Emergenza Ucraina, SIMeVeP sostiene la raccolta fondi della Federazione europea dei banchi alimentari

Per portare un aiuto concreto e tempestivo alla popolazione Ucraina, la SIMeVeP ha deciso di sostenere la raccolta fondi avviata dalla Federazione europea dei banchi alimentari, di cui fa parte BancoAlimentare, partner con cui da oltre 5 anni abbiamo una collaborazione che ci vede alleati nel recupero di eccedenze alimentari da destinare alle persone in difficoltà, garantendone la sicurezza alimentare.

Come si legge sul sito di BancoAlimentare , il 28 febbraio 2022 la Federazione Europea dei Banchi Alimentari ha convocato una riunione urgente con tutti i presidenti dei suoi membri in 29 paesi europei e un rappresentante del Global FoodBanking Network dagli USA.

I rappresentanti della Kyiv City Charity Foundation “Food Bank” hanno testimoniato che Kyiv è completamente isolata mentre in altre città, dove la situazione della sicurezza lo permette, la Kyiv City Fondazione di beneficenza della città di Kiev “Banco alimentare” continua le sue attività per fornire assistenza alimentare alle organizzazioni caritatevoli che ospitano anche i rifugiati. Si prevede che Kiev esaurirà le sue riserve alimentari entro un mese.

Nei paesi vicini, i banchi alimentari recuperano e consegnano cibo ai centri per rifugiati, in particolare in Ungheria, Moldavia, Polonia, Romania e Slovacchia. Le richieste di aiuto sono varie, ma chiedono un sostegno a medio e lungo termine perché le loro risorse e le loro forze non possono durare a lungo.

La priorità della Federazione europea dei banchi alimentari, con l’approvazione unanime dei partecipanti, è quella di assistere la Kyiv City Charity Foundation “Food Bank” e i banchi alimentari nei paesi vicini come Ungheria, Moldavia, Polonia, Romania e Slovacchia.

La Federazione Europea dei Banchi Alimentari sta chiamando aziende, fondazioni, organizzazioni e privati cittadini ad aderire alla campagna di raccolta fondi.

La SIMeVeP raccoglie l’appello, sosteniamoli insieme!

Per saperne di più e donare su www.eurofoodbank.org/feba-supports-ukraine.

 

 




Animali e varianti di SARS-CoV-2, quali incognite?

covid-19Mentre il numero delle lettere dell’alfabeto greco non ancora utilizzate per designare le varianti di SARS-CoV-2 si assottiglia vieppiù, i dati che vanno emergendo dalla sorveglianza epidemiologica e dagli studi condotti sugli animali documentano un progressivo ampliamento del “range” delle specie sensibili nei confronti dell’infezione naturale, così come di quella sperimentalmente indotta.

Fra queste rientrano, seppur con differenti livelli di suscettibilità, cani, gatti, furetti, criceti, maiali, conigli, leoni, tigri, leopardi delle nevi, puma, iene, cani procione, visoni, cervi a coda bianca, gorilla, ippopotami, otarie ed altre specie ancora.

Di particolare interesse risulta, altresi’, la piu’ o meno recente identificazione in Cina e nel Laos, in pipistrelli del genere Rinolophus, di una serie di sarbecovirus geneticamente correlati (grado di omologia pari se non addirittura superiore al 96%) a SARS-CoV-2 (“Ra-TG13”, “Rm-YN02”, “BANAL-52”, “BANAL-103”, “BANAL-236”), fattispecie quest’ultima che avvalorerebbe in maniera significativa l’origine naturale dell’agente responsabile della CoViD-19, che ha sinora mietuto – dati ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – ben 6 milioni di vittime su scala globale!

In un siffatto contesto, gli elementi qui di seguito elencati appaiono particolarmente degni di nota:

1) Negli allevamenti intensivi di visoni dei Paesi Bassi e della Danimarca e’ stata segnalata, oltre un anno fa, la comparsa di una peculiare variante di SARS-CoV-2 denominata “cluster 5”, che si sarebbe selezionata nell’organismo dei visoni previa acquisizione del virus dall’uomo (“viral spillover”), al quale lo stesso sarebbe stato quindi “restituito” in forma mutata dai visoni stessi (“viral spillback”).

