Focoloaio multinazionale di Salmonella Virchow T16: implicate carni di pollo e prodotti derivati

È stata pubblicata la valutazione rapida del rischio (Rapid Risk Assessment -ROA) congiunta del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) riguardante un focolaio multi-nazionale, persistente da giugno 2017, di Salmonella Virchow ST16 in cinque Paesi dell’Unione Europea/Spazio Economico Europeo (UE/SEE), nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

In totale sono stati segnalati 210 casi in:

  • Danimarca (n.2);
  • Francia (n.111);
  • Germania (n.26);
  • Irlanda (n.4);
  • Paesi Bassi (n.34);
  • Regno Unito (n.32);
  • Stati Uniti (n.1).

Tra i casi intervistati (n.55), i tassi di ospedalizzazione variano dal 16,7% nel Regno Unito, al 29,4% in Francia e al 38,5% in Germania. Non sono stati segnalati decessi. Il numero di casi confermati rappresenta solo una piccola percentuale di tutte le infezioni nell’UE/SEE, in parte a causa delle diverse capacità di sequenziamento dei Paesi coinvolti.

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Ferri nel gruppo EFSA degli stakeholder sui rischi emergenti

A seguito della candidatura proposta da FVE, che ha partecipato al bando come Organizzazione non Governativa, Maurizo Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP, è stato selezionato per far parte del “Gruppo di discussione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) delle parti interessate  sui rischi emergenti – StaDGER”.

Il gruppo è stato creato da Efsa per migliorare lo scambio di informazioni sull’identificazione dei rischi emergenti e per migliorare la comunicazione e il dialogo sulle questioni relative ai rischi emergenti con le parti interessate.

Dal 2016 infatti, per affrontare le sfide attuali e future dei rischi emergenti, l’EFSA ha rinnovato il suo approccio e ha coinvolto in modo più interattivo e diversificato le diverse parti interessate per  contribuire al proprio lavoro sui rischi emergenti capitalizzandone le conoscenze specifiche.

Gli attuali modelli di coinvolgimento prevedono meccanismi permanenti e mirati. Come meccanismo mirato c’è appunto lo “Stakeholder discussion group on emerging risk (StaDG-ER)” così come altri che fanno parte del network rischi emergenti.

I membri del StaDG-ER possono presentare problemi riguardanti rischi emergenti in formati diversi. Lo screening dei potenziali problemi emergenti si basa sui criteri inclusi nella definizione di rischio emergente (ad esempio novità, esposizione nuova o aumentata e nuova suscettibilità).

L’EFSA valuta se i problemi specifici individuati rientrano nella sua missione e nel suo mandato di valutazione del rischio, se la valutazione del rischio da parte dell’EFSA o di altri organismi di valutazione del rischio per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi è già stata eseguita o se esistono prove sufficienti per modificare la valutazione del rischio disponibile, se la ricerca sulla problema è in corso e le raccomandazioni fornite.

Il gruppo viene rinnovato ogni tre anni e sono previsti due meeting all’anno

La prossima riunione è prevista per maggio/giugno 2023.

Lista degli stakeholder selezionati




SARS-CoV-2 negli animali, la valutazione del rischio dell’Ecdc/EFSA

L’Ecdc, Centro europeo per il controllo delle malattie e L’Efsa, Agenzia europea per la sicurezza alimentare hanno pubblicato il Risk Assestment “SARS-CoV-2 in animals: susceptibility of animal species, risk for animal and public health, monitoring, prevention and control

La situazione epidemiologica di SARS-CoV-2 nell’uomo e negli animali è in continua evoluzione” si legge nell’abstract del documento.

Ad oggi, le specie animali note per essere in grado di trasmettere SARS-CoV-2 sono:

-visone americano
– cane procione
– gatto
– furetto
– criceto
– topo domestico
– pipistrello della frutta egiziano
– topo cervo
– cervo dalla coda bianca.

Tra gli animali d’allevamento, i visoni americani hanno la più alta probabilità di essere infettati da esseri umani o animali e trasmettere ulteriormente SARS-CoV-2.

Nel 2021 nell’UE sono stati segnalati 44 focolai in allevamenti di visoni in 7 Stati membri; nel 2022 la tendenza è al ribasso; solo 6 nel 2022 in 2 Stati membri.

L’introduzione di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni avviene solitamente tramite esseri umani infetti; il rischio può essere controllato testando sistematicamente le persone che entrano negli allevamenti e applicando adeguate misure di biosicurezza.

Tra gli animali da compagnia, gatti, furetti e criceti ci sono quelli a più alto rischio di infezione da SARSCoV-2; molto probabilmente i contagi provengono da un essere umano infetto e hanno comuqnue un impatto nullo o molto basso sulla circolazione del virus nella popolazione umana.

Tra gli animali selvatici (animali degli zoo compresi),  sono risultati suscettibili per lo più carnivori, grandi scimmie e cervi dalla coda bianca.

Nell’UE finora non sono stati segnalati casi di fauna selvatica infetta.

Le due Agenzie europee consigliano un corretto smaltimento dei rifiuti umani per ridurre i rischi di ricaduta di SARS-CoV-2 sulla fauna selvatica. Dovrebbe inoltre essere ridotto al minimo  il contatto con esemplari di fauna selvatica, specialmente se malati o morti. Per la fauna selvatica non è raccomandato alcun monitoraggio specifico, vanno però testati gli animali raccolti dai cacciatori con segni clinici o trovati morti.

I pipistrelli, ospiti naturali di molti coronavirus, dovrebbero essere monitorati.

A cura della segreteria SIMeVeP




Le intriganti traiettorie del virus influenzale AH5N1 fra animali e uomo

Mentre il betacoronavirus SARS-CoV-2 non smette di mostrarci la sua straordinaria capacità di soggiacere a mutazioni del proprio “make-up” genetico, risultando via via più abile ad eludere l’immunità conferita dalle pregresse infezioni e/o dalle vaccinazioni anti-COVID-19, oltre ad accrescere la propria affinità di legame nei confronti del recettore ACE-2 – come chiaramente testimoniato dalla sottovariante Omicron XBB.1.5, alias “Kraken” -, il virus AH5N1 è balzato ancora una volta agli onori della cronaca.

Infatti, dopo la prima apparizione nel sud-est asiatico, un quarto di secolo fa, di questo virus influenzale ad elevata patogenicita’ (“High Pathogenicity Avian Influenza virus“, “HPAI virus”), che a seguito dello “spillover” dai volatili domestici (polli) aveva già prodotto una serie di casi di malattia umana – numerosi dei quali anche ad esito fatale -, quello che al momento desta una certa preoccupazione e’ il ceppo virale noto con la sigla “2.3.4.4b”.

A testimonianza di ciò, la presenza di questo virus è stata finora segnalata in Asia, così come in Africa, Europa e Nord-America, in numerose specie di avifauna selvatica, attraverso le cui attività migratorie l’agente patogeno si sarebbe quindi trasmesso ad altre specie, ivi compresi i mammiferi marini ed i visoni d’allevamento. Questi ultimi, sulla scorta di quanto e’ stato recentemente documentato in un allevamento intensivo della regione spagnola della Galizia, avrebbero acquisito il virus da gabbiani infetti, dopodiché lo avrebbero diffusamente propagato in forma mutata tra i propri conspecifici. A tal proposito, non può non sovvenire in mente un parallelo rispetto a quanto accaduto durante la pandemia da SARS-CoV-2 in Danimarca e nei Paesi Bassi, nei cui allevamenti intensivi si sarebbe sviluppata la variante “cluster 5”, previa acquisizione del virus umano da parte dei visoni (“viral spillover“), che avrebbero successivamente propagato al proprio interno e quindi “restituito” lo stesso all’uomo in forma mutata (“viral spillback“).

Per quanto riguarda i mammiferi marini, il cui stato di salute e di conservazione risulta sempre più minacciato per mano dell’uomo e la cui suscettibilità nei confronti dei virus influenzali era già stata dimostrata da vari studi pubblicati nel corso degli ultimi 40 anni, il virus 2.3.4.4b e’ stato recentemente identificato in alcuni esemplari di focena e di tursiope, nonché in leoni marini ed in esemplari di foca rinvenuti spiaggiati lungo le coste statunitensi della Florida, oltre che su quelle del Perù e della Svezia.
Particolarmente degno di nota, in questi animali, lo spiccato neurotropismo del virus, denotato dai gravi quadri di meningo-encefalite emersi grazie alle approfondite indagini post mortem effettuate sui medesimi.

Per quanto riguarda la nostra specie, i casi d’infezione da HPAI virus AH5N1 documentati dal 2003 sino alla fine dello scorso anno ammonterebbero ad oltre 800, con la metà degli stessi ad esito infausto. Da notare, in un siffatto contesto, il caso recentemente accertato in una ragazza undicenne della Cambogia, il cui exitus non sarebbe stato tuttavia causato dal ceppo 2.3.4.4b.

Il consistente quanto rapido e progressivo ampliamento del “range” delle specie suscettibili al virus AH5N1 e, segnatamente, al “clade” 2.3.4.4b costituisce un motivo di fondato allarme, tanto più alla luce delle notevoli distanze filogenetiche intercorrenti fra volatili e mammiferi terrestri ed acquatici sensibili, oltre che della comparsa di uno stipite virale mutato nei visoni allevati intensivamente in Spagna, fra i quali l’agente patogeno si sarebbe diffusamente e celermente propagato.

Sebbene allo stato attuale delle conoscenze non risulti che il virus AH5N1 abbia finora acquisito la capacità di trasmettersi efficacemente da uomo a uomo una volta che lo stesso sia stato acquisito ad opera di animali infetti (figure professionali particolarmente a rischio sarebbero rappresentate, in proposito, dai Medici Veterinari e dalle maestranze operanti negli allevamenti e nei macelli avicoli, nonché dagli addetti al trasporto di volatili vivi), la formidabile capacità di ricombinazione e riassortimento genetico insita nell’RNA multi-segmentato dei virus influenzali conferirebbe un’elevata plausibilita’ biologica ad una siffatta evenienza.

Il salvifico principio della “One Health” – la salute unica di uomo, animali ed ambiente – dovrebbe rappresentare ancora una volta, come la drammatica pandemia da SARS-CoV-2 ci ha insegnato, il “minimo comune denominatore”, alias la stella polare attorno alla quale dovrebbe svilupparsi la sorveglianza epidemiologica nei confronti dell’infezione sostenuta dal virus AH5N1, in un clima di piena, mutua ed incondizionata trasparenza e collaborazione interdisciplinare, a garanzia del quale la divulgazione e lo scambio di sequenze virali fra i vari laboratori pubblici coinvolti su scala globale costituisce un fondamentale, ineludibile presupposto.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Gli insetti come novel food, tra disgusto, rischi e benefici

Farina di insettiParlare di insetti come fonte alimentare umana (entomofagia) può suscitare un disgusto che risente di fattori psicologici strutturati all’interno della nostra cultura alimentare e dietetica e che associa gli insetti a esseri infestanti, portatori di malattie e indicatori di scarsa igiene. Il più grande ostacolo da superare è, dunque quello del pregiudizio culturale, legato alle abitudini, usi e tradizioni gastronomiche.

Nonostante i vantaggi economici, ecologici e nutrizionali degli insetti allevati per consumo umano, il successo della loro introduzione nella catena alimentare dipende dal superamento delle nostre limitazioni psico-culturali e ciò rappresenta una grande sfida.

Accanto ai vantaggi è necessario analizzare e valutare i rischi potenziali per il consumatore rappresentati da pericoli microbiologici (batteri e virus) e chimici (contaminanti ambientali) presenti negli insetti interi e prodotti derivati nei diversi passaggi dell’intero ciclo produttivo.

Ne parlano diffusamente il Vice Presidente SIMeVeP, Renato Giunta e il Coordinatore scientifico SIMeVeP, Maurizio Ferri, nell’articolo “Gli insetti come novel food, tra disgusto, rischi e benefici”




Benessere animale, macellazione ed etichettatura: un passo oltre

E’ pubblicato su Quotidiano Sanità un contributo di Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP, Nicola Martinelli Consigliere SIMeVeP e Maria Grazia Cofelice, Veterinario Ufficiale sull’introduzione di un sistema di etichettatura che certifichi la macellazione religiosa senza stordimento.

Sul tema, la Commissione Europea nel 2021 ha avviato un iter di revisione della normativa sul benessere animale in allevamento per tutte le specie, durante il trasporto e al macello da concludersi entro il 2023 con le proposte di regolamento da inviare al Parlamento europeo ed al Consiglio per la loro approvazione.

Leggi l’articolo integrale




L’OMS abbandona i piani per la seconda fase di indagine sulle origini del Covid-19

covid-19Secondo un articolo pubblicato ieri su “Nature”, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha abbandonato i piani per la seconda fase cruciale dell’indagine sulle origini del Covid-19 che prevedevano anche studi sensibili in Cina per individuare la fonte del virus pandemico.

A febbraio 2021 il team di esperti WHO si è recata in Cina per una indagine sulle origini della pandemia Covid-19. Il rapporto di marzo di quell’anno delinea quattro possibili scenari, il più probabile dei quali è che SARS-CoV-2 si sia diffuso dai pipistrelli alle persone, forse attraverso una specie intermedia e che è estremamente improbabile che il virus sia sfuggito accidentalmente da un laboratorio. Quest’ultimo scenario è stato un punto chiave di contesa tra i ricercatori e funzionari cinesi.

Questa prima fase di indagini in sostanza doveva gettare le basi per una seconda fase di studi più approfonditi che comunque erano già iniziati con gli studi sulla sequenza temporale della diffusione iniziale del virus, la cattura di pipistrelli nelle regioni al confine con la Cina alla ricerca di virus strettamente correlati alla SARS-CoV-2; studi sperimentali per aiutare a restringere il campo degli animali sensibili al virus e che potrebbero essere ospiti; test su acque reflue archiviati e campioni di sangue raccolti in tutto il mondo tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020.

Nell’agosto 2021, i membri del team della missione originale pubblicano un commento su Nature in cui sollecitano un’azione rapida sugli studi proposti per tracciare le origini del virus.

La reazione del ministero degli affari esteri cinese è stata di non risposta alle richieste di Nature di commentare il motivo per cui gli studi della fase due erano stati bloccati.

C’è generale sintonia e delusione dei ricercatori, sul dato secondo cui l’indagine sulle origini sia stata mal gestita dalla comunità globale, dalla Cina e WHO. Capire come le prime persone si sono infettate dal coronavirus SARS-CoV-2 è importante per prevenire le future epidemie. Tra le motivazioni dello stallo le sfide in corso sui tentativi di condurre studi cruciali in Cina.
È pur vero che è trascorso troppo tempo per raccogliere i dati necessari per individuare l’origine del virus. Inoltre se all’inizio c’era una maggiore probabilità di collaborazione con i funzionari cinesi, con il passare del tempo, fattore cruciale per l’efficacia delle indagini, questa volontà è andata scemando, complici alcuni fattori geopolitici.

E dunque il WHO ha accantonato la seconda fase della attesa indagine scientifica sulle origini della pandemia di COVID-19.

Maurizio Ferri
Coordinatore scientifico SIMeVeP




Per un diritto penale (alimentare) minimo

“E’ considerazione ormai pacificamente condivisa che non sia possibile processare e reprimere tutti i fatti illeciti.

L’esperienza dell’ultimo mezzo secolo dimostra infatti come l’incremento dei fatti puniti da norme penali non abbia comportato un minor numero di illeciti commessi da parte dei consociati.

Anzi, in qualche modo si è avuto un paradossale effetto opposto, chiaramente non immaginato né tanto meno voluto dal legislatore.

Questo dato di fatto dimostra che in molti casi le norme incriminatrici non raggiungono l’obbiettivo per le quali sono state create, fallendo in tal modo l’opera di prevenzione generale che devono perseguire.

In poche parole, la sola presenza di norme incriminatrici non ha l’effetto di dissuadere le persone ad astenersi dal violare le leggi.”

Proponiamo la lettura integrale dell’articolo “Per un diritto penale (alimentare) minimo” di Lino Vicini, Dottore di ricerca in disciplina nazionale ed europea sulla produzione e controllo degli alimenti.




10^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare

La Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare venne celebrata per la prima volta in Italia il 5 febbraio 2014. La giornata è stata ideata ed istituita dalla Campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero con l’Università di Bologna – Distal con il Ministero dell’Ambiente, per iniziativa del coordinatore PINPAS Andrea Segrè. Nel 2004 furono convocati gli “Stati generali” della filiera agroalimentare italiana. PINPAS, promosso da Ministero dell’ambiente, è il Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. per sensibilizzare i cittadini sul tema delllo spreco alimentare.[ Dal 2014 in poi, la giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, in calendario stabilmente il 5 febbraio, è l’occasione per la diffusione di nuovi dati da parte dell’Osservatorio Waste Watcher International. Le edizioni successive si sono svolte sempre con il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente (e della Transizione Ecologica), dei Ministeri della Salute e del Lavoro e dell’ANCI, di RAI per la Sostenibilità e con la media partnership di Rai Radio2.

La decima edizione, sempre per la direzione scientifica dell’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore del movimento Spreco Zero, rinnova questo networking, gli eventi ufficiali sono in calendario giovedì 2 febbraio 2023 nella sede di Rappresentanza Permanente della Commissione Europea a Roma. I dettagli e gli aggiornamenti di programma sul sito sprecozero.it




Monitoraggio dell’approvvigionamento e disponibilità alimentare in tempo di crisi, nuovo incontro EFSCM

Si è riunito recentemente il gruppo tecnico European Food Security Crisis Preparedness and Response Mechanism – EFSCM, il Meccanismo europeo di preparazione e risposta alle crisi in materia di approvvigionamento alimentare costituito a seguito della crisi COVID-19 nell’ambito della strategia Farm to Fork.

Il meccaniscmo è stato reso necessario a causa dal crescente impatto dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale, nonché dai rischi legati alla salute pubblica (come ad esempio proprio la pandemia Covid-19), dalle minacce informatiche o dai cambiamenti geopolitici, come la guerra in Ucraina, che impattano sulla produzione alimentare e possono generare crisi alimentari.

All’incontro ha partecipato Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP.

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