Piano nazionale di monitoraggio e sorveglianza per Lactococcus garvieae in ambiente marino

Lactococcus garvieae (precedentemente noto come Enterococcus seriolicida) è un importante agente patogeno responsabile di una grave malattia dei pesci, diffusa a livello globale e caratterizzata da rilevanti conseguenze economiche. Colpisce diverse specie ittiche, sia di acqua dolce che salata, e di recente è stato identificato anche come causa di infezioni in orata (Sparus aurata) e branzino (Dicentrarchus labrax). Nel 2024, infatti, ha provocato una delle più gravi epidemie nella storia dell’acquacoltura mediterranea.

Particolarmente colpita è stata l’area del Mar Tirreno (Toscana), dove è concentrata una significativa presenza di allevamenti ittici, circa il 50 % della produzione nazionale di spigola e orata: alla fine del 2024 si sono registrate perdite superiori alle 2.000 tonnellate, con un danno economico stimato in oltre 12 milioni di euro.

Alla luce della gravità del fenomeno, il Ministero della Salute ha attivato un sistema di coordinamento e monitoraggio attraverso l’adozione del Piano nazionale di monitoraggio e sorveglianza per Lactococcus garvieae in ambiente marino, redatto in collaborazione con il Centro di referenza nazionale (CRN) per le malattie dei pesci, molluschi e crostacei dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). Il piano è stato elaborato con il supporto scientifico e tecnico dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API) e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri”, che ha avviato le attività di monitoraggio a livello regionale nell’aprile 2025.

 

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Fonte: IZS Venezie




Un intestino di pesce artificiale per sperimentare mangime più sostenibile per i pesci di allevamento

Banco di pesceAll’Università statale di Milano si lavora da più di cinque anni a un nuovo sistema utile a supportare la produzione di mangime più sostenibile per i pesci di allevamento. È un metodo che consente di ridurre sia il tempo e le energie necessari a sperimentare gli effetti dell’introduzione di nuovi mangimi in acquacultura sia la quantità di animali necessari alle sperimentazioni.
Ne abbiamo parlato con Fulvio Gandolfi, docente di Anatomia e Fisiologia Veterinaria all’Università degli Studi di Milano, coordinatore del progetto Fish-AI, guidato dalla stessa Università di Milano, che si è appena concluso, alla fine del 2024, dopo cinque anni, ma si apre ora a nuovi sviluppi e applicazioni concrete. È stato realizzato grazie a un finanziamento europeo European Innovation Council (EIC), un tipo di finanziamento finalizzato al trasferimento tecnologico, ovvero a sostenere progetti di ricerca scientifica caratterizzati dalla possibilità di avere applicazioni pratiche.

«La nostra idea – spiega Gandolfi, del Dipartimento DISAA dell’Università di Milano, – è stata quella di mettere a frutto la nostra lunga esperienza nel campo delle cellule staminali, dei meccanismi di differenziamento e della creazione di modelli in vitro, per realizzare un intestino artificiale di pesce, più precisamente di trota, che possa essere utilizzato per testare nuovi tipi di mangime destinati all’acquacoltura. Semplificando, l’interno dell’intestino in natura è rivestito di una mucosa, composta da cellule che assorbono i nutrienti e li trasmettono al sangue: abbiamo voluto replicare questa struttura in laboratorio, attraverso cellule intestinali di trota coltivate in vitro. In questo modo si possono testare più agevolmente alimenti innovativi da destinare all’acquacultura, rendendo più veloce la procedura e riducendo la necessità di test in vivo sugli animali».

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Fonte: scienzainrete.it




PSA: I veri esperti non si limitano a seguire le raccomandazioni, le anticipano

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato di recente un ampio rapporto scientifico dedicato alla Peste Suina Africana. Il documento analizza i principali fattori di rischio e quelli di prevenzione, offrendo una panoramica sulle misure più efficaci per contenere la malattia. Questo lavoro si basa su un’approfondita revisione della letteratura scientifica e su uno studio caso-controllo specifico, fornendo così una base solida per affrontare il problema.

L’EFSA e la Peste Suina Africana: perché questo rapporto è importante

L’EFSA riveste un ruolo cruciale nella tutela della salute delle piante, degli animali e dei consumatori nell’Unione Europea. La sua importanza non deriva solo dal prestigio istituzionale, ma soprattutto dal rigore scientifico con cui affronta questioni complesse. Quando l’EFSA esprime un parere, lo fa attraverso un’analisi approfondita delle evidenze scientifiche disponibili, avvalendosi di team multidisciplinari composti da esperti di fama internazionale.Iin questo caso il rapporto è stato redatto da un gruppo di undici esperti di diverse nazionalità. Le sue valutazioni non solo guidano le politiche e le normative europee, ma costituiscono anche un punto di riferimento globale per chiunque operi in ambiti legati all’agricoltura, alla sicurezza alimentare e alla gestione ambientale.

La Peste Suina Africana (PSA) rappresenta per l’Italia non una semplice emergenza sanitaria, ma una vera e propria sciagura, capace di colpire il cuore pulsante di uno dei settori più importanti del nostro Paese, ovvero l’agroalimentare. La PSA, inoltre, è una malattia che provoca enormi sofferenze negli animali infetti, con febbre, emorragie interne ed esterne e difficoltà respiratorie ed ha un tasso di mortalità estremamente elevato. Questo virus, spietato nella sua semplicità e devastante nei suoi effetti, non conosce antidoti: non esiste cura e non esiste neppure vaccino. L’unica arma, e purtroppo una delle più difficili da impiegare, è la prevenzione.
Il problema delle misure di profilassi è che sembrano inutili quando funzionano bene, ma la loro importanza diventa evidente quando non vengono applicate. E parlando di prevenzione, abbiamo trovato il nuovo rapporto scientifico degli esperti EFSA particolarmente interessante, in quanto formula precise raccomandazioni su questioni di grande importanza pratica, dalle recinzioni per limitare la diffusione della malattia al possibile utilizzo di vaccini che abbiano un effetto contraccettivo e conseguentemente capaci di ridurre la popolazione dei cinghiali.

Ma vorremmo soffermarci su una questione cruciale e controversa sulla quale EFSA si è espressa, relativa ai fattori di rischio di introduzione della PSA negli allevamenti suinicoli nel corso dell’estate, e che i dati emersi anche negli ultimi mesi indicano chiaramente essere della massima importanza, almeno nell’Italia del Nord: su 40 focolai verificatisi nei suini domestici nel 2023 e nel 2024 in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, 38 sono stati confermati nel periodo compreso tra la fine di luglio e metà settembre. Abbiamo assistito, cioè, ad un picco epidemico stagionale fortissimo, con il 95% dei focolai concentrati in soli due mesi. Un dato che suggerisce che esistano uno o più fattori di rischio specifici alla base della introduzione del virus negli allevamenti in piena estate (si consideri anche che la data di introduzione del virus in un allevamento è in generale precedente alla conferma del focolaio di almeno un paio di settimane, corrispondenti al periodo incubazione e ai tempi necessari alla successiva conferma della malattia: questo significa che i mesi di luglio e agosto sono quelli in cui sussiste in Italia settentrionale il massimo rischio di PSA per gli allevamenti). Fattori di rischio che, evidentemente, non sono presenti o sono comunque molto meno importanti nelle altre stagioni dell’anno.

 

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UE: uno studio per migliorare il trasporto dei vitelli

I vitelli non svezzati destinati alla produzione di carne bovina vengono trasportati su lunghe distanze nelle prime settimane di vita. Questo li espone a manipolazioni stressanti, privazione di cibo e acqua e sbalzi di temperatura. Un nuovo studio sostenuto dal progetto HoloRuminant esamina alcuni dei modi in cui queste sfide vengono affrontate al momento, delineando i potenziali benefici sia per il benessere dei vitelli che per la produttività del settore. Nell’industria lattiero-casearia, i vitelli vengono separati dalle madri poco dopo la nascita.

I vitelli che non saranno allevati come vacche da latte – noti come vitelli da latte non sostitutivi – possono essere allevati per la produzione di carne di vitello o di manzo. Qui inizia il lungo viaggio di questi vitelli non svezzati, che vengono raccolti da diversi allevamenti e trasportati in un centro di accoglienza e poi in strutture di ingrasso. A causa del tratto gastrointestinale e del sistema immunitario poco sviluppati, questi vitelli sono di conseguenza più suscettibili alle malattie. Un estratto, pubblicato dal Consiglio nazionale delle ricerche spagnolo (CSIC), partner del progetto HoloRuminant, riferisce: «Sebbene i requisiti di benessere degli animali legati al trasporto siano regolamentati dall’UE, possono ancora verificarsi pratiche di basso livello. Il monitoraggio della risposta ematologica dei vitelli al trasporto può fornire informazioni preziose per migliorare la gestione degli animali e le condizioni di trasporto, nonché per identificare precocemente i vitelli a maggior rischio di insorgenza di malattie. Questo, a sua volta, può mitigare il rischio di scarse prestazioni nelle strutture di ingrasso».

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Fonte: Commissione Europea




Protocollo per salmonellosi negli allevamenti di bovine da latte

Il documento è rivolto ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, ai veterinari che operano nei laboratori diagnostici territoriali degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e ai veterinari liberi professionisti.

La definizione del protocollo è stata possibile grazie al contributo determinante di diverse strutture dell’IZSVe, a partire dal Centro di referenza nazionale per le salmonellosi, insieme alla SCS4 – Epidemiologia, servizi e ricerca in sanità pubblica veterinaria, e alle sezioni diagnostiche dell’IZSVe, in particolare il Laboratorio diagnostica clinica e sierologia di piano (SCT1 – Sezione di Verona) e il Laboratorio di patologia, allevamento e benessere del bovino (SCT3 – Padova, Vicenza e Rovigo).

Il protocollo operativo definisce le azioni da applicare per la gestione dei focolai di salmonellosi bovina sostenuti dai sierotipi considerati di rilievo per la specie (S. Typhimurium, variante monofasica di S. typhimurium, S. Dublin e S. Enteritidis), ed è tuttavia applicabile in larga misura anche a focolai sostenuti da sierotipi diversi di Salmonella, mediante l’applicazione di approcci parzialmente rimodulati rispetto a quanto di seguito indicato.

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Fonte: IZS Venezie




Un’etichettatura come il nutri-score per benessere animale

muccaDiversi studi lo confermano: i consumatori europei vogliono che gli animali da allevamento siano trattati meglio possibile, e che le confezioni rechino in etichetta informazioni specifiche. Secondo un sondaggio effettuato dall’organizzazione di consumatori europei BEUC, reso noto a inizio 2024, per esempio, oltre il 90% dei cittadini supporterebbe nuove leggi finalizzate a migliorare il benessere animale. E ora la Francia, attraverso la sua agenzia per la sicurezza alimentare ANSES, fa un passo in questa direzione, pubblicando le linee guida per una sorta di di Nutri-Score dedicato, con lettere dalla A alla E, e colori dal verde all’arancio.

 Un’etichetta complessa

L’idea è quella di un’indicazione il più possibile completa, e cioè che non tenga conto, come accade ora nella maggior parte dei casi commerciali, solo del sistema di allevamento (con diciture che sottolineano: a terra, all’aria aperta e così via). In concreto, ciò significa valutare le situazioni nella loro complessità, attraverso 14 parametri in sei ambiti per le tre fasi fondamentali (allevamento, trasporto e macellazione) della vita degli animali. Il tutto alla luce di ciò che dicono gli studi scientifici, e avendo sempre presente la definizione di benessere data dalla stessa agenzia nel 2018: “Il benessere di un animale è lo stato mentale e fisico positivo legato alla soddisfazione dei suoi bisogni fisiologici e comportamentali, nonché delle sue aspettative. Questo stato varia a seconda della percezione che l’animale ha della situazione.”.

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Fonte: ilfattoalimentare.it




Come gestire un focolaio di salmonellosi negli allevamenti di bovine da latte: il protocollo dell’IZS delle Venezie

Il Centro di referenza nazionale per le salmonellosi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con la Regione del Veneto, ha redatto un protocollo per la gestione dei focolai di salmonellosi, negli allevamenti di bovine da latte, causati da Salmonella Typhimurium, inclusa la variante monofasica, Salmonella Dublin e Salmonella Enteritidis.

Il protocollo stilato è rivolto ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, ai veterinari che operano nei laboratori diagnostici territoriali degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e ai veterinari liberi professionisti. Definisce le azioni da applicare per la gestione dei focolai ed in particolare fornisce indicazioni sulle modalità di:

  • gestione delle segnalazioni di positività;
  • esecuzione del primo sopralluogo e azioni da svolgere a seguito della segnalazione di positività
  • misure da intraprendere in base agli esiti del sopralluogo in azienda e degli accertamenti analitici
  • gestione del focolaio d’infezione
  • estinzione del focolaio

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Fonte: Ruminantia




Influenza aviaria: sorveglianza post-vaccinazione strumento cardine per movimentare in sicurezza i volatili

All’EFSA è stato richiesto di fornire una panoramica completa sulle opzioni efficaci di sorveglianza e le misure di riduzione del rischio di influenza aviaria. I nostri scienziati hanno esaminato tali misure e hanno valutato se le strategie di sorveglianza disponibili possano attestare l’assenza della malattia, consentendo così la movimentazione sicura del pollame e dei relativi prodotti.

I nostri esperti hanno esaminato in modo specifico le strategie di sorveglianza in scenari di vaccinazione di emergenza e preventiva, stabilendo le specie di pollame oggetto di vaccinazione (gallina ovaiola, tacchino o anatra), il numero di animali da sottoporre ad analisi, il metodo diagnostico appropriato e il periodo di campionamento.

Nel caso di vaccinazione di emergenza contro l’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), i nostri scienziati hanno concluso che, per essere efficaci, i programmi di sorveglianza per l’individuazione precoce di nuovi focolai dovrebbero tenere conto del tipo di pollame e del numero di capi nell’allevamento. Se si applica la vaccinazione preventiva, per attestare l’assenza di malattia si raccomanda di effettuare analisi virologiche mensili su un numero massimo di 15 volatili morti, onde salvaguardare la movimentazione del pollame e dei relativi prodotti. Inoltre sia i branchi di volatili vaccinati che quelli non vaccinati vanno sottoposti a sorveglianza passiva.

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Fonte: EFSA




Mangimi più circolari riducono il consumo di acqua e di suolo

Mangimi più circolari aiutano a proteggere le risorse naturali, salvaguardando suolo e acqua. È il risultato dello studio “Preservare la terra e le risorse idriche globali attraverso la sostituzione delle colture per l’alimentazione del bestiame con sottoprodotti agricoli“. Pubblicato in copertina da Nature Food, è il frutto della collaborazione tra il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Milano e mette in luce come un maggior utilizzo di sottoprodotti nel settore mangimistico, in un’ottica circolare, possa portare a un significativo risparmio dell’uso di suolo e di risorse idriche e, pertanto, a una maggior sostenibilità dei sistemi agroalimentari.

“L’impiego di sottoprodotti agricoli nelle diete animali diminuirebbe la competizione tra i settori e la pressione sulle risorse, rendendo maggiore la disponibilità di calorie per l’uomo e potrebbe raggiungere anche il risultato di far aumentare la sicurezza alimentare in diversi Paesi, con scelte alimentari più salutari oltre che più sostenibili”. Sceglie parole nette Camilla Govoni, ricercatrice del Politecnico di Milano, che ha condotto lo studio con Maria Cristina Rulli del Politecnico di Milano, Paolo D’Odorico della University of California at Berkeley e Luciano Pinotti dell’Università degli Studi di Milano, per commentare lo studio realizzato dal team interdisciplinare.

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Fonte: economiacircolare.it




Linee guida “Uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento bovino da latte”

n attuazione della politica nazionale sull’impiego prudente degli antimicrobici, la Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari – ufficio 4 Medicinali veterinari – pubblica le linee guida in materia di uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento bovino da latte.

Le presenti Linee guida, alla loro 3ª revisione, sono state predisposte da un gruppo multidisciplinare, tenendo in debito conto gli aggiornamenti scientifici e le nuove disposizioni normative europee. Il documento è stato oggetto di consultazione telematica della sub-area sanità animale del coordinamento interregionale prevenzione, senza ricevere ulteriori osservazioni.

Esse si propongono come strumento non cogente, utile per condividere le problematiche poste dalla resistenza antimicrobica fra medici veterinari che operano nel settore della produzione primaria e quelli impiegati in istituzioni pubbliche (Regioni, Aziende Sanitarie, Istituti Zooprofilattici Sperimentali, Università, etc.), per una migliore tutela della salute pubblica e della salute animale, con la finalità di attuare un confronto costante tra autorità competenti, operatori e i medici veterinari, circa le scelte ragionate di trattamento dell’animale.

Fonte: Ministero della Salute