2) Tassi di sieroprevalenza particolarmente elevati nei confronti di SARS-CoV-2 sono stati recentemente documentati fra i cervi a coda bianca (Odocoileus virginianus) popolanti la regione nord-orientale degli USA (40%) e lo Stato dell’Iowa (80%). Le indagini biomolecolari effettuate su questi ultimi hanno altresi’ consentito di amplificare sequenze genomiche virus-specifiche a livello dei linfonodi retrofaringei in circa un terzo degli esemplari nel cui emosiero erano presenti anticorpi anti-SARS-CoV-2.

3) La notevole omologia di sequenza esistente, a livello della regione specificamente interagente con il “receptor binding domain” (RBD) della glicoproteina “spike” (S) di SARS-CoV-2, fra il recettore virale ACE-2 dell’uomo e quello del cervo a coda bianca accrediterebbe quest’ultimo come una specie di mammifero particolarmente sensibile nei confronti del betacoronavirus responsabile della CoViD-19.

Cio’ e’ stato definitivamente acclarato grazie a due distinti lavori sperimentali, il piu’ recente dei quali ha peraltro documentato la trasmissione diaplacentare dell’infezione nei cervi a coda bianca, unitamente ad una maggior suscettibilita’ degli stessi alla variante “alfa” (alias “B.1.1.7”) di SARS-CoV-2.

4) Casi d’infezione sostenuti dalla variante “alfa” di SARS-CoV-2 sono stati documentati, abbastanza di recente, in un cane e in due gatti di proprieta’ con sospetta miocardite in Francia, dopo che un analogo caso d’infezione era stato segnalato in Piemonte in un altro gatto i cui proprietari erano risultati affetti da CoViD-19.

5) La temibile variante “delta” di SARS-CoV-2 (alias “B.1.617.2”) e’ stata segnalata, alcune settimane fa, in criceti “d’affezione” destinati alla vendita all’interno di appositi negozi per animali in quel di Hong Kong, ove si sarebbero successivamente verificati casi d’infezione sostenuti dalla medesima variante in persone frequentanti i succitati esercizi commerciali.

Ove confermato, quest’ultimo rappresenterebbe il secondo caso documentato di “spillback” di SARS-CoV-2 animale (criceto)-uomo, dopo quanto avvenuto poco piu’ di un anno fa negli allevamenti intensivi di visoni dei Paesi Bassi e della Danimarca (ove sono stati abbattuti ben 17 milioni di esemplari!).

6) La presenza della contagiosissima variante “omicron” (alias “B.1.529”) di SARS-CoV-2 e’ stata appena segnalata fra i cervi a coda bianca residenti nello Stato di New York, cosi’ come in Ohio.

Quali spunti, riflessioni e considerazioni e’ possibile desumere da quanto sin qui esposto?

Una premessa appare indispensabile al riguardo: SARS-CoV-2, il cui genoma consta di circa 30.000 nucleotidi, e’ un RNA-virus e soggiace, come tale, ad un serie di eventi mutazionali la cui frequenza risulta strettamente correlata all’attivita’ replicativa dell’agente patogeno. Detto altrimenti, più il virus si riproduce all’interno delle cellule-ospiti umane e/o animali, piu’ il genoma virale subirà mutazioni.

Ovviamente c’e’ mutazione e mutazione (guai a fare di ogni erba un fascio!), cosicché ad eventi mutazionali “silenti” o “sinonimi” (vale a dire che non producono conseguenze sulla sintesi delle proteine virali) se ne affiacheranno altri di segno opposto, definiti appunto “non silenti” o “non sinonimi”, mentre gli “errori replicativi” potranno esser corretti grazie alla cosiddetta “selezione negativa” o “purificante”, il cui “alter ego” sarebbe costituito dalla “selezione positiva” o “darwiniana”. E proprio quest’ultima sarebbe in grado di permettere al virus di acquisire una serie di caratteri “favorevoli” allo stesso, quali una maggior  trasmissibilita’/contagiosita’ e/o una piu’ spiccata propensione ad eludere la risposta immunitaria indotta da una pregressa infezione e/o dalla vaccinazione, dando cosi’ luogo alla comparsa di reinfezioni da SARS-CoV-2.

