Le sorprese (amare) non finiscono mai!

Nella mia attuale veste di professore universitario in pensione dopo una  gratificante carriera di docenza accademica ed una nutrita serie di convegni alle spalle, confesso di non aver mai partecipato, prima d’ora, ad un simposio internazionale i cui lavori non fossero aperti dai saluti delle Autorità locali.

Ecco i fatti: dal 10 al 12 Aprile si è svolta a Catania, presso il rinomato Centro Congressi “Le Ciminiere”, la 35.ma Conferenza Annuale della  “European Cetacean Society”  (“Società Europea di Cetologia”), che ha visto la partecipazione di circa 600 studiosi provenienti da ben 42 Paesi, 24 Europei e 18 extra-Europei.

Orbene, nonostante le locandine ed i manifesti congressuali recassero in bella mostra il logo del Municipio di Catania nonché quello della Regione Siciliana, non un singolo rappresentante di tali Istituzioni si è presentato alla cerimonia inaugurale per portare quantomeno un “doveroso” cenno di saluto!

Riporto tutto ciò con un sentimento misto di stupore e di amarezza, che mi deriva anche dall’avere origini catanesi, di cui vado oltremodo fiero e orgoglioso.

E’ particolarmente triste dover constatare, altresì, come un siffatto desolante accadimento non deponga a favore della quantomai auspicabile e benemerita sinergia di intenti, di strategie e di azioni fra la Comunità Scientifica, da un lato, e la Pubblica Amministrazione, dall’altro, ma che rischi di tradursi, al contrario, in un approfondimento del solco che, a dispetto del cambiamento climatico e delle altre drammatiche sfide che la contemporaneità ci pone di fronte, continua purtroppo a tenere le due componenti separate l’una dall’altra.

Errare Humanum est Perseverare Autem Diabolicum!

Giovanni Di Guardo,
DVM, Dipl. ECVP,
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Progetto PAIR, nuovi strumenti diagnostici e prognostici per rispondere alle pandemie basati su un approccio One Health

PAIR (PAndemic Information to support rapid Response) è un progetto quinquennale finanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Università di Copenaghen che mira a rafforzare il modello One Health mediante lo sviluppo di strumenti innovativi di diagnostica point-of-care (POC)* e di modelling epidemiologico. Tra i partner del progetto anche l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe).

Il kick-off meeting, tenutosi a Copenhagen a gennaio 2024, ha sancito l’avvio del progetto e ha visto la partecipazione dei 20 partner provenienti da 7 diversi Paesi. L’obiettivo di PAIR è aumentare la capacità di risposta alle pandemie dei Paesi europei attraverso l’integrazione di sistemi diagnostici POC avanzati e di modelli epidemiologici e prognostici basati sull’intelligenza artificiale e sull’apprendimento automatico.

La pandemia di SARS-CoV-2 ha mostrato l’impatto drammatico di epidemie e pandemie sulla salute pubblica. Ha inoltre evidenziato la necessità di prendere decisioni trasparenti, rapide e informate per una pronta risposta alle emergenze sanitarie. Disporre di tecnologie diagnostiche e prognostiche in grado di fornire velocemente informazioni affidabili è essenziale per migliorare il processo decisionale e per rinforzare la fiducia del pubblico.

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Fonte: IZS Venezie




L’allarme morbillo fa il paio con quello verso altre malattie infettive, COVID-19 in primis!

Il drammatico crollo delle vaccinazioni di massa della popolazione pediatrica nei confronti del morbillo, registratosi in piena pandemia da COVID-19 in Italia cosi come in Europa e nel resto del mondo, ha gia provocato nel 2022, rispetto all’anno precedente, un incremento pari al 18% dei casi e al 43% delle morti conseguenti alla malattia. Al di la’ delle fin troppo ovvie ricadute che ciò esercita sul controllo di una malattia che causa ancora, a tutt’oggi, non meno di 100.000 decessi su scala globale, andrebbe adeguatamente sottolineato che le vaccinazioni di massa nei confronti del morbillo avrebbero scongiurato, fra il 2000 e il 2021, ben 57 milioni di decessi (Minta et al., 2023)!

