Un nuovo metodo per rilevare la Peste Suina Africana

Uno studio realizzato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo (IZSAM) dimostra la validità del succo di carne di maiale come matriale diagnostico per individuare il virus responsabile della Peste Suina Africana (PSA).

 La Peste Suina Africana (PSA), innocua per la salute dell’uomo, è una malattia virale altamente contagiosa e con un elevato tasso di mortalità che colpisce suini domestici e selvatici, comportando gravi danni economici agli allevamenti. Il virus si trasmette sia per contatto diretto tra animali infetti, sia per trasmissione indiretta, come il consumo di cibo e acqua contaminati. Tra i segni clinici più gravi della patologia si riscontrano febbre alta, anoressia, letargia, fino alla morte dell’animale.

Dal 2007, un’epidemia del genotipo 2 di African Swine Fever Virus (ASFV), appartenente alla famiglia Asfarviridae e altamente aggressivo, si è diffusa rapidamente dalla Georgia fino ad arrivare in Europa, in Asia e nelle isole Caraibiche, rendendo necessario lo studio di nuove strategie per il contenimento della malattia, a partire dalla disponibilità di metodi rapidi ed efficaci per l’individuazione del virus. Con questo obiettivo, i ricercatori IZSAM hanno impiegato la real-time PCR (rt-PCR, metodo tradizionalmente usato per amplificare e rilevare il genoma dei microrganismi in campioni biologici), applicandola ai succhi di carne.

Il succo di carne può essere utilizzato per il rilevamento di numerosi agenti patogeni virali, protozoari e batterici dei suini. Viene spesso scambiato per sangue, ma il colore rosso del succo di carne è dovuto alla mioglobina, non all’emoglobina. Oltre alla mioglobina, il succo di carne contiene acqua, enzimi glicolitici, aminoacidi e numerose vitamine idrosolubili. A seconda del muscolo o della parte anatomica da cui proviene, possono essere presenti anche tracce di sangue contaminante. Il succo di carne si genera a seguito della trasudazione passiva, un fenomeno complesso non completamente compreso.

Il metodo oggi più utilizzato per la conferma in laboratorio della PSA prevede l’analisi di campioni di sangue, di siero o di organi, spesso difficili da reperire. Lo studio condotto dall’IZSAM, in collaborazione con la Facoltà di Medicina Veterinaria e l’Institute for Diagnosis and Animal Health, entrambi in Romania, pubblicato dalla rivista scientifica Journal of Virological Methods, propone invece l’uso del succo di carne come alternativa per il rilevamento del virus.

Il succo era già stato utilizzato in passato per rilevare la presenza di altre malattie, come la Peste Suina Classica e l’Afta Epizootica. “Basandoci su studi precedenti – dice Marta Cresci, ricercatrice dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, prima autrice del lavoro scientifico – siamo riusciti a dimostrare come il DNA di ASFV, se presente, sia facilmente individuabile nei succhi di carne dei suini, rendendo possibile la rilevazione del virus anche nei casi in cui campioni di organi o sangue non siano disponibili.”

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Fonte: IZS Teramo




ISS-Le malattie tropicali neglette: una responsabilità di tutti per garantire la salute globale

issSi chiamano malattie tropicali neglette perché, nonostante siano responsabili di centinaia di migliaia di morti e si stima colpiscano 1,6 miliardi di persone, si fa poco o niente per contrastarle nei Paesi poveri dove tra malnutrizione e l’assistenza sanitaria pressoché inesistente trovano terreno fertile di coltura. Una questione umanitaria, ma che riguarda anche la salute globale, dal momento che molte di queste malattie, si pensi alla dengue, stanno espandendo la loro presenza nel mondo, Italia compresa.
È partendo da queste considerazioni che AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco e ISS, l’Istituto Superiore di Sanità, hanno deciso di fare il punto sulle malattie tropicali neglette, proprio a ridosso della giornata mondiale del 30 gennaio a queste dedicate. Parliamo di 21 gruppi di malattie estremamente eterogenee, diffuse in particolar modo nelle aree tropicali più povere. A causarle sono una varietà di agenti patogeni, tra cui virus, batteri, protozoi, elminti, funghi e tossine. Malattie come la scabbia, la lebbra, la leishmaniosi, l’echinococcosi causata da patogeni che infettano l’organismo o le ormai note anche in Italia dengue e chikungunya. Malattie che si diffondono sempre più anche a causa dei cambiamenti climatici, il turismo e la globalizzazione, oltre che da fame, carenze di medicinali e condizioni igienico/sanitarie quantomeno precarie.