La variante “omicron”, albergante in seno al proprio genoma una serie incredibile di mutazioni – cui si aggiungono quelle recentemente identificate nella sotto-variante “BA.2″ della medesima -, sembra ricapitolare tutto ciò in maniera quantomai tangibile ed eloquente, se e’ vero come e’ vero che l'”indice di trasmissibilita’” (il famoso “indice RT”) della stessa sarebbe pari se non addirittura superiore a quello del virus del morbillo (il cui “indice RT” oscillerebbe perlappunto fra 15 e 18), sin qui ritenuto l’agente più diffusivo e contagioso rispetto ai virus noti.

Si calcola che, di pari passo con ogni evento replicativo coinvolgente 10.000 delle 30.000 basi azotate componenti il genoma di SARS-CoV-2, si verificherebbe uno degli eventi mutazionali anzidetti.

In un siffatto scenario, appare oltremodo logico e sensato continuare ad operare e a concentrare i massimi sforzi sullo strategico obiettivo di una quanto più ampia e capillare copertura vaccinale dell’intera popolazione globale, a motivo delle abissali differenze tuttora esistenti, purtroppo, fra Paesi come il nostro e numerosi Paesi africani ed asiatici.

E’ a dir poco sorprendente, di contro, che gli animali – nei cui confronti la vaccinazione anti-CoViD-19 non e’ praticata, fatte salve alcune eccezioni -, così come l’andamento dell’infezione da SARS-CoV-2 fra gli animali – ivi compresa la dianzi ricordata presenza e circolazione, fra gli stessi, di alcune temibili varianti virali -, godano di una considerazione che non esiterei a definire trascurabile, nella migliore delle ipotesi.

Se a tutto ciò si aggiunge, inoltre, l’ancor più sorprendente assenza dei Medici Veterinari dal “Comitato Tecnico-Scientifico” (alias “CTS”), a dispetto degli oltre due anni oramai trascorsi dalla sua istituzione (incredibile visu et auditu!), risulta ben più agevole comprendere, a questo punto, la scarsa considerazione di cui beneficiano – quantomeno nel nostro Paese –  gli animali (e non certo da parte delle Istituzioni Veterinarie nonché dei miei Colleghi Veterinari!) nel disegnare e nel prevedere le future traiettorie evolutive dell’infezione da SARS-CoV-2.

Sic est, ahime/ahinoi e per buona pace della “One Health”, la “salute unica di uomo, animali ed ambiente”, di cui con somma ipocrisia ci si continua a riempire la bocca ad ogni pie’ sospinto!

L’ultimo pensiero di questo mio articolo desidero riservarlo al fiero Popolo Ucraino che, gia’ duramente provato dalla pandemia da SARS-CoV-2 (che in quel Paese ha gia’ fatto oltre 100.000 vittime!), si trova a vivere in queste drammatiche giornate la tragica condizione di una guerra assurda, che sta producendo e, temo, produrra’ nefaste conseguenze non solo su quella Nazione, ma anche sull’intera Europa.

Giovanni Di Guardo

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria nella Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Il Parlamento italiano approva una legge che mira a salvaguardare gli ecosistemi e la biodiversità nell’interesse delle generazioni future – Prime riflessioni

L’8 febbraio 2022 la Camera dei deputati ha approvato definitivamente una proposta di legge costituzionale che modificando degli articoli 9 e 41 della Carta inserisce come princìpi fondamentali della Costituzione la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità che devono essere protette dall’economia. (http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/AC0504c.pdf?_1645276627675)

