Usa, aumentano le infezioni da Vibrio vulnificus (batterio potenzialmente letale) a causa del riscaldamento marino

Nell’arco di trent’anni, dal 1988 e il 2018, le infezioni da Vibrio vulnificus, un batterio che infetta ferite esposte all’acqua di mare contaminata e che ha un’elevata mortalità, sono cresciute di otto volte negli stati orientali degli Usa. A lanciare l’allarme i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), precisando come la causa dell’evento sarebbe il riscaldamento delle acque marine conseguente ai cambiamenti climatici.

Che cosa è il Vibrio vulnificus

Il Vibrio vulnificus è un batterio che può contaminare naturalmente molluschi o altri pesci e provocare infezioni potenzialmente letali, se ingerito. Se infetta ferite attraverso l’esposizione in acqua o il contatto con animali infetti, può causare un’infezione profonda che può portare alla necrosi dei tessuti: per questa caratteristica viene talvolta chiamato batterio “mangia-carne”. Secondo i Cdc americani, negli Usa si contano circa 150-200 casi di infezioni di Vibrio vulnificus, un quinto dei quali letali.

Leggi l’articolo

Fonte: www.aboutpharma.com




Vespa velutina e Vespa orientalis si incontrano a Lucca

 Vespa velutina e Vespa orientalis sono due calabroni entrambi pericolosi per l’apicoltura a causa della loro predazione sulle colonie di ape mellifera. La prima è una specie di origine asiatica arrivata in Italia nel 2014, che si sta spostando da nord ovest verso sud est; la seconda è una specie autoctona del sud Italia che sta ampliando il suo areale di distribuzione verso il nord ovest della penisola.

In condizioni naturali queste due specie non avrebbero potuto convivere, dal momento che i loro areali di origine sono estremamente distanti. Tuttavia, l’azione dell’uomo da un lato e l’effetto dei cambiamenti climatici dall’altro hanno fatto sì che le loro aree di distribuzione finissero per avvicinarsi. Era quindi inevitabile che prima o poi le due specie si sarebbero incontrate, con un aumentato pericolo per le api.

Leggi l’articolo

Fonte: stopvelutina.it

 




Lo stress termico ha un effetto drammatico sugli animali selvatici e sull’intero ecosistema

Cambiamenti climaticiLo stress termico prolungato, connesso alla disidratazione e all’impossibilità di dissipare calore, può avere effetti drammatici sugli animali selvatici, in particolare sugli uccelli, fino a condurre alla morte. Per evitare questo esito infausto, basterebbe avere alcuni accorgimenti nella progettazione e costruzione delle strutture destinate ad ospitarli.

Ecco la conclusione a cui sono giunti i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Padova che, assieme all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), al CNR-IRSA e alla Provincia di Matera, hanno appena pubblicato i risultati dell’esperimento empirico su Global Change Biology, in Open Access.
L’aumento di frequenza e intensità delle ondate di calore nell’area mediterranea negli anni recenti, una conseguenza della crisi climatica in atto, sta infatti avendo profonde ripercussioni sulla biodiversità di questa zona, ma lo studio degli effetti degli eventi estremi è tuttavia complicato dalla loro relativa imprevedibilità temporale e richiede studi di lungo periodo.

 Lo studio è stato condotto a Matera durante le ondate di calore che hanno investito il sud Italia nel giugno 2021 e 2022, dove si sono registrate temperature superiori a 37°C per più giorni consecutivi, condizioni estreme di temperatura mai verificate in quest’area nei 20 anni precedenti. I ricercatori hanno sperimentato una metodologia innovativa di raffrescamento dei nidi, per quantificare sperimentalmente l’effetto dell’esposizione a ondate di calore intense e prolungate sul successo riproduttivo di una specie di uccello rapace coloniale caratteristico delle regioni mediterranee, il falco grillaio (Falco naumanni).

Matera ospita infatti ospita una delle maggiori colonie riproduttive mondiali di questa specie, con circa un migliaio di coppie nidificanti, ed è parte integrante del patrimonio culturale della città. Un tempo estremamente abbondante, il falco grillaio è un piccolo rapace migratore (circa 140 g) di interesse conservazionistico a livello europeo, tutelato dalla Direttiva Uccelli, che ha subito un drastico declino delle popolazioni nella seconda metà del secolo scorso, causato dall’intensificazione agricola e da eventi di siccità nella regione del Sahel dove trascorre l’inverno.

