Indagine Istat sui prodotti agrolimentari di qualità, allevamenti in lieve calo

Nel 2017 si rafforza il trend di crescita dei prodotti agroalimentari di qualità nelle sue diverse componenti (produttori, trasformatori, superfici e numero di prodotti riconosciuti); solo gli allevamenti sono in leggero calo. Lo rileva l’Istat nell’indagine sui prodotti alimentari di qualità  (DOP, IGP, STG) nell’anno 2017.

Il numero di produttori Dop, Igp e Stg aumenta, rispetto al 2016, dell’1,8%.Cresce considerevolmente il numero dei trasformatori (+7,6%).

Nel confronto con l’anno precedente, gli allevamenti (40.043 strutture) si riducono dell’1,3% mentre la superficie (232.803 ettari) aumenta del 17,9%.

L’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea. I prodotti agroalimentari di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2017 sono 295 (4 in più sul 2016); tra questi, quelli attivi sono 285 (96,6% del totale).

I settori con il maggior numero di riconoscimenti sono: Ortofrutticoli e cereali (111 prodotti), Formaggi (53), Oli extravergine di oliva (46) e Preparazioni di carni (41); Carni fresche e Altri settori comprendono, rispettivamente, 6 e 38 specialità.

Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni con più Dop e Igp (rispettivamente 45 e 38 prodotti riconosciuti).

Nel 2017 gli operatori certificati sono 85.592, 1.897 in più del 2016 (+2,3%). Tra questi, il 90,6% svolge solo attività di produzione, il 6,4% solo trasformazione e il 3% entrambe le attività.

Gli operatori sono soprattutto uomini: l’83,8% dei produttori e l’86,2% dei trasformatori.

I produttori (80.189) sono particolarmente numerosi nei settori Formaggi (26.491, 33% del totale), Oli extravergine di oliva (21.959, 27,4%) e Ortofrutticoli e cereali (18.746, 23,4%).

Anche i trasformatori (8.050) sono presenti soprattutto nei settori Oli extravergine (2.206, 27,4% del totale), Ortofrutticoli e cereali (1.674, 20,8%) e Formaggi (1.505, 18,7%).

Carni fresche: riparte la crescita di prodotti certificati
Nel corso del 2017 il settore delle Carni fresche consegue una nuova Igp, i Vitelloni piemontesi della coscia, ancora non attiva al 31 dicembre.

Le Carni fresche comprendono cinque prodotti Dop e Igp attivi: il Vitellone bianco dell’Appennino centrale (allevato in Emilia-Romagna e nelle regioni del Centro, Abruzzo, Molise e Campania), l’Abbacchio romano nel Lazio, l’Agnello di Sardegna e la Cinta Senese in Toscana. Gli animali allevati, bovini, suini e ovini, si utilizzano per la produzione di carne, distribuita come prodotto fresco dopo la lavorazione.

Il settore raggruppa 9.684 operatori, di cui 8.767 produttori/allevatori che gestiscono 8.809 allevamenti, con 17,8mila bovini, 1,0 milioni di ovini e 8mila suini, e 1.011 trasformatori con 2.148 impianti di lavorazione. Rispetto all’anno precedente aumentano i produttori (+122, pari a +1,4%), gli allevamenti (+129, +1,5%), i trasformatori (+73, +7,8%) e gli impianti di trasformazione (+132, +6,5%).

Il 62,6% degli allevamenti si concentra nelle regioni meridionali, il 63,3% dei produttori e il 62,1% dei trasformatori si trovano nelle aree collinari. Sono solo 94 i produttori che svolgono contemporaneamente anche l’attività di trasformazione.

Preparazioni di carni: aumentano trasformatori e impianti
Le Preparazioni di carni (prosciutti, insaccati, carne di maiale macellata e prodotti a base di carne bovina e suina) comprendono, come nel 2016, 41 specialità (21 Dop e 20 Igp), di cui solo una, l’Igp Mortadella di Prato, non attiva).

La maggior parte dei produttori e dei trasformatori risulta iscritta contemporaneamente a più prodotti Dop e Igp in quanto, per le diverse esigenze di mercato, più parti dello stesso animale allevato e macellato vengono destinate alla trasformazione in differenti prodotti di qualità. Le specialità riconosciute comprendono sia prodotti molto diffusi (Prosciutto di San Daniele, Prosciutto di Parma, ecc.) sia prodotti di nicchia (Lardo di Colonnata, Salame di Varzi, ecc.).

