UE: uno studio per migliorare il trasporto dei vitelli

I vitelli non svezzati destinati alla produzione di carne bovina vengono trasportati su lunghe distanze nelle prime settimane di vita. Questo li espone a manipolazioni stressanti, privazione di cibo e acqua e sbalzi di temperatura. Un nuovo studio sostenuto dal progetto HoloRuminant esamina alcuni dei modi in cui queste sfide vengono affrontate al momento, delineando i potenziali benefici sia per il benessere dei vitelli che per la produttività del settore. Nell’industria lattiero-casearia, i vitelli vengono separati dalle madri poco dopo la nascita.

I vitelli che non saranno allevati come vacche da latte – noti come vitelli da latte non sostitutivi – possono essere allevati per la produzione di carne di vitello o di manzo. Qui inizia il lungo viaggio di questi vitelli non svezzati, che vengono raccolti da diversi allevamenti e trasportati in un centro di accoglienza e poi in strutture di ingrasso. A causa del tratto gastrointestinale e del sistema immunitario poco sviluppati, questi vitelli sono di conseguenza più suscettibili alle malattie. Un estratto, pubblicato dal Consiglio nazionale delle ricerche spagnolo (CSIC), partner del progetto HoloRuminant, riferisce: «Sebbene i requisiti di benessere degli animali legati al trasporto siano regolamentati dall’UE, possono ancora verificarsi pratiche di basso livello. Il monitoraggio della risposta ematologica dei vitelli al trasporto può fornire informazioni preziose per migliorare la gestione degli animali e le condizioni di trasporto, nonché per identificare precocemente i vitelli a maggior rischio di insorgenza di malattie. Questo, a sua volta, può mitigare il rischio di scarse prestazioni nelle strutture di ingrasso».

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Fonte: Commissione Europea




Protocollo per salmonellosi negli allevamenti di bovine da latte

Il documento è rivolto ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, ai veterinari che operano nei laboratori diagnostici territoriali degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e ai veterinari liberi professionisti.

La definizione del protocollo è stata possibile grazie al contributo determinante di diverse strutture dell’IZSVe, a partire dal Centro di referenza nazionale per le salmonellosi, insieme alla SCS4 – Epidemiologia, servizi e ricerca in sanità pubblica veterinaria, e alle sezioni diagnostiche dell’IZSVe, in particolare il Laboratorio diagnostica clinica e sierologia di piano (SCT1 – Sezione di Verona) e il Laboratorio di patologia, allevamento e benessere del bovino (SCT3 – Padova, Vicenza e Rovigo).

Il protocollo operativo definisce le azioni da applicare per la gestione dei focolai di salmonellosi bovina sostenuti dai sierotipi considerati di rilievo per la specie (S. Typhimurium, variante monofasica di S. typhimurium, S. Dublin e S. Enteritidis), ed è tuttavia applicabile in larga misura anche a focolai sostenuti da sierotipi diversi di Salmonella, mediante l’applicazione di approcci parzialmente rimodulati rispetto a quanto di seguito indicato.

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Fonte: IZS Venezie




Un’etichettatura come il nutri-score per benessere animale

muccaDiversi studi lo confermano: i consumatori europei vogliono che gli animali da allevamento siano trattati meglio possibile, e che le confezioni rechino in etichetta informazioni specifiche. Secondo un sondaggio effettuato dall’organizzazione di consumatori europei BEUC, reso noto a inizio 2024, per esempio, oltre il 90% dei cittadini supporterebbe nuove leggi finalizzate a migliorare il benessere animale. E ora la Francia, attraverso la sua agenzia per la sicurezza alimentare ANSES, fa un passo in questa direzione, pubblicando le linee guida per una sorta di di Nutri-Score dedicato, con lettere dalla A alla E, e colori dal verde all’arancio.

 Un’etichetta complessa

L’idea è quella di un’indicazione il più possibile completa, e cioè che non tenga conto, come accade ora nella maggior parte dei casi commerciali, solo del sistema di allevamento (con diciture che sottolineano: a terra, all’aria aperta e così via). In concreto, ciò significa valutare le situazioni nella loro complessità, attraverso 14 parametri in sei ambiti per le tre fasi fondamentali (allevamento, trasporto e macellazione) della vita degli animali. Il tutto alla luce di ciò che dicono gli studi scientifici, e avendo sempre presente la definizione di benessere data dalla stessa agenzia nel 2018: “Il benessere di un animale è lo stato mentale e fisico positivo legato alla soddisfazione dei suoi bisogni fisiologici e comportamentali, nonché delle sue aspettative. Questo stato varia a seconda della percezione che l’animale ha della situazione.”.

