tigre. Può condividere con la zanzara tigre le raccolte d’acqua di origine artificiale che fungono da focolai larvali. La capacità di produrre uova diapausanti (resistenti alle basse temperature) gli permette di superare gli inverni dei climi temperati. La zanzara coreana preferisce condizioni di temperatura inferiori rispetto alla zanzara tigre, occupa quindi zone con temperature medie più basse, dove la zanzara tigre si stabilisce con maggiore difficoltà; è quindi maggiormente presente in zone marginali per la zanzara tigre, in particolare le zone collinari ed è stata campionata in Italia fin sopra i 1200 m. Gli adulti non sono comunque in grado di superare la stagione fredda.

Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna




Zanzare ed epidemie: un modello per mappare il rischio

Il sistema sviluppato dall’Osservatorio Nazionale di Atene con Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Fondazione Edmund Mach e Università di Trento è stato premiato dalla Commissione Europea come miglior modello per predire le epidemie trasmesse dalle zanzare. Grazie ai nuovi fondi, sarà perfezionato un prototipo in grado di fornire in anticipo preziose indicazioni sull’intensità e la localizzazione di malattie come la malaria o la dengue.

Controllare le zanzare (anche) dallo spazio. Sembra un paradosso e invece è il fulcro di Eywa (EarlY WArning System for Mosquito-borne diseases), il sistema avanzato di allerta precoce per le malattie trasmesse dalle zanzare. Un progetto multidisciplinare coordinato dall’Osservatorio Nazionale di Atene al cui sviluppo partecipano l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), la Fondazione Edmund Mach (FEM) e l’Università di Trento (UniTrento).

Oggi l’80% della popolazione mondiale vive in aree dove è presente almeno una delle principali malattie trasmesse dalle zanzare, territori dove patologie come malaria, Chikungunya, dengue, febbre gialla o Zika causano oltre 700.000 morti all’anno.

Per contribuire a prevenire e mitigare l’impatto di queste malattie, la Commissione europea ha indetto un premio per finanziare il miglior prototipo che, basandosi dati geo-spaziali, consentisse di monitorarle e prevenirne la trasmissione all’uomo.

Una selezione nella quale il sistema Eywa è risultato il migliore, conquistando il primo premio e ricevendo una sovvenzione di 5 milioni di euro. Basato sulla combinazione di attività di campionamento e sorveglianza sul campo, su analisi di laboratorio, sviluppo di modelli matematici e mappe dinamiche, l’obiettivo di Eywa è quello di combinare i big data derivanti dall’osservazione della Terra e parametri ambientali, climatici, meteorologici, socioeconomici, demografici raccolti sul campo, definendo così un’infrastruttura capace di disegnare modelli predittivi di diffusione affidabili.

L’approccio interdisciplinare di Eywa – che incrocia i dati spaziali del portale Geoss, quelli raccolti dal programma di osservazione satellitare terrestre Copernicus e quelli ottenuti con attività sul campo – è stato possibile attraverso l’incrocio di varie competenze e professionalità. Una sinergia tra diversi attori che potrà ora beneficiare di un importante finanziamento per crescere e perfezionarsi, un percorso di affinamento al quale saranno chiamati anche i partner italiani del progetto, a cominciare dal Laboratorio di parassitologia, micologia ed entomologia sanitaria dell’IZSVe.

“Il progetto ha visto la collaborazione fra vari paesi, e il suo successo si basa sull’incontro di professionalità molto diverse, dagli entomologi ai matematici” dichiara Gioia Capelli, direttore sanitario dell’IZSVe “Ancora una volta le malattie trasmesse da vettori ci insegnano quanto l’approccio multidisciplinare settoriale alla salute unica sia oggi necessario. Il ruolo del nostro Laboratorio è stato quello di fornire i dati derivanti dal sistema di sorveglianza entomologica della West Nile Disease. Il dataset è stato utilizzato per confrontare e validare i dati predittivi sviluppati dai modelli matematici del sistema Eywa con dati reali di presenza e densità di zanzare Culex pipiens e del genere Anopheles in Veneto, vettori rispettivamente di West Nile virus e malaria”.

Tra i numerosi dati che compongono il sistema Eywa e partecipano alla definizione di un modello accurato, quelli ottenuti attraverso l’attività di campionamento entomologico in Trentino, un’azione svolta dalla Fondazione Edmund Mach, con particolare attenzione per le specie di zanzare di maggior interesse per la sanità del territorio.