Ciò premesso, ai quantomai deleteri e drammatici effetti di cui sopra se ne aggiungerebbero altri di consistente impatto in ambito di sanità pubblica.

In un interessante lavoro pubblicato alcuni anni fa su Science e’ stata chiaramente dimostrata, a tal proposito, una riduzione della risposta anticorpale nei confronti di svariati agenti patogeni in individui infetti ad opera del virus del morbillo (Mina et al., 2019).

Va da sé che ciò potrebbe valere anche per il betacoronavirus SARS-CoV-2, responsabile della drammatica pandemia da COVID-19, minando ulteriormente in tal modo i grandi successi ottenuti grazie alle campagne di immunizzazione di massa della popolazione globale. Sappiamo bene, infatti, che numerose varianti di SARS-CoV-2 sarebbero pienamente in grado di eludere l’immunità conferita dell’infezione naturale, così come dalla vaccinazione (Di Guardo, 2021).

Ne deriva, pertanto, che le campagne di vaccinazione di massa della popolazione pediatrica nei confronti del morbillo dovrebbero essere perseguite ed incoraggiate in maniera quanto più capillare e diffusa.

Bibliografia di riferimento 

1).Di Guardo, G. COVID-19: Measles and Antibiotic Resistance Are a Matter of Concern. Pathogens 2021; 10, 449. https://doi.org/10.3390/pathogens10040449.

2).Mina, M.J., Kula, T., Leng, Y., et al. Measles virus infection diminishes preexisting antibodies that offer protection from other pathogens. Science 2019; 366, 599-606.

3) Minta, A.A., Ferrari, M., Antoni, S., et al. Progress Toward Measles Elimination – Worldwide, 2000-2022. MMWR Morb.  Mortal. Wkly. Rep. 2023; 72:1262-1268. DOI: http://dx.doi.org/10.15585/mmwr.mm7246a3.

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Rafforzamento dei servizi sanitari, prevenzione e approccio One Health: le priorità del G7 salute

Il 1° gennaio 2024 l’Italia ha assunto, per la settima volta, la Presidenza del G7: il gruppo che riunisce Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti d’America. Il G7, al quale partecipa anche l’Unione Europea, è unito da valori e principi comuni e ricopre un ruolo insostituibile nella difesa della libertà e della democrazia e nella gestione delle sfide globali.

La Presidenza italiana durerà fino al 31 dicembre 2024 e prevede un fitto programma di riunioni tecniche ed eventi istituzionali che si articolerà lungo tutto il territorio nazionale.

Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, in occasione della Conferenza ministeriale Salute OCSE a Parigi il 22 e 23 gennai ha illustrato le tre priorità del G7 salute in Italia: rafforzamento dei servizi sanitari, prevenzione e approccio One Health.

La Presidenza Italiana raccoglie il testimone delle presidenze precedenti, in particolare continuando ad affrontare il tema fondamentale dell’Architettura Globale della Salute” ha detto il Ministro Schillaci durante il suo intervento ricordando che il G7 salute si articolerà in numerosi eventi con i primi working group a febbraio per culminare nell’incontro ad Ancona il prossimo ottobre.

È importante – ha sottolineato il Ministro Schillaci – che dopo diversi anni una Conferenza di rango ministeriale abbia posto nuovamente la giusta attenzione sul tema della salute che, lo ricordo, è un investimento sia in termini di benessere per la popolazione sia di sostenibilità sociale ed economica. Ho riscontrato grande interesse per il G7 salute e i temi su cui siamo chiamati a confrontarci e a gestire: dal potenziamento dell’architettura sanitaria globale, per rafforzare i servizi, alla prevenzione per garantire più anni di vita in salute. Abbiamo condiviso la necessaria centralità dell’approccio One Health per una maggiore integrazione tra salute umana, animale e tutela dell’ambiente e l’urgenza di contrastare l’antimicrobico resistenza. Altre tematiche centrali che ci vedranno impegnati riguardano la sanità digitale e l’intelligenza artificiale, strumenti con una grande potenzialità per ridurre le disuguaglianze e migliorare l’assistenza territoriale. Abbiamo davanti obiettivi importanti e contiamo sul supporto dei nostri partner al G7”.