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Fonte: ilfattoalimentare.it




Come gestire un focolaio di salmonellosi negli allevamenti di bovine da latte: il protocollo dell’IZS delle Venezie

Il Centro di referenza nazionale per le salmonellosi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con la Regione del Veneto, ha redatto un protocollo per la gestione dei focolai di salmonellosi, negli allevamenti di bovine da latte, causati da Salmonella Typhimurium, inclusa la variante monofasica, Salmonella Dublin e Salmonella Enteritidis.

Il protocollo stilato è rivolto ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, ai veterinari che operano nei laboratori diagnostici territoriali degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e ai veterinari liberi professionisti. Definisce le azioni da applicare per la gestione dei focolai ed in particolare fornisce indicazioni sulle modalità di:

  • gestione delle segnalazioni di positività;
  • esecuzione del primo sopralluogo e azioni da svolgere a seguito della segnalazione di positività
  • misure da intraprendere in base agli esiti del sopralluogo in azienda e degli accertamenti analitici
  • gestione del focolaio d’infezione
  • estinzione del focolaio

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Fonte: Ruminantia




Influenza aviaria: sorveglianza post-vaccinazione strumento cardine per movimentare in sicurezza i volatili

All’EFSA è stato richiesto di fornire una panoramica completa sulle opzioni efficaci di sorveglianza e le misure di riduzione del rischio di influenza aviaria. I nostri scienziati hanno esaminato tali misure e hanno valutato se le strategie di sorveglianza disponibili possano attestare l’assenza della malattia, consentendo così la movimentazione sicura del pollame e dei relativi prodotti.

I nostri esperti hanno esaminato in modo specifico le strategie di sorveglianza in scenari di vaccinazione di emergenza e preventiva, stabilendo le specie di pollame oggetto di vaccinazione (gallina ovaiola, tacchino o anatra), il numero di animali da sottoporre ad analisi, il metodo diagnostico appropriato e il periodo di campionamento.

Nel caso di vaccinazione di emergenza contro l’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), i nostri scienziati hanno concluso che, per essere efficaci, i programmi di sorveglianza per l’individuazione precoce di nuovi focolai dovrebbero tenere conto del tipo di pollame e del numero di capi nell’allevamento. Se si applica la vaccinazione preventiva, per attestare l’assenza di malattia si raccomanda di effettuare analisi virologiche mensili su un numero massimo di 15 volatili morti, onde salvaguardare la movimentazione del pollame e dei relativi prodotti. Inoltre sia i branchi di volatili vaccinati che quelli non vaccinati vanno sottoposti a sorveglianza passiva.

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Fonte: EFSA




Mangimi più circolari riducono il consumo di acqua e di suolo

Mangimi più circolari aiutano a proteggere le risorse naturali, salvaguardando suolo e acqua. È il risultato dello studio “Preservare la terra e le risorse idriche globali attraverso la sostituzione delle colture per l’alimentazione del bestiame con sottoprodotti agricoli“. Pubblicato in copertina da Nature Food, è il frutto della collaborazione tra il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Milano e mette in luce come un maggior utilizzo di sottoprodotti nel settore mangimistico, in un’ottica circolare, possa portare a un significativo risparmio dell’uso di suolo e di risorse idriche e, pertanto, a una maggior sostenibilità dei sistemi agroalimentari.

“L’impiego di sottoprodotti agricoli nelle diete animali diminuirebbe la competizione tra i settori e la pressione sulle risorse, rendendo maggiore la disponibilità di calorie per l’uomo e potrebbe raggiungere anche il risultato di far aumentare la sicurezza alimentare in diversi Paesi, con scelte alimentari più salutari oltre che più sostenibili”. Sceglie parole nette Camilla Govoni, ricercatrice del Politecnico di Milano, che ha condotto lo studio con Maria Cristina Rulli del Politecnico di Milano, Paolo D’Odorico della University of California at Berkeley e Luciano Pinotti dell’Università degli Studi di Milano, per commentare lo studio realizzato dal team interdisciplinare.