Il settore raggruppa 4.009 operatori, di cui 738 trasformatori con 1.042 impianti di lavorazione e 3.280 produttori/allevatori, che gestiscono 3.852 allevamenti.

Nel 2017 si riduce, nel confronto con il 2016, il calo degli operatori.  Al calo delle componenti zootecniche corrisponde un incremento dei trasformatori (+42, +6%) e degli impianti (+15 strutture, +1,5%).

Sono solo nove gli operatori che svolgono contemporaneamente la funzione sia di allevatore sia di trasformatore. La quasi totalità dei produttori e dei relativi allevamenti è coinvolta nella produzione di insaccati e prosciutti, mentre l’86,7% degli allevatori è interessato anche ai prodotti a base di carne suinicola macellata.

Il numero di allevamenti risulta superiore a quello degli allevatori: infatti una quota di produttori (soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte) gestisce contemporaneamente più allevamenti. Nel Nord si concentrano il 68,2% dei trasformatori e oltre il 90% dei produttori, degli allevamenti, delle scrofe e dei posti ingrasso.

Le regioni con la maggior consistenza produttiva sono Lombardia (1.337 allevatori e 1.575 allevamenti), Piemonte (737 e 845) ed Emilia-Romagna (497 e 629).

La consistenza degli operatori è estremamente contenuta nel Mezzogiorno. Tuttavia va segnalata la presenza di un piccolo nucleo di allevatori e trasformatori che producono e lavorano quattro rinomate specialità (Capocollo, Pancetta, Salame e Soppressata di Calabria) e di alcuni trasformatori siciliani che elaborano il Salame Sant’Angelo.

La nota ISTAT integrale




Selvatici e Buoni: verso la filiera tracciata

Bergamo fa da apripista a livello nazionale per la creazione di una filiera tracciata della carne di selvaggina. Il progetto si chiama Selvatici e Buoni, è curato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano e la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva, è realizzato con il sostegno della Fondazione Una Onlus e raccoglie l’adesione di numerose realtà del territorio.

 

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2018 Anno del cibo italiano, le azioni in campo

Con il 2018 anno del cibo italiano – afferma il Ministro Maurizio Martina – ribadiamo il valore identitario dell’agroalimentare per il Paese. Un legame profondo con la storia e le tradizioni dei nostri territori. Lo facciamo attraverso iniziative e progetti che abbiamo presentato oggi e che, da Nord a Sud, coinvolgono tutti i protagonisti del settore. Perché le nostre eccellenze enogastronomiche non rappresentano solo un’enorme risorsa economica, come confermano i dati dell’export agroalimentare con il record dei 41 miliardi di euro nel 2017, ma anche una straordinaria occasione per raccogliere e promuovere una grande eredità culturale. Il cibo diventa così, ancora una volta, un mezzo per conoscere, condividere, confrontarsi. Lo abbiamo visto con Expo Milano 2015, dove siamo stati protagonisti del dibattito internazionale sulla questione alimentare globale. Lo sperimentiamo ogni giorno nelle realtà locali con i distretti del cibo, uno strumento nuovo di programmazione territoriale nel quale crediamo molto. Lo affermiamo con l’impegno che mettiamo nel sostenere le candidature dei nostri territori e delle pratiche agricole e alimentari nella Lista dei Patrimoni mondiali dell’Unesco. Una chiave fondamentale anche dal punto di vista turistico. Basti pensare all’enoturismo, uno straordinario settore in crescita. Tutto questo è l’anno del cibo, che non deve finire, in termini di politiche di internazionalizzazione e promozione, il prossimo dicembre. Il mondo ci guarda e ha fame d’Italia. Rispondiamo con il nostro saper fare. Con l’orgoglio del nostro sistema Paese.”

Il cibo è parte integrante del patrimonio culturale italiano e dell’immagine del nostro Paese nel mondo. Per questo motivo – dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini – insieme al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali abbiamo fortemente voluto che il 2018, dopo le positive esperienze del 2016 Anno dei Cammini e del 2017 Anno dei Borghi, sia l’Anno del Cibo Italiano, con una serie di iniziative capaci di promuovere la ricchezza, l’eccellenza e la varietà della nostra tradizione enogastronomica“.

Il turismo e il cibo: la visione dell’Italia

Oltre un miliardo e duecento milioni di viaggiatori internazionali: è questa la cifra astronomica di un mondo in movimento, che cresce oltre ogni crisi. Prima ancora che economico, si tratta di un enorme fenomeno umano e sociale che sta assumendo tendenze nuovissime, come emerge proprio da tutte le più recenti analisi: a muovere i viaggiatori sono sempre di più la ricerca di esperienze coinvolgenti, la curiosità ed il desiderio di conoscenza per la cultura e la tradizione, l’attenzione all’autenticità, alla sostenibilità e al benessere.
Questo scenario sta comportando anche nel nostro Paese (attraverso il Piano strategico del Turismo, approvato il 17 febbraio 2017 dal Governo e l’obbiettivo generale di crescita dell’offerta) un rinnovamento profondo dei modelli di offerta turistica, in direzione della sostenibilità e dell’intelligente adattamento alle nuove tendenze della domanda e della qualità dell’accoglienza. Una strategia che cerca di valorizzare proprio gli asset dell’offerta turistica in grado di rispondere con più efficacia al mondo del turismo che cambia. Tra questi, il patrimonio enogastronomico del Paese assume un valore centrale.

Il patrimonio enogastronomico è parte essenziale del paesaggio culturale italiano. Secondo l’UNTWO è proprio l’unicità del patrimonio culturale intangibile a determinare
sempre di più il fattore discriminante della competitività turistica. L’Italia, da questo punto di vista, parte certamente da una posizione di vantaggio, proponendosi ai mercati internazionali con un’offerta pressoché unica, in grado di legare food, cultura e ambiente in un mix che inscindibile: sostenere questa offerta significa non solo generare valore per i territori, ma anche rispondere appieno alle esigenze dei più moderni flussi turistici interessati all’autentico e al tipico.

Il cibo è la porta di accesso più immediata di un territorio, è la prima esperienza con la quale il viaggiatore contemporaneo cerca un contatto con la cultura e le tradizioni del luogo. La grande varietà dei paesaggi italiani e della loro storia riflette la numerosità dei “gate di accesso gastronomici”, tutti dotati di notorietà worldwide: per il mercato turistico, un vero giacimento di opportunità.

Il valore attrattivo di questo asset è tutto giocato sul concetto di “vivere all’italiana”: mangiare italiano è, in tutto il mondo, uno stile da imparare, vivere, raccontare. Anzitutto perché universalmente riconosciuto come stile di vita “sano”. E’ per questo che l’Anno del Cibo intende parlare non solo ai segmenti più strettamente leisure della domanda turistica, ma anche alle vaste platee interessate dalla ricerca ormai globale di stili di vita salutari. La qualità del cibo italiano ed il valore indiscusso della Dieta mediterranea, patrimonio Unesco, rappresentano infatti, grandi attrattori per i milioni di persone che desiderano, sognano e comprano un viaggio in Italia.

Dati e fatti essenziali sul turismo enogastronomico in Italia

Il cibo italiano è Patrimonio. Nel 2016, l’Italia si è confermata il primo Paese per numero di prodotti agroalimentari e vinicoli di qualità con riconoscimento Dop, Igp e Stg conferiti dall’UE (Fondazione Qualivita). Iscrizioni nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità e nella Lista del Patrimonio Immateriale Culturale Unesco: i Paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e del Monferrato, l’Arte del pizzaiolo napoletano, la Dieta Mediterranea e la Pratica agricola della vite ad alberello di Pantelleria (Unesco). Inoltre, 169 Strade del vino e dei sapori e circa cento musei del gusto (Università di Bergamo e World Food Travel Association).

Il cibo italiano è Attrattività. Il cibo italiano è un fattore caratterizzante dell’immagine turistica del nostro Paese, capace di far nascere un desiderio forte che si traduce in una motivazione al viaggio e all’esperienza enogastronomica per turisti e visitatori italiani e stranieri. Secondo World Food Travel Association più di due terzi dei viaggiatori acquista e porta con se prodotti enogastronomici da consumare e regalare. Uno straordinario veicolo per il brand Italia. Cibo e vino (48%) insieme alla bellezza delle città (49%) e alle opere d’arte ed ai monumenti (48%) sono una delle principali ragioni di un viaggio in Italia (Enit-Ipsos).

Il cibo italiano è Esperienza. La domanda di turismo enogastronomico è cresciuta, si è evoluta e oggi desidera vivere esperienze autentiche legate alla conoscenza della cultura enogastronomica nelle molteplici espressioni che è in grado di offrire: cibo, vino, itinerari, tradizioni, produzione, acquisto. In Europa sono circa 600 mila i viaggi all’insegna dell’enogastronomia e oltre 20 milioni quelli che comprendono esperienze enogastronomiche (UNWTO), XXI Rapporto Nazionale Turismo). Il 93% dei turisti leisure ha partecipato ad attività enogastronomiche uniche durante un viaggio effettuato negli ultimi due anni (World Food Travel Association).

Il cibo italiano è Condivisione. Il cibo è condivisione, non solo a tavola. Il turista enogastronomico ascolta e condivide le opinioni di parenti ed amici. Si affida ai mezzi di comunicazione tradizionali, ma utilizza anche il web per condividere immagini e giudizi su cibi e bevande. Il 61% dei viaggiatori condivide le proprie esperienze enogastronomiche sui social media e l’87% dei viaggiatori considera importante le review nella scelta di un ristorante (Tripadvisor).

Le azioni in campo

Il Ministro Franceschini ha approvato la direttiva che dedica il 2018 l’anno al Cibo Italiano. Attraverso la costituzione di un apposito Comitato e la stretta collaborazione con il Mipaf, si promuoveranno iniziative e azioni che siano in grado durante l’anno di rappresentare la produzione eno-gastronomica e la cucina italiana come grandi attrattori turistici del nostro Paese.

– Mibact e Mipaf attueranno una completa ricognizione di prodotti agricoli e agroalimentari di eccellenza, ricette della cultura alimentare e culinaria dei territori italiani, circuiti ed itinerari di offerta enogastronomica, eccellenze di conoscenze e sapere. Questi interventi sono funzionali anche al rafforzamento di itinerari interregionali di offerta turistica, in coerenza con il lavoro già realizzato con il 2016 Anno dei Cammini e il 2017 Anno dei Borghi. Dell’infinito patrimonio italiano, verrà promossa la conoscenza internazionale, con particolare riferimento all’organizzazione di esperienze gustative relative ai prodotti a denominazione di origine e ad indicazione
geografica.

– Insieme al MAECI ed agli Istituti Italiani di Cultura all’estero, verrà realizzata una grande campagna di comunicazione internazionale sul brand Italia. Inoltre, il progetto “Vivere all’italiana” consentirà una promozione della lingua italiana, arte e cultura, archeologia e sistema museale, enogastronomia, università e ricerca, scienza e tecnologia, design, industria culturale e creativa, sport, territori.

– Insieme al MIPAAF, al MAECI e al MIUR verrà promossa la cucina italiana di qualità. Attraverso l’organizzazione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo Ambasciate, Consolati e Istituti italiani di Cultura presenteranno i prodotti alimentari di eccellenza rappresentativi dell’Italia e del gusto italiano a milioni di consumatori nel mondo, in prosecuzione delle tematiche di Expo Milano 2015.

– Verrà definito un accordo tra Ministero e Cassa Depositi e Prestiti per sviluppare i
servizi di accoglienza (informazione, didattica, visite guidate, agri-musei, etc.) rivolti ai turisti presenti lungo gli itinerari di turismo lento. L’obiettivo è favorire l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore turistico-culturale e del turismo enogastronomico con investimenti diretti allo sviluppo di prodotti agricoli ed enogastronomici che possano arricchire i percorsi di visita.

– In tutta Italia il MIBACT compone, selezionando e patrocinando iniziative regionali e territoriali, il Calendario delle Attività dell’Anno del Cibo. Un lungo cartellone di eventi, un grande viaggio da nord a sud del Paese, che rappresenterà un ulteriore elemento di attrattività per i turisti di tutto il mondo. Particolare attenzione sarà dedicata ad una campagna di comunicazione, anche sui social, da realizzarsi insieme ad Enit.

– E’ in corso di realizzazione una piattaforma informativa orientata, oltre che alla diffusione delle iniziative realizzate, all’approfondimento e alla divulgazione dei temi trattati dall’Anno del Cibo.

Nominati i 13 esperti del Comitato

Il Ministro Franceschini ha nominato i 13 esperti di chiara fama che faranno parte del Comitato Tecnico di Coordinamento presieduto dal Direttore Generale Turismo del MiBACT, Francesco Palumbo:

1) Carlin Petrini, Fondatore di Slow Food
2) Oscar Farinetti, Imprenditore e Presidente fondazione E. di Mirafiore
3) Cristina Bowerman, Presidente Ambasciatori del Gusto
4) Massimo Bottura, Chef
5) Riccardo Cottarella, Presidente dell’Unione Internazionale Enologi
6) Giorgio Calabrese, Medico nutrizionista e docente di Alimentazione e Nutrizione umana all’Università del Piemonte Orientale
7) Marco Gualtieri, Presidente di Seeds&Chips
8) Claudia Sorlini Vice Presidente del Touring Club Italiano, già Professore ordinario di Microbiologia Agraria all’Università degli Studi di Milano e membro della Steering Committee of the EU Scientific Programme for Expo 2015
9) Enzo Coccia, Pizzaiolo
10) Elisabetta Moro, Professore ordinario di Antropologia culturale e Tradizioni Alimentari del Mediterraneo all’Università suor Orsola Benincasa di Napoli
11) Mauro Rosati, Direttore Generale Fondazione Qualivita
12) Massimo Montanari, Professore ordinario di storia dell’Alimentazione e Presidente di Casa Artusi
13) Raffaele Borriello, direttore generale di Ismea

La campagna di comunicazione

La campagna di comunicazione che promuove l’iniziativa è incentrata su uno spot
realizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano sotto la direzione del regista Maurizio Nichetti. Sui social verrà declinata un’animazione del logo che ripercorre le diverse specialità alimentari che costituiscono il nostro patrimonio enogastronomico e si affiancherà alla campagna già in corso, costruita grazie al contributo dei Musei italiani con le opere delle loro collezioni riguardanti il cibo. Tutti sono invitati a partecipare alla campagna sui propri canali social utilizzando l’hashtag
ufficiale #annodelciboitaliano. I video, le animazioni e le locandine digitali sono disponibili sul sito sul sito del MiBACT www.beniculturali.it/annodelciboitaliano.

Sui profili social del Mipaaf spazio ai Patrimoni Unesco italiani legati all’agroalimentare: dalla Dieta mediterranea alla coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria, passando per l’arte del pizzaiuolo napoletano, i paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e Monferrato e Parma, designata città creativa per la gastronomia.

Fonte: MIPAAF




Valorizzazione selvaggina: svolto incontro a Bergamo su progetto Selvatici e Buoni

Si è svolto ieri a Bergamo, presso la sede del CAI (Club Alpino Italiano) un incontro preparatorio di presentazione del progetto “Selvatici e Buoni” curato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano e la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva e sostenuto dalla Fondazione UNA Onlus.

L’incontro è stato finalizzato alla realizzazione del progetto nel bergamasco, quale prima area test a livello nazionale, per creare una filiera tracciabile della selvaggina e valorizzare le potenzialità di quel territorio, in cui sono presenti oltre 13.000 ungulati selvatici tra cui cervo, camoscio, capriolo e cinghiale.

All’incontro hanno partecipato tutti gli stakeholders che saranno coinvolti nelle varie fasi di realizzazione del progetto: Corpo di Polizia Provinciale, Regione Lombardia UTR Bergamo, Istituto Zooprofilattico Sperimentale sezione di Bergamo, Agenzia Tutela Salute di Bergamo, Slow Food, Ascom Bergamo, Società Italiana di Medicina veterinaria preventiva, Studio AlpVet, Sezione del Cai Bergamo, Presidenti dei Comprensori Alpini di Caccia e relative associazioni venatorie.

Ad introdurre i lavori è stato Maurizio Zipponi, Presidente del Comitato Scientifico di UNA, che ha illustrato le finalità del progetto “Selvatici e Buoni” che intende introdurre i criteri di tracciabilità, sicurezza alimentare, trasparenza e legalità all’interno della filiera della selvaggina, tanto pregiata quanto sottovalutata e che invece merita di essere valorizzata anche dal punto di vista economico ed occupazionale, riconoscendo un positivo ruolo della caccia e dei cacciatori quali “paladini del territorio e della biodiversità”.

A seguire, Silvio Barbero, Vice Presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha illustrato il progetto di filiera nelle sue fasi di realizzazione, ponendo l’accento sulle importanti qualità organolettiche della carne di selvaggina. Barbero, inoltre, ha sottolineato la necessità di garantire una filiera controllata, dal bosco alla tavola, che sia “buona, pulita e giusta”, con modelli comportamentali definiti, attraverso una nuova etica del cibo e nel pieno rispetto della legalità, combattendo così le frodi in campo alimentare.

È intervenuto poi Antonio Sorice, Presidente Società Italiana Medicina Veterinaria Preventiva, che ha sottolineato la necessità di lavorare nella direzione della sicurezza alimentare anche nel settore delle carni di selvaggina.

Infine hanno preso la parola il prof. Paolo Lanfranchi, il dott. Luca Pellicioli e il dott. Roberto Viganò che hanno illustrato nel dettaglio le fasi operative del modello di gestione sostenibile della selvaggina da mettere in atto nel territorio dell’arco alpino per valorizzare la carne e renderla sicura dal punto di vista igienico e sanitario.

Dopo questa prima giornata di lavori e di consultazione con i diversi stakeholders si entrerà, attraverso successivi incontri tecnici, nella fase operativa del progetto finalizzata alla realizzazione delle azioni previste nel periodo giugno 2017 – dicembre 2018 (indagine sulle tradizioni gastronomiche, formazione ed educazione nell’utilizzo delle risorse, approfondimenti sanitari, analisi economica della filiera delle carni di selvaggina e sviluppo/promozione del prodotto finale).




Si parte da Bergamo, al via il primo corso di formazione per ‘persona formata’

Valorizzare il patrimonio faunistico bergamasco, rispettando l’ambiente e dando nuovo impulso al turismo enogastronomico attraverso la creazione di una filiera tracciata della carne di selvaggina. Sono queste le finalità del progetto “Selvatici e Buoni” partito il 22 settembre presso la Comunità Montana di Clusone (BG).

Il progetto, curato dall’Universita’ di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Universita’ di Milano e la Societa’ Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva con il sostegno della Fondazione UNA Onlus, punta a ridare valore ad un’eccellenza alimentare troppo spesso sottovalutata come la carne di selvaggina, che nel territorio bergamasco ha enormi potenzialita’ considerata la presenza di oltre 13.000 ungulati selvatici tra cui cervo, camoscio, capriolo e cinghiale.

Il territorio bergamasco, cosi’, fa da apripista nazionale per il progetto Selvatici e Buoni, che verra’ replicato in altre province d’Italia per valorizzare le eccellenze faunistiche locali.
Il via libera di oggi e’ arrivato dopo un lungo e costruttivo periodo di consultazioni ed incontri tecnici che hanno coinvolto istituzioni e stakeholders locali, che saranno coinvolti e parte attiva nelle fasi realizzative del progetto e che hanno dimostrato un crescente interesse nei confronti del tema.

In questi mesi sono stati distribuiti, infatti, dei questionari di gradimento, da cui sono emerse rilevanti manifestazioni di interesse che si sono poi tradotte in disponibilita’ operative di Enti Territoriali ed istituzioni.

Nello specifico le manifestazione d’interesse sono giunte dal Comprensorio Alpino di Caccia Valle Borlezza, il Comprensorio Alpino di Caccia Val di Scalve, la Comprensorio Alpino Valle Seriana, il Comprensorio Alpino di Caccia ‘Prealpi Bergamasche’, il circolo UNCZA Prealpi Orobiche, la condotta Slowfood Valli orobiche, Enalcaccia Bergamo, ANUU migratoristi, delegazione CIC Italia, Federcaccia Bergamo e Arci Caccia.

Tali realtà saranno affiancate da importanti enti territoriali che hanno dato disponibilità a collaborare al progetto come ATS Bergamo, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Bergamo, il Corpo Polizia Provinciale Bergamo, l’Ascom Bergamo Formazione e le 3 Comunità Montane: Valle di Scalve, Laghi Bergamaschi e Valle Seriana.

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