Il Ministro ha anche ricordato gli interventi e le misure adottati in Italia per rafforzare il servizio sanitario nazionale. “Stiamo lavorando – ha spiegato – per costruire reti di prossimità con l’obiettivo di ottenere un’efficace integrazione tra ospedali e strutture territoriali ridistribuendo risorse e servizi secondo i principi di appropriatezza, centralità del paziente e continuità delle cure. Un’altra componente su cui ci siamo concentrati è la necessità di maggiore innovazione, ricerca e digitalizzazione”.

 




Nasce ViVa: biobanca di campioni umani, animali e ambientali

issSiglato l’accordo per la costruzione di Viva, una delle più grandi biobanche di ricerca italiane che potrà contenere campioni biologici di vari tipi: umani, animali e ambientali, secondo i più alti standard qualitativi, per consentire una ricerca trasversale che tenga conto di tutti i fattori che determinano la nostra salute.
La biobanca, collocata nell’area dell’Istituto Superiore di Sanità, sarà pronta nella prima metà dell’anno prossimo. La nuova struttura di circa 700 metri quadri potrà contenere fino a 5.000.000 di campioni e verrà realizzata grazie alla collaborazione con SIAD, uno dei principali gruppi chimici italiani, che ha sviluppato per l’Istituto l’intero progetto del valore di 3.500.000 di euro. Viva disporrà di aree dedicate, dotate di tecnologie e attrezzature avanzate per la preparazione, l’analisi e la conservazione dei campioni e dei relativi dati, in grado di farne un punto di riferimento per la ricerca biomedica.

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Fonte: ISS




Centro di referenza europeo: Indicatori di benessere per l’allevamento del tacchino

Il Centro di referenza europeo per il benessere dei volatili e delle piccole specie (EURCAW), del quale IZSLER fa parte, ha presentato in modo diffuso ed esaustivo un estratto delle modalità di valutazione del benessere dei tacchini in allevamento  nella newsletter di aprile.

La pubblicazione combina un elenco di indicatori di benessere e metodi di valutazione relativi all’azienda. Non essendo ancora disponibile una legislazione europea specifica, i requisiti legali del direttiva 98/58/CE che si applicano ai tacchini sono identificati e assegnati a quattro principi di benessere identificati con il progetto Welfare quality: Good Feeding, Good Housing, Good Health and Appropriate Behaviour . Gli indicatori di benessere e loro metodi di valutazione sono sviluppati a seguito di una revisione della letteratura scientifica esistente e della checklist e linee guida utilizzate dagli ispettori ufficiali negli Stati membri(es. Classyfarm) . L’elenco non è esaustivo,. potrebbero esserci alcuni metodi non descritti in questo documento. EURCAW-Poultry-SFA ha scelto i metodi  più rilevanti e validi secondo le conoscenze dei ricercatori e i dati scientifici disponibili. Tra i diversi indicatori di benessere , gli indicatori basati sugli animali (ABI) hanno la priorità e questi indicatori e metodi di valutazione sono stati valutati in base alle conoscenze disponibili circa la loro fattibilità e affidabilità in fine di fornire alle Autorità Competenti informazioni utili per i controlli ufficiali. EURCAW-Poultry-SFA raccomanda l’uso di diversi indicatori specifici da usare in combinazione perchè possono fornire una panoramica generale del benessere del gruppo allevato. Il documento (allegato ) è senz’altro molto utile per quanti operano nel settore e per gli ispettori del servizio veterinario addetti ai controlli sul benessere.

Fonte: IZS Lombardia Emilia Romagna




Contributo dei prodotti di origine animale per una dieta salutare – Sintesi del documento FAO 2023

FAOQuesto interessante documento della FAO arriva in un momento assai agitato del dibattito italiano circa la dieta alimentare più adeguata per tutti noi, soprattutto per i suoi numerosi risvolti sulla salute. In Italia, come è noto internazionalmente, “si mangia bene” e di questo, personalmente, ne sono molto convinto; diversa è la posizione di ciascuno di noi quando si affronta il problema di cosa faccia bene o male o di quale sia la scelta alimentare più giusta sul piano dell’impatto sulle risorse planetarie da parte di una popolazione globale che ha superato gli 8 miliardi e che è tutt’ora in crescita, ma che, necessariamente deve alimentarsi tutti i giorni.
Nella Prefazione al documento si sottolinea come il nostro pianeta sia segnato da profonde contraddizioni; ad esempio, un decimo della popolazione soffre la fame e ben tre miliardi di nostri “fratelli” soffrono per non potersi alimentare con una dieta sana, ma, allo stesso tempo, ben una persona su tre è sovrappeso o addirittura obeso, mentre poco meno del 25% dei bambini mostrano una crescita rachitica e oltre mezzo miliardo di donne soffre di anemia. Tutti questi guai derivano da malnutrizione che può essere risolta solo con una dieta alimentare sana.
Risulta semplice constatare come gli alimenti che possiamo ottenere da molti animali terrestri, siano in grado di provvedere ai nostri bisogni di energia e di principi nutritivi essenziali come proteine, lipidi, vitamine e elementi minerali, in modo molto più efficace rispetto ad altre sorgenti alimentari.

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Animali: soggetti e oggetti di diritto nell’era del post-benessere

Nell’ultimo ventennio il dibattuto tema culturale del rapporto tra gli esseri umani e gli animali ha acquisito crescente importanza, tanto da un punto di vista teorico quanto da un punto di vista pratico.

Da un punto di vista prettamente giuridico, l’introduzione della disciplina legale a protezione degli animali sembra essere il frutto di un’ideologia culturale, affermatasi dapprima in Europa e nel Nuovo Continente e solo poi transitata in Italia, ed è volta ad affermare l’esistenza di un dovere, in capo alla specie umana, di cura e protezione nei confronti delle specie animali. In ambito giuridico dottrinale, si intravede una normativa protesa ad attribuire all’animale una qualche sorta di soggettività giuridica. A tal proposito si parla di “diritto degli animali” inteso come quell’insieme di norme orientate e tese a disciplinare i rapporti tra gli animali e l’uomo, avendo particolare riguardo ai diritti dei primi e ai doveri del secondo nei riguardi degli animali.

L’obiettivo del presente articolo è quello di ripercorrere l’evoluzione della legislazione nazionale in materia di diritto degli animali, anche in virtù del recente ingresso nella Carta Costituzionale della suddetta materia avvenuto con la Legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 analizzando i più significativi interventi legislativi in materia. Analisi che si rende doverosa al fine di svolgere opportune considerazioni di carattere comparatistico, per meglio comprendere se sia effettivamente possibile parlare degli animali (intesi sia come categoria, sia nella singolarità di ciascuna specie) come soggetti di imputazione di specifiche posizioni giuridiche piuttosto che come meri oggetti di disciplina giuridica, e valutarne eventuali benefici e criticità.

Indice

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David Quammen: un delfino, una focena e due uomini hanno avuto l’influenza aviaria. Un avvertimento per tutti

All’inizio di settembre, gli scienziati dell’Università della Florida hanno confermato che un delfino – la cui carcassa era stata trovata a marzo scorso in un canale, lungo la Costa del Golfo – presentava un tipo di influenza aviaria altamente patogeno. Aveva un’infiammazione cerebrale.

Come dice il nome stesso, il virus dell’influenza aviaria è molto abile nel contagiare gli uccelli, ma talvolta si spinge oltre e prende altre direzioni. Pochi mesi dopo la morte del tursiope, un altro mammifero marino – una focena – è stato trovato spiaggiato e in fin di vita sulla costa occidentale svedese. Poco dopo il ritrovamento, la focena è deceduta, colpita dal medesimo virus. Tra questi due casi, ce n’è stato uno più preoccupante ancora in Colorado: dopo alcune analisi di laboratorio, un uomo è risultato positivo all’influenza aviaria. Era un carcerato impegnato a lavorare in vista della scarcerazione in un impianto di pollame, nel quale doveva procedere all’abbattimento selettivo dei volativi colpiti dal contagio.

Altre analisi hanno messo in discussione il contagio del soggetto, sussistendo il dubbio che il tampone di controllo potesse essere entrato semplicemente in contatto con virus presenti nel suo naso. Tuttavia, quello del carcerato canadese non è stato l’unico caso di essere umano risultato positivo all’influenza aviaria – per la precisione l’H5N1 – l’anno scorso. Intorno al Natale del 2021, anche un britannico di 79 anni, che viveva in contatto stretto con una ventina di anatre di sua proprietà, è risultato positivo al virus dell’influenza aviaria.

Se questi quattro eventi – un delfino morto, una focena morta, due uomini risultati positivi a un pericoloso virus aviario – non vi appaiono in relazione tra loro e vi sembrano insignificanti, forse dipende dal fatto che non avete sentito parlare di “viral chatter”, espressione coniata vari decenni fa il dottor Donald Burke, esperto ricercatore di malattie infettive ed ex rettore della University of Pittsburgh Graduate School of Public Health, per indicare il momento in cui un virus effettua in modo episodico un salto di specie, passando da animali selvatici a esseri umani e provocando talvolta una piccola catena di contagi. Si tratta di un segnale d’allarme dei focolai, spesso riconosciuto quando ormai è troppo tardi.

L’idea di viral chatter in sostanza allude all’emissione di un breve segnale periodico quando avviene un salto di specie

mi ha detto il dottor Burke undici anni fa.

I virus degli uccelli passano ai mammiferi. I virus dei pipistrelli passano agli uomini. Di solito, questi focolai e contagi occasionali arrivano a un punto morto, il che è un bene. Ma “occasionali” significa anche che uno schema si ripete, il che è male – o quanto meno allarmante. Ciò che questo schema segnala alle persone avvedute come il dottor Burke è che un dato virus “vuole” superare il divario tra ospiti animali ed esseri umani e diffondersi ovunque.

Dire che un virus “vuole” fare qualcosa è antropomorfismo, naturalmente, perché i virus non sono dotati di volontà propria. È soltanto la mera convenienza, e non un’intenzione malvagia, a determinare il loro comportamento. L’antropomorfismo, in ogni caso, può tornare utile. I segnali dell’influenza H5N1 indicano che il virus sta esplorando le sue prospettive tra vari mammiferi. Faremmo bene a ricordare che ciò ci riguarda direttamente da vicino.

Sono due le domande sul “viral chatter” che formulano gli esperti di malattie infettive: stiamo ascoltando con sufficiente attenzione per capire quello che implicano? Siamo pronti ad agire?

Non ogni persona contagiata diventa il paziente zero di un focolaio di considerevoli dimensioni, per non parlare di una pandemia. Tuttavia, quanti più casi si presentano – e tanti più segnali vi sono – tanto più è grande la possibilità che un contagio porti alla catastrofe. Gli esseri umani vivono molto vicini tra loro e sono interconnessi, il che significa che costituiscono una grandissima opportunità per qualsiasi virus in grado di contagiare i mammiferi.

L’H5N1 è soltanto uno di numerosi sottotipi di febbre aviaria passati all’uomo negli ultimi decenni, e le influenze sono soltanto uno dei modi con i quali i virus sono capaci di effettuare il salto tra specie. Ovviamente, i coronavirus sono altro ancora.

Quando nel luglio 2003 terminò l’epidemia originaria di Sars, sembrò che il virus fosse stato sradicato tra gli esseri umani – anche se in natura continuava a esistere. Però, quando dal dicembre 2003 al gennaio 2004 si presentarono quattro nuovi casi tra gli esseri umani, si scoprì che il virus aveva effettuato di nuovo un salto di specie, a quanto pare in un ristorante dove si tenevano in gabbia zibetti delle palme (ospiti intermedi del virus) serviti come pietanza. Ciò portò a due in un solo anno i casi di salto di specie del virus Sars. Quanti altri casi, però, non furono segnalati?

Il virus Nipah, altro esempio, fu individuato tra gli esseri umani in Malesia nel 1998, quando effettuò un primo salto di specie dai pipistrelli, tra i quali è di casa, ai maiali e un secondo salto ancora da questi ai coltivatori di maiali e ai commercianti di carne di maiale. I pipistrelli della frutta che lo ospitano sono molto diffusi un po’ ovunque in Asia meridionale e da allora il virus Nipah ha provocato decine di focolai in Bangladesh e in India orientale. Il suo tasso di letalità arriva ben al 75 per cento ma, per nostra fortuna, non si trasmette facilmente da persona a persona. La prossima volta che si presenterà può darsi che lo faccia… Riuscite a sentire i segnali?

«Non simulerò di essere un veggente» mi disse il dottor Burke. Previsione, disse, era una parola già molto forte per quello che faceva. «In ogni caso, si può affermare che da quella zona si sentono arrivare segnali, che si tratta di una zona pericolosa e che questi sono i virus di cui dovremmo preoccuparci». Le previsioni informate sulle aree a rischio rendono possibili due aspetti importanti per la prevenzione di una pandemia: la vigilanza nei riguardi dei contagi più inverosimili e dello scoppio imminente di un’epidemia per intervenire per tempo, e una risposta efficace e immediata per contenere i contagi e impedire che si diffondano. La necessità di una seria vigilanza sui virus non è nuova. Subito dopo che fu fondata nel 1948, l’Organizzazione Mondiale della Sanità predispose un osservatorio globale sull’influenza e un sistema di intervento (Global Influenza Surveillance and Response System), una rete di laboratori e di centri di coordinamento miranti a individuare e risalire ai ceppi influenzali, registrarne i trend, monitorare gli interventi di politica sanitaria nel mondo. Questo sforzo coinvolge oggi alcune istituzioni di primaria importanza in 124 Stati facenti parte dell’Oms e prevede la condivisione a livello globale delle informazioni genetiche ed epidemiologiche raccolte. Nel 2000, nella preoccupazione crescente di altri virus emergenti, i membri dell’Oms hanno creato qualcosa di più ambizioso ancora, il Global Outbreak Alert and Response Network, ideato per aiutare i Paesi nei quali dovessero presentarsi dei focolai a impedirne la diffusione a livello globale. Da allora, nel corso degli anni, sono state varate molte più iniziative e organizzazioni. Di recente, però, ho parlato di influenza aviaria con cinque illustri ricercatori di varie parti del mondo, chiedendo a ciascuno di essi un parere sulla vigilanza esercitata. Le loro risposte sono state cinque variazioni di “inadeguatezza”.

Uno dei modi migliori per esercitare la vigilanza è sottoporre a esami del sangue e di altri campioni biologici le persone apparentemente sane che vivono in situazioni di rischio, per esempio i coltivatori di pollame o di suini (che possono fungere da intermediari per i virus influenzali) o chi lavora nei mercati dove si vendono animali vivi in gabbia, uccelli e mammiferi le cui deiezioni si spargono ovunque e che respirano l’aria di un medesimo ambiente chiuso. Un altro modo molto efficace per vigilare sullo scoppio di un focolaio è la campionatura preventiva degli animali selvatici con i quali gli esseri umani vengono in contatto, per esempio le prede catturate dai cacciatori, i roditori che infestano gli edifici, le anatre e le oche selvatiche che si mescolano ai loro simili domestici nelle mangiatoie o negli specchi d’acqua all’aperto. In parte, in alcune comunità e situazioni commerciali lo si fa già, ma secondo gli esperti non lo si fa abbastanza.

I motivi dell’inadeguatezza comprendono errori delle organizzazioni, finanziamenti limitati, alcuni aspetti economici dell’industria del pollame, il mercato nero degli animali selvatici e lo scarso impegno da parte dei governi nazionali e locali. Nei Paesi a basso reddito vi è anche penuria di tecnici e di veterinari preparati, come anche una resistenza a condividere le informazioni e i dati e una certa opposizione a controllare i soggetti sani ma a rischio, mentre tra le nazioni più potenti e con buone risorse circolano sospetti reciproci (esacerbati dall’esperienza con la Covid-19).

L’inadeguatezza è deplorevole e pericolosa. Viviamo in un mondo di virus che stanno all’interno di creature cellulari di tutti i tipi: animali, piante, funghi, protozoi, batteri e altri microbi. Centinaia di migliaia di questi virus nei mammiferi e negli uccelli possono contagiare l’uomo, e il contagiato potrebbe essere in grado di trasmettere il virus a un’altra persona, e poi a un’altra e un’altra ancora. Se non sentiamo i segnali è soltanto perché non stiamo ascoltando attentamente.

David Quammen su The New York Times 31 ottobre 2022




Covid. Un clamoroso errore la chiusura del Cts

Se è vero come è vero che almeno i due terzi delle cosiddette “malattie infettive emergenti” traggono la propria origine da uno o più serbatoi animali, al pari di quanto sarebbe con ogni probabilità accaduto anche per SARS-CoV-2, il famigerato betacoronavirus responsabile della Covid-19, appare più che lecito domandarsi come mai sia stata adottata da “chi di dovere” l’infelice decisione di chiudere il “Comitato Tecnico-Scientifico“, popolarmente noto con l’acronimo CTS.

Nei suoi fugaci due soli anni di vita, il CTS ha infatti fornito al nostro Governo una serie di importanti raccomandazioni finalizzate alla complessa gestione della drammatica pandemia da SARS-CoV-2.

Nel frattempo, mentre il nostro mondo continuava pervicacemente a rimanere “Covid-centrico” e, nondimeno, “antropocentrico”, nuove ed ulteriori minacce sostenute da agenti infettivi a documentata capacità zoonosica si sono progressivamente affacciate all’orizzonte. Particolarmente degni di nota risultano, a tal proposito, il “cluster” di casi umani di encefalite/encefalomielite da “West Nile virus” (WNV) registratosi nei mesi scorsi in nord Italia con oltre 20 decessi, unitamente all’epidemia da “Monkeypox virus” segnalata in più di 100 Paesi, con oltre 60.000 casi osservati nell’uomo.

Di pari passo con l’allarmante incremento delle temperature medie segnalato in special modo nel corso degli ultimi 8 anni su scala planetaria, si sta osservando un contestuale aumento della frequenza delle infezioni umane ed animali veicolate da artropodi, come chiaramente testimoniato dal recente cluster di casi umani di encefalite/encefalomielite da WNV osservato in diverse Regioni settentrionali del nostro Paese.

In un siffatto contesto, ne consegue che non soltanto si sarebbe dovuta assicurare la necessaria continuità ed operatività al CTS, ma si sarebbe dovuta prevedere, al contrario, la cooptazione di almeno un Medico Veterinario al suo interno, cosa di fatto mai avvenuta.

Errare Humanum est, Perseverare autem Diabolicum!

Per buona pace, giustappunto, della “One Health”, la salute unica di uomo, animali e ambiente.

Giovanni Di Guardo

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo