Vespa velutina a Grosseto

vespa velutina

L’espansione di Vespa velutina in Italia prosegue verso sud.

Dopo la segnalazione del 24 ottobre di un apiario positivo alla presenza del calabrone dalle zampe gialle in località Bargino (FI), è Grosseto l’ultima provincia della Toscana ad essere interessata dalla presenza di Vespa velutina.

Con il primo ritrovamento, in data 16 novembre 2023, di un maschio di Vespa velutina (foto in alto) all’interno di una trappola posizionata dall’apicoltore Luca Giaccherini, socio di Arpat (Associazione Regionale Produttori Apistici Toscani), nel suo apiario in località Sterpeto, nella periferia di Grosseto.

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Fonte: stopvelutina.it




Laguna di Venezia: vongole in pericolo a causa dei sedimenti contaminati

La gestione dei sedimenti dragati nei porti e nelle lagune deve essere volta ad evitare potenziali impatti sugli ecosistemi marini. È pertanto fondamentale indagare i possibili effetti di miscele complesse di contaminanti chimici presenti nei sedimenti su specie animali che risiedono nelle lagune e nelle aree costiere.
Questo tema, anche in seguito alla recente approvazione del cosiddetto “nuovo protocollo fanghi” (Decreto 22 maggio 2023 n.86), che ha affiancato alla caratterizzazione chimica dei sedimenti anche la valutazione degli effetti ecotossicologici su specie animali, è di estremo interesse nella laguna di Venezia.

Il Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista «BMC Biology» uno studio in cui sono stati investigati gli effetti dell’esposizione a sedimenti campionati in diversi siti sul fondo del canale Vittorio Emanuele III (il canale che collega Marghera alla città di Venezia) nella vongola filippina Ruditapes philippinarum.

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Fonte: lescienze.it




La plastica biodegradabile e i potenziali effetti sui pesci

plastica mareLa plastica biodegradabile e i potenziali effetti sui pesci – Una recente ricerca condotta dall’Università di Otago ha sollevato nuove preoccupazioni riguardo all’uso della plastica biodegradabile utilizzata come soluzione all’inquinamento marino. Mentre è noto che le microplastiche derivate dal petrolio impattano negativamente la vita marina, si sapeva poco sull’effetto delle alternative biodegradabili.

Lo studio, finanziato dall’Università di Otago e pubblicato su Science of the Total Environment, ha analizzato l’impatto della plastica derivata dal petrolio e della plastica biodegradabile su pesci selvatici. I risultati sono stati sorprendenti: entrambe le tipologie di plastica hanno dimostrato di essere dannose per i pesci marini.

Ashleigh Hawke, autrice principale della ricerca ha evidenziato che i pesci esposti alla plastica derivata dal petrolio hanno subito un deterioramento delle prestazioni di fuga, alterazioni nei comportamenti di nuoto e un calo del metabolismo aerobico. D’altra parte, quelli esposti alla bioplastica hanno registrato solo una diminuzione della loro velocità massima di fuga.

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Fonte: pesceinrete.com




Un nido di Vespa velutina neutralizzato in provincia di Padova

vespa velutina

La segnalazione è arrivata il 6 ottobre scorso al sito Stopvelutina, da parte di un cittadino che aveva già provveduto alla sua eliminazione tramite un servizio di disinfestazione, ma si era insospettito per l’aspetto anomalo degli esemplari (foto in alto). Le immagini inviate sembravano indicare che si trattasse proprio di Vespa velutina, ma per conferma sono stati allertati gli esperti del Centro di referenza nazionale per l’apicoltura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVE), che assieme ai veterinari della AUSL hanno effettuato un sopralluogo e verificato l’effettiva identità degli esemplari.

La segnalazione proviene dalla zona urbana del comune di Cittadella, in provincia di Padova. Il nido si sviluppava nella cavità della parete di un edificio e in parte anche all’esterno di questa (foto in basso), una tipologia di nido anomala per questa specie, la quale, nella maggioranza dei casi, costruisce nidi all’aperto e completamente esposti. Inoltre, a circa 6 metri dal primo nido, ne era presente un secondo più piccolo, localizzato sotto il cornicione del tetto dell’edificio, a circa 10 metri di altezza.

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Fonte: stopvelutina.it




Per evitare future pandemie occorre tutelare il benessere animale e la natura

“Potremmo essere tentati di pensare che la pandemia di Covid-19 sia ormai storia. Ma la storia ci insegna che il Covid-19 non sarà l’ultima pandemia. La domanda che tutti dobbiamo affrontare è se saremo pronti quando arriverà il prossimo. In qualità di leader, abbiamo la responsabilità collettiva di assicurarci di essere pronti”. Con queste parole il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, è intervenuto alla riunione di alto livello dell’Onu su prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie del 20 settembre, durante il quale è stata adottata una dichiarazione politica per affrontare le future crisi pandemiche.

Quando facciamo riferimento alla pandemia di Sars-Cov-2, virus responsabile della malattia Covid-19, dobbiamo ricordare che non si è trattato di un fenomeno del tutto inaspettato. La comunità scientifica ci aveva avvisato sullo stretto legame che esiste tra insorgenza di nuove malattie e la distruzione della natura, ma non le abbiamo dato e ascolto e, a di stanza di qualche anno, possiamo dire che l’atteggiamento nel post-pandemia non è poi così diverso da quello pre-pandemia.

L’attività antropica continua infatti a invadere gli ecosistemi e a distruggere i preziosi equilibri tra esseri umani e natura che si sono generati nel corso dei millenni, basti pensare che oggi i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani sono stati modificati in modo significativo. Di questo passo, il futuro potrebbe essere segnato da nuove malattie infettive che, va ricordato, non solo minacciano la salute umana, ma contribuiscono ad accelerare il tasso di estinzione naturale delle specie e hanno pesanti ricadute sulla conservazione della biodiversità.

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Fonte: asvis.it – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile




Dopo 500 anni torna il castoro in Italia

Uno studio congiunto dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato su Animal Conservation, sancisce il ritorno del castoro europeo sul territorio italiano dopo 500 anni: un esempio di ritrovata biodiversità, che necessita di strumenti di monitoraggio per ridurre i possibili danni dovuti alle attività del castoro

Le attività di reintroduzione e “rewilding” sono alcuni degli strumenti principali usati nel campo della biologia della conservazione per cercare di mitigare gli impatti dell’uomo sull’ambiente e riportare gli ecosistemi ad uno stato più naturale. Queste azioni possono talvolta comportare alcune sfide, in particolare quando le specie coinvolte sono grandi carnivori, grandi erbivori, o “ingegneri ecosistemici”, specie che con le loro attività possono modificare notevolmente gli habitat ed il paesaggio.

Fino a pochi anni fa, il castoro europeo (Castor fiber) era totalmente assente dall’Italia, in quanto caccia e perdita di habitat avevano portato all’estinzione tutte le popolazioni presenti sul territorio nazionale. Dopo più di 500 anni di totale assenza, questa specie ha recentemente iniziato la ricolonizzazione dell’Italia a causa di espansione naturale dall’Austria verso Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia-Giulia e di reintroduzioni (non autorizzate) in Italia centrale (Toscana, Umbria, Marche).

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Fonte: CNR




Il clima in Italia nel 2022: rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente

Cambiamenti climaticiIl Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) ha pubblicato il rapporto “Il clima in Italia nel 2022“. In precedenza il rapporto era pubblicato dall’Ispra con cadenza annuale dal 2006. Grazie al coinvolgimento del Sistema nazionale per la protezione ambientale, si arricchisce di approfondimenti sul clima anche a scala regionale e locale, nonché su aspetti idro-meteo-climatici e meteo-marini più rilevanti dell’anno in esame. Il rapporto è strutturato in due parti.

La prima parte del volume descrive l’andamento del clima nel corso dell’ultimo anno e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia sulla base di dati, statistiche, indici e indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA, www.scia.isprambiente.it).

La seconda parte raccoglie contributi di approfondimento, dalla scala nazionale alla scala locale, sui principali elementi che hanno caratterizzato il 2022: la siccità e la scarsità idrica, il caldo, gli eventi idro-meteo-climatici e meteo-marini significativi.

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Fonte: ambientenonsolo.com

 




Malaria, Hiv e Tbc, si allontana l’obiettivo di eliminarle entro il 2030 a causa di cambiamenti climatici e guerre

Cambiamenti climaticiSi allontana l’obiettivo di eradicare malaria, Hiv e Tubercolosi (Tbc) entro il 2030. Complici lo stop dovuto alla pandemia di Covid-19 nel 2020 e i cambiamenti climatici, i conflitti in corso, le disuguaglianze sempre più profonde e la crescente minaccia ai diritti umani attuali. È quanto emerge dal Rapporto sui risultati 2023 del Global Fund appena pubblicato. “Lavorando fianco a fianco, negli ultimi 20 anni il partenariato del Global Fund ha salvato 59 milioni di vite e, nonostante i diversi risultati senza precedenti raggiunti nel 2022, non raggiungeremo gli obiettivi per il 2030, a meno che non adottiamo misure straordinarie”, ha dichiarato il direttore esecutivo del Global Fund, Peter Sands.

I numeri del 2022

Nel 2022 24,5 milioni di persone hanno ricevuto la terapia antiretrovirale, “un numero senza precedenti” come ricorda il Global Fund in una nota. Ancora, 6,7 milioni di persone sono state trattate per la Tbc e sono state distribuite 219,7 milioni di zanzariere per prevenire la malaria. Nel 2022, i servizi di prevenzione dell’HIV sono aumentati del 22% rispetto al 2021. Il numero di persone diagnosticate e trattate per la tubercolosi è aumentato del 26% e il numero di casi di malaria trattati è aumentato dell’11%.

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Fonte: aboutpharma.com




Agenda 2030: approvata dal CITE la nuova Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile

albero, proteggereIl CITE, Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica, ha approvato la revisione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Il documento declina gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU adattandoli al contesto italiano: approvata la prima volta nel 2017, la Strategia è stata revisionata nel 2022 dopo un ampio processo partecipativo, che ha coinvolto i ministeri competenti, la Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome, gli enti territoriali, la società civile e gli attori non statali riuniti nel Forum nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.

La nostra Strategia – spiega il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto – si caratterizza per un approccio concreto e molto partecipativo, per unire tutti di fronte a obiettivi comuni: le grandi questioni climatiche hanno un riflesso evidente sull’ambiente, ma sono strettamente collegate anche a temi quali la crescita economica e l’esasperazione delle diseguaglianze sociali”. “Questa Strategia – conclude Pichetto – non è dunque un libro delle buone intenzioni, ma un quadro strategico di azione per portare avanti ‘le tre dimensioni della sostenibilità’, ambientale sociale ed economica, che deve mettere in coerenza tutti i livelli amministrativi, con la spinta propositiva della società”.

Per raggiungere i 17 “goals” dell’Agenda delle Nazioni Unite, la Strategia parte dalle cosiddette cinque “P”, che connettono trasversalmente dinamiche economiche, questioni sociali e qualità ambientale: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership. Da queste discendono quindici scelte strategiche su tutti i campi d’azione della Strategia: dalla gestione sostenibile delle risorse naturali all’abbattimento delle emissioni climalteranti, dalla promozione di un benessere economico sostenibile, al contrasto alla povertà e allo sviluppo di un’occupazione di qualità, di una società non violenta, inclusiva e rispettosa dei diritti umani, senza discriminazioni.

Fonte: Ministero dell’ Ambiente e della Sicurezza Energetica

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Specie aliene invasive: i nuovi dati del Rapporto IPBES

albero, proteggereE’ stato pubblicato oggi il riassunto per decisori politici dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes), la massima autorità scientifica in materia di natura e di contributi materiali e immateriali che la natura offre alle persone. L’approvazione era avvenuta al termine della 10a sessione plenaria dell’Ipbes da parte dei 141 Paesi membri, tra cui l’Italia. La redazione del rapporto ha coinvolto un centinaio di scienziati di ogni parte del mondo, ha richiesto oltre quattro anni di lavoro e la consultazione di oltre 12 mila referenze bibliografiche.

Secondo il rapporto dell’Ipbes, più di 37.000 specie aliene sono state introdotte dalle attività umane in tutte le regioni e i biomi della Terra. Alcune, come le zanzare, i ratti, le termiti, hanno fatto “autostop” sulle rotte commerciali globalizzate, portando malattie, distruzione dei raccolti e danni a edifici e arredi. Il ritmo attuale di introduzione, affermazione e diffusione delle specie aliene viaggia a ritmi che non hanno precedenti nella storia umana: circa 200 specie all’anno. Almeno 3.500 specie, quasi un decimo del totale delle specie aliene, sono classificate come aliene invasive. La percentuale di specie aliene note per essere invasive varia dal 6% di tutte le piante aliene al 22% di tutti gli invertebrati alieni. Il 20% di tutti gli impatti sono stati segnalati nelle isole.

Secondo un precedente rapporto dell’IPBES sullo stato e sulle tendenze della biodiversità globale aveva affermato che le specie aliene invasive sono uno dei cinque maggiori fattori diretti di perdita fai biodiversità, insieme a distruzione e degradazione di habitat, inquinamento, prelievo di risorse biologiche e cambiamenti climatico.

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Fonte: ispraambiente.it