Trovate le varianti di SARS-CoV-2 nelle acque di scarico: la ricerca dell’ISS

“CS n°13/2021 – Trovate le varianti di SARS-CoV-2 nelle acque di scarico: la ricerca dell’ISS”

Lucentini: risultati importanti per esplorare la variabilità genetica del virus

Bonadonna: le potenzialità della sorveglianza sui reflui riconosciute nel Piano europeo contro le varianti

Le varianti del virus SARS-CoV-2 inglese e brasiliana sono state individuate per la prima volta nelle acque di scarico italiane.

La ricerca, prima in assoluto sulle varianti in reflui urbani in Italia e tra le prime al mondo, è stata condotta dal gruppo di lavoro coordinato da Giuseppina La Rosa* del Dipartimento Ambiente e Salute e da Elisabetta Suffredini del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica Veterinaria dell’ISS, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico della Puglia e della Basilicata.   I risultati dello studio dimostrano che le acque di scarico posso essere un utile strumento per valutare la circolazione delle varianti di SARS-CoV-2 nei centri urbani.

Per consentire uno screening rapido, pratico e semplice delle varianti circolanti nella popolazione italiana è stato sviluppato, infatti, un metodo che prevede l’amplificazione e il sequenziamento di una parte del gene S contenente specifiche mutazioni in grado di caratterizzarle. Il metodo, testato inizialmente su campioni clinici (tamponi naso-faringei), è stato successivamente applicato all’analisi delle acque di scarico raccolte in fognatura prima dei trattamenti di depurazione. L’esame di questa matrice ha individuato, per la prima volta in campioni ambientali, la presenza di mutazioni caratteristiche delle varianti UK e brasiliana in alcune aree del nostro paese dove la circolazione di tali varianti era stata accertata in campioni clinici di pazienti CoViD-19.

In particolare sono state individuate sequenze con mutazioni tipiche di variante brasiliana e inglese in reflui raccolti a Perugia dal 5 all’8 febbraio e mutazioni tipiche della variante spagnola in campioni raccolti da impianti di depurazione a Guardiagrele, in Abruzzo dal 21 al 26 gennaio 2021.

“I nostri risultati – sottolinea Luca Lucentini, direttore del Reparto Qualità dell’Acqua e Salute – confermano le potenzialità della wastewater based epidemiology, non solo per lo studio dei trend epidemici, come già dimostrato in precedenti nostre ricerche e ormai consolidato nella letteratura scientifica, ma anche per esplorare la variabilità genetica del virus”.

“Le prospettive sono promettenti – dice Lucia Bonadonna, direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS – in particolare se pensiamo che la sorveglianza sui reflui è applicata in diversi paesi europei, anche se non ancora per la ricerca delle varianti. L’importanza della sorveglianza ambientale è stata riconosciuta, grazie anche al contributo dei risultati italiani, nel Piano europeo contro le varianti del COVID-19 (Hera incubator), che mira a rafforzare le difese dell’Unione davanti al crescente numero di mutazioni del virus”.

*gruppo di lavoro: Marcello Iaconelli, Giusy Bonanno Ferraro, Pamela Mancini e Carolina Veneri

Fonte: ISS




Il COVID-19 nella filiera produttiva della carne. Descrizione di un cluster in Trentino

coronavirusA cavallo tra fine agosto ed inizio settembre 2020  in provincia di Trento si è verificato un focolaio in alcune aziende appartenenti alla filiera della carne.

L’origine del focolaio è da ricondurre ad una delle 5 aziende coinvolte, molto carente dal punto di vista dell’implementazione delle misure
anticovid. Da questa azienda il contagio ha potuto diffondersi alle altre aziende a causa della condivisione della manodopera precaria fornita da diverse agenzie intermediarie. Nell’azienda che ha dato origine al focolaio la manodopera precaria interinale (“avventizia”19), rappresenta il 71% dei lavoratori. L’unica azienda rimasta indenne dal contagio aveva realizzato ottimali ed efficaci protocolli anticovid e non aveva lavoratori in comune con le altre aziende.