Vediamoli.  L’articolo 9 modificato aggiunge alla tutela del patrimonio paesaggistico, storico e artistico del nostro paese la tutela dell’ambiente,  biodiversità ed ecosistemi.  Con l’art. 3,  la proposta di legge costituzionale reca  anche una  clausola  di  salvaguardia per  l’applicazione  del  principio  di  tutela  degli  animali. La modifica all’articolo 41 in  materia di esercizio dell’iniziativa economica,  stabilisce che la stessa non possa svolgersi in danno alla  salute  e  all’ambiente,  al pari di limiti  già  vigenti,  ovvero  la  sicurezza,  la  libertà  e  la  dignità  umana.  Lo stesso articolo modificato sancisce anche come le istituzioni,  attraverso leggi, programmi e  controlli,  possono indirizzare e coordinare l’attività economica,  pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali.

Due elementi innovativi dunque per le future politiche ambientali e per la tutela della biodiversità:

– l’ambiente,  come  valore  costituzionalmente  protetto,  fuoriesce  da  una  visuale esclusivamente antropocentrica e assume una significato più ampio di ecosistema,  costituito da habitat umano e  interventi di conservazione della natura come valore in sé;

– per la prima volta è introdotto nella Costituzione il riferimento agli animali,  prevedendo una legge che ne definisca le forme e i modi di tutela.

E negli altri paesi?  Diversi sono gli Stati europei la cui Costituzione menziona – nel testo attualmente vigente – la tutela dell’ambiente.   Il testo  di  Costituzioni  più  recenti,  come  quella spagnola del 1978,  reca specifiche disposizioni.   Disposizioni sull’ambiente sono state  inserite sebbene con formulazione  e secondo  modalità  diverse, anche  nell’ambito della Carta  costituzionale  dei  Paesi Bassi e  Germania e, con particolare ampiezza,  in Francia nel 2005.

Si ricorda come in tema di ambiente, questo sia presente nella Carta di Nizza del 2000,  che è la carta  dei  diritti  fondamentali  dell’UE,  il cui articolo  37  (Tutela dell’ambiente) dispone che “un  livello  elevato  di  tutela  dell’ambiente  e  il  miglioramento  della  sua  qualità  devono  essere  integrati  nelle  politiche  dell’Unione  e  garantiti  conformemente  al  principio dello sviluppo sostenibile’.  Similmente gli stessi principi compaiono nell’art. 191  del  Trattato  sul  funzionamento  dell’UE (TFUE).  In questo contesto si inserisce l’accordo di  Parigi  sui  cambiamenti climatici del 2016,  in virtù del quale l’UE si impegna  a  perseguire  il  programma  d’azione  dell’Agenda  2030  per  lo  sviluppo sostenibile,  con  17  Obiettivi  per  lo  Sviluppo  Sostenibile  (SDGs),  adottata nel 2015 dall’Assemblea delle Nazioni Unite.

Affinchè i nuovi principi costituzionali appena approvati abbiano la piena applicabilità,  occorre assicurare una concertazione normativa ampia e trasversale – così come traversale è l’ambiente –  tra i diversi ministeri interessati e soddisfare due condizioni sine qua non:

–  la stabilità politica per salvaguardare la corretta tempistica del processo di armonizzazione del sistema giuridico italiano con i principi ambientali sviluppati a livello europeo e internazionale;

–  il rafforzamento dell’attuale struttura di governance per la transizione verso la sostenibilità,  in primis del settore alimentare profondamento connesso con l’ambiente e gli ecosistemi, e per il conseguimento degli obiettivi delle strategie Green Deal e Farm to  Fork della Commissione europea,  che attendono di essere definiti nel quadro normativo comunitario.

I temi ambiente,  biodiversità,  cambiamenti climatici, sostenibilità  e transizione ecologica,  incardinati nella missione 3 del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza)  sono fortemente interconnessi e per garantire il successo delle relative politiche,  occorre sviluppare un piano strategico nazionale che punti alla co-creazione di processi multi-livello ed inclusivi e al superamento delle logiche di silos che caratterizzano i settori tradizionali.  Si tratta di sviluppare relazioni multi-sistemiche,  che sono alla base del modello sanitario ispirato alla cultura One Health  e di allineare i diversi programmi di implementazione degli interventi sui cambiamenti climatici, energetici, di biodiversità e di sostenibilità dei sistemi di produzione alimentare.