“L’attività di ricerca della FEM che coordina il tavolo provinciale sul monitoraggio della zanzara tigre e di altre specie di vettori di interesse sanitario – spiega Annapaola Rizzoli, responsabile dell’Unità Ecologia applicata alla salute del Centro Ricerca e Innovazione – prevede di effettuare campionamenti sulle specie di zanzare di maggior interesse per la sanità, ma anche analisi di laboratorio finalizzate allo studio dei parametri vitali delle specie, incluso lo studio delle preferenze alimentari, e lo sviluppo di modelli matematici di previsione. Questa iniziativa senz’altro permetterà nuove collaborazioni scientifiche dalle potenziali importanti ricadute per la salute pubblica, non solo locale ma anche internazionale.

Quanti più sono i dati raccolti, e più ricca è la loro provenienza, tanto più sono necessari modelli matematici capaci di leggerli.

“Il nostro gruppo – chiarisce Andrea Pugliese, matematico di UniTrento – lavorava da tempo sulla modellizzazione dell’infezione del virus West Nile, una delle malattie trasmesse dalle zanzare. Cercavamo di capire come il clima, le temperature o altri fattori rendessero tali epidemie alcuni anni più pesanti e altri meno. Una expertise che abbiamo messo al servizio di Eywa per creare un sistema che avesse buoni livelli di predittività, per studiare le incidenze dei virus nelle varie zone. Un sistema che funziona abbastanza bene e che, con i nuovi fondi della Commissione europea, dovremo ora affinare ulteriormente”.

Il sistema EYWA è in fase di attuazione operativa in nove regioni europee e, da quest’anno, sarà trasferito nei paesi extra UE, Costa d’Avorio e Thailandia.

Fonte: IZS Venezie




Metà delle specie aliene marine arrivano in Ue via nave

Il trasporto marittimo svolge e continuerà a svolgere un ruolo essenziale nel commercio e nell’economia mondiale ed europea. Negli ultimi anni, il settore marittimo ha adottato misure significative per alleviare il proprio impatto ambientale.

In vista di un atteso aumento dei trasporti via mare a livello globale, con riferimento all’UE la relazione sull’impatto ambientale del trasporto marittimo europeo, presentata dall’Agenzia europea dell’ambiente e dall’Agenzia europea per la sicurezza marittima,  rivela per la prima volta la piena portata dell’impatto di tale settore sull’ambiente e individua le problematiche da risolvere per conseguire uno sviluppo sostenibile.

Dalla relazione emerge che nel complesso, dal 1949, il settore del trasporto marittimo è il principale responsabile dell’introduzione di specie non indigene nei mari dell’UE (circa il 50%), la maggior parte delle quali è stata rilevata nel Mediterraneo. Si tratta di un totale di 51 specie, tutte classificate ad alto impatto, perché possono incidere sugli ecosistemi e sulle specie autoctone. La relazione segnala anche che i dati disponibili per valutare l’impatto complessivo sugli habitat e sulle specie sono limitati.

Secondo il rapporto le navi che fanno scalo nei porti dell’Ue e dello Spazio economico europeo hanno generato circa 140 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 nel 2018, il 18% delle emissioni da trasporto marittimo su scala mondiale.

Migliora la situazione delle perdite di petrolio. Nonostante i volumi trasportati via mare siano aumentati negli ultimi 30 anni, su un totale di 18 grandi fuoriuscite accidentali di petrolio nel mondo dal 2010, solo tre sono state localizzate nell’Ue (17%).

A cura della segreteria SIMeVeP




Il Rapporto ISPRA sulla biodiversità in Italia

Ancora a rischio specie e habitat marini e terrestri. Necessari interventi di contrasto per il 35% delle specie esotiche piu’ pericolose

Situazione critica per le specie e gli habitat che popolano il nostro Paese: seppur tutelati ormai da decenni, sono in stato di conservazione sfavorevole il 54% della flora e il 53% della fauna terrestre, il 22% delle specie marine e l’89% degli habitat terrestri, mentre gli habitat marini mostrano status favorevole nel 63% dei casi e sconosciuto nel restante 37%.

E’ quanto emerge dal Rapporto ISPRA sulla biodiversità in Italia, disponibile on line sul sito dell’Istituto, che presenta il quadro aggiornato dello stato di conservazione delle specie animali e vegetali e degli habitat tutelati a livello comunitario presenti nel nostro Paese in ambito sia marino che terrestre. Il volume fornisce una sintesi commentata dei risultati che emergono dai dati italiani prodotti in risposta a direttive e regolamenti europei in materia di biodiversità e presenta i risultati emersi dalle tre rendicontazioni trasmesse dall’Italia alla Commissione
Europea nel 2019 nell’ambito delle Direttive Habitat e Uccelli e del Regolamento per il contrasto alle specie esotiche invasive.

L’Italia è tra i Paesi europei con maggior ricchezza di specie e habitat e con i più alti tassi di specie esclusive del proprio territorio; i dati presentati nel Rapporto, infatti, riguardano 336 specie di uccelli, 349 specie animali e vegetali e 132 habitat presenti nel nostro territorio e nei nostri mari, oltre che 31 specie esotiche invasive.

I risultati relativi all’avifauna mostrano che nonostante il 47% delle specie nidificanti presenti un incremento di popolazione o una stabilità demografica, il 23% delle specie risulta in decremento e il 37% è stato inserito nelle principali categorie di rischio di estinzione.

Inoltre il 35% delle specie esotiche invasive individuate come le più pericolose a scala europea presenti in Italia, non è stato ancora oggetto di alcun intervento gestionale finalizzato al contrasto. Ricchezza di specie e habitat sono accompagnati in Italia da elevata densità di
popolazione, forte pressione antropica e inarrestabile consumo di suolo.

In ambito terrestre tra le pressioni che minacciano la nostra biodiversità l’agricoltura è la principale causa di deterioramento per specie e habitat, seguita dallo sviluppo di infrastrutture e dall’urbanizzazione.

Tali pressioni sono tra le più ricorrenti anche per l’avifauna; in particolare le minacce connesse alle moderne pratiche agricole si ritiene abbiano inciso in modo determinante sulla drastica diminuzione delle popolazioni di specie tipiche degli ambienti agricoli, soprattutto in pianura e dove c’è maggiore utilizzo delle colture intensive.

In ambito marino il Rapporto mostra invece che le attività di prelievo e le catture accidentali rappresentano le maggiori fonti di pressione sulle specie di interesse comunitario, accompagnate dall’inquinamento, dai trasporti marittimi e dalla costruzione di infrastrutture, che insistono anche sulla maggioranza degli habitat marini, insieme alle attività con attrezzi da pesca che interagiscono fisicamente con i
fondali.

I risultati fanno emergere l’urgente necessità di un maggiore impegno nella conservazione e gestione di specie e habitat in Italia, anche in riferimento agli obiettivi della nuova Strategia Europea sulla Biodiversità per il 2030. È anche essenziale rafforzare gli sforzi di monitoraggio, perché le norme comunitarie impongono un salto di qualità nei dati che dovranno essere trasmessi nei prossimi anni.

Fonte: ISPRA




Raccomandazioni per l’UE sulla normativa concernente ricerca e sviluppo del Genome editing per piante e animali da allevamento

laboratorio

L’Unione Europea delle Accademie Agricole (UEAA), attraverso un gruppo di lavoro ha formulato e trasmesso alla Commissione dell’UE alcune raccomandazioni per la revisione della normativa, attualmente in vigore, sul Genome editing. L’Italia aderisce all’UEAA attraverso l’Accademia dei Georgofili con la quale mantiene stretti rapporti, anche in collegamento con UNASA (Unione Nazionale delle Accademie per le Scienze Applicate allo Sviluppo dell’Agricoltura).
Lo scorso mese di Ottobre l’UNASA, rispondendo alla “Consultazione pubblica sulla normativa europea per le piante prodotte con alcune Nuove Tecniche Genomiche”, ha preparato e trasmesso una nota nella quale, sulla base di articolate argomentazioni, si chiedeva il cambiamento delle normativa oggi in vigore nell’UE che fa considerare i prodotti ottenuti con il Genome editing uguali agli OGM, riconoscendo che, ogni qualvolta le nuove tecniche genomiche portano a ottenere un prodotto che è analogo, o addirittura non distinguibile, da qualcosa che si sarebbe potuto ottenere per mutagenesi spontanea e per incrocio, questo venga considerato alla pari delle varietà ottenute per incrocio e selezione. Tale documento è stato anche trasmesso all’UEAA, la quale, come si è anticipato, ha a sua volta ora inviato all’UE una serie di raccomandazioni per il Genome editing che sostanzialmente vanno nella stessa direzione di quelle espresse dall’UNASA.
Il documento dell’UEAA, infatti, ha come premessa generale la messa in evidenza della potenzialità delle Nuove Tecniche Genomiche, come il Genome editing, nel contribuire alla sostenibilità del sistema agroalimentare. Si sostiene, pertanto, che l’agricoltura europea deve fare affidamento sulle nuove tecnologie genomiche per produrre di più e meglio al fine di garantire l’alimentazione della popolazione e la tutela ambientale.
Le raccomandazioni sono formulate distinguendo tra: piante e animali da allevamento.
Per quanto attiene le piante si fa riferimento al sistema CRISPR associato all’enzima CAS9 (CRISPR/CAS9) e le richieste ricalcano sostanzialmente quelle contenute nel documento dell’UNASA. Per gli animali da allevamento, si sottolineano le ragioni e l’importanza della selezione genomica e si sostiene l’urgente necessità di regolare in Europa Ricerca e Sviluppo sulle Nuove Tecnologie Genomiche per gli animali da allevamento. Al riguardo si segnala l’incontro su “La genetica e le sfide future della zootecnia” tenutosi nell’ambito degli eventi promossi dall’Accademia dei Georgofili lo scorso mese di Settembre in occasione dell’incontro a Firenze dei Ministri dell’agricoltura dei G 20, i cui Atti sono disponibili sul sito dei Georgofili (https://www.georgofili.it/contenuti/genetica-sfide-zootecnia/9342)

Il documento dell’UEAA è consultabile sul sito dell’UNASA: http://www.unasa.net/notizie/

Fonte: gergofili.info




Vespa velutina: sempre più apiari positivi in provincia di Massa-Carrara

Vespa VelutinaAumentano le segnalazioni da parte degli apicoltori della provincia di Massa-Carrara per la presenza di Vespa velutina presso i loro apiari.

Dopo la provincia di Imperia, fortemente colpita ormai da diversi anni, quelle di La Spezia e Massa-Carrara appaiono le provincie più problematiche per numero di nuove segnalazioni.

Alcune segnalazioni provengono anche dalla Lunigiana (Mulazzo MS e Castelnuovo Magra SP), mentre nei giorni scorsi un primo nido è stato trovato e neutralizzato nella zona di Riccò del Golfo, dove nel 2020 ne era già stato neutralizzato un altro

Fonte: stopvelutina.it




Squalo Palombo comune, primo caso di nascita senza fecondazione maschile

Ispera 2L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (IZSPLV) è impegnato in analisi genetiche per confermare scientificamente che la nascita di un’esemplare femmina di Mustelus mustelus sia dovuta a un caso di partenogenesi, cioè avvenuta senza fecondazione maschile.

Nel maggio scorso all’Acquario Cala Gonone, sito nell’omonima frazione di Dorgali nella costa est della Sardegna in provincia di Nuoro era nata “Ispera” – speranza in sardo -. Di per sé un evento di routine in un acquario, se non fosse che nella grande vasca pelagica nella quale è venuta alla luce, vivono esclusivamente due femmine adulte di palombo.

L’IZSPLV sta effettuando lo studio dei “marcatori microsatellite” per dimostrare se si è in presenza di un caso di partenogenesi, individuando quale delle due femmine adulte di palombo abbia dato vita a “Ispera” senza fecondazione maschile.

Le analisi saranno disponibili entro un mese. Lo studio della partenogenesi attraverso l’utilizzo di marcatori genetici microsatellite prevede l’analisi delle sequenze di DNA non codificante, caratterizzate da corte unità ripetute in numero variabile, e caratteristiche per ciascun individuo; questa prerogativa consente infatti di sfruttare i microsatelliti per la creazione di profili genetici univoci, creando una sorta di impronta genetica del DNA.

L’evento riproduttivo, se confermato dalle analisi genetiche, sarebbe il primo caso documentato al mondo di partenogenesi in uno squalo palombo Mustelus mustelus.

La nascita di “Ispera” è in ogni caso una buona notizia perché la specie, a causa della pesca eccessiva, è a grave rischio di estinzione tanto da essere stata inserita nella lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN, International Union for Conservation of Nature).