“È importante parlare di malattie tropicali neglette – affermano il presidente dell’AIFA Robert Nisticò e quello dell’ISS Rocco Bellantone – perché le popolazioni dimenticate del Mondo lottano quotidianamente contro queste infezioni il cui impatto nel loro insieme è devastante e paragonabile a quello delle tre malattie chiamate big killers dei Paesi più poveri, ossia Tbc, malaria e HIV/AIDS. Ma la questione ci tocca anche da vicino perché la mobilità di persone, cibi, animali, l’aumento dei viaggi, in aree più o meno remote del Mondo, determinano l’acuirsi di un rischio che si è già reso evidente e che sarà destinato ad aumentare anche a causa del cambiamento climatico. L’aumento delle temperature – prosegue Bellantone – può determinare, infatti, un maggiore rischio della presenza di vettori, spesso zanzare, in grado di trasmettere infezioni causate da virus”.

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Fonte: ISS




Asaps, 14 morti e 254 feriti in 199 incidenti con animali

Quattordici morti e 254 feriti: è il bilancio di 199 incidenti gravi con animali avvenuti lo scorso anno sulle strade italiane, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Asaps, l’Associazione sostenitori della Polizia stradale.

In 181 casi l’incidente è avvenuto con un animale selvatico (91%), in 18 con un animale domestico (9%); 147 gli incidenti di giorno, 52 di notte, 191 sulla rete ordinaria e 8 su autostrade ed extraurbane principali.
In 148 casi il veicolo che ha impattato contro l’animale è stato un’auto, in 60 una moto, in uno l’impatto è avvenuto contro autocarri o pullman, in 12 sono stati coinvolti velocipedi.
Al primo posto di questa classifica c’è la Campania con 32 sinistri, seguita dal Piemonte con 17, in coda Basilicata e Umbria con uno.
Per l’Asaps il fenomeno “richiede l’adozione di ulteriori e più efficaci strumenti difensivi per la sicurezza della circolazione”. Agli automobilisti si suggerisce di disinserire gli abbaglianti che potrebbero bloccare l’animale in mezzo alla carreggiata, evitare di sterzare bruscamente davanti all’animale, ai motociclisti si raccomanda prudenza lungo i rettifili al tramonto. I maggiori rischi sulle strade sono nella tarda serata e nelle prime ore del mattino.
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Fonte: ansa




EFSA: “Parere sulla sicurezza delle forme congelate, essiccate e in polvere di verme giallo intero della farina”

A seguito di una richiesta della Commissione Europea, è stato chiesto al gruppo di esperti scientifici dell’ (EFSA) su nutrizione, nuovi alimenti e allergeni alimentari (NDA) di esprimere un parere sulla sicurezza delle forme congelate, essiccate e in polvere di verme giallo intero della farina (larva di Tenebrio molitor) come nuovo alimento (NF) ai sensi del Regolamento (UE) 2015/2283.

Il termine verme giallo della farina si riferisce alla forma larvale della specie di insetto T. molitor .

Il novel food (NF) ​​è costituito dalle forme congelate ed essiccate del verme giallo intero della farina. La forma congelata è composta principalmente da acqua, proteine ​​grezze, carboidrati e grassi, mentre le forme essiccate sono costituite da proteine ​​grezze, grassi e carboidrati.