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Fonte: economiacircolare.it




Linee guida “Uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento bovino da latte”

n attuazione della politica nazionale sull’impiego prudente degli antimicrobici, la Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari – ufficio 4 Medicinali veterinari – pubblica le linee guida in materia di uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento bovino da latte.

Le presenti Linee guida, alla loro 3ª revisione, sono state predisposte da un gruppo multidisciplinare, tenendo in debito conto gli aggiornamenti scientifici e le nuove disposizioni normative europee. Il documento è stato oggetto di consultazione telematica della sub-area sanità animale del coordinamento interregionale prevenzione, senza ricevere ulteriori osservazioni.

Esse si propongono come strumento non cogente, utile per condividere le problematiche poste dalla resistenza antimicrobica fra medici veterinari che operano nel settore della produzione primaria e quelli impiegati in istituzioni pubbliche (Regioni, Aziende Sanitarie, Istituti Zooprofilattici Sperimentali, Università, etc.), per una migliore tutela della salute pubblica e della salute animale, con la finalità di attuare un confronto costante tra autorità competenti, operatori e i medici veterinari, circa le scelte ragionate di trattamento dell’animale.

Fonte: Ministero della Salute




Allevamenti a basso impatto con il life cycle assessment

muccaNegli ultimi anni le smart technology hanno trovato il loro posto negli allevamenti – in Italia come in altri Paesi – e hanno contribuito ad aumentare l’efficienza e la sostenibilità dei processi zootecnici.

In un’ottica One Health è fondamentale misurare l’impatto non solo sulla produttività, ma anche sull’ambiente, sulla salute animale e sui lavoratori delle tecnologie innovative che si stanno diffondendo, per identificare quelle più utili. Uno strumento riconosciuto e usato allo scopo è la valutazione del ciclo di vita o life cycle assessment (Lca). Una metodologia, standardizzata a livello internazionale, che permette di valutare e quantificare i carichi ambientali e gli impatti potenziali associati a un prodotto, a un processo o a un’attività lungo l’intero ciclo di vita: a partire dall’acquisizione delle materie prime fino al “fine vita”.

Lice cycle assessment: una realtà anche nella zootecnia

La metodologia, applicabile a tantissimi ambiti diversi, viene impiegata in agricoltura da circa 20-25 anni e più di recente anche in zootecnia.

Marcella Guarino, professore ordinario all’Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali) studia le smart technology usate negli allevamenti intensivi in Italia. E dal 2017, insieme al collega Jacopo Bacenetti, usa il life cycle assessment per cercare di capire l’impatto dell’innovazione in zootecnia sull’ambiente e sulla società.

“I prodotti di zootecnia di precisione oggi sono ampiamente diffusi e permettono agli allevatori di gestire un allevamento con più tecnologia, più controllo e con la possibilità di ridurre l’intervento umano: il tutto nell’ottica del One Health – racconta Guarino -. Nei nostri studi cerchiamo di paragonare un’attività prima e dopo l’introduzione di una particolare tecnologia, per capire se, in che misura e in che modo questa migliora l’impatto ambientale e la salute animale”.

Usare la metodologia Lca, spiega Bacenetti, consiste nel definire i flussi di massa ed energia tra sistema (un allevamento intensivo ad esempio) e ambiente. “Prendiamo in considerazione tutto ciò che viene consumato, come i mangimi, il gasolio, i prodotti per la pulizia, e le emissioni nell’ambiente, quindi l’emissione di inquinanti legati ai gas di scarico dei trattori, oppure emessi all’animale o i reflui da loro prodotti. Tutti questi dati vengono inventariati e convertiti in indicatori di impatto ambientale usando un fattore di conversione”.

In questo modo i ricercatori possono stimare l’impatto sul cambiamento climatico o la produzione di particolato, per esempio.

Come ridurre l’ammoniaca in suinicoltura

Bacenetti e Guarino stanno concludendo un progetto sull’efficienza di diverse soluzioni (in parte appositamente sviluppate) per l’abbattimento di polvere e ammoniaca negli allevamenti intensivi di suini.

L’Italia è tra i principali paesi produttori di carne suina nell’Unione europea, con circa nove milioni di capi (di cui il 50 per cento in Lombardia). Gli allevamenti di suini generano emissioni di ammoniaca (NH3), che contribuiscono ai fenomeni di acidificazione ed eutrofizzazione. L’ammoniaca è un precursore del particolato fine (PM 2,5), a cui si giunge attraverso reazioni chimiche con il biossido di zolfo (SO2) e ossidi di azoto (NOx). Con significativi effetti negativi sulla salute umana.

