L’importanza di sorvegliare le acque residue

Fece giustamente molta impressione lo studio pubblicato nel 2009 dall’Istituto Mario Negri di Milano sull’importanza di sorvegliare le acque fognarie per stimare il consumo di droghe nella popolazione (1). Lo studio descriveva un nuovo metodo per stimare il consumo di droghe nella popolazione basato sulla misura dei residui delle droghe eliminati con le urine dai consumatori e veicolati tramite le acque fognarie ai depuratori cittadini. Il metodo è stato utilizzato per stimare i quantitativi di cannabis, cocaina, eroina e amfetamine consumati giornalmente nelle città di Milano, Lugano e Londra.

Nel marzo 2024 sono stati pubblicati i risultati del più grande progetto europeo nel campo dell’analisi delle acque reflue da parte del gruppo europeo SCORE (Sewage Analysis CORe group Europe) in collaborazione con l’Agenzia Europea per il Monitoraggio delle Dipendenze (EMCDDA) – Wastewater analysis and drugs: a European multi-city study. L’analisi delle acque reflue o epidemiologia delle acque reflue rivela i profili di consumo delle principali droghe d’abuso in Europa con un trend in aumento di cocaina e MDMA/ecstasy.

Se l’analisi delle acque residue si è rivelato un metodo efficace per valutare l’andamento nei consumi di sostanze d’abuso, non bisogna pensare tuttavia che questo tipo di analisi sia limitato a questo tipo di sostanze. Sempre più si diffonde la consapevolezza della fondamentale importanza della sorveglianza delle acque residue (wastewater) per monitorare la diffusione nelle popolazioni delle malattie infettive.

SARS-CoV 2 (l’agente responsabile della epidemia di Covid 19) e Poliovirus rappresentano la più solida evidenza della correlazione fra i patogeni identificati nelle acque residue e la diffusione delle due malattie virali (2). Nel 2023 il dipartimento di Water and Sanitation and Hygiene della Organizzazione Mondiale della Salute ha presentato la prima guida per la sorveglianza del SARS-CoV 2.

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Fonte: saluteinternazionale.info




Prevedere le pandemie con la genetica dei virus

Abbiamo tutti acquisito familiarità con le mutazioni del virus responsabile del Sars-CoV-2 nel corso della pandemia e probabilmente tutti possiamo elencarne le varianti: Alpha, Delta e Omicron. La preoccupazione che ha destato la comparsa di nuove forme di Covid-19 offre una misura della pericolosità di questo fenomeno che è del tutto naturale.

Gli scienziati sono consapevoli del fatto che per contrastare le future pandemie sia necessario puntare sull’analisi di dati che possano indicarci le forme di evoluzione dei virus, cioè appunto la comparsa di varianti. Una variante si genera quando un virus, moltiplicandosi nell’organismo ospite, subisce una o più variazioni, dette mutazioni, nel suo patrimonio genetico che lo rendono diverso dal virus originario.

Uno studio pubblicato su Nature communications presenta i promettenti risultati di RecombinHunt, un nuovo metodo data-driven sviluppato dal dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano e dall’Università degli Studi di Milano: in grado di riconoscere, con grande precisione e efficienza computazionale, genomi ricombinanti di Sars-CoV-2 con uno o due punti di rottura.

Il significato della ricombinazione

La ricombinazione è un fenomeno che accade spontaneamente in virus a Rna proprio per assicurare loro la sopravvivenza. La ricombinazione del genoma è un meccanismo molecolare messo in atto dai virus per evolvere e per ingannare il sistema immunitario, che nel frattempo potrebbe aver provveduto a innescare strategie mirate a bloccare il patogeno.

Quando gli organismi si riproducono, utilizzano le istruzioni genetiche (rappresentate da Dna o Rna) per replicarsi. Ma dato che ciò avviene a un ritmo molto rapido nei virus, è facile che possano verificarsi errori, chiamati mutazioni. Quando il codice genetico è cambiato a causa di una mu tazione o di una serie di mutazioni, allora si parla di una variante. Una variante, sebbene diversa geneticamente, non differisce necessariamente nel comportamento dal virus genitore.