Nelle regioni mediterranee, la specie nidifica in aree urbane, in cavità di edifici, monumenti e pareti rocciose, e frequenta spesso cassette nido posizionate appositamente dai ricercatori per studiarne l’ecologia e il comportamento riproduttivo e per favorirne la conservazione.

Il raffrescamento sperimentale è avvenuto mediante una semplice ombreggiatura delle cassette nido, che ha consentito di abbassare la temperatura interna delle cassette nido di circa 4°C rispetto a quelle non ombreggiate. Il successo riproduttivo della specie nelle cassette nido non schermate è stato drammaticamente ridotto: solo un terzo delle uova deposte ha generato pulcini pronti all’involo, mentre nelle cassette nido ombreggiate tale valore rientra nella norma (circa 70%). Nelle cassette nido non ombreggiate si sono verificati diffusi episodi di mortalità dei pulcini, tutti in corrispondenza con le giornate più calde (con temperatura dell’aria superiore a 37°C all’ombra e temperature interne delle cassette nido superiori a 44°C), mentre tali eventi sono risultati molto rari nelle cassette nido ombreggiate. Inoltre, i pulcini cresciuti in cassette nido schermate sono risultati essere in condizioni fisiche decisamente migliori e di taglia maggiore, caratteristiche che ne promuovono la sopravvivenza una volta involati.

“Questi risultati evidenziano come fenomeni di temperature estreme, in passato estremamente rari e in alcuni casi mai registrati prima, possano avere effetti profondi e molto rapidi sulle popolazioni di animali selvatici. Considerato che gli scenari di cambiamento climatico prevedono un ulteriore aumento della frequenza e intensità delle ondate di calore nei prossimi decenni, in particolare nella regione mediterranea, ciò potrebbe rappresentare una ulteriore grave minaccia per la biodiversità delle regioni colpite”spiega il prof. Diego Rubolini dell’Università Statale di Milano.

Tra l’altro, l’attuale persistenza dell’anticiclone africano ha determinato nel 2023 condizioni ancora più calde rispetto al 2021-2022 e i risultati preliminari delle nostre attività di monitoraggio indicano un effetto ancora peggiore sui falchi grillai rispetto a quanto osservato in precedenza.
“Questi risultati suggeriscono anche che limitati accorgimenti nella progettazione e costruzione di strutture destinate ad ospitare animali selvatici, come un incremento dell’isolamento termico delle cassette nido, debbano essere attentamente considerati in quanto possono favorire in maniera significativa il successo dei progetti di conservazione in uno scenario di riscaldamento globale”conclude il prof Andrea Pilastro, dell’Università di Padova.
Lo studio è stato realizzato con il parziale supporto del programma di finanziamento LIFE della Comunità Europea (progetto LIFE FALKON, www.lifefalkon.eu) e del MUR (PRIN 2017).

Fonte: lescienze.it




Biodiversità. Gambero della Lousiana diventa cavia per un progetto di studio nell’Appennino

“A cura dell’Ateneo parmigiano – rende noto Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) – l’interessante progetto di ricerca mira ad elaborare protocolli per il monitoraggio dei livelli d’inquinamento da nano e micro plastiche, nonchè dei residui ambientali dell’antiparassitario ivermectina, rilevati nei gamberi rossi, considerati una specie sentinella; lo studio porterà alla stesura di lavori scientifici da pubblicare su riviste internazionali.”

A livello più complessivo, “Life Claw” (Crayfish lineages conservation in north-western Apennine), giunto al quarto dei previsti cinque anni di attività, punta a conservare e migliorare la popolazione di gamberi autoctoni (Austropotamobius pallipes) attraverso un programma di conservazione a lungo termine nell’area dell’Appennino NordOccidentale di Emilia-Romagna e Liguria.