Durante una prima campagna di screening nelle prime settimane di settembre, dei 591 lavoratori testati 161 (27%) sono risultati positivi, una percentuale significativa, anche in considerazione della bassa prevalenza della positività nella popolazione generale all’epoca (percentuale di positività attorno al 2%). Nelle 3 aziende risultate carenti rispetto alle misure anticovid queste percentuali hanno raggiunto punte del 70-77%.

Considerato che la dinamica e le caratteristiche del focolaio COVID-19 nelle aziende della filiera della carne del Trentino, confermano alcuni aspetti generali della propagazione della pandemia e danno preziose indicazioni di prevenzione e controllo della pandemia nei settori lavorativi, anche oltre a quello specifico della carne, il personale del Dipartimento di Prevenzione APSS, Trento ha descritto gli interventi messi in atto, partendo dal contesto generale e proponendo spunti per l’azione futura.

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L’EFSA avvia la campagna « EU Choose Safe Food »

Gli alimenti si presentano in varie forme. Alcuni sono di grandi dimensioni. Alcuni minuscoli. Alcuni belli e brillanti. Altri, non molto. Alcuni sono squisiti. Altri, insomma…è una questione di gusti. Che siano di proprio gusto o meno, a prescindere dalla loro provenienza, ci si può fidare della sicurezza dei nostri alimenti. E questo grazie alla scienza.

I consumatori europei sono tra i più protetti e informati al mondo riguardo ai rischi presenti nella catena alimentare. Il sistema di sicurezza alimentare dell’UE conferisce a ogni cittadino eropeo il diritto di sapere come viene prodotto, trattato, confezionato, etichettato, e venduto il cibo che consuma. Nell’ambito di tale sistema, gli esperti imparziali dell’EFSA esaminano i dati e gli studi scientifici per valutare i rischi alimentari. E, in una catena alimentare interconnessa, l’EFSA collabora con le autorità nazionali per la sicurezza alimentare di tutta l’Europa, partner nazionali e organismi internazionali affinché gli europei possano gustare i pasti con la massima tranquillità.

#EUChooseSafeFood

In occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare di quest’anno, l’EFSA avvia la campagna di comunicazione #EUChooseSafeFood che si svolgerà per tutta l’estate 2021. La campagna si prefigge di sensibilizzare i cittadini alla scienza alla base dei nostri alimenti e di raccontare la storia degli scienziati che si adoperano per garantirne la sicurezza. L’obiettivo generale è incoraggiare i cittadini a pensare in modo critico alle loro scelte quotidiane riguardanti gli alimenti.

Per maggiori informazioni, consultare il nuovo sito web #EUChooseSafeFood

Fonte: EFSA




Studiare le simbiosi fra batteri e zanzare per vincere la resistenza agli insetticidi

Un batterio simbionte delle zanzare potrebbe essere coinvolto in fenomeni di resistenza agli insetticidi. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Camerino, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Laboratorio di parassitologia) e le Università di Pavia, Milano, San Paolo (Brasile) e Glasgow (Regno Unito). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale mBIO dell’American Society for Microbiology e apre prospettive interessanti per il controllo delle malattie trasmesse da vettori.

Riduzione genomica nei batteri simbionti

Un batterio simbionte delle zanzare potrebbe essere coinvolto in fenomeni di resistenza agli insetticidi. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Camerino, in collaborazione con il Laboratorio di parassitologia) dell’IZSVe e le Università di Pavia, Milano, San Paolo (Brasile) e Glasgow (Regno Unito).

Il batterio si chiama Asaia e si trova nell’intestino, negli organi riproduttivi e nelle ghiandole salivari di molte specie di zanzare ed altri insetti nocivi all’agricoltura. Come tutti i batteri simbionti, anche Asaia non è dannoso per la salute dell’ospite, ma ne influenza in maniera positiva il percorso evolutivo, con un vantaggio reciproco. In generale, le associazioni simbiotiche mostrano un elevato livello di integrazione fisica, metabolica e genomica fra gli organismi in simbiosi, al punto che se anche i batteri simbionti non diventano essenziali all’esistenza stessa dell’ospite, sono comunque in grado di fornirgli un vantaggio nei termini di una migliore fitness all’ambiente.

Uno degli effetti della coevoluzione nelle simbiosi è la riduzione delle dimensioni del genoma del batterio, che consiste nella perdita di geni ritenuti invece indispensabili per i batteri non simbiotici. L’analisi filogenetica di Asaia ha infatti rivelato una sostanziale distanza genetica nella linea evolutiva dei diversi ceppi, mostrando proprio come processi indipendenti di riduzione/variazione genetica hanno determinato una “erosione” di geni a seconda del ceppo di Asaia e della sua relazione simbiotica con l’ospite. Alla base di questo fenomeno ci sarebbero meccanismi evolutivi in cui sono coinvolti percorsi metabolici che svolgono funzioni essenziali per la vita del microorganismo.

Geni di resistenza agli insetticidi nelle zanzare

L’attenzione dei ricercatori si è concentrata in particolare su un gene (PH) che regola la degradazione dei piretroidi, un principio attivo di molti insetticidi. I ceppi di Asaia sono stati isolati da diverse specie di zanzare, da popolazioni di mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata) e da campioni ambientali. In tutti i ceppi batterici analizzati è stato trovato il gene PH, tranne in un caso: nella zanzara Anopheles darlingi, una delle specie maggiormente responsabili della diffusione di malaria nelle regioni amazzoniche.

L’efficacia degli insetticidi nei confronti di insetti vettori, come nel caso della zanzara anofele, o di insetti delle piante potrebbe dipendere da meccanismi di regolazione genetica che agiscono a livello metabolico nelle simbiosi tra zanzare e batteri.

Il ruolo del gene PH nella biologia del batterio è ancora da approfondire ma, secondo gli autori dello studio, la sua presenza – di cui è nota la funzione protettiva nei confronti di Asaia – potrebbe proteggere indirettamente anche le zanzare dagli insetticidi a base di piretroidi, rendendoli poco efficaci. La zanzara anofele An. darlingi sembra rappresentare un buon candidato per testare questa ipotesi.

Lungo questa linea di ricerca, uno studio condotto qualche anno fa nell’ambito del Programma di controllo della malaria in Brasile ha evidenziato che An. darlingi non è resistente ad alcuni insetticidi a base di piretroidi. È interessante notare che alcuni studi hanno evidenziato come l’infezione da Plasmodium (il parassita malarico) riduca la sopravvivenza delle zanzare solo nei ceppi resistenti agli insetticidi ma non in quelli sensibili , fornendo così la prova di un “costo di sopravvivenza” associato all’infezione da Plasmodium solo nelle zanzare selezionate per la resistenza agli insetticidi. L’efficacia degli insetticidi nei confronti di insetti vettori, come nel caso della zanzara anofele, o di insetti delle piante potrebbe quindi dipendere da meccanismi di regolazione genetica che nelle simbiosi agiscono a livello metabolico.

In generale, la detossificazione da insetticidi mediata dai batteri simbionti è oggi riconosciuto come un problema emergente nelle strategie di controllo degli insetti. Nei prossimi anni sarà quindi necessario approfondire il funzionamento dei processi metabolici coinvolti nei meccanismi di resistenza agli insetticidi, al fine di sviluppare nuovi metodi di controllo efficaci per insetti vettori di patogeni e altri insetti nocivi.

Fonte: IZS delle Venezie




Eutanasia in apicoltura: una questione di benessere animale

L’attenzione nei confronti del benessere animale è notevolmente cresciuta negli ultimi anni e ha trovato opportuno riconoscimento e sostegno normativo per gli animali di allevamento, d’affezione e anche per quelli impiegati a fini scientifici. In quest’ultimo caso, la direttiva 2010/63/UE, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 26/2014, considera tra gli invertebrati solo i cefalopodi. Pertanto, il benessere delle api non è al momento normato sebbene esistano situazioni in cui sarebbero necessarie precise indicazioni, come nel caso dell’eutanasia della colonia.

Il Centro di referenza nazionale (CRN) per l’apicoltura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha approfondito questa tematica relativamente alle api da miele, quando l’opzione dell’eutanasia si rende necessaria. Sulla base della letteratura scientifica, i ricercatori del CRN hanno individuato le tecniche maggiormente utilizzate a tale scopo in relazione all’efficacia e alla possibilità di ridurre al minimo le sofferenze per le api. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Apicultural Research

L’eutanasia in apicoltura

Il Centro di referenza nazionale per l’apicoltura dell’IZSVe ha approfondito la tematica dell’eutanasia in apicoltura, una pratica a volte necessaria per prevenire la diffusione di malattie infettive o parassitarie delle api mellifere. Sulla base della letteratura scientifica, i ricercatori del CRN hanno individuato le tecniche maggiormente utilizzate a tale scopo in relazione all’efficacia e alla possibilità di ridurre al minimo le sofferenze per le api. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Apicultural Research.

Anche in apicoltura può essere necessario ricorrere all’eutanasia, pratica autorizzata e prevista dalla normativa vigente qualora insorgano problemi per le api, per l’ambiente e/o per la salute pubblica che non si possono risolvere in altro modo. La soppressione delle api mellifere si realizza, di regola, dopo il tramonto, quando la maggior parte delle api è rientrata nell’arnia. A questo punto l’alveare viene sigillato confinandovi tutte le sue api, per evitare che possano ulteriormente fuoriuscire.

Nel caso di alcune malattie infettive o parassitarie delle api mellifere, come la peste americana o le infestazioni parassitarie esotiche (come l’infestazione da Aethina tumida), la normativa veterinaria e i piani di emergenza nazionali prevedono la soppressione immediata delle api, quando gli agenti responsabili dell’infezione/infestazione sono presenti in numero ancora limitato e localizzato. In questi casi, l’eutanasia è una riposta rapida ed efficace per tutelare la salute del patrimonio apistico di un territorio o di una nazione.

Altre volte, questa pratica è necessaria per prevenire l’introduzione e la diffusione di api di origine sconosciuta, o qualora siano segnalati alveari abbandonati, o ancora sciami in luoghi difficilmente accessibili e di difficile gestione, magari anche con rischi per la salute delle persone.

Tecniche e sostanze per la soppressione delle api mellifere

Grazie all’esperienza maturata direttamente sul campo, la pratica apistica ha raccomandato e tramandato vari metodi, chimici o fisici, di soppressione delle api mellifere, che non sono stati però adeguatamente studiati in condizioni controllate o riconosciuti ufficialmente. Nel caso di un focolaio di malattia infettiva o infestiva si applica la procedura più semplice, realizzabile in loco, di immediata efficacia e scelta tra quelle disponibili.

Criteri generali

Innanzitutto, la manipolazione delle api e la tecnica di soppressione impiegata devono essere rapide per limitarne la sofferenza: in questo modo la procedura potrà rispondere ai criteri di tutela del benessere dell’animale al momento dell’eutanasia. Anche durante la manipolazione, il disagio dell’ape deve essere ridotto al minimo. Andranno poi tenuti in considerazione i seguenti fattori:

Principali sostanze e loro autorizzazione

Nello studio, vengono elencate le principali sostanze utilizzate per l’eutanasia delle api mellifere nel mondo. L’anidride solforosa è la sostanza maggiormente utilizzata in Italia, perché economica e di facile impiego per l’operatore: è sufficiente posizionare una pastiglia di zolfo sul fondo dell’arnia e accenderla; l’anidride solforosa prodotta dalla combustione satura l’aria dell’alveare in breve tempo provocando rapidamente la morte delle api. Quando è necessario intervenire su più alveari, l’anidride solforosa viene invece immessa da personale esperto e autorizzato tramite una bombola.

Nello studio, vengono elencate le principali sostanze utilizzate per l’eutanasia delle api mellifere nel mondo. La lista comprende:

Queste sono le sostanze maggiormente indicate perché tengono in considerazione anche la sicurezza di chi le maneggia e l’impatto sull’ambiente. In passato, venivano utilizzati anche l’acetato di etile, il cianuro di calcio e il cianuro di sodio, successivamente abbandonati in quanto tossici.

L’anidride solforosa è la sostanza maggiormente utilizzata in Italia, perché economica e di facile impiego per l’operatore: è sufficiente posizionare una pastiglia di zolfo sul fondo dell’arnia e accenderla; l’anidride solforosa prodotta dalla combustione satura l’aria dell’alveare in breve tempo provocando rapidamente la morte delle api. Quando è necessario intervenire su più alveari, l’anidride solforosa viene invece immessa da personale esperto e autorizzato tramite una bombola. Questa tecnica è applicata solo in condizioni di campo, all’aria aperta, dove il rischio di esposizione per gli operatori è assente.

Nonostante il loro storico utilizzo in apicoltura, né in Italia né nell’Unione Europea l’impiego di principi attivi per la soppressione delle api risulta regolamentato, come invece avviene in altri stati quali Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia. Anche le sostanze sopra citate non sono incluse ad oggi fra quelle autorizzate dal Regolamento (Ue) 528/2012 che disciplina l’uso di biocidi per proteggere uomo e animali da organismi nocivi.

Operatori autorizzati

In base alle diverse situazioni, l’eutanasia può essere eseguita dall’apicoltore o da ditte specializzate che forniscono servizi di disinfestazione. In entrambi i casi è prevista la supervisione dei Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria competente per il territorio.

Consolidare ricerca e legislazione

Dallo studio IZSVe emerge che, nonostante l’eutanasia in apicoltura in molti casi sia una pratica necessaria e obbligatoria, poco è stato fatto finora per aumentare l’adeguatezza delle tecniche di eutanasia alle caratteristiche proprie della specie. Servono pertanto conoscenze maggiori e specifiche sul benessere delle api mellifere e degli insetti in generale, informazioni che possono derivare dalla ricerca e dalla pratica di laboratorio, come già avviene per il mondo dei vertebrati. Infine, servirà che le istituzioni ravvedano l’opportunità di autorizzare le sostanze già in uso, e che gli apicoltori siano più attenti e sensibili circa le corrette modalità d’impiego.




Webinar: Vaccinazione COVID-19: il contributo della medicina veterinaria alla comprensione di una strategia salvavita

Il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Torino, organizza per martedì 14 aprile 2021, alle ore 20.45, una tavola rotonda in forma di webinar per favorire il dialogo tra veterinari, medici e cittadini su strategie e vicissitudini della campagna vaccinale anti Covid-19 in corso.

Cos’è un vaccino? In che modo è valutata la sua efficacia in campo umano e animale? Come si organizza una vaccinazione di massa? Come si leggono i dati prodotti dalla farmacovigilanza? Perché il vaccino AstraZeneca è stato ritirato e poi reintegrato? Che ruolo ha la comunicazione in questi processi?

L’accesso al webinar è libero.

È possibile ottenere i crediti spc iscrivendosi entro il 13 aprile 2021 al form webinar: Vaccinazione anti covid-19.




AMR: relazione sullo stato di avanzamento del piano d’azione dell’UE

Antibioticoresistenza

La Commissione europea ha pubblicato la sua quinta relazione sullo stato di avanzamento dell’attuazione del piano d’azione europeo One Health contro la resistenza agli antimicrobici, adottato nel giugno 2017. Gli obiettivi chiave di questo piano si basano su tre pilastri principali: rendere l’UE una regione esempio delle best practice; stimolare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, nonché dare forma all’agenda globale. Affrontare la resistenza antimicrobica attraverso un approccio One Health è una delle priorità per questa Commissione, come indicato nella lettera d’incarico del Commissario Kyriakides a novembre 2019.

La relazione sullo stato di avanzamento mostra che negli ultimi mesi è stata messa in atto una serie di iniziative in materia di resistenza antimicrobica. Ad esempio, la Commissione ha adottato nella strategia Farm to Fork un obiettivo volto a ridurre del 50% entro il 2030 le vendite complessive di antimicrobici per animali da allevamento e in acquacoltura dell’UE. Questo obiettivo sarà supportato dall’attuazione dei recenti regolamenti sui farmaci ad uso veterinario e mangimi medicati per i quali sono attualmente in fase di elaborazione atti delegati e di attuazione.

Un altro dei principali aggiornamenti del piano d’azione include la nuova decisione di esecuzione (UE) 2020/1729 della Commissione sul monitoraggio e la comunicazione dell’antibiotico resistenza nei batteri responsabili delle zoonosi e in quelli commensali. Anche la Strategia farmaceutica per l’Europa adottata di recente ha indicato la lotta contro la resistenza antimicrobica come un obiettivo chiave. La prossima relazione sullo stato di avanzamento dovrebbe essere pubblicata a metà del 2021.

Il testo della relazione (in inglese)

Fonte: DG Health and Food Safety




Parere CNSA – Listeriosi di origine alimentare: valutazione del rischio di esposizione per il consumatore

Listeria monocytogenesListeria monocytogenes è un patogeno opportunista in grado di sopravvivere e proliferare anche a temperatura di refrigerazione e in condizioni avverse per altri batteri. Per la sua notevole resistenza, L. monocytogenes è un importante contaminante degli ambienti di lavorazione e degli alimenti, sia crudi che cotti. Dopo il consumo di alimenti contaminati, la maggior parte dei soggetti adulti in buona salute non presenta alcun sintomo o può manifestare lievi sintomi gastroenterici di breve durata. Invece, nelle donne in gravidanza, nei neonati, negli anziani e negli individui immunocompromessi si possono sviluppare forme gravi di malattia. In Italia e negli altri Paesi dell’Unione europea, i casi di listeriosi mostrano una tendenza alla crescita e interessano soprattutto i soggetti di età superiore ai 65 anni.

Sulla base dei dati dei controlli ufficiali degli alimenti e dei dati di consumo, è stato effettuato uno studio preliminare per la stima dell’esposizione del consumatore italiano, che ha evidenziato maggiori criticità per i piatti cotti a base di carne, che possono essere soggetti a manipolazioni e conservazione anche dopo la cottura, e per i prodotti di salumeria. Ciò ribadisce l’importanza di una corretta manipolazione e conservazione degli alimenti pronti al consumo, sia nelle fasi di distribuzione e di somministrazione, sia in ambito domestico.

Fonte: Ministero della Salute




Biodiversità, la tutela degli insetti impollinatori al centro della nuova direttiva

impollinatoriNell’atto del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani diretto a parchi nazionali e aree marine protette si sottolinea l’urgenza dell’azione di tutela, confermata anche dalla pandemia in corso

Proteggere e ripristinare la biodiversità e assicurare il mantenimento dei servizi ecosistemici. In particolare: proseguire e migliorare le azioni a tutela degli insetti impollinatori, dai quali dipende oltre il 70% della produzione agricola per la nostra alimentazione, e di monitoraggio dell’habitat coralligeno. Questi gli obiettivi della Direttiva 2021 agli enti parco nazionali e alle aree marine protette per l’indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità. Obiettivi la cui urgenza, sottolinea l’introduzione dell’atto firmato dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, è stata ribadita dalla pandemia in corso e che costituiscono “uno dei pilastri sui cui costruire una ripresa economica dell’Italia agganciata al Green Deal europeo”.

Dopo l’istituzione delle cosiddette “aree protette”, avvenuta con legge nel 1991, periodicamente il ministro dell’Ambiente (ora della Transizione ecologica) emana direttive di “indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità”. Pur mantenendo uno sguardo globale sul tema della tutela della biodiversità, e quindi sulle sue minacce (consumo di suolo, urbanizzazione, emissioni inquinanti e climalteranti), la Direttiva Biodiversità 2021 si focalizza sulle azioni dirette ad affrontare il declino degli insetti impollinatori. Si tratta di un problema globale, che ha colpito molti paesi dell’Unione Europea e anche l’Italia e che è al centro anche della nuova Strategia dell’UE per la biodiversità e del relativo Piano per il ripristino della natura.

Gli Enti Parco nazionali, si legge nel documento, dovranno “assicurare la prosecuzione e il consolidamento delle azioni sugli impollinatori”. Centrale è l’attività di monitoraggio, che risulta essenziale per studiare il fenomeno del declino di questi insetti, comprenderne le cause e pianificare azioni di contrasto efficaci. Tale attività dovrà essere aggiornata alla luce dello schema di monitoraggio europeo, pubblicato lo scorso ottobre per fornire informazioni complete sulle popolazioni degli agenti impollinatori. Il monitoraggio dovrà interessare, secondo la Direttiva Biodiversità 2021 “gli apoidei selvatici e i lepidotteri diurni, nonché sirfidi e lepidotteri notturni”.

Agli Enti Parco nazionali è richiesto inoltre di individuare e proporre, entro il 15 maggio 2021, piani di azione per la conservazione della biodiversità da sviluppare con altri parchi. Le attività sugli insetti impollinatori, invece, saranno oggetto di una relazione intermedia da sottoporre alla Direzione per il patrimonio naturalistico del MiTe, oltre che della rendicontazione prevista per fine anno.

La Direttiva Biodiversità 2021 prevede, infine, azioni di monitoraggio dell’habitat coralligeno che dovranno essere svolte dalle Aree marine protette. Queste dovranno, inoltre, “stimare il disvalore generato dall’impatto delle attività di pesca” su tale habitat e proseguire le attività di raccolta dati già avviate con le direttive precedenti.

La Direttiva è consultabile al seguente link.

Fonte: Ministero della Transizione Ecologica




Adottato il primo piano strategico 2021-2024 di Orizzonte Europa

La Commissione definisce le priorità in materia di ricerca e innovazione per un futuro sostenibile.

La Commissione europea ha adottato in data odierna il primo piano strategico di Orizzonte Europa, il nuovo programma di ricerca e innovazione dell’UE di un valore di 95,5 miliardi di euro a prezzi correnti. Il piano strategico è una novità nell’ambito di Orizzonte Europa e definisce gli orientamenti strategici per determinare gli investimenti nei primi quattro anni del programma. In applicazione al piano le azioni di ricerca e innovazione dell’UE contribuiranno alle priorità dell’UE, tra cui un’Europa verde e climaticamente neutra, un’Europa pronta per l’era digitale e un’economia al servizio delle persone. “Il piano presenta – ha detto Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale – un quadro per attività di ricerca e innovazione di altissima qualità e basate sull’eccellenza che saranno svolte nell’ambito del programma di lavoro Orizzonte Europa. Grazie a questo orientamento strategico assicuriamo che gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione possano contribuire alla ripresa basata sulla transizione verde e digitale, sulla resilienza e sull’autonomia strategica aperta”. Mariya Gabriel, Commissaria responsabile per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani, ha aggiunto: “Gli orientamenti del piano strategico assicureranno che le nuove conoscenze, idee ed innovazioni andranno a vantaggio delle priorità politiche comuni dell’Unione europea. Questo nuovo approccio è un altro modo per garantire che la ricerca e l’innovazione finanziate dall’UE affrontino le sfide cui sono confrontati i cittadini europei.”

Un piano ambizioso per un programma ambizioso
Il piano strategico definisce quattro orientamenti strategici per gli investimenti in materia di ricerca e innovazione nell’ambito di Orizzonte Europa per i prossimi quattro anni:

La cooperazione internazionale è alla base di tutti e quattro gli orientamenti, in quanto è essenziale per affrontare molte sfide globali.

Fonte: Panorama della Sanità