La ricombinazione consiste nel rimescolamento di due o più genomi virali in cui sono avvenuti questi errori per formare un nuovo genoma. I genomi si spezzano e si scambiano parti di sequenza. È un meccanismo molecolare che si verifica solo se due virus differenti circolano contemporaneamente e se infettano lo stesso organismo ospite, in modo che possano interagire durante la loro replicazione.

Nel caso della ricombinazione, il rimescolamento di due genomi può far sì che il virus generato manifesti le proprietà di uno o entrambi i virus.

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Fonte: aboutpharma.com




Dall’interazione robot-animali nuove soluzioni per affrontare la crisi climatica e ambientale

L’interazione tra robot e animali può offrire soluzioni innovative alla crisi climatica e ambientale. È questa la tesi proposta da due scienziati europei, Thomas Schmickl, professore presso l’University of Graz, e Donato Romano, ricercatore presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in un articolo pubblicato sulla rivista Science Robotics.

“L’obiettivo è sviluppare simbiosi tra organismi viventi e macchine in grado di generare proprietà collettive emergenti utili per la comprensione della complessità biologica, promuovere una gestione ambientale sostenibile, ispirare soluzioni in ingegneria, e fornire supporto in ambienti estremi” spiega Romano.

La collaborazione tra robot e animali per salvare il pianeta

Nel lavoro Schmickl e Romano hanno raccolto gli esempi più rilevanti di nuovi sistemi di interazione tra animali e robot sviluppati negli ultimi anni. Il grande vantaggio dell’interazione robot-animale è quello di creare sistemi che sfruttano il comportamento naturale degli animali e le capacità tecnologiche dei robot per affrontare problemi complessi. I robot possono collaborare con le specie animali per monitorare e proteggere gli ecosistemi, sostenere la biodiversità e migliorare la resilienza ecologica. Collaborando, animali e robot sono in grado di svolgere compiti di cui né l’uno né l’altro sarebbero capaci da soli, come ripristinare habitat, controllare specie invasive o raccogliere dati ambientali in tempo reale in modo non invasivo. Queste sinergie possono inoltre contribuire a gestire risorse naturali in modo sostenibile e a mitigare gli effetti negativi delle attività umane sugli ecosistemi.

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Fonte: aboutpharma.com




Allarme AIFA sull’antibioticoresistenza, rischia di diventare la prima causa di morte in Italia

Iniziamo dai numeri, tratti dal dossier sull’antibioticoresistenza pubblicato da AIFA nella giornata mondiale degli antibiotici, che si celebra il 18 novembre di ogni anno (puoi leggere in calce all’articolo la versione completa del rapporto, mentre nel sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità trovi le iniziative relative alla giornata e settimana mondiale degli antibiotici).

  • Il consumo di antibiotici in Italia è aumentato del 6,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente;
  • in Europa si contano 670mila infezioni l’anno dovute a batteri resistenti alle cure, che causano 33mila decessi: di questi, ben un terzo avvengono in Italia;
  • nel biennio 2022-23 in Italia 430mila ricoverati in ospedale hanno contratto un’infezione: sono l’8,2%, contro una media Ue che si ferma al 6,5%;
  • gli antibiotici in Italia sono somministrati al 44,7% dei degenti in ospedale, contro una media europea del 33,7%;
  • le infezioni si potrebbero ridurre del 30% facendo più prevenzione negli ospedali e riducendo i consumi di antimicrobici: tra le 135 e le 210mila infezioni ospedaliere sarebbero evitabili con maggiori accorgimenti igienici.

Si tratta di cifre che segnalano un problema grave che, se non si inverte la rotta, porterà a conseguenze drammatiche per la salute collettiva e dei singoli.

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Fonte: scienzainrete.it




ECDC/EFSA sul focolaio persistente di Salmonella strathcona

efsa ecdc Il 12 novembre 2024, l’ECDC ed EFSA congiuntamente, hanno pubblicato un Rapid Outbreak Assessment (ROA) sul focolaio transfrontaliero di Salmonella strathcona ST2559 che vede coinvolti 16 paesi nell’Unione Europea (UE), nello Spazio Economico Europeo (SEE) e nel Regno Unito (UK).

Nel ROA vengono riportate la situazione epidemiologica e i risultati delle analisi condotte sui campioni, per ciascun paese, le misure di controllo in atto e le raccomandazioni per il prossimo futuro.