“Significativo è che questa importante azione sia svolta, grazie anche alla partecipazione di volontari appartenenti a cinque associazioni piscatorie, che hanno accolto la proposta di collaborazione dopo essere stati formati dai partner di progetto con sessioni teoriche e pratiche” evidenzia Luigi Bisi, Presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza.

Fonte: agricultura.it

Continua a leggere

 

 




Individuata una seconda specie di granchio blu nel Mar Adriatico

Uno studio del Cnr-Irbim intercetta l’arrivo del Portunus segnis, una seconda specie aliena di crostaceo, rilevata dopo il Callinectes sapidus, che ha già colonizzato i settori più orientali del Mediterraneo. Il lavoro è pubblicato su BioInvasion Records

Dopo il Callinectes sapidus, granchio blu originario delle coste atlantiche americane che ha recentemente invaso le principali aree di produzione dei molluschi bivalvi dell’Adriatico con severi impatti ecologici ed economici nelle regioni del Veneto e dell’Emilia Romagna, un team di ricerca dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim) di Ancona ha dimostrato la presenza nel Mar Adriatico di una seconda specie di granchio blu, il Portunus segnis, originario del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano occidentale.

Lo studio, pubblicato dalla rivista BioInvasion Records, fornisce la prima evidenza della presenza del granchio blu del Mar Rosso nel Mar Adriatico.

“Il granchio blu del Mar Rosso, morfologicamente ed ecologicamente simile al granchio blu Atlantico C. sapidus, ha già colonizzato, attraverso il Canale di Suez, i settori più orientali del Mediterraneo, con conseguenze inizialmente drammatiche per la pesca tunisina. Questa specie è oggi una delle risorse di pesca più importanti per la Tunisia, trasformata e commercializzata nei mercati esteri”, afferma Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca del Cnr-Irbim. “Anche il granchio blu del Mar Rosso – come il granchio blu americano – trova il suo habitat ideale tra gli ambienti lagunari e il mare aperto e può sviluppare popolazioni con altissime abbondanze”.

La specie, oggi segnalata nella regione Marche (Ancona) grazie alla cattura di un singolo esemplare, era stata già osservata in Sicilia.

Fonte: CNR

Continua a leggere

 

 




Linee guida per monitoraggio biotossine nelle aree di produzione e stabulazione molluschi bivalvi

L’Ufficio 2 – Igiene degli alimenti ed esportazioni della Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della Salute ha diffuso una nota sulla pubblicazione delle Linee Guida per la valutazione del rischio per la gestione uniforme del monitoraggio delle biotossine marine nelle aree di produzione e stabulazione dei molluschi bivalvi a livello nazionale.

Il Regolamento (UE) 2019/627, in conformità al regolamento (UE) 2017/625, stabilisce, per i molluschi bivalvi, che nei periodi di raccolta la frequenza del campionamento ai fini dell’analisi delle tossine abbia cadenza settimanale. Tuttavia, tale frequenza può essere ridotta o aumentata in determinate zone classificate di stabulazione o di produzione o per determinati tipi di molluschi bivalvi vivi in base a una valutazione del rischio dell’Autorità Competente relativa alla presenza di tossine o fitoplancton.

Lo scopo delle Linee Guida è quindi quello di fornire un supporto alle Autorità Competenti (AC) regionali e locali per l’elaborazione della valutazione del rischio che può portare a una diminuzione o a un aumento della frequenza dei controlli.

Sul sito del Laboratorio Nazionale di Riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine (LNR-BM) Centro Ricerche Marine di Cesenatico (CRM) sono disponibili quattro documenti:

  • Procedura Operativa per la Valutazione del Rischio;
  • Modulo per la Valutazione del Rischio;
  • Esempio di compilazione Modulo Valutazione del Rischio;
  • Istruzioni Operative Monitoraggio fitoplancton tossico.

La valutazione del rischio è soggetta ad una rivalutazione periodica e deve necessariamente essere riportata in modo completo dalle AC in un documento ufficiale a giustificazione della riduzione della frequenza settimanale per il monitoraggio delle biotossine marine nei molluschi bivalvi. Questa procedura può essere soggetta a modifiche e/o integrazioni, in relazione all’evoluzione delle conoscenze scientifiche ed in base all’esperienza acquisita dalle stesse AC dall’applicazione dei Regolamenti Comunitari.