“L’Italia ha la particolarità di produrre il prosciutto di Parma, per cui alleviamo animali che arrivano a pesare anche 180 chili. In questi allevamenti vengono prodotte importanti quantità di ammoniaca. Per questo abbiamo pensato di installare uno scrubber che, usando l’acido citrico, catturi l’ammoniaca sottraendola cosi all’ambiente”, spiega Guarino.

La macchina è uno scrubber a umido costituito da due serbatoi: il primo contenente solo acqua per catturare il particolato ed il secondo acqua in soluzione con acido citrico, per catturare l’ammoniaca. L’aria, prelevata all’interno dei ricoveri grazie ad una pompa di aspirazione, passa attraverso i due serbatoi ed è poi reimmessa nella stanza.

“I nostri sono solo prototipi, ma le grandi aziende hanno colto il vantaggio e stanno riadattando dei sistemi per garantire all’interno degli allevamenti una qualità dell’aria appropriata”, nota Guarino.

Le tecnologie più diffuse

Sulla base degli studi condotti da Guarino e dai suoi colleghi, in particolare in Lombardia, sono diverse le tecnologie che permettono di aumentare l’efficienza degli allevamenti e di ridurre l’impatto ambientale delle attività.

“Prima di tutto sono importantissimi i sistemi di early warning, che permettono il monitoraggio della salute animale 24 ore su 24, 7 giorni su 7, come i rilevatori della tosse dei suini che permettono di identificare immediatamente un problema di salute e di prevenirlo. Sono poi utili tutte le tecnologie di gestione e ottimizzazione che consentono di sfruttare al massimo il ciclo di vita degli animali. Esistono oggi macchine che permettono di allattare il vitello più volte al giorno o di distribuire l’alimento agli animali in mungitura in modo automatizzato più volte al giorno e in base alle necessità dell’animale. Sono poi molto interessanti tutti gli scrubber che permettono di pulire l’aria”, racconta l’esperta.

Contrasto alla formazione di biogas

Dalle ricerche, nota Bacenetti, è anche emerso che la maggior parte dell’impatto ambientale degli allevamenti è legato all’alimentazione degli animali.

“Nell’ultimo anno molti allevatori di bovini da carne hanno cercato di modificare la dieta degli animali: sostituendo i prodotti ad alto impatto con sottoprodotti dell’industria agroalimentare”, commenta l’esperto. “Abbiamo anche osservato che, tra le soluzioni di mitigazione dell’impatto in zootecnia, una delle più efficaci è la realizzazione di impianti di biogas grazie ai quali, nel caso di allevamenti di bovini da carne, è possibile ridurre l’impatto ambientale di un allevamento mediamente del 10 per cento”.

La certificazione sarà richiesta dalla Gdo

Secondo Guarino sempre più aziende – e in particolare un numero sempre maggiore all’interno della grande distribuzione organizzata – richiederà nei prossimi anni una certificazione Lca.

“L’Europa si è data un obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 e il mercato sta andando in questa direzione: sono gruppi di distribuzione che stanno portando avanti politiche per acquisire solo prodotti a impatto zero”.

Zootecnia smart a beneficio dei lavoratori

I ricercatori hanno notato che una zootecnia smart va anche a beneficio di coloro che lavorano negli allevamenti. “Abbiamo visitato un allevamento di vacche da latte in provincia di Cremona, il più evoluto in Italia dal punto di vista tecnologico – racconta la ricercatrice – e ci siamo resi conto che, oltre ad essere particolarmente efficiente, l’azienda è anche un luogo di lavoro molto ambito perché il lavoro più pesante da un punto di vista fisico viene fatto dalle macchine”.

I ricercatori hanno allora intrapreso degli studi per valutare l’impatto sociale degli allevamenti intensivi suini, usando il Social life cycle assessment (S-Lca): una metodologia ancora poco esplorata in ambito zootecnico. “Intendiamo scoprire come i lavoratori degli allevamenti vivono l’uso delle tecnologie”, dice Guarino.

L’uso del social life cycle Assessment in ambito zootecnico si è però rivelato più complesso del previsto. L’approccio è molto più qualitativo rispetto all’Lca classico e si basa sulla disponibilità dei lavoratori a rispondere a una serie di domande sul salario, sulla regolarità dei pagamenti, sulla percentuale di lavoratori con regolare contratto di lavoro, sulle ore di formazione, sulle ore lavorative settimanali, sugli straordinari, gli infortuni e sulle malattie correlate al lavoro.

La reticenza degli allevatori

Domande a cui non sempre è stata data una risposta volentieri.

“Abbiamo cercato di intervistare i lavoratori degli allevamenti di suini in Italia e in Catalogna – racconta Bacenetti – ma i risultati non sono stati sempre soddisfacenti. Non perché abbiamo rilevato situazioni di bassa sostenibilità sociale ma perché gli allevatori non condividono volentieri queste informazioni. Nessun allevamento della Catalogna ci ha concesso i colloqui dopo che avevamo anticipato loro le domande, mentre in Italia siamo riusciti a effettuare interviste in un numero limitato di allevamenti. C’è poi un’altra criticità: il metodo si basa non solo sulla disponibilità degli intervistati, ma anche sulla loro sincerità. C’è quindi il rischio che a partecipare alla valutazione siano le aziende più virtuose e attente al benessere degli animali e dei lavori nonché più propensi a collaborare con le comunità locali”.

La rilevazione del benessere animale

Il S-Lca è quindi uno strumento da migliorare per riuscire ad ottenere un quadro realistico delle condizioni dei lavoratori negli allevamenti in Italia e all’estero.

Bacenetti nota che intanto alcuni ricercatori stanno cercando di implementare un Lca che permetta la valutazione del benessere animale. “Potrebbe essere interessante, ma bisognerà considerare indicatori diversi per ogni specie”.

In ogni caso al momento risulta evidente che una zootecnia attenta alla sostenibilità ambientale e al benessere animale che fa uso delle tecnologie disponibili per migliorare l’efficienza e l’impatto delle attività è nell’interesse dell’allevatore e dei lavoratori.

Secondo Guarino però non è chiaro chi e come dovrebbe sostenere l’aumento dei costi dovuto all’introduzione dell’innovazione. “Dobbiamo riflettere sugli allevamenti intensivi e chiederci se il consumatore sia disposto a pagare di più per dei prodotti che impattino meno sull’ambiente”.

Fonte: aboutpharma.it




Nuova funzionalita’ VETINFO – Allevamenti Autorizzati alle movimentazioni

portale VetinfoE’ attiva nella Banca Dati Nazionale la nuova funzionalità per gli allevamenti autorizzati alle movimentazioni.

Le autorizzazioni si riferiscono agli animali delle specie indicate, detenuti per ingrasso, transumanza, pascolo, monticazione, vita e riproduzione, movimentati tra territori nazionali con differente status sanitario per la prevenzione della diffusione di infezioni da Brucella abortus, Brucella melitensis, Brucella suis, da complesso MTBC e da Leucosi bovina enzootica.
La funzionalità è attiva al percorso <Anagrafiche -> Allevamenti autorizzati alle movimentazioni> all’interno della Banca Dati Nazionale.

Il Manuale descrive la funzionalità per i Servizi Veterinari per l’inserimento e la consultazione degli allevamenti autorizzati.

Scarica il Manuale

Fonte: Ministero della Salute




Come sviluppare pareri scientifici in materia di benessere animale nel contesto della strategia Farm to Fork

Il benessere degli animali riveste un ruolo sempre più preponderante nel mandato dell’EFSA. Le valutazioni scientifiche dell’Agenzia sono di aiuto ai gestori del rischio nell’individuare metodi per ridurre il dolore, il disagio e altre forme di sofferenza negli animali, migliorando il loro benessere dove possibile. Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sulla salute e il benessere degli animali  ha valutato molte delle componenti del benessere animale quali la stabulazione e la gestione, il trasporto e la macellazione di animali d’allevamento come suini, ovini, pollame, bovini e pesci. I portatori di interesse svolgono un ruolo centrale nell’emanare raccomandazioni e linee guida, individuando questioni di potenziale preoccupazione e fornendo commenti sulle attività dell’EFSA e sui suoi approcci scientifici.

EFSA ha prodotto una linea guida metodologica per sviluppare diversi pareri scientifici sul benessere e la protezione degli animali in risposta a sette mandati ricevuti dalla Commissione europea nel contesto della revisione della strategia Farm to Fork (F2F).

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