Come fa notare Sara Roversi fondatrice di Food Future Institute  nell’articolo ‘La costituzione italiana per l’ecologia integrale’,  (https://www.huffingtonpost.it/blog/2022/02/10/news/la_costituzione_italiana_per_l_ecologia_integrale-8710345/) ‘si tratta di riportare nel nostro paese che ospita un patrimonio naturale tra i più vasti, ricchi e unici in Europa,  un equilibrio eco-sistemico tra economia, società, individuo e natura,  è ciò costituisce un obbligo improrogabile se vogliamo realmente uscire dall’attuale stato di emergenza climatica e ambientale’.

Maurizio Ferri
Coordinatore scientifico SIMeVeP




Formazione per i veterinari ufficiali, ancora aperta l’indagine RIBMINS

E ancora possibile partecipare all’indagine RIBMINS rivolta ai veterinari ufficiali che lavorano nei paesi europei.

Il progetto fa parte dell’azione europea COST RIBMINS CA18105 sulla modernizzazione dell’ispezione delle carni.

Rispondendo alle domande, si contribuisce in modo sostanziale all’identificazione delle lacune formative e alla creazione di future opportunità di formazione per i veterinari ufficiali.
Vi ringraziamo per la vostra collaborazione.

La risposta al questionario è riservata e anonima e richiederà 10 minuti.

Accedi al questionario

www.ribmins.com




Omicron: non è colpa dei topi

Mentre i casi documentati d’infezione da SARS-CoV-2 ammontano a circa 350 milioni su scala mondiale, con poco meno di sei milioni degli stessi a esito infausto (145.000 e più dei quali in Italia), la contagiosissima variante “Omicron” sta imperversando nei due emisferi e nei cinque continenti, preceduta dalla “Delta” ed affiancata dalla neo genita “Omicron 2”, appena identificata in Danimarca.

Secondo uno studio recentemente pubblicato da ricercatori cinesi su Journal of Genetics and Genomics, la variante omicron costituirebbe il frutto di un “progenitore” della stessa, che dall’uomo si sarebbe trasferito al topo (spillover), che avrebbe ritrasmesso il virus mutato in guisa di omicron all’uomo stesso (spillback). Per quanto suggestiva ed affascinante – e nella pur totale consapevolezza dei molteplici salti di specie e delle innumerevoli traiettorie evolutive che SARS-CoV-2 potrebbe aver compiuto dalla sua origine fino ai giorni nostri – l’ipotesi anzidetta (che per gli Autori dello studio in oggetto corrisponde quasi ad una certezza!), non sembra poggiare su solide basi scientifiche.

Da un punto di vista comparativo, il grado di omologia di sequenza esistente fra il recettore virale ACE-2 umano e quello murino, saltano subito agli occhi le eccessive differenze caratterizzanti la molecola in questione nelle due specie, con particolare riferimento alla regione di ACE-2 specificamente coinvolta nell’interazione con il receptor-binding domain della glicoproteina Spike (S) di SARS-CoV-2, una sequenza di 25 aminoacidi di rilevanza cruciale ai fini dell’adesione e del successivo ingresso del virus nelle cellule ospiti. Si tratta, pertanto, di una teoria che, pur nel fascino e nella suggestione che la stessa sarebbe in grado di evocare, non sembra godere al momento di sufficiente plausibilità biologica.

Inoltre, la diffusione “virale” di tale notizia può mettere in allarme i proprietari di cani e gatti indotti a credere che i loro beniamini potrebbero dare origine a varianti contagiosissime. Le persone infette o sofferenti per COVID-19 che convivono con cani, gatti o altri animali in casa devono sapere, infatti, che il virus può “trasferirsi” soprattutto ai gatti, i quali possono manifestare una patologia respiratoria. Dunque, meglio evitare contatti stretti. Infine, al momento non ci sono ancora evidenze scientifiche che dimostrano un qualche ruolo dei nostri amati amici a quattro zampe nella trasmissione del coronavirus. Sono pertanto auspicabili ulteriori studi – condotti, si spera, in ossequio al principio della One Health – per meglio definire la relazione tra potenziali serbatoi animali di coronavirus e la possibilità di spillback animale-uomo.

Giuseppe Borzacchiello* e Giovanni Di Guardo**

*Professore di patologia generale e anatomia patologica veterinaria  – Dipartimento di Medicina Veterinaria Università degli Studi di Napoli
** Già professore di Patologia generale e Fisiopatologia generale Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Teramo

 




Osservatorio ASAPS: gli incidenti con animali nel 2021

L’Osservatorio sugli incidenti con animali  ASAPS  nel 2021 ha registrato 213 incidenti significativi (il report considera solo ed esclusivamente quelli con persone ferite o decedute) col coinvolgimento di animali.

Erano stati 157 nel 2020 +35,7% e 164 nel 2019.

Negli incidenti del 2021 13 persone sono morte, 16 nel 2020 -18,7% e  15 nel 2019 e 261 sono rimaste seriamente ferite. Erano state 215 nel 2020 +21,4% e 221 nel 2019.

Le segnalazioni pervengono dai  600 referenti sul territorio e cronache della stampa.

In 199 casi l’incidente è avvenuto con un animale selvatico (93,4% ) e in 14 con un animale domestico (6,6%).
170 incidenti sono avvenuti di giorno e 43 di notte. 199  incidenti sono avvenuti sulla rete ordinaria e 14 nelle autostrade e extraurbane principali.
In 162 casi il veicolo impattante contro l’animale è stato una autovettura, in 62 casi un motociclo, in 1 incidente  l’impatto è avvenuto contro autocarri o pullman e in 15 incidenti coinvolti dei velocipedi.

Il totale è superiore al numero degli eventi perché in alcuni sinistri sono rimasti coinvolti veicoli diversi.

Al primo posto negli incidenti gravi con investimenti di animali la Toscana con 27 sinistri, segue il Lazio con 25, la Lombardia con 23, l’Emilia-Romagna con 15, le Marche, il Piemonte e il Veneto con 13, la Liguria con 12, la Puglia con 11, la Campania e l’Abruzzo con 10. Troviamo poi il Friuli Venezia Giulia con 8, la Sardegna con 7, il Trentino Alto Adige con 6, la Sicilia e la Calabria con 5, il Molise con 4, l’Umbria e la Basilicata con 3.

Gli incidenti nei quali muore o rimane ferito solo l’animale con danni ai soli mezzi e non alle persone sono parecchie migliaia ogni anno ed è difficile fare un calcolo perché in molti casi gli automobilisti coinvolti non denunciano il sinistro.

Secondo ASAPS quello degli incidenti col coinvolgimento di animali, in particolare selvatici, specie in alcune zone ad alta frequenza per questo tipo di sinistri, richiede l’adozione di ulteriori e più efficaci  strumenti difensivi per la sicurezza della circolazione. Per questo fornisce alcuni consigli agli automobilisti ma anche agli enti proprietari strade




AMR: il problema più grande per la salute mondiale e per la sostenibilità di ogni sistema sanitario

Il Dott. Aldo Grasselli ha partecipato l’11 febbraio alla sesta edizione della Winter School: evento di alto profilo in ambito sanitario, organizzato da Motore Sanità il cui scopo è quello di coinvolgere e radunare insieme tutti gli attori principali – Istituzioni, clinici, Associazioni di pazienti – attorno a dei tavoli per fare analisi, proporre idee, annunciare progetti, in maniera tale che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), e la salute nel suo complesso, possa migliorare nel nostro Paese.

Sintesi dell’intervento:

Gli antibiotici sono farmaci salvavita senza i quali la medicina arretra e abbandona tutte le conquiste che la terapia antibatterica ha reso possibili in ogni branca della medicina. La resistenza antimicrobica (AMR) – , molto spesso provocata da un uso improprio degli antibiotici in medicina umana e in medicina veterinaria – è una delle principali cause di morte a livello globale, con un carico potenzialmente superiore a quello dell’HIV o della malaria.