Attualmente Ispera, che sarebbe un clone della sua mamma, gode di buona salute. Per salvaguardarla da potenziali minacce e per garantirle tutte le cure necessarie è stata temporaneamente trasferita in una vasca ad hoc dello stabulario dell’Acquario di Cala Gonone.

Il Mustelus mustelus è uno squalo della famiglia dei Triakidae, conosciuto comunemente come palombo. Diffuso nell’Oceano Atlantico e nel Mar Mediterraneo, non è pericoloso per l’uomo, può raggiungere la taglia massima di 2 metri e 24 anni di età.

Fonte: IZS Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta




Indagine internazionale sull’antibioticoresistenza in apicoltura

apicolturaAn international survey comparing antimicrobial resistance risk and  awareness between beekeepers in  Europe, the United Kingdom and North America”

Lo studio mostra i risultati di un’indagine internazionale on-line elaborata come strumento di valutazione del rischio sull’uso degli antimicrobici e la sensibilizzazione sulla resistenza antimicrobica tra gli apicoltori.

L’indagine è stata condotta in collaborazione tra la Divisione Produzione e Salute Animale della FAO, l’Appalachian State University (CARE) e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT).
Il sondaggio è durato 12 mesi in dieci lingue, a livello globale,  attraverso la piattaforma TECA (Tecnologie e Pratiche per i piccoli produttori agricoli) della FAO, in collaborazione con la Federazione Internazionale dell’Associazione degli Apicoltori (Apimondia).

Per quanto riguarda gli antibiotici, i risultati hanno mostrato, sia nel Nord America, nel Regno Unito e nell’Europa continentale, una percentuale piuttosto bassa di apicoltori (2-5%) che li utilizza per controllare le malattie infettive delle api mellifere.

In Europa non sono attualmente registrati antibiotici per le api perché si privilegia il controllo delle malattie infettive con l’applicazione di buone pratiche di apicoltura.

Per quanto riguarda la consapevolezza della resistenza antimicrobica da parte degli apicoltori, le esigenze specifiche di formazione sono legate alle carenti indicazioni in etichetta (soprattutto in Nord America) e  alle scarse conoscenze sulla funzione antimicrobica e sulla possibilità di trovarne i residui nei prodotti dell’alveare.

E’ importante garantire che gli apicoltori abbiano accesso a informazioni accurate, fornite da fonti affidabili e da esperti formati.

Fonte: IZS Lazio e Toscana




Salute delle api: operativa una nuova centrale dati

Il partenariato UE per le api (EUBP) ha inaugurato una nuova piattaforma dati online che rivestirà un ruolo cruciale nelle misure per proteggere la salute di api e insetti impollinatori. Il prototipo di piattaforma è uno strumento innovativo che centralizzerà, elaborerà e metterà a disposizione in forma visuale i dati relativi ad api e insetti impollinatori. 

Portatori di interesse da vari settori (associazioni di apicoltori e agricoltori, scienziati e accademici, agenzie UE, industria fitofarmaceutica, associazioni veterinarie, ONG e altri) hanno collaborato a stretto contatto per sviluppare il prototipo. L’organismo “BeeLife European Beekeeping Coordination” ne ha guidato lo sviluppo, finanziato grazie a un contributo dell’EFSA.

La raccolta di dati armonizzati su api e impollinatori prelevati da tutta Europa sarà fondamentale per il successo del nuovo protocollo EFSA per la valutazione del rischio ambientale derivante da fattori multipli di stress per le api, detto MUST-B.

L’EFSA presterà assistenza per la trasformazione del prototipo della piattaforma in strumento pienamente operativo con l’erogazione di un finanziamento per la fase di sviluppo successiva. Verrà presto indetto un bando di gara d’appalto per realizzare il progetto.

Fine ultimo è quella di riuscire a far diventare la piattaforma una vera e propria centrale che riunisca tutte le informazioni di rilievo, le conoscenze e i dati cumulati da e scambiati tra le parti interessate in tema di salute delle api e apicoltura, rendendo i dati pertinenti accessibili a utenti finali come apicoltori, associazioni di apicoltori o di agricoltori, ricercatori, agenzie e politici.

A tal proposito l’EFSA ha appena ricevuto dati raccolti sul campo da alveari sentinella di api mellifere in Danimarca e Portogallo. Tali raccolte sperimentali aiuteranno a calibrare il modello di simulazioner ApisRAM, che è il fulcro del protocollo MUST-B.

Fonte: EFSA