Interventi Assistiti con gli Animali, report sulla normativa regionale italiana

Interventi assistiti con gli animaliÈ disponibile online il report riassuntivo riguardante la regolamentazione da parte delle Regioni e delle Province Autonome del settore degli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) elaborato dal Centro di referenza nazionale per gli IAA.

Questo documento ha lo scopo di rendere più agevole la consultazione dei punti chiave dei provvedimenti attuativi che le singole amministrazioni hanno emanato successivamente all’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano del 25/03/2015 al fine di applicare efficacemente sul proprio territorio le “Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (IAA)”.

Questa prima versione, aggiornata a febbraio 2021, riporta in sintesi i contenuti dei provvedimenti regionali raggruppati nei macro-argomenti: formazione, figure sanitarie e operatori, centri e strutture; corredati da indicazioni sulla presenza o meno di elenchi dedicati e modulistica. Inoltre per ogni singola regione/provincia autonoma e norma sono linkati i siti e le normative complete, facilitando così l’accesso agli interessati.

Tale report funge da supporto sia per chi si sta approcciando agli IAA sia per chi già vi opera, verrà periodicamente aggiornato dal CRN IAA e sarà consultabile/scaricabile dall’indirizzo: 10.5281/zenodo.4636864

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Fonte: IZS Venezie




Consulenza scientifica EFSA base per futura etichettatura armonizzata su parte anteriore confezioni alimentari

Gli esperti EFSA in materia di nutrizione umana forniranno consulenza scientifica su cui si baserà l’elaborazione di un futuro sistema a dimensione UE per l’etichettatura nutrizionale sulla parte anteriore delle confezioni per alimenti. La loro consulenza fungerà inoltre da base scientifica per l’introduzione di condizioni particolari per l’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute da apporre sui prodotti alimentari.

In base al piano d’azione per la strategia UE dal produttore al consumatore, la Commissione europea intende presentare, entro la fine del 2022, una proposta di etichettatura nutrizionale armonizzata e obbligatoria, destinata alla parte anteriore delle confezioni alimentari, e di definizione di profili nutrizionali onde limitare la promozione di alimenti ad alto tenore di sostanze come ad esempio sale, zuccheri e/o grassi.

La Commissione europea ha chiesto all’EFSA di fornire consulenza scientifica in materia di:

  • sostanze nutritive importanti per la salute pubblica delle popolazioni europee, compresi i componenti non nutrienti degli alimenti (ad esempio energia e fibre alimentari);
  • gruppi di alimenti che rivestono un ruolo importante nelle diete delle popolazioni europee e relativi sottogruppi;
  • criteri atti a orientare la scelta di sostanze nutritive e altri componenti non nutrienti degli alimenti onde stabilire profili nutrizionali.

Nel mandato non viene chiesto all’EFSA di sviluppare un modello per la definizione di profili nutrizionali né consulenza sugli attuali modelli di profilazione già in uso per scopi diversi.

Per lo studio gli esperti EFSA si avvarranno di informazioni scientifiche recenti, tra cui anche:

L’EFSA dovrà consegnare il proprio parere scientifico entro marzo del 2022. Entro la fine del 2021 verrà indetta una consultazione pubblica sul parere in bozza.

Fonte: EFSA




COVID-19: studi e riflessioni dell’epidemiologia italiana nel primo semestre della pandemia

Sul sito di Epidemiologia & Prevenzione è disponibile in formato open access il secondo blocco di articoli della monografia fortemente voluta dagli epidemiologi italiani per documentare i lavori prodotti durante la fase iniziale della pandemia di COVID-19.

Dopo gli editoriali e i lavori dei Gruppi AIE, e dopo gli articoli della sezione SORVEGLIANZA, è ora la volta della sezione METODI e della sezione AMBIENTE, in quest’ultima segnaliamo due articoli di grande interesse per chi studia la relazione tra inquinamento atmosferico e COVID-19.

A distanza di pochi giorni, e con cadenza costante, seguirà la pubblicazione di tutti gli articoli che ora vedete elencati nell’indice, dedicati agli studi di mortalità, ai test sierologici, alle condizioni di lavoro, alla salute materno-infantile, ai fattori di rischio, all’epidemiologia clinica, alle conseguenze sul nostro SSN, alle diseguaglianze e alle differenze di genere, senza tralasciare uno sforzo per capire cosa  avviene in altri continenti.