 

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Fonte: EFSA




Granchio blu, rilevata la presenza del parassita Hematodinium

Il granchio blu Atlantico (Callinectes sapidus), specie aliena che negli ultimi due anni ha messo in ginocchio la produzione di vongole in Veneto, ospita un parassita del genere Hematodinium che causa la Bitter Crab Disease (BCD), nota anche come “malattia del granchio amaro”. La carne di crostacei gravemente parassitati, una volta cucinata, può assumere un retrogusto amaro, che può comprometterne l’appetibilità per il consumatore.

A rilevare la presenza del parassita sono stati i ricercatori del Centro specialistico ittico (CSI) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) finalizzato a valutare lo stato di salute del granchio blu, con un focus particolare sulla presenza di patogeni che potrebbero influenzare la dinamica di popolazione di questa specie nelle principali lagune costiere del Nord Adriatico.

Il granchio blu Atlantico (Callinectes sapidus) ospita un parassita del genere Hematodinium che causa la Bitter Crab Disease (BCD), nota anche come “malattia del granchio amaro”. La carne di crostacei gravemente parassitati, una volta cucinata, può assumere un retrogusto amaro, che può comprometterne l’appetibilità per il consumatore. A rilevare la presenza del parassita sono stati i ricercatori del Centro specialistico ittico (CSI) dell’IZSVe, nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF).

segni di questa patologia comprendono letargia, torbidità dell’emolinfa e minor vitalità del granchio durante la fase di commercializzazione. L’infezione da Hematodinium sp. induce una serie di cambiamenti fisiologici nei tessuti dei crostacei e nell’emolinfa circolante, tra cui una riduzione significativa del numero di cellule coinvolte nella risposta immunitaria. In particolare, la rapida proliferazione del parassita porta a un elevato consumo di nutrienti, con conseguente riduzione dei livelli di glucosio nell’emolinfa e di glicogeno nell’epatopancreas, modificandone le caratteristiche organolettiche.

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Fonte: IZS Venezie




Nuova sezione del sito IZSLER: AFTA EPIZOOTICA

muccaE’ stata predisposta una sezione del sito denominata AFTA EPIZOOTICA: AGGIORNAMENTI. La sezione, presente in Home Page del sito IZSLER, consentirà di accedere a  tutte le news del sito, a tutti i materiali informativi e formativi necessari per prepararsi alla  eventuale presentarsi della malattia sul territorio italiano.

Per il momento sono stati inseriti: la segnalazione del focolaio in Germania e la relativa tipizzazione del ceppo, l’apertura del corso FAD sul Portale Formazione IZSLER, il MANUALE OPERATIVO/MODULISTICA aggiornato e approvato dal Ministero della Salute, il link ai video formativi.

Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna




Salute: scoperta la struttura del virus Nipah

Per la prima volta è stata mappata la struttura di un componente chiave del virus Nipah. A riuscirci gli scienziati della Harvard Medical School e della Boston University Chobanian & Avedisian School of Medicine, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Cell per rendere noti i risultati del proprio lavoro. Il team, guidato da Rachel Fearns e Jonathan Abraham, ha analizzato uno dei componenti più rilevanti dell’agente patogeno, trasmesso dai pipistrelli e responsabile di numerose ondate di epidemie. Identificato per la prima volta nel 1999, il Nipah può contagiare suini ed esseri umani, e non è ancora associato a una terapia o un trattamento efficaci. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il virus Nipah un patogeno prioritario, oggetto di analisi e approfondimenti. Nei casi più gravi, l’infezione può causare gravi malattie respiratorie ed encefalite, potenzialmente associate a deficit neurologici e decesso. Il virus è letale per il 40-75 per cento degli ospiti che lo contraggono

