Prima segnalazione di una nuova specie di Pesce Chirurgo per il Mediterraneo Centrale

Continua incessantemente l’attività del team internazionale di ricercatori zoologi affiliati al Museo Civico di Storia Naturale di Comiso, riuscendo a scoprire e pubblicando una nuova specie di Pesce Chirurgo (Acanthurus xanthopterus) di origine indopacifica, rinvenuto l’anno scorso lungo le coste del ragusano, esattamente a Torre di Mezzo.

Il ritrovamento è stato effettuato grazie alla tempestiva segnalazione di un collaboratore della citizen science del museo Federico Brugaletta (di Donnalucata, Ragusa), il quale non è la prima volta a segnalare il rinvenimento di particolari specie marine.
Il Team di ricerca è composto Gianni Insacco e Bruno Zava (Museo di Storia Naturale di Comiso, Italy), Maria Corsini-Foka (Institute of Oceanography, Rodi, Grecia ), Valentina Crobe e Fausto Tinti (Università Bologna) e Alan Deidun (Università Msida, Malta). L’articolo è uscito oggi sulla rivista BIR (BioInvasions Records).
E’ stato necessario quasi un anno affinché questo esemplare di pesce chirurgo venisse studiato e indagato geneticamente per attribuirne la specie con esattezza. L’identificazione tassonomica è stata effettuata attraverso analisi morfologiche e molecolari integrate.

Questo ritrovamento è molto importante perché rappresenta la prima segnalazione per le acque italiane e per il Bacino Centrale Mediterraneo, ma rappresenta anche la terza per l’intero Mediterraneo. Questa segnalazione, arriva a soli tre anni dalla sua prima raccolta nelle acque del mediterraneo egiziano, sembra indicare una rapida espansione verso ovest,  sebbene si possano prendere in considerazione ulteriori (e indipendenti) eventi di introduzione, a causa dell’attuale scarsità di dati sulla distribuzione della specie.
Lo studio tratta anche il rinvenimento e le possibili cause di introduzione anche di altre specie di pesci chirurgo, appartenenti ad altre specie, rinvenuti recentemente in mediterraneo. Considerando le acque costiere italiane, fino ad oggi infatti sono stati segnalati solo Acanthurus chirurgus e Zebrasoma xanthurum, il primo all’isola d’Elba nel 2012 e il secondo nelle acque della Sardegna orientale nel 2015 entrambi nel Mar Tirreno.

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Fonte: lescienze.it




La prossima pandemia? Un nuovo studio identifica gli hotspot globali delle minacce zoonotiche

La prossima pandemia? Un nuovo studio identifica gli hotspot globali delle minacce zoonotiche

Il clima che cambia e l’impatto delle attività umane sulla natura e sull’ambiente aumentano il rischio di epidemie. Uno studio recente di JRC (Joint Research Center) mappa il rischio di epidemie in tutto il mondo e individua i territori più esposti e la loro capacità di rispondere. Lo studio che utilizza l’apprendimento automatico e i dati satellitari rivela che il 9,3% della superficie terrestre globale è ad alto, o molto alto, rischio di epidemia di malattie come Ebola, Zika e febbre emorragica Crimea-Congo, insieme ad altre cinque malattie elencate come priorità dall’OMS per il loro potenziale nel causare epidemie e pandemie.

L’immagine illustra con i colori le zone con più o meno alto rischio di essere punti partenza di epidemie.

Lo studio analizza anche i fattori che possono essere causa dell’emergere di malattie con caratteristiche epidemiche: l’aumento delle temperature, i livelli di precipitazioni annuali più elevati in alcune aree e i deficit idrici in altre, aumentano il rischio di epidemie; inoltre, i cambiamenti di uso del suolo, gli insediamenti umani in prossimità delle aree boschive, l’aumento della popolazione e della densità del bestiame e la perdita di biodiversità – tutti contribuiscono a questo rischio.

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Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna




La malattia X fa paura: servono risposte immediate dall’Europa e dal mondo

Servizi veterinari in prima linea per la prevenzione pandemica. Un avamposto che, però, deve essere sostenuto da scelte politiche orientate verso la realizzazione della One health.

“Non è solo un concetto, sta diventando un principio che unisce tutti i servizi sanitari a livello globale. Ma i buoni principi non sono sufficienti se non vengono traslati in azioni concrete soprattutto quando emergono i primi segni di una malattia”, dichiara Emmanuelle Soubeyran, direttore generale dell’Organizzazione mondiale per la salute animale (Woah).

La pandemia Covid-19, al riguardo, ha rappresentato uno stress test che ha mostrato dolorosi gap nella sorveglianza dei servizi veterinari, nei sistemi sanitari pubblici e nella coordinazione multi-settoriale. Questi gap, sottolinea Soubeyran, sono ancora presenti.

La one health non rimanga (soltanto) sulla carta

È necessario che la politica si faccia carico del problema: un invito emerso con forza nel corso della conferenza “Preventing Disease X” che si è tenuta a Bruxelles a luglio. “Dobbiamo far crescere il profilo della animal health – dice la direttrice della Woah – e dobbiamo convincere i decisori politici e privati che è molto importante investire in questo settore.

La salute animale non riguarda solo gli animali. Ha un impatto sul commercio, sulla sicurezza alimentare, sulla salute pubblica, sulla resistenza agli antimicrobici e impatta anche sull’ambiente e sulla biodiversità. Purtroppo troppo spesso le conversazioni sono limitate ai ministri della salute in assenza dei ministri dell’agricoltura, dell’economia o della finanza che, invece, dovrebbero essere coinvolti”.

Senza il loro engagement, l’agenda One health rischia di restringersi al concetto One human health. “Abbiamo perso un elefante nella stanza”, aggiunge Roxane Feller, segretario generale di Animal health Europe. “Noi continuiamo a pensare che persista una mancanza di comprensione dell’intrinseca correlazione tra la salute umana, animale e ambientale”.

Qualcosa comunque si sta muovendo nei palazzi europei, secondo la dirigente che cita al riguardo un report del Parlamento sulla sostenibilità degli allevamenti e un dibattito che si è svolto presso il Concilio europeo sulle vaccinazioni e il controllo delle malattie. Ma forse il problema non è tanto il grado di consapevolezza, quanto (come emerso durante il convegno) la frustrazione degli addetti ai lavori al cospetto della frammentazione del sistema.

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Fonte: aboutpharma.com




Alimenti etnici: studio rivela presenza di ingredienti non dichiarati

Lo studio, primo in Italia a impiegare su larga scala la tecnica del metabarcoding su campioni raccolti nell’ambito dei controlli ufficiali, ha analizzato 62 alimenti venduti tra Lazio e Toscana, individuando anche la presenza di specie allergeniche non dichiarate, come pesci e molluschi, con potenziali rischi per la salute dei consumatori.

La ricerca, durata due anni e finanziata dal Ministero della Salute, è stata realizzata in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” (IZSLT). Il contributo del FishLab è stato cruciale per sviluppare e applicare protocolli innovativi basati sulle tecnologie NGS, capaci di affiancare i metodi ufficiali già in uso e rafforzare così i sistemi di sorveglianza sulla qualità e sulla trasparenza degli alimenti.

Dai risultati sono emersi casi sorprendenti: prodotti etichettati come vegetariani contenevano DNA di maiale, pollo o pesce; in un campione dichiarato “solo pollo” sono state trovate tracce di manzo, anatra e persino cervo; un alimento a base di riso riportava la presenza di molluschi come vongole e ostriche che, però, non risultavano dichiaratiin altri casi ingredienti indicati sull’etichetta – ad esempio gamberi o uova – non sono stati rilevati affatto.

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Fonte: unipi.it




Convegno per la Giornata della Sicurezza Alimentare

Il 17 ottobre 2025 si terrà a Milano un Convegno per la Giornata della Sicurezza Alimentare dal titolo “OLTRE IL GUSTO: L’IMPEGNO DI REGIONE LOMBARDIA PER UN SISTEMA ALIMENTARE SICURO” organizzato dalla Regione Lombardia presso l’Auditorium Testori Palazzo Lombardia.

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Percezione del ruolo del medico veterinario nella società contemporanea

E’ in uscita sul numero di dicembre della prestigiosa rivista One Health (Elsevier) l’articolo One health, one earth, one life: The overlooked role of veterinarians in the fight against COVID-19 and other public health emergencies in Italy”, firmato dal Prof. Sante Roperto, Professore Ordinario di Malattie Infettive degli Animali Domestici presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, e dal Prof. Giovanni Di Guardo Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo.

Nel paper gli autori analizzano come la pandemia da COVID-19 abbia evidenziato la marginalizzazione del ruolo dei medici veterinari nella gestione delle emergenze sanitarie, nonostante la loro importanza strategica nel paradigma One Health, che integra salute umana, animale e ambientale.

L’obiettivo è quello di portare alla luce tali questioni e aumentare la consapevolezza pubblica sul ruolo fondamentale dei medici veterinari nell’analisi del rischio sanitario, nella comunicazione e nella definizione delle politiche, contribuendo così a rendere la società più resiliente di fronte a future minacce pandemiche.

In Italia infatti, i medici veterinari sono stati in gran parte assenti dalla narrazione mediatica della pandemia di COVID-19, che si è concentrata principalmente su una prospettiva ospedalocentrica, nonostante le loro attività fondamentali nella protezione della salute pubblica. Ciò accade anche nella copertura mediatica di altre emergenze di sanità pubblica, come ad esempio quelle causate dal virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5N1) e dal virus della West Nile.

Gli autori – riportando il contributo dei medici veterinari alla sicurezza alimentare, al monitoraggio delle zoonosi, agli studi epidemiologici e alla gestione degli ecosistemi, tutti aspetti essenziali per la prevenzione e la risposta alle pandemie – richiamano l’attenzione sulla necessità di un approccio più inclusivo alle sfide della salute globale, utilizzando il modello One Health, che riconosce il legame tra salute umana, animale e ambientale.

Leggi l’articolo su One Health, Volume 21, December 2025, 101207 (in inglese)

La versione in italiano, a cura degli autori, sarà pubblicata sul prossimo numero di ‘Argomenti’.

A cura della segreteria SIMeVeP




Benessere delle galline ovaiole in Italia: cosa ci raccontano le loro condizioni al momento della macellazione

Ogni giorno, milioni di uova arrivano sulle nostre tavole. Ma cosa sappiamo del benessere delle galline che le producono? Un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Poultry Science, frutto della collaborazione tra Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), Università di Padova (Dip. Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente – DAFNAE), Az. Ulss 5 Polesana e Delta Group Agroalimentare spa, ha analizzato in fase di macellazione oltre 30.000 galline provenienti da 50 allevamenti italiani per scoprirlo, osservando direttamente i segni lasciati sul loro corpo dalla permanenza in allevamento.

Uno studio condotto in collaborazione da IZSVe, Università di Padova, AULSS5 Polesana e Delta Group Agroalimentare spa ha analizzato in fase di macellazione oltre 30.000 galline provenienti da 50 allevamenti italiani, osservando direttamente i segni lasciati sul loro corpo dalla permanenza in allevamento. I ricercatori hanno esaminato in particolare lesioni sternali e dermatiti plantari, e analizzato i principali fattori di rischio sulla base delle informazioni disponibili al macello. Lo studio ha enfatizzato l’importanza del macello come efficace e strategico “osservatorio epidemiologico”.

I ricercatori hanno esaminato:

  • lesioni sternali, che possono essere associate a fragilità ossea e collisione con le strutture
  • dermatiti plantari, associate a una qualità della lettiera e delle superfici non ottimali

Questi segnali, visibili solo dopo la spiumatura al macello, sono considerati “misure basate sull’animale” (animal based measures – ABM) e possono fornire indicazioni sul benessere degli animali in allevamento.

Lo studio ha quantificato l’incidenza dei diversi problemi e ha analizzato i principali fattori di rischio sulla base delle informazioni disponibili al macello, con particolare riguardo a:

  • Tipo di allevamento: nelle gabbie arricchite il rischio di dermatiti plantari è inferiore rispetto ai sistemi a terra, ma aumenta il rischio di lesioni sternali con i sistemi a più livelli (voliere) che si collocano in una posizione intermedia.
  • Linea genetica: le galline rosse, più pesanti rispetto alle linee bianche, sono meno esposte a rischio di lesioni sternali, ma più a rischio per le dermatiti plantari.
  • Età: le partite macellate dopo le 90 settimane hanno mostrato complessivamente meno lesioni, indicando che il prolungamento del ciclo produttivo non rappresenta di per sé un fattore di rischio, ma potrebbe essere piuttosto associato a una migliore gestione degli animali.
  • Stagione: in autunno e inverno aumenta il rischio di dermatiti plantari, presumibilmente per la più difficile gestione dell’umidità della lettiera e quindi una sua minore qualità.

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Fonte: IZS Venezie




Microplastiche e bisfenolo A in ambiente marino

La presenza di microplastiche e bisfenolo a nell’ambiente marino in un’istantanea

La combinazione della diffusa contaminazione da microplastiche e del rilascio di sostanze chimiche rappresenta una minaccia significativa per gli ecosistemi e la salute umana.

 

Ne parla Maurizio Ferri  in un articolo pubblicato su La Settimana Veterinaria




Il valore immateriale delle cose

Nella presente era dell’Antropocene e nella nostra societa’, caratterizzate da un consumismo sempre più sfrenato, le fredde quanto ciniche logiche dell’economia sovrastano incontestabilmente tutte le altre.

Provo grande disagio e amarezza nel constatare che, nella narrazione mediatica che a ritmo incalzante fotografa la società contemporanea, ciascuno di noi venga rappresentato come una sorta di “espressione del PIL” di questa o di quella nazione.

Da ex professore universitario che si considera uno studente a vita e continua a mantenere rapporti umani e professionali particolarmente fecondi e gratificanti coi suoi ex studenti, mi preme sottolineare che nessun denaro potrà mai acquistare simili beni immateriali dal valore incommensurabile!

Da essi traggo ogni giorno linfa vitale nonché immensa soddisfazione e grandi benefici.

Il grado di felicità delle persone, non il vil denaro, costituisce la vera e propria cartina di tornasole mediante la quale si misura il benessere di una società.

Errare humanum est perseverare autem diabolicum!

 

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




ECM Montesilvano (PE) L’allevamento degli insetti: opportunità, prospettive, contesto normativo e Novel Food – 24 ottobre

SIMeVePIl 24 ottobre si terrà a Montesilvano (Pe)il corso dal titolo “L’allevamento degli insetti: opportunità, prospettive, contesto normativo e Novel Food”.

Il corso è aperto a 100 partecipanti tra Medici veterinari, Medici Chirurghi (Igiene degli alimenti e della Nutrizione) e Tecnici della Prevenzione.  Al corso saranno assegnati 5 crediti ECM.

L’allevamento degli insetti, al momento non molto conosciuto, potrebbe rappresentare una valida alternativa sostenibile sia nella produzione di mangime per gli animali d’allevamento, che di cibo per l’uomo. Al contempo una nuova fonte di reddito in un mercato ancora inesplorato. Grandi opportunità sono rappresentate, inoltre, dalla produzione di pet food, di energia alternativa (biogas) e fertilizzanti agricoli.

Studi recenti hanno valutano la capacità di alcune larve di trasformare le micotossine o addirittura le microplastiche. Nel 2012 la FAO ha considerato gli insetti come potenziale fonte di cibo per l’uomo e per gli animali e dal 2015, in Europa, gli insetti edibili e i prodotti che li contengono sono considerati Novel Food (Reg UE 2015/2283). Diverse sono le ragioni che rendono questo allevamento più sostenibile rispetto agli allevamenti di animali tradizionali: dal riutilizzo di scarti e sottoprodotti organici soprattutto di origine vegetale che vengono così riciclati e convertiti con una efficienza di conversione molto alta, all’utilizzo di pochissima acqua per il loro allevamento, all’emissione di molti meno gas serra. Una valutazione di Life cycle assessment (Lca), ovvero di impatto ambientale associato a tutti gli stadi di vita di un prodotto, risulta estremamente inferiore a quella delle proteine ottenute da allevamenti di animali.
Ma a fronte di tutti questi aspetti positivi, quali altri elementi vanno esaminati da un punto di vista sanitario e di sicurezza alimentare?

L’evento, quindi, oltre a fare il punto sulla ricerca applicata nella produzione di insetti in Italia, intende fornire informazioni sugli aspetti igienico sanitari e normativi relativi a questa produzione.

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