Per approfondire consulta la pagina dedicata del sito del Laboratorio Nazionale di Riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine (LNR-BM) Centro Ricerche Marine di Cesenatico




Pubblicato il rapporto “Clima in Italia nel 2022”

Cambiamenti climaticiIl Rapporto “Clima in Italia nel 2022”, pubblicato dall’ISPRA con cadenza annuale dal 2006, quest’anno diventa un prodotto SNPA. Grazie al coinvolgimento del Sistema nazionale per la protezione ambientale, si arricchisce di approfondimenti sul clima anche a scala regionale e locale, nonché su aspetti idro-meteo-climatici e meteo-marini più rilevanti dell’anno in esame.

La prima parte del volume descrive l’andamento del clima nel corso dell’ultimo anno e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia sulla base di dati, statistiche, indici e indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA).

La seconda parte raccoglie contributi di approfondimento, dalla scala nazionale alla scala locale, sui principali elementi che hanno caratterizzato il 2022: la siccità e la scarsità idrica, il caldo, gli eventi idro-meteo-climatici e meteo-marini significativi. Il 2022 è infatti stato un anno caratterizzato da temperature e siccità record.

Leggi il rapporto

Fonte: snpambiente.it




Ecco tutta la quantità di plastica che inaliamo ogni settimana

microplasticheRespiriamo minuscole particelle di plastica che trovano poi casa all’interno dei nostri polmoni.

Le microplastiche sono pezzi piccolissimi di detriti plastici con una lunghezza inferiore ai 5 mm generati dallo smaltimento e dalla rottura dei prodotti di consumo e dei rifiuti industriali. Ogni anno, circa 42 000 tonnellate di microplastiche finiscono nell’ambiente. Questa situazione, che può condurre a potenziali effetti gravi sulla salute pubblica e sull’ambiente, non è tuttavia evitabile: mangiamo e beviamo microplastiche, che sono scambiate dalla fauna marina per cibo.

Cosa fanno le microplastiche quando si trovano dentro di noi?

Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista «Physics of Fluids» suggerisce che le microplastiche pongano una minaccia più seria alla salute rispetto a quanto ritenuto. «Sono state trovate milioni di tonnellate di queste particelle in microplastica nell’acqua, nell’atmosfera e nel suolo. La produzione globale di microplastica è in aumento e anche la densità di questo materiale nell’atmosfera registra un significativo incremento», ha dichiarato Mohammad S. Islam, autore principale attivo presso l’Università tecnologica di Sydney, in un comunicato stampa dell’American Institute of Physics. «Per la prima volta, nel 2022, gli studi hanno individuato microplastiche all’interno delle vie aeree umane profonde, il che solleva preoccupazioni sui gravi rischi di natura respiratoria per la salute.» I contaminanti e le sostanze chimiche tossici si raccolgono all’interno del naso e nella parte posteriore della gola e, grazie alle loro piccole dimensioni, restano intrappolati nelle vie respiratorie.

Leggi l’articolo completo

Fonte: Commissione Europea




Sviluppare alimenti e mangimi in modo sostenibile, con l’aiuto dei microbi

Con le sue innovazioni riportate nell’Innovation Radar dell’UE, il progetto SIMBA ha fatto passi da gigante nell’identificazione dei microbiomi terrestri e acquatici che possono contribuire a rendere sostenibili l’agricoltura e l’acquacoltura europee.

I microbi apportano diversi benefici all’agricoltura e alla produzione di alimenti e mangimi. Dal suo avvio nel 2018, il progetto SIMBA, finanziato dall’UE, ha studiato quali miscele microbiche, o microbiomi, sono più adatte a diversi scopi. Ha anche cercato nuovi modi sostenibili per utilizzare i microbi nell’agricoltura e nella produzione alimentare. «Nel migliore dei casi, l’uso dei microbi potrebbe rivoluzionare l’agricoltura. Ad esempio, se le patate potessero essere coltivate in terreni salati, si potrebbe utilizzare l’acqua di mare per l’irrigazione in aree attualmente non adatte alla coltivazione. Stiamo lavorando anche su questo aspetto nell’ambito del progetto», spiega la dott.ssa Anne Pihlanto del Natural Resources Institute Finland (Luke) in una notizia pubblicata sul sito web del progetto SIMBA.