Nell’ambito dell’indagine, gli autori si sono concentrati su una sezione virale, chiamata complesso della polimerasi virale, un gruppo di proteine ​​che il virus usa per copiare il suo materiale genetico, diffondersi e infettare le cellule. Per la prima volta, gli studiosi hanno ottenuto un quadro tridimensionale dettagliato di questo componente e delle sue caratteristiche principali. Comprendere la struttura e il comportamento di questa sezione, sottolineano gli esperti, permette di ricostruire il modo in cui il patogeno si moltiplica all’interno dell’ospite. Questi risultati rappresentano il primo passo fondamentale verso lo sviluppo di trattamenti e vaccini specifici. Una volta elaborata la struttura dell’enzima, i ricercatori hanno esaminato più da vicino il modo in cui le diverse parti influenzino le varie funzioni. Il team ha condotto due tipologie di esperimenti. In primis, è stata purificata la polimerasi per determinare la struttura tramite microscopia crioelettronica. Successivamente, gli studiosi hanno indotto mutazioni nella polimerasi per valutare quali cambiamenti influenzassero la funzione e in che modo.

“Il nostro lavoro – afferma Heesu Kim, ricercatore del laboratorio di Fearns – fornisce approfondimenti critici che hanno il potenziale per informare lo sviluppo di antivirali ad ampio spettro. I nostri colleghi della Georgia State University hanno progettato un farmaco orale promettente, che sembra contrastare efficacemente i virus correlati al Nipah, ma non l’agente patogeno stesso”. Il gruppo di ricerca ha quindi valutato se alcune modifiche strutturali potessero migliorare la capacità del principio attivo di legarsi al virus. Questo approccio ha permesso agli autori di identificare una porzione specifica della polimerasi virale che potrebbe diventare un bersaglio del farmaco. Ciò, concludono gli scienziati, potrebbe quindi informare la progettazione di inibitori a piccole molecole che interrompono la polimerasi virale e rendono il virus Nipah suscettibile al trattamento. 

Fonte: AGI




ECM, a fine anno scade il triennio formativo. Il punto su sanzioni e abbuoni

EcmIl 31 dicembre 2025 scade il triennio formativo entro il quale i professionisti sanitari, odontoiatri ed igienisti dentali inclusi, devono raccogliere i crediti formativi previsti dal Sistema di Educazione Continua in Medicina (ECM). Lo ricorda un articolo di Odontoiatria33 che evidenzia come il triennio formativo attuale, 2023-2025, introduca una novità significativa riguardante l’assolvimento dell’obbligo formativo e le conseguenze in caso di inadempienza: ovvero la non copertura da parte dalla propria compagnia assicurativa per quanto riguarda l’RC Professionale se non si raccolgono almeno il 70% dei crediti obbligatori.

Obbligo ECM e scadenza del triennio formativo

Per il triennio 2023-2025, l’obbligo formativo per i professionisti sanitari è confermato in 150 crediti ECM, salvo eventuali esoneri, esenzioni o riduzioni. Di fatto quasi nessuno dovrà raccogliere i 150 crediti, mediamente sono da raccoglierne circa 70, ne parliamo in questo approfondimento.

Sanzioni e abbuoni

Fino al 31 dicembre 2025 (ma in realtà se ne parlerà ad aprile visto che i provider hanno 90 giorni di tempo per registrare i crediti) le sanzioni sono state di fatto sospese. In realtà, la delibera della Commissione ECM non prevede la sospensione delle sanzioni (essendo le sanzioni definite per legge non potrebbe farlo) ma la possibilità, fino a fine 2025, di effettuare nella propria area riservata sul portale CoGeAPS, lo spostamento dei crediti raccolti negli eventi frequentati nel 2023 al triennio precedente (2020-2022), se si ha la necessità di mettersi in pari e i crediti da spostare.