I dati sono sorprendenti: nel 2019 i decessi di 4,95 milioni di persone sono stati associati alla concausa di infezioni batteriche resistenti ai farmaci. Mentre 1,27 milioni di decessi sono stati causati direttamente dall’AMR.

La minaccia di AMR è stata segnalata da tempo. E le misure necessarie per affrontare la resistenza antimicrobica: aumentare la consapevolezza pubblica, una migliore sorveglianza, una migliore diagnostica, un uso più razionale degli antibiotici, accesso ad acqua pulita e servizi igienici, ridurre l’impiego di antibiotici alla sola terapia mirata in zootecnia e per gli animali da compagnia, abbracciare la One Health e investimenti per la ricerca di nuovi antimicrobici e vaccini – sono state costantemente raccomandate in rapporti come The Lancet Infectious Diseases Commission on Antibiotic Resistance nel 2013 e il rapporto O’Neill nel 2016.

Il sistema globale di sorveglianza della resistenza e dell’uso antimicrobico è stato lanciato dall’OMS nel 2015. Nel 2015 è stato istituito il Fleming Fund (un programma di aiuti a sostegno di 24 paesi dell’Africa e dell’Asia per affrontare la resistenza antimicrobica). Nel dicembre 2021, i ministri delle finanze del G7 hanno rilasciato dichiarazioni a sostegno ulteriore dello sviluppo di nuovi antibiotici.

La pandemia nascosta di AMR – che non ha speranza di trovare un vaccino – potrebbe essere più grave del COVID-19 se non ci saranno adeguate correzioni dei comportamenti prescittivi e terapeutici di antibiotici.

Anche la presenza di animali nelle nostre case rappresenta un nuovo fattore di rischio in questo campo e la medicina veterinaria avrà un ruolo determinante per evitare zoonosi da batteri antibiotico resistenti.

Ci sono state alcune risposte degne di nota negli ultimi dieci anni, specialmente in UE. Resta tuttavia molto da fare, soprattutto se si considera, alla luce dell’esperienza Covid-19, la potenziale capacità dei patogeni di diffondersi lungo le linee di transito di merci e persone del mondo globalizzato.




La sicurezza alimentare raccontata dai medici veterinari dell’Ats Bergamo

L’ATS Bergamo ha ideato la docuserie “FRAMES/”, un viaggio nelle stanze dell’Agenzia per conoscere le storie del mondo della Tutela della Salute, direttamente dalle voci e i volti dei professionisti che ogni giorno si occupano della cura del nostro bene più prezioso.

La prima puntata, introdotta da Antonio Sorice, Direttore del Dipartimento Veterinario e Sicurezza degli Alimenti di origine Animale di ATS Bergamo e Presidente SIMeVeP è dedicata al tema dell’igiene e della sicurezza alimentare lungo la filiera ittica.




Winter School 2022 – Il programma definitivo

Il 10 e l’11 febbraio 2022 si terrà la ‘Winter School 2022. Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute‘, organizzata da Motore Sanità e Mondosanità e in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, in programma il 10 e 11 febbraio, con il patrocinio di Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva.

Il presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli, parteciperà nella giornata dell’11 febbraio “DISTINZIONE TRA DIAGNOSTICA DI 1° e 2° LIVELLO, HOME CARE DI ALTA COMPLESSITÀ E OFFERTE INTEGRATE DI CURA” per parlare in particolare di Antimicrobicoresistenza con Francesco Menichetti, Presidente Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica – GISA.

Il programma definitivo

E’ possibile seguire i webinar via zoom, clicca qui per iscriverti

 




Coronavirus parenti stretti di MERS-CoV: un nuovo rischio di emergenza zoonotica?

I coronavirus della Sindrome Respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV), sottogenere Merbecovirus e genere Betacoronavirus (a cui appartiene SARS-CoV-2), continuano a mantenere alto il livello di allerta dell’OMS a causa del tasso elevato di letalità dell’infezione umana (35%: 1 decesso ogni tre infetti).  Sebbene la maggior parte dei casi umani siano stati attribuiti a infezioni persona-persona in ambito ospedaliero, le prove scientifiche attuali suggeriscono che i dromedari  fungono da ospiti intermedi per l’infezione umana, mentre i pipistrelli sono ampiamente considerati la fonte evolutiva e l’antenato prossimo.

Diversamente da SARS-CoV e SARS-CoV-2, MERS-CoV utilizza il recettore di Dipeptidyl Peptidase-4 (DPP4) per l’ingresso nella cellula e non il recettore ACE2 (enzima di conversione dell’angiotensina). Ma molti altri merbecovirus, come il coronavirus del pipistrello NeoCoV e i suoi parenti stretti (PDF-2180-CoV, HKU5-CoV, coronavirus del riccio) non usano il recettore DPP.

Ma che cos’è il NeoCoV? È un coronavirus scoperto nel 2011 in Sud Africa che infetta i pipistrelli della specie Neoromicia Capensis. E’ ritenuto insieme a PDF-2180-CoV il parente più vicino di MERS-CoV a causa di una somiglianza significativa nella maggior parte del genoma (85%).  Tuttavia, la loro subunità S1 (terminale carbossilico) del dominio di legame del recettore (RBD) è altamente divergente rispetto a MERS-CoV.

In uno studio cinese in preprint pubblicato su Biorxiv (https://lnkd.in/d-gbwmyw) i ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze dell’Università di Wuhan, hanno scoperto in modo inaspettato che sia NeoCoV che PDF-2180-CoV utilizzano il recettore ACE2 del pipistrello come recettore funzionale, ma non il recettore ACE2 umano.

Diversamente però, con la mutazione T510F indotta artificialmente in laboratorio sul motivo RBD della proteina Spike che lega il recettore ACE2 delle cellule ospiti (si tratta di una sostituzione di un singolo residuo aminoacidico che aumenta l’idrofobicità attorno al sito 510 del RBD), NeoCoV  è in grado di infettare in modo efficiente anche le cellule umane che esprimono ACE2  questa infezione non viene bloccata dagli anticorpi neutralizzanti diretti verso SARS-CoV-2 e MERS-CoV.

Sebbene si tratti di una mutazione mai rilevata in nessuno dei campioni virali NeoCoV ottenuti naturalmente, lo studio fa emergere due aspetti significativi per potenziali di spillover dei  virus parenti stretti di MERS-CoV:  poiché l’utilizzo del recettore ACE2 è associato ad un trasmissibilità molto più elevata rispetto al recettore DPP4 da parte di MERS-CoV (con un R0 stimato di 0.69),  l’utilizzo imprevisto del recettore ACE2 attraverso la mutazione,  può rappresentare un rischio latente risultato della combinazione dell’elevata mortalità associata all’infezione MERS-CoV e l’elevata trasmissibilità di SARS-CoV-2 (che utilizza il recettore ACE2).  L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pur valutando l’importanza del ceppo NeoCov,  ha affermato che sono necessari ulteriori studi per determinare se il virus menzionato nello studio rappresenta una minaccia significativa per l’uomo.

Ad oggi non sono stati notificati casi di infezione umana da NeoCoV  e dunque non c’è ancora motivo di panico. Tuttavia il potenziale zoonotico dei coronavirus  parenti stretti di MERS-CoV che utilizzano nei pipistrelli il recettore ACE2,  l’ulteriore adattamento di deriva antigenica e la possibilità che circolino da qualche parte in natura,  segnalano l’importanza in una prospettiva One Health del loro monitoraggio e sequenziamento genomico per preparare i sistemi sanitari a possibili focolai di MERS-CoV con maggiore affinità per il recettore ACE2 umano   Il significato di questa minaccia va letto anche alla luce delle vaste mutazioni nelle regioni RBD di SARS-CoV-2, in particolare nella variante Omicron fortemente mutata.

Maurizio Ferri
Coordinatore Scientifico SIMeVeP