Dal 1° gennaio 2023 al 5 novembre 2024 sono stati identificati 232 casi confermati (secondo la definizione europea di caso) di S. strathcona ST2559 nei seguenti paesi dell’UE/SEE: Austria (33), Croazia (3), Repubblica Ceca (10), Danimarca (9), Estonia (1), Germania (62), Finlandia (3), Francia (23), Irlanda (1), Italia (67), Lussemburgo (2), Paesi Bassi (2), Norvegia (3), Slovacchia (5), Slovenia (2) e Svezia (6). Nel Regno Unito i casi sono stati 29. Tra i casi associati a viaggi, il paese più frequentemente visitato è risultato essere l’Italia.

Le indagini epidemiologiche avviate in diversi paesi, in risposta al focolaio, hanno identificato i pomodori come veicolo di infezione. In particolare, quelle condotte per il focolaio del 2023 in Austria e quello italiano del 2024, hanno confermato che i pomodorini provenienti dalla regione Sicilia, in Italia, sono stati il veicolo di infezione in entrambi i casi. La stessa conclusione era già stata raggiunta per un focolaio di S. strathcona ST2559 in Danimarca, risalente al 2011.

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Fonte: IZS Teramo




Vespa soror, chi è il nuovo calabrone arrivato in Spagna

Un nuovo calabrone è stato trovato in Spagna, nella regione delle Asturie affacciata sul Mar Cantabrico, nel Nord della penisola Iberica.

Si tratta di Vespa soror, una specie originaria del Sud Est asiatico, quindi di fatto una specie aliena.

La notizia ha iniziato a diffondersi dopo la pubblicazione alcuni giorni fa di un articolo sulla rivista scientifica Ecology and Evolution che fa il punto sul ritrovamento di questa nuova specie di calabrone, un ritrovamento che rappresenta anche la prima segnalazione di questo insetto sul continente Europeo.

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Fonte: agronotizie.it




Resistenza antimicrobica, IZS Sardegna: Antibiotici? Solo se lo dice il medico veterinario

La Regione Sardegna con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (Izs) della Sardegna ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per promuovere l’uso consapevole degli antibiotici negli animali. “Antibiotici? Solo se lo dice il medico veterinario” è il messaggio al centro dell’iniziativa che mira a combattere la crescente minaccia della resistenza antimicrobica (Amr).
Sicuro che l’antibiotico sia la soluzione?

Usare gli antibiotici quando non servono può rendere i batteri resistenti ai successivi trattamenti. Da qui parte la campagna di comunicazione di Regione Sardegna e Izs della Sardegna per sensibilizzare sul tema dell’Amr.
L’antibioticoresistenza, infatti, è un problema che riguarda la salute umana, il mondo animale e quello vegetale, perché nell’ambiente in cui viviamo è tutto collegato. Una possibile soluzione risiede nel concetto di One Health, Salute Unica, al centro del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025.

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Fonte: vet33




Dengue, in Italia 682 casi. Iss: verso chiusura focolai

“Al 12 novembre tutti i focolai di virus Dengue autoctoni sul territorio nazionale risultano controllati, con limitata attività recente”. In Italia “non si registrano nuovi casi di infezione nell’uomo da almeno 16 giorni” e quindi “è stata attivata la fase finale di monitoraggio finalizzata alla chiusura definitiva dei focolai”. Lo comunica l’Istituto superiore di sanità nell’ultimo bollettino sulle infezioni trasmesse dalle zanzare, in cui il bilancio 2024 per Dengue è di 682 casi confermati e segnalati al sistema nazionale di sorveglianza dal primo gennaio al 12 novembre: 468 associati a viaggi all’estero e 214 autoctoni. L’età mediana degli infettati, metà maschi e metà femmine, è di 45,5 anni. Non è stato registrato alcun decesso.

Il focolaio di dimensioni maggiori – ricorda l’Iss – è quello che ha interessato Fano nelle Marche, con 144 casi di virus Dengue di tipo 2 (Denv-2) tutti sintomatici, di cui 142 notificati dalla Regione Marche e 2 dalla Toscana. “Non sono stati segnalati nuovi casi con insorgenza dei sintomi negli ultimi 16 giorni (28 ottobre-12 novembre) – si legge nel report – evidenziando nelle ultime 7 settimane una significativa riduzione del numero di nuove infezioni associate a questo focolaio, che continuano a essere sottoposte a verifica e conferma”.

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Fonte: doctor33




L’approccio multisettoriale One Health ed il ruolo del One Health High-Level Expert Panel (OHHLEP)

L’approccio One Health (OH), in virtù dell’integrazione di competenze afferenti a settori e discipline più svariate è fondamentale per affrontare i rischi e le minacce per la salute che si presentano nell’interfaccia uomo-animale-piante-ambiente. Al fine di supportare WHO, FAO, WOAH e UNEP (Il Quadripartito) nelle politiche di OH, nel 2021 viene costituito un gruppo consultivo scientifico e strategico  denominato One Health High-Level Expert Panel (OHHLEP), composto da 29 membri, con il compito di fornire indicazioni per rafforzare gli orientamenti e coordinamento strategici, promuovere la visibilità politica, definire le responsabilità e le azioni legate a OH e migliorare la cooperazione tra governi. OHHLEP definisce OH come “un approccio integrato e unificante, che mira a bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi. Riconosce inoltre che la salute degli esseri umani, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale (compresi gli ecosistemi) siano strettamente collegati e interdipendenti. L’approccio mobilita molteplici settori, discipline e comunità a tutti i livelli della società, affinché lavorino insieme per promuovere il benessere e affrontare le minacce alla salute e agli ecosistemi, rispondendo al tempo stesso al bisogno collettivo di cibo, acqua ed energia sani e l’aria, agendo sui cambiamenti climatici e contribuendo allo sviluppo sostenibile’. Con questa definizione viene sottolineata la necessità di mettere in campo azioni per implementare OH in modo sostenibile puntando ad una migliore collaborazione multisettoriale e transdisciplinare, efficace coordinamento, comunicazione e sviluppo di capacità.  Con il contributo di OHHLEP, il Quadripartito pubblica nel 2022 un piano d’azione congiunto One Health 2022-2026 (OH JPA) con sei percorsi di azione ed una guida per l’implementazione ed integrazione di sistemi e capacità per prevenire, prevedere, individuare e rispondere alle minacce emergenti, migliorare la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell’ambiente e contribuire ad uno sviluppo sostenibile.  Nel dicembre 2023, il Quadripartito, con lo scopo di assistere i paesi nell’adozione e adattamento dei piani OH, pubblica una ulteriore guida pratica per l’attuazione del piano d’azione congiunto One Health a livello nazionale e individua tre percorsi: politica, sostegno e finanziamento; sviluppo organizzativo, implementazione e integrazione settoriale; dati, prove, istruzione e conoscenza.  Allo stesso tempo assegna a OHHLEP i compititi di:

  • dare indicazioni sull’attuazione del Piano Congiunto di Azione One Health (OH JPA 2022-2026) informando sullo sviluppo sia di  politiche OH basate sull’evidenza scientifica, sia di strumenti e metriche per supportare l’implementazione e la misurazione, nonché identificazione di gap di ricerca su OH;
  • fornire una valutazione scientifica di rilevanza politica sui driver di emergenza e ri-emergenza di minacce sanitarie nell’interfaccia uomo-animale-ecosistema;
  • formulare raccomandazioni su questioni specifiche per le aree OH che destano maggiori preoccupazioni e che necessitano di maggiore attenzione, azione e direzione futura.

OHHLEP all’inizio del 2024 pubblica il documento ‘An integrated inventory of One Health tools: Mapping and analysis of globally available tools to advance One Health (Inventario integrato degli strumenti OH: mappatura e analisi degli strumenti disponibili a livello globale per far progredire OH) con l’obiettivo di inventariare e analizzare una serie di strumenti che, sebbene sviluppati nel corso degli anni per affrontare le malattie infettive e la preparazione alle pandemie, la resistenza antimicrobica, la sicurezza alimentare o il cambiamento climatico, non sono mai stati completamente valutati per l’implementazione di OH e i loro risultati in generale non contestualizzati, laddove pochi hanno assicurato l’integrazione settoriale e disciplinare tra le tre dimensioni di OH e la coerenza con i principi fondamentali. Un inventario di strumenti OH torna utile a paesi e regioni per l’elaborazione dei piani d’azione nazionali OH, per la valutazione e definizione di priorità per l’implementazione e per il rafforzamenti dei relativi meccanismi.   Sebbene siano stati compiuti progressi sostanziali nello sviluppo ed implementazione dei vari strumenti OH, occorre assicurare coordinamento e collaborazione continui tra settori, discipline e parti interessate per la definizione di nuovi strumenti e modalità di condivisione,  sinergia e collegamento dei risultati funzionali ad un utilizzo di risorse minime per sistemi OH sostenibili. I paesi e le regioni possono identificare gli strumenti OH funzionali alle esigenze specifiche, adeguare quelli esistenti e sviluppare di nuovi per colmare le attuali lacune relative a genere, inclusione sociale e ambiente.

I temi sopra evidenziati sono stati discussi il 6 Novembre in occasione di un webinar sulla ‘Governance One Health basata sull’evidenza’, organizzato dal Quadripartito, con la partecipazione dei membri di OHHLEP  e del co-presidente Carlos Gonçalo Das Neves, Chief Scientist di EFSA.  La dottoressa Casey Barton Behravesh, membro di OHHLEP e Direttore del Centro OH presso il Center for disease control (CDC) di Atlanta, ha illustrato le attività svolte ed risultati ottenuti dal One Health Coordination Unit (USOHCU), una struttura che condivide la leadership con il CDC, il Dipartimento degli interni e l’USDA,  ed i fattori chiave per il successo della governance OH, quali collaborazione, coordinamento, comunicazione, politica&governance, disponibilità di risorse, piani e priorità condivisi, istruzione e formazione, coinvolgimento della comunità. Per garantire una collaborazione efficace nell’ambito dei programmi OH è necessario coinvolgere a tutti i livelli i diversi settori della sanità pubblica, sanità animale (domestica e selvatica), ambiente ed altri pertinenti e identificare i ruoli e le responsabilità di ciascun partner. La presenza di strutture efficaci di coordinamento fanno progredire OH anche con il coinvolgimento di partner esterni.  Ulteriore elemento chiave è la comunicazione che deve essere efficace, regolare e trasparente tra tutti i soggetti convolti con messaggi coordinati e tempestivi di. In tema di politica&governance, OH non può strutturarsi all’interno di programmi governativi senza una forte volontà politica e politiche di sostegno con finanziamenti e risorse umane adeguati. I piani e le priorità devono essere condivisi per costruire, pianificare e assegnare le priorità anche durante i periodi non emergenziali. L’istruzione e la formazione devono essere garantiti a tutti i livelli a cominciare dai programmi educativi delle scuole primarie se secondarie per costruire le capacità multisettoriali e transdisciplinari per le future generazioni. Infine c’è bisogno di promuovere meccanismi di partecipazione estesa attraverso il coinvolgimento della comunità nelle iniziative OH.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




Microplastiche nelle acque reflue: nascondono virus e batteri

microplasticheVirus e batteri, alcuni pericolosi per la salute umana e per l’ambiente, sarebbero in grado di sopravvivere al trattamento delle acque reflue “nascondendosi” nelle microplastiche. Soprattutto quelle legate alla catena alimentare. È quanto emerge da un nuovo studio condotto dai ricercatori della Norwegian University of Life Sciences e pubblicato sulla rivista PLOS ONE.

Il problema è stato riscontrato durante i test condotti negli impianti di trattamento progettati per eliminare i materiali contaminanti dalle acque reflue. In realtà, i ricercatori hanno scoperto che non solo i sistemi di depurazione non riuscirebbero a rimuovere le microplastiche, ma che al loro interno proteggono virus e batteri. A quel punto quando le acque reflue vengono rilasciate, sono colonizzate da biofilm microbici, patogeni per l’uomo e l’ambiente. “Questo studio evidenzia la possibilità che le plastidi contribuiscano alla diffusione di agenti patogeni dalle acque reflue trattate, ponendo sfide per la salute ambientale e gli sforzi di riutilizzo dell’acqua”, hanno spiegato i ricercatori.

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Fonte: repubblica.it