Implicazioni per la copertura assicurativa

La vera novità rilevante di questo triennio (salvo modifiche legislative) riguarda l’efficacia delle polizze di Responsabilità Civile Professionale (RC professionale). A partire dal 1° gennaio 2026, l’efficacia di queste polizze sarà condizionata all’assolvimento di almeno il 70% dell’obbligo formativo individuale nel triennio precedente. Ciò significa che, per il triennio 2023-2025, i professionisti dovranno aver conseguito almeno 105 crediti ECM (pari al 70% di 150) per garantire la validità della propria copertura assicurativa se non hanno abbuoni da rivendicare. Ma molto probabilmente basterà aver raccolto una cinquantina di crediti in tre anni, ovvero quanto ne rilascia un corso FAD annuale come quelli abbinati all’abbonamento a Dental Cadmos.

 

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Fonte: doctor33




Collana Manuali “Pratiche agroecologiche nell’allevamento bovino”: download gratuito!

Un team di medici veterinari, agronomi e dottori forestali – tra i quali i creatori di questo sito web – esplorano le potenzialità applicative delle logiche agroecologiche nel contesto della zootecnia moderna. Facendo leva su esperienze di campo già operative in Italia, gli autori presentano percorsi innovativi, in linea con i principi delle politiche “One Health” che stanno guidando il rinnovamento dell’approccio ad una produzione agrozootecnica che garantisca, allo stesso tempo, la Salute dell’Uomo, degli Animali e dell’Ambiente. Percorsi che, in contemporanea, permettono di rendere più efficienti i processi zootecnici nonché di migliorare nettamente la loro sostenibilità economica.

La Collana – nata dall’elaborazione dei contenuti di una serie di corsi di formazione promossi da Veneto Agricoltura per i consulenti agricoli nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale del Veneto –  si compone di 6 volumi e tratta sia le basi teoriche sia i metodi di applicazione sul terreno delle pratiche agroecologiche nell’allevamento del bovino da latte e da carne, aprendo così spazi per un dialogo virtuoso e costruttivo tra i diversi operatori del settore, con l’obiettivo di facilitare il confronto e la reciproca contaminazione tra sistemi produttivi basati su tecniche ed organizzazione differenti, per raggiungere la comune meta del soddisfacimento dei fabbisogni alimentari dell’Umanità nel rispetto degli equilibri ecologici attuali e futuri del nostro Pianeta. Completano l’opera una serie di video che, quasi fossero dei casi-studio, esplicitano ulteriormente la concreta fattibilità della transizione verso una zootecnia agroecologica.

(Tutti i files sono scaricabili GRATUITAMENTE seguendo gli specifici link)

Fonte: allevareinagricoltura.com




Aviaria. Grasselli: nessun allarme per cani e gatti ma bisogna stare all’erta

Ciò che era assolutamente impensabile, per i cambiamenti in atto può accadere. Quindi abbiamo il dovere di monitorare”. Lo ha detto Aldo Grasselli, Segretario Nazionale SIVeMP e Presidente Onorario SIMEVeP in un‘intervista rilasciata a Quotidiano Nazionale sui rischi per gli animali domestici, dopo la morte in Islanda di 3 gatti colpiti dall’influenza aviaria.

Bisogna stare all’erta, senza allarmarsi. E mantenere norme banalissime di igiene. Evitare, per esempio, di far girare i nostri animali dove ci sono deiezioni di uccelli. Anche per difenderci da altre patologie che i nostri amici volatili ci possono trasmettere più facilmente, come salmonellosi, campylobatteriosi o clamidiosi. Queste patologie spesso convivono con gabbiani e piccioni, e indubbiamente possono essere trasportate anche in casa dai nostri animali domestici. Ma sul problema dell’aviaria non mi allarmerei”.

In questi anni stiamo assistendo a cambiamenti di carattere ecologico, provocati da cambiamenti climatici che modificano l’habitat non solo di animali ma anche di parassiti che vivono su questi animali”.

Questo può far sì che ciò che era assolutamente impensabile, possa accadere. Quindi abbiamo il dovere di monitorare i cambiamenti che avvengono in questi ecosistemi e di quelle patologie che potrebbero colpire l’uomo. Dobbiamo stare all’erta, con un monitoraggio epidemiologico e un sistema di sorveglianza adeguati” ha concluso Grasselli.