Di nuovo sul radar dell’Europa

Nel maggio 2023, per la seconda volta, una delle innovazioni sviluppate nell’ambito del progetto SIMBA è stata riportata sull’Innovation Radar della Commissione europea. Innovation Radar è una piattaforma dell’UE che fornisce informazioni sulle innovazioni all’avanguardia finanziate dall’UE e sviluppate dai principali ricercatori europei. Secondo un’altra notizia pubblicata sul sito web del progetto, l’innovazione intitolata «Identification of candidate plant growth-promoting microbes and bioactive compounds to formulate microbial consortia inoculants» (Identificazione di microbi candidati a promuovere la crescita delle piante e di composti bioattivi per la formulazione di inoculi di consorzi microbici) contribuirà in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi di SIMBA. Il livello di maturità dell’innovazione è stato classificato nella fase di «esplorazione». Sebbene le innovazioni di questa categoria siano nelle prime fasi di maturità tecnologica, le organizzazioni responsabili del loro sviluppo dimostrano già un elevato livello di impegno. I principali innovatori di questo lavoro provengono dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (l’ENEA), partner del progetto SIMBA.

Sviluppare mangimi e alimenti

Nella prima notizia, la dott.ssa Pihlanto di Luke illustra la divisione del lavoro del progetto nella catena del valore della piscicoltura. Luke ha utilizzato materie prime riciclate nello sviluppo dei mangimi, mentre il suo partner sta sviluppando mangimi per pesci fermentando i flussi laterali dell’industria alimentare. Gli esperti del progetto stanno studiando l’impatto del mangime sulla crescita e sulla salute dei pesci e stanno valutando la sostenibilità dell’intera catena del valore, confrontandola con il mangime per pesci contenente soia. «È interessante confrontare non solo gli effetti ambientali, ma anche l’impatto sociale esercitato dall’uso della soia e dei flussi laterali, a partire dalle condizioni di lavoro degli agricoltori», osserva la ricercatrice. Gli scienziati di Luke hanno anche deciso di sviluppare alimenti a partire da fave, piselli e lenticchie, legumi che costituiscono ottime fonti di proteine, ma che contengono sostanze che compromettono l’assorbimento dei nutrienti e causano anche disturbi di stomaco in alcune persone. «Il nostro obiettivo è ridurre la quantità di sostanze nocive fermentando le materie prime con diversi ceppi di batteri dell’acido lattico e propionico. Abbiamo anche combinato le materie prime con l’avena e sviluppato diverse preparazioni, come il porridge crudo e lo yogurt», spiega la dott.ssa Pihlanto. I ricercatori del progetto SIMBA (Sustainable innovation of microbiome applications in food system) stanno ora valutando la composizione e la digeribilità degli alimenti sviluppati, con risultati interessanti, come osserva la dott.ssa Pihlanto: «Abbiamo testato il gusto in molte fasi. Sorprendentemente, lo stesso ceppo batterico può influenzare materie prime diverse in modi molto diversi. Il gusto di una diventa chiaramente migliore, quello dell’altra peggiore».

Fonte: Commissione Europea




Attenti al pesce scorpione. Due nuovi avvistamenti in Calabria

Avvistati nelle acque calabresi due esemplari di pesce scorpione Pterois miles, specie aliena originaria del Mar Rosso, il primo catturato pochi giorni fa in località ‘Le Castella’ (KR) da pescatori professionisti alla profondità di circa 24 metri, il secondo avvistato e fotografato in data 25 giugno durante un’immersione ricreativa lungo le coste di Marina di Gioiosa Ionica (RC), da un subacqueo a circa 12 metri di profondità.
Gli avvistamenti sono stati prontamente segnalati a ISPRA, alla Capitaneria di Porto di Crotone e al progetto AlienFish dell’Ente Fauna Marina Mediterranea, coinvolti insieme al CNR-IRBIM nella campagna di allerta denominata Attenti a quei 4!

Locandina

Fonte: ISPRA