 




Covid-19: in Italia la ‘variante inglese’ all’86,7% Il 4,0% dei casi con quella ‘brasiliana’

In Italia al 18 marzo scorso la prevalenza della cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 era del 86,7%, con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 63,3% e il 100%. Per quella ‘brasiliana’ la prevalenza era del 4,0% (0%-32,0%), mentre le altre monitorate sono sotto lo 0,5%. La stima viene dalla nuova indagine rapida condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler, che fa seguito a quelle diffuse nelle scorse settimane da cui era emersa una maggior trasmissibilità per la variante ‘inglese’ del 37%.

Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del Ministero della Salute dello scorso 17 marzo. Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni/PPAA in maniera casuale fra i campioni positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e se possibile per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni/PPAA e complessivamente 126 laboratori.

Queste le principali riflessioni emerse dalla survey

  • La rilevazione della variante lineage B.1.1.7 (la cosiddetta ‘inglese’) nella totalità delle Regioni/PPAA partecipanti è indicativa di una sua ampia diffusione sul territorio nazionale. La prevalenza nazionale della variante lineage B.1.1.7 stimata nella indagine rapida precedente del 18 febbraio pari a 54% è ora pari a 86.7%.
  • La variante lineage P.1 (la cosiddetta ‘brasiliana’) ha mantenuto una prevalenza pari al 4% (nella precedente era pari a 4.3%); ma nell’indagine precedente era stata segnalata in Umbria, Toscana e Lazio, nell’indagine del 18 marzo anche in Emilia-Romagna e in diminuzione nel numero totale in Umbria e in aumento, invece, nel Lazio.
  • Al fine di contenerne ed attenuarne l’impatto sulla circolazione e sui servizi sanitari è essenziale, mantenendo le misure di mitigazione in tutto il Paese nel contenere e ridurre la diffusione del virus SARS-CoV-2 mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt a valori <1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi.
  • Fonte: ISS



Etica e trial dei vaccini anti-COVID, online il Rapporto ISS

vaccinoÈ stato pubblicato il Rapporto ISS COVID-19 “Aspetti di etica nella sperimentazione di vaccini anti-COVID-19”, elaborato del Gruppo di Lavoro “Bioetica COVID-19” dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Nel testo si presentano, analizzano e discutono i principali di aspetti di etica riguardanti la sperimentazione clinica di vaccini anti-COVID-19.

La risposta alla pressante richiesta di disponibilità di vaccini su larga scala ha determinato una contrazione dei tempi della sperimentazione di vaccini anti-COVID-19, mantenendo il rispetto dei requisiti previsti per gli studi convenzionali. Ciò è stato possibile grazie all’applicazione di strategie di salvaguardia della sicurezza, che hanno consentito di superare gran parte dei limiti intrinseci dell’accelerazione e supportare l’evidenza scientifica sulla sicurezza. Nel contesto della pandemia occorre evitare ritardi nelle procedure autorizzative, ma è doveroso anche non cedere sul rigore nella metodologia scientifica: è importante arrivare presto, ma è ancor più importante arrivare bene.

Il testo si apre con una panoramica sugli aspetti tecnico-scientifici delle sperimentazioni dei candidati vaccini anti-COVID-19.

Sono poi descritti e analizzati gli aspetti giuridici e regolatori, sia a livello internazionale, sia specifici della nostra nazione, per la sperimentazione di vaccini anti-COVID-19.

Nell’approfondimento sugli aspetti di etica si sottolinea che le sperimentazioni di vaccini anti-COVID-19 devono essere conformi ai criteri di etica che si applicano a qualsiasi sperimentazione clinica. Tuttavia, nelle emergenze pandemiche l’applicazione di alcuni di tali criteri può essere difficoltosa. Occorre particolare attenzione nel bilanciare la necessità di rigore sia nella metodologia scientifica, sia di rispetto dei criteri di etica: non sono ammesse deroghe né nella scientificità, né nell’eticità. Particolarmente critico è l’uso del placebo. Vale la regola generale che non dovrebbe essere ammesso l’uso del placebo quando è disponibile un prodotto efficace. Deroghe a tale regola sono ammissibili solo entro i limiti stabiliti nei documenti di riferimento, tra cui la Dichiarazione di Helsinki. L’analisi include anche il tema di cosiddetti “challenge studies”, in cui vi è deliberata infezione dei volontari sani partecipanti. Sebbene in alcuni casi eccezionali studi di tale tipo potrebbero essere ammissibili, l’impianto stesso della metodologia suscita perplessità e pare, sotto il profilo etico, non accettabile per la sperimentazione di vaccini anti-COVID-19.

Il Gruppo di Lavoro è coordinato da Carlo Petrini (Direttore dell’Unità di Bioetica e Presidente del Comitato Etico dell’ISS) e include esperti, interni e esterni all’ISS, che coprono molteplici aree disciplinari, oltre la bioetica: sanità pubblica, epidemiologia, medicina clinica, giurisprudenza, biodiritto, scienze infermieristiche, filosofia, pediatria, cure palliative, e altre. Grazie alla molteplicità di competenze, il Gruppo di Lavoro “Bioetica COVID-19” ha prodotto documenti su varie tematiche con implicazioni di etica poste dalla pandemia.

Per la redazione del Rapporto il Gruppo di Lavoro si è avvalso della collaborazione di esperti di varie strutture dell’ISS: il Centro Nazionale per la Ricerca e la Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci, il Dipartimento di Malattie Infettive, il Servizio di Coordinamento e Supporto alla Ricerca.

L’auspicio è che il Rapporto sia di aiuto a chi programma, valuta, esegue o partecipa a sperimentazioni di vaccini anti-COVID-19.

Si è, però, adottato uno stile semi-divulgativo, con lo scopo di offrire anche ai cittadini non esperti un testo accessibile per approfondire la tematica.

Il Rapporto è pubblicato mentre si affaccia la disponibilità dei primi vaccini sperimentati a partire dai mesi immediatamente successivi all’inizio della pandemia. Ciò, tuttavia, non rende il Rapporto intempestivo: numerose sperimentazioni di vaccini anti-COVID-19 proseguiranno e ne verranno avviate nuove, con lo scopo non solo di rendere disponibili un maggior numero di vaccini, ma anche di affrontare le nuove varianti che nel tempo compaiono e si diffondono.

Fonte: ISS




ISS: Come raccogliere e gettare mascherine e guanti monouso

Al lavoro e a casa: tre infografiche a cura dell’Istituto Superiore di Sanità su come smaltire questi rifiuti, anche in caso di positività al virus.

A casa se non sei positivo

A casa se sei positivo

Al lavoro




ConVErgence, un progetto europeo per valutare i suini come ospiti potenziali di Coronavirus emergenti

Gli allevamenti rappresentano potenziali hotspot per la diffusione e l’amplificazione di virus che potrebbero causare epidemie negli animali o fornire un bacino per la futura comparsa in altri ospiti. In questo momento l’attenzione è particolarmente focalizzata sugli allevamenti di suini come specie suscettibile all’infezione, in particolare da parte di coronavirus.

In tempi recenti si è registrato un aumento delle malattie infettive emergenti, anche a causa del confine sempre più labile nell’interfaccia tra esseri umani, animali domestici e fauna selvatica. In particolare, gli allevamenti rappresentano potenziali hotspot per la diffusione e l’amplificazione di virus che potrebbero causare epidemie negli animali o fornire un bacino per la futura comparsa in altri ospiti. Gli animali d’allevamento potrebbero essere infettati sia dalla fauna selvatica che dagli esseri umani e potrebbero fungere da ponte tra questi ospiti, portando all’infezione in modo reciproco.

In questo momento l’attenzione è particolarmente focalizzata sugli allevamenti di suini come specie suscettibile all’infezione. Il mantenimento dei virus nelle popolazioni di suini in seguito allo spillover iniziale potrebbe complicare il controllo del patogeno nell’ospite naturale ed alimentare la ricomparsa del virus una volta eliminato. Qualora poi virus simili circolassero naturalmente nelle popolazioni suine, è possibile che lo spillover in questa specie porti alla comparsa di varianti ricombinanti pericolose per gli animali o l’uomo.

L’attuale pandemia di COVID-19 ha confermato che i coronavirus hanno un’alta probabilità di spillover, possono facilmente adattarsi a nuovi ospiti e possono provocare gravi danni nelle popolazioni naïve. In effetti, i coronavirus emergenti sono considerati una delle principali minacce per la salute umana e per la produzione suina in tutto il mondo.

ConVergence, una collaborazione Italia, Paesi Bassi e Regno Unito

Nell’ambito del bando Era-Net ICRAD cofinanziato da Unione Europea  e Stati Membri, è stato finanziato il progetto ConVErgence – Assessing swine as potential hosts for emerging Coronaviruses, allo scopo di indagare il processo di comparsa dei coronavirus nell’industria suinicola, concentrandosi su pipistrelli e uomo come le più probabili fonti di infezione. Il consorzio di ricerca comprende l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe, capofila), l’Erasmus Medical Center di Rotterdam (Paesi Bassi) e l’Università del Sussex (Regno Unito), ognuno finanziato dei rispettivi enti nazionali, il Ministero della Salute Italiano, il Consiglio Inglese per la Ricerca e l’Innovazione (BBRSC) e il Ministero dell’Agricoltura Olandese.

Il progetto europeo ConVErgenze, che vede l’IZSVe come capofila, vuole indagare il processo di comparsa dei coronavirus nell’industria suinicola, concentrandosi su pipistrelli e uomo come le più probabili fonti di infezione. Gli obiettivi del progetto sono: (1) studiare la relazione tra i suini, i pipistrelli e gli esseri umani in diversi sistemi di allevamento; (2) determinare il livello di esposizione dei suini ai CoV noti di pipistrelli e umani misurando la loro risposta anticorpale; (3) individuare l’eventuale circolazione di CoV di pipistrello/uomo nelle popolazioni suine dell’Italia nord-orientale.

Attualmente si conoscono sette specie di Coronavirus (CoV) che infettano gli esseri umani, di cui tre sono endemiche e causano infezioni stagionali simil-influenzali e una è responsabile dell’attuale pandemia. D’altra parte, i coronavirus sono estremamente diversificati e frequenti nei pipistrelli, al punto che la maggior parte delle specie virali presenti nei mammiferi sembra derivare dal pool di CoV dei pipistrelli, eccezione fatta per un grande cluster di virus che raggruppa specie comuni nell’uomo e nel bestiame, compresi i maiali, ma che non è mai stato descritto nei pipistrelli.

Anche se ad oggi non si sa se i coronavirus umani e dei pipistrelli possano infettare i suini, è ipotizzabile che gli animali che hanno un contatto più stretto con i pipistrelli e gli esseri umani abbiano maggiori probabilità di essere esposti ai loro virus e che l’esposizione nel lungo periodo aumenti le possibilità di trasmissione da una specie all’altra.

Comprendere i legami fra suini, pipistrelli e uomo

Gli obiettivi di ConVErgence sono:

  • studiare la relazione tra i suini, i pipistrelli e gli esseri umani in diversi sistemi di allevamento;
  • determinare il livello di esposizione dei suini ai CoV noti di pipistrelli e umani misurando la loro risposta anticorpale;
  • individuare l’eventuale circolazione di CoV di pipistrello/uomo nelle popolazioni suine dell’Italia nord-orientale.

Inoltre, anche sulla base del fatto che la diffusione dei coronavirus è altamente stagionale sia nei pipistrelli che negli esseri umani, i dati di campo raccolti sia dai suini che da popolazioni di chirotteri saranno utilizzati per costruire un modello matematico dello spillover che possa essere utile nell’individuare le situazioni a rischio più elevato. Infine, nel caso in cui lo studio abbia successo nell’identificazione di nuovi CoV, di nuove varianti o di virus associati a nuovi ospiti, si procederà alla caratterizzazione del loro genoma e alla valutazione dell’adattamento nel suino e nell’uomo, della loro capacità di causare danni al nuovo ospite e del potenziale di infettare altre specie.

ConVErgence utilizzerà tecnologie all’avanguardia e professionalità provenienti da diversi campi, tra cui medicina veterinaria, ecologia, virologia, epidemiologia e modelli matematici, sfruttando l’esperienza dei diversi partner inclusi nel consorzio.

Fonte: IZS Venezie




Meduse, cibo sostenibile del futuro?

L’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Consiglio nazionale delle ricerche ha raccolto nel volume European Jellyfish CookBook”, edito da Cnr Edizioni, le prime ricette “stellate” in stile occidentale a base di meduse, il cui uso alimentare non è ancora autorizzato. Il libro viene presentato lunedì 29 marzo in un evento on line: ricercatori e chef guideranno il pubblico verso una nuova percezione di queste creature marine, da odiate nemiche a preziosa risorsa

 Piatto tradizionale in Cina e in vari paesi del Sud-est asiatico, le meduse in Europa non sono ancora autorizzate per uso alimentare. Eppure, sono una fonte di proteine, povere di calorie e di grassi, contengono elementi preziosi come aminoacidi, magnesio e potassio, hanno proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. E potrebbero essere anche golose, suggeriscono gli chef coinvolti nel volume “European Jellyfish CookBook – Prime ricette a base di meduse in stile occidentale”, edito da Cnr Edizioni – Unità Comunicazione relazioni con il pubblico e curato da Antonella Leone dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce nell’ambito del progetto europeo “GoJelly”.

Il libro – consultabile come flipbook al link https://doi.org/10.48257/BLE-001 e scaricabile gratuitamente in italiano e in inglese – viene presentato al pubblico lunedì 29 marzo con un evento on line trasmesso in diretta a partire dalle 17 sui  canali Facebook e YouTube dell’Unità Comunicazione e Relazioni con il pubblico: ricercatori e chef guideranno il pubblico verso una nuova percezione di queste creature marine, da odiate nemiche di tutti i bagnanti a potenziale risorsa. L’evento, presentato dalla responsabile dell’Unità Comunicazione e relazioni con il pubblico – Cnr Edizioni Silvia Mattoni e moderato dal giornalista della redazione economica del Tg2 Rai Umberto Gambino, vede la presenza dei ricercatori italiani del team Go Jelly e degli chef internazionali Gennaro Esposito, Fabiano Viva, Kit Mak e Pasquale Palamaro. Partecipano, inoltre, Stefano Piraino docente di Zoologia dell’Università del Salento e Rosalba Giugni, presidentessa della onlus Marevivo, impegnata nel progetto. Il programma dell’evento è consultabile al link https://www.cnr.it/it/evento/17174.

“Dobbiamo subito precisare che l’uso alimentare delle meduse in Italia e in Europa non è ancora autorizzato al momento della pubblicazione di questo libro. Il regolamento UE sui nuovi alimenti richiede infatti una autorizzazione o notifica della Commissione Europea, per l’immissione sul mercato all’interno dell’Unione di un alimento tradizionale proveniente da un Paese terzo”, spiega Antonella Leone (Cnr-Ispa), ricercatrice impegnata nel progetto per l’Italia. I “nuovi alimenti” o nuovi ingredienti alimentari non devono essere dannosi per la salute pubblica. “Dopo la valutazione della domanda da parte della Commissione e l’opinione favorevole dell’EFSA (Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare) le meduse potranno essere commercializzate e consumate. L’immissione sul mercato all’interno dell’Unione potrebbe essere facilitata laddove ne sia stato dimostrato il consumo per almeno 25 anni come parte della dieta abituale di un numero significativo di persone, in almeno un Paese terzo”. Per quanto riguarda le meduse, i richiedenti dovrebbero pertanto poter optare per una procedura più rapida e semplificata a patto che non vengano espresse obiezioni di sicurezza debitamente motivate.

“Da anni, attraverso il progetto Go Jelly finanziato nell’ambito del Programma Horizon 2020, la comunità scientifica internazionale è impegnata nello studio delle meduse come risorsa sostenibile”, prosegue Leone. “Come Cnr-Ispa, in particolare, indaghiamo le caratteristiche biochimiche, nutraceutiche e nutrizionali delle meduse mediterranee ed europee con l’obiettivo di promuoverne l’utilizzo in campo alimentare, studiando anche nuovi e più salubri processi alimentari che elimino l’uso di composti tossici come l’allume presente nel processo tradizionale asiatico”. Oggi, con i mari sempre meno pescosi e la presenza sempre più numerosa di meduse in tutti gli oceani e mari del pianeta – dovuta in parte al sovrasfruttamento delle popolazioni ittiche, e in parte a fattori quali l’aumento delle temperature dell’acqua e l’acidificazione degli oceani – si profila l’opportunità di utilizzarle come “novel food” anche in Occidente: “In estremo Oriente questi animali sono utilizzati da oltre 2.000 anni, con un impatto significativo anche sull’economia. Con una popolazione mondiale che cresce ad un ritmo esponenziale – a fronte di una produzione di cibo che aumenta molto più lentamente – individuare risorse alimentari nuove e sostenibili è, infatti, una sfida inevitabile”, aggiunge la ricercatrice.

Dalle semplici meduse marinate o in carpaccio al più sofisticato piatto di medusa con falso caviale, dalle zuppe alle abbinate con pasta o noodles, l’evento del 29 marzo sarà l’occasione per illustrare alcune delle ricette originali proposte nel libro, che fanno capire come l’inclusione delle meduse nella nostra dieta possa essere vincente anche sotto il profilo del gusto. Tra gli obiettivi del progetto “GoJelly”, anche la possibilità di utilizzare le enormi quantità di biomasse che le meduse forniscono in altri settori: ad esempio nel settore cosmetico – grazie alla quantità di collagene contenuta in tali organismi – o per la produzione di filtri per microplastiche per il trattamento delle acque reflue, fino al loro utilizzo per la realizzazione di fertilizzanti “bio” o mangimi.

Fonte: CNR




Cambiamenti climatici, trasmessa a Bruxelles la strategia nazionale di lungo periodo

Bandiera Unione EuropeaIl documento individua le azioni per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Costa: “Italia in prima linea per raggiungere i target di Parigi”

Riduzione della domanda di energia, grazie soprattutto al calo della mobilità privata e dei consumi in ambito civile. Decisa accelerazione delle rinnovabili e della produzione di idrogeno. Potenziamento e miglioramento delle superfici verdi, per aumentare la capacità di assorbimento di CO2. Sono le tre direttrici fondamentali della Strategia Nazionale di lungo periodo, che il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha trasmesso alla Commissione Europea.

La strategia è stata elaborata nell’ambito degli impegni dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che invita i Paesi firmatari a comunicare entro il 2020 le proprie “Strategie di sviluppo a basse emissioni di gas serra di lungo periodo” al 2050.

“L’Italia – ha commentato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – con l’elaborazione di questa Strategia si conferma fra i paesi più attivi e motivati per il raggiungimento del target della Cop 21, che è quello di mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5/2 gradi. Siamo consapevoli che per raggiungere la cosiddetta neutralità climatica entro 30 anni saranno necessarie scelte coraggiose e profondi cambiamenti nel tessuto socio-economico come nei nostri stili di vita. Ma la sfida climatica è la sfida strategica per il futuro dell’umanità e non possiamo permetterci di perderla”.

La Strategia nazionale di lungo termine individua i possibili percorsi per raggiungere, nel nostro Paese, al 2050, una condizione di “neutralità climatica”, nella quale le residue emissioni di gas a effetto serra sono compensate dagli assorbimenti di CO2. Un obiettivo in linea con quello indicato dalla Presidente della Commissione UE Commissione Ursula Von der Leyen, nella sua Comunicazione sul Green Deal europeo, ha tracciato una strategia di crescita verso “un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra”.

La strategia prende le mosse dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), che indica il percorso fino al 2030, “trascinando” fino al 2050 le conseguenti tendenze energetico-ambientali virtuose. Vengono quindi individuate le tipologie di leve attivabili per raggiungere al 2050 la neutralità climatica: una riduzione spinta della domanda di energia, legata in particolare ad un calo dei consumi per la mobilità privata e dei consumi del settore civile; un cambio radicale nel mix energetico a favore delle rinnovabili (FER), coniugato ad una profonda elettrificazione degli usi finali e alla produzione di idrogeno; un aumento degli assorbimenti garantiti dalle superfici forestali (compresi i suoli forestali) ottenuti attraverso la gestione sostenibile, il ripristino delle superfici degradate e interventi di rimboschimento.

L’intervento, incisivo, su queste tre leve si renderà necessario perché il mero “trascinamento” delle tendenze attuali, per quanto virtuoso, sarebbe insufficiente a centrare il target fissato per il 2050.

È necessario, perciò, prevedere un sostanziale cambio del “paradigma energetico italiano” che, inevitabilmente, passa per investimenti e scelte che incidono sulle tecnologie da applicare, sulle infrastrutture ma anche sugli stili di vita dei cittadini. E’ una trasformazione importante e radicale come quella prospettata dalla Strategia di lungo periodo che dovrà permeare tutte le politiche pubbliche, in un percorso di ampia condivisione. Primi passi in tal senso sono stati effettuati con la trasformazione del CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in CIPESS, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile e con l’avvio del Green Deal.

Per chiudere il gap emissivo e arrivare alla neutralità climatica saranno necessarie scelte politiche a elevato impatto sociale ed economico, tecnologie ancora non pronte in parte perseguibili solo su base europea, nonché una condivisione a livello internazionale del processo di decarbonizzazione. Per tenere conto degli sviluppi su tutti questi fronti, ferme restando le tendenze di fondo individuate, la Strategia, elaborata in linea con il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) deve essere considerata uno strumento “dinamico”, che avremo modo di aggiornare e integrare, anche per tenere pienamente conto dei processi di revisione degli obbiettivi energetico-ambientali nazionali attualmente in corso a livello europeo, e delle scelte conseguenti che si faranno per un rilancio economico in chiave sostenibile con il Piano per la Ripresa e la Resilienza.

La Strategia Nazionale di lungo periodo è consultabile al seguente link. Sono inoltre consultabili i seguenti allegati: Allegato 1 – Dettagli della Consultazione PubblicaAllegato 2 – Dettagli sulle tecnologie di decarbonizzazione.

Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare




Covid: studio, seconda ondata inevitabile per effetti climatici

Cambiamenti climaticiLa “seconda ondata” della pandemia potrebbe non avere nulla a che vedere con la mancanza di prudenza o di adeguate misure di controllo. Secondo uno studio condotto da Talib Dbouk e Dimitris Drikakis, ricercatori dell’Università di Nicosia a Cipro, avere due focolai all’anno durante una pandemia è praticamente inevitabile, a causa dell’impatto delle temperature, dell’umidità e del vento.

I risultati, pubblicati sulla rivista Physics of Fluids, evidenziano che sebbene le mascherine, le restrizioni dei viaggi e le linee guida per il distanziamento sociale aiutino a rallentare la crescita dei nuovi contagi a breve termine, a giocare un ruolo chiave a lungo termine sono soprattutto gli effetti climatici.

Per questo, gli studiosi sostengono che bisognerebbe incorporarli nei modelli epidemiologici.

Attualmente i modelli per prevedere il comportamento di un’epidemia contengono solo due parametri di base: la velocità di trasmissione e la velocità di recupero. Questi tassi tendono a essere trattati come costanti, ma Dbouk e Drikakis pensano che in realtà non sia così. Secondo gli studiosi, temperatura, umidità relativa e velocità del vento giocano tutti un ruolo significativo.

Per questo, gli studiosi suggeriscono di modificare i modelli in modo che tengano conto anche di queste condizioni climatiche.

I ricercatori hanno chiamato questa nuova variabile Indice del tasso di infezione nell’aria (Air). Quando hanno applicato l’indice AIR ai modelli di Parigi, New York City e Rio de Janeiro, hanno scoperto che prediceva accuratamente il momento della seconda epidemia in ciascuna città, suggerendo che due focolai all’anno sono un fenomeno naturale.

Inoltre, il comportamento del virus a Rio de Janeiro è risultato nettamente diverso dal comportamento del virus a Parigi e New York, a causa delle variazioni stagionali negli emisferi settentrionale e meridionale, coerenti con i dati reali. Gli autori sottolineano l’importanza di tenere conto di queste variazioni stagionali quando si progettano misure per la gestione della pandemia.

“Proponiamo che i modelli epidemiologici debbano incorporare gli effetti climatici attraverso l’indice AIR”, dice Drikakis. “I lockdown nazionali o i lockdown su larga scala non dovrebbero essere basati su modelli di previsione a breve termine che escludono gli effetti della stagionalità meteorologica“, aggiunge. “In caso di pandemia, dove non è disponibile una vaccinazione massiccia ed efficace, la pianificazione del governo dovrebbe essere a lungo termine, considerando gli effetti meteorologici e progettando di conseguenza le linee guida per la salute e la sicurezza pubblica“, sottolinea Dbouk. Man mano che la temperatura aumenta e l’umidità diminuisce, Drikakis e Dbouk si aspettano un altro miglioramento nel numero di infezioni, sebbene notino che le linee guida su uso mascherine e su distanziamento sociale dovrebbero continuare a essere seguite con le opportune modifiche basate sul clima.